Fandom: Supernatural.
Pairing/Personaggi: Gabriel/Sam, accenni Castiel/Dean e Lucifer/Michael, Bobby, Crowley, Death.
Rating: NC17/NSFW.
Chapters: 5/7.
Genere: Angst (?), Erotico, Introspettivo, Romantico.
Warning: Sesso descrittivo, Slash, What if.
Words: 5411/29379 (
fiumidiparole).
Summary: Gabriel non è morto nello scontro con Lucifer, ma ne è uscito gravemente ferito, con un paio - su tre - d’ali spezzate e il potere ridotto di un terzo. Avendo bisogno di un rifugio, si rintana a casa Singer, sotto l’occhio dei Winchester.
Note: La storia riprende in buona parte gli eventi delle puntate dalla 5x20 alla 5x22 e li modifica secondo la “Variabile Gabriel”, ma alcuni dialoghi rimangono identici all’originale, o quasi.
Il titolo della canzone è una strofa di
Heat of the moment degli Asia. Sul serio, nessuno si è mai chiesto perché Gabriel tormentasse Sam proprio con una canzone che dice una cosa del genere? XD
Potete trovare
QUI il fanmix a opera di
phoenix_bellamy.
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A Look from You and I would Fall from Grace
Capitolo 5
Dean non era pigro. Non esattamente, ecco. Non aveva mai avuto tempo per esserlo, quindi magari, quando poteva approfittarne, si concedeva qualche minuto in più sotto le coperte.
La consapevolezza di essere a casa di Bobby, al sicuro, senza nessun autentico piano su cosa fare in quella giornata, era un buon motivo per restare a letto un po’ di più. E, no, la sua decisione non aveva nulla a che fare con il fatto che il viso di Castiel fosse incastrato sotto il suo collo, proprio no.
L’angelo prese un respiro più profondo, una specie d’inconscio sospiro deliziato, che si infranse contro la sua clavicola, e si fece impercettibilmente più vicino. Dean si aggiustò un po’ meglio nello spazio striminzito, una guancia poggiata sul proprio bicipite e le caviglie intrecciate alle sue.
Non è che si stessero abbracciando, o chissà cosa. Stavano solo dividendo il letto. E, okay, Cas aveva una mano addosso a lui, ma era poggiata sulla sua spalla, sotto l’orlo della manica che nascondeva il suo marchio; non lo stava stringendo o altro, era solo ferma lì.
Ciononostante, Dean si chiese com’era possibile che fossero finiti di nuovo a letto insieme. Non era mica normale dividere il letto con un amico - un amico maschio, per di più -, specialmente considerando che il letto a fianco era libero. Ma Cas aveva la fobia del dormire, sul serio, ne era spaventato a morte, anche se ne aveva un maledetto bisogno, e dopo la notte appena passata Dean era ancora più certo che stando accanto a lui dormiva bene come un bambino, quindi era necessario. E non era poi chissà quale grande sacrificio. Bastava solo non farsi beccare da quell’impiccione di Sammy, ecco.
Okay, Winchester, ora ti alzi e vai a ‘fanculo lontano da qui, si disse, possibilmente sotto una doccia. Tentò di scivolare fuori dalle lenzuola senza svegliare l’amico, ma non appena cercò di scostarsi, la mano di Castiel si aggrappò alla sua spalla e i suoi occhi blu si schiusero, confusi ed assonnati.
Dean rimase immobile, fissando quello sguardo completamente smarrito, spaventato, poi si mosse un po’, sfiorando impercettibilmente l’angelo con il suo corpo, e lui parve ritrovare un po’ di lucidità.
«Buongiorno, Dean» mormorò con voce roca, il tipico tono da letto che nessun uomo dovrebbe conoscere del proprio migliore amico.
«Ehi,» bisbigliò lui «pensi di tenermi in ostaggio ancora per molto?» domandò, muovendo leggermente il braccio a cui Castiel era aggrappato, e il tono non avrebbe dovuto venirgli così dolce - dolce? No no, lui non era affatto dolce, no, era solo gentile - com’era invece suonato.
«Uhm?» fece Cas e per un momento parve soppesare sul serio la sua richiesta. Si leccò le labbra e accennò un sorriso, che risultò più bello e birichino di quanto fosse legale, prima di costringere la propria mano a scivolare via in una lenta carezza.
Dean sentì lo stomaco fare una capriola e trattenne il fiato, poi rotolò giù dal letto e marciò verso il bagno. Cristo, quella era una cosa troppo intima da vedere a una manciata di centimetri dal viso.
Solo una volta che si fu chiuso la porta del bagno alle spalle si rese conto che la stanza era già occupata, precisamente da qualcuno che stava canticchiando sotto la doccia.
Fece una smorfia, riconoscendo la voce stonata di suo fratello, e aprì il rubinetto del lavandino per rinfrescarsi il viso.
«Ouch!» sibilò Sam, quando lui gli rubò tutta l’acqua fredda.
«Giorno, Samantha. Ti vedo di buon umore» disse il maggiore, ironico, passandosi un asciugamano sul volto.
«Dean» esclamò l’altro, affacciandosi oltre la tendina. «Bussare è passato di moda?»
«Non pensavo fossi già alzato. È presto» rispose, scrollando le spalle. «Ora ti dispiace levarti dai piedi e lasciarmi il posto?» aggiunse, inarcando un sopraciglio.
«Ho quasi finito» lo rassicurò Sam e dopo trenta secondi chiuse l’erogatore e allungò un braccio fuori dalla doccia per afferrare un telo con cui coprirsi.
Dean iniziò a spogliarsi senza fare troppo caso a lui, gettando i vestiti nella cesta della roba sporca. Il suo sguardo venne attirato dai movimenti del fratello solo quando questi si spostò davanti al lavandino per pettinarsi e farsi la barba. Stava per fare una battuta sullo spazzolarsi i capelli come una principessa, quando notò qualcosa sul suo collo.
«Bel succhiotto» osservò, inarcando un sopraciglio. «Hai avuto uno scontro con una sanguisuga?»
Istintivamente Sam lo coprì con una mano, imbarazzato. «Qualcosa del genere» borbottò. «Sono uscito ieri notte, dato che tu e Cas-»
«Quale me e Cas? Non c’è nessun “me e Cas”» lo interruppe Dean. «Ci sono io e c’è Cas, separati, punto» calcò, con voce un po’ troppo squillante. «Aspetta un attimo, le chiavi della macchina erano nella mia giacca…» osservò poi.
Suo fratello passò il peso da un piede all’altro, nervoso. «Ho fatto una passeggiata» replicò, iniziando a spalmarsi la schiuma da barba sul viso.
Il maggiore scrollò le spalle, lasciando perdere. «Non c’è bisogno di fare tanto il timido, Sammy» disse divertito. «Non mi interessa in che letto vai a infilarti» gli assicurò, entrando sotto la doccia.
«Argh! Hai finito tutta l’acqua calda» sbottò pochi secondi dopo.
*°*°*°*°*
Gabriel era fuori, nella rimessa, seduto sulla terra nuda in posa meditativa, sotto il sole, incurante di sporcarsi i vestiti. Era lì da quasi mezz’ora, a occhi chiusi, le mani abbandonate in grembo, insensibile all’afa, al rumore, a qualsiasi cosa.
«Che diavolo sta facendo?» domandò Dean, sbirciandolo attraverso le finestre del soggiorno.
Castiel, fermo accanto a lui, inclinò la testolina di lato. «Sembra in cerca di una Rivelazione» osservò.
«Una che?» esclamò il ragazzo, perplesso.
«Una Rivelazione. Un messaggio dall’Alto» spiegò il suo angelo.
«Dall’alto? Non è che ci sia qualcuno molto più in alto di lui, ormai. Dio è in ferie a tempo indeterminato» sbuffò Dean.
«Gabriel ha sempre avuto un rapporto speciale con nostro Padre. Era il suo Messaggero» rispose Castiel, assorto.
«Credo che stia tentando di contattare Death, come ci aveva promesso» intervenne Sam, sollevando lo sguardo dallo schermo del laptop.
«Non sembra che stia funzionando» rilevò Dean, petulante.
«Per questo potresti renderti utile alla vecchia maniera, anziché criticare, idiota» lo apostrofò Bobby, sbattendogli un giornale sulle gambe.
«E cosa dovrei cercare? Tempeste magnetiche, nevicate fuori stagione, piogge di pesci? Ormai è un continuo di questa merda, non sono più una novità. Non vuole dire niente» sbottò frustrato.
«Pensa positivo, Dean-o» replicò Gabriel, entrando della stanza. Sembrava piuttosto affaticato.
Lui si era perso il momento in cui l’arcangelo si era alzato ed era tornato in casa.
«Novità?» domandò Sammy, studiandolo con occhio apprensivo.
«Zio Death è diretto a Chicago e ha accettato di incontrarci. Non è stato facile agganciarlo, si sposta molto rapidamente» rivelò.
«Ha accettato?» ripeté il maggiore dei Winchester, incredulo.
«È un bravo ragazzo» sospirò l’arcangelo, poggiandosi contro lo stipite della porta. «E io sono un tipetto convincente» sogghignò sfrontato.
«Stai bene?» lo interrogò Sam, preoccupato.
«Starò bene» gli assicurò Gabriel, regalandogli un sorriso gentile.
Dean li osservò continuare a guardarsi a lungo, come se si fossero dimenticati della presenza di tutti gli altri. Inarcò un sopracciglio, stranito, e fece per dire qualcosa, ma poi richiuse la bocca. Preferiva non sapere, davvero.
Ci pensò Castiel a distrarlo, tirando un lembo della sua camicia come avrebbe potuto fare un bambino con la gonna della mamma. Aveva raccolto il giornale che Bobby gli aveva lanciato addosso. «Guarda qua» disse, accostandosi a lui per mostrargli un articolo.
«La Niveus Pharmaceutical si sta affrettando a distribuire il suo nuovo vaccino contro la febbre suina per “arginare l’ondata di un’epidemia senza precedenti”. La spedizione partirà mercoledì» lesse, sollevando uno sguardo confuso prima sul fratello e poi sul loro angelo.
«Niveus Pharmaceutical» sottolineò Castiel e strinse le labbra in una pallida linea bianca, quando si accorse che loro non avevano ancora colto.
«Quel demone di cui ci avete parlato, Brady, Vice Presidente del Reparto Distribuzioni della Niveus» intervenne Gabriel, afferrando al volo la situazione.
Dean percepì un brivido gelido rotolare giù per la propria schiena e scambiò con Sam uno sguardo agghiacciato.
«Quindi Pestilence stava davvero diffondendo l’influenza suina» arguì il minore.
«Sì, ma non per sport. Quella era solo la fase uno. La fase due è il vaccino» disse l’altro.
«Distribuzione contemporanea in tutto il paese» concluse Sam chiudendo le mani a pugno.
Dean aveva la nausea. Croats. Quel vaccino doveva in realtà essere pieno di virus croatoan. E giovedì il mondo si sarebbe trasformato in Zombieland.
Prima Cas, ora questo, poi cos’altro?
Il fottuto 2014 stava arrivando.
*°*°*°*°*
Il liquido ambrato si riversò nel bicchiere, spandendo nell’aria il profumo intenso del whisky. Dean stava per portarsi il tumbler alle labbra, quando un altro venne poggiato sul tavolo e qualcuno afferrò la bottiglia di liquore. Strinse quel polso sottile senza nessuna necessità di controllare a chi appartenesse, non avrebbe mai potuto confondere quella mano.
«Non farlo» lo ammonì.
«Perché?» domandò Castiel, aggrottando le sopraciglia.
Il ragazzo, seduto a cavalcioni di una sedia, sollevò lo sguardo su di lui, desiderando di vedere ancora su quelle spalle curve il vecchio trench stropicciato. «Non ti permetto niente di più forte di una birra».
L’angelo inclinò la testa di lato. «Non sapevo di aver bisogno del tuo permesso» disse.
Dean si limitò a fissarlo duramente. «Se vuoi farmi compagnia, accomodati. Ma niente alcool».
Castiel prese una sedia e la piazzò di fronte a lui. «Perché?» chiese di nuovo, con calma. «Non sarebbe la prima volta che beviamo insieme. Cos’è cambiato?»
Il cacciatore non rispose, prese un altro lungo sorso di whisky e l’osservò roteare nel bicchiere. Si sentiva stanco e inutile. «Posso insegnarti a sparare» cambiò apparentemente discorso. «A difenderti in questa forma. Avrai tempo per esercitare la mira, ma intanto sarai una buona spalla per Sam, ne sono certo».
«Dean» lo chiamò l’altro, con quella nota ferma e dura che lo costringeva sempre a sputare il rospo.
Lui strinse i denti, svuotò il bicchiere con un ultimo sorso e lo sbatté sul tavolo. «Sta arrivando, Cas» spiegò, versandosi altre due dita di whisky. «Il futuro che ho visto. E non gli permetterò di avverarsi, non lascerò che tu e Sammy- Non puoi bere, basta domande. Non ne hai bisogno» sbottò.
Castiel strinse una mano sul suo braccio, gentile, presente. «Non permetterai che io cosa, Dean?» chiese con delicatezza.
Non aveva raccontato a nessuno cosa aveva visto. Se l’era tenuto dentro, perché quel futuro era colpa sua e lui l’avrebbe evitato a qualunque costo. L’angelo però catturò il suo sguardo, insinuandosi in lui con quegli occhi blu e penetranti, che riuscivano ancora a leggergli dentro, e Dean sentì qualcosa rompersi dentro di sé.
«Quando ti ho visto, lì- non eri più tu, Cas. Eri umano, disperato… costantemente ubriaco e drogato, e circondato da donne di ogni genere. Passavi il tempo a scopare e distruggerti» rivelò a denti stretti. «Ed era a causa mia. Perché me ne sbattevo di chiunque, perfino di te. Non- non lascerò che accada di nuovo».
Castiel frullò le ciglia, sorpreso. Forse faceva più fatica di lui a immaginare quella versione di se stesso. Ma si riprese in fretta. «Tu non hai fatto proprio nulla, Dean. Era un’altra vita, che con ogni probabilità è stata completamente spazzata via dalle tue nuove decisioni».
Lui scosse il capo, ostinato, quindi l’amico strinse ancora di più la presa sul suo braccio.
«E se anche esistesse ancora, io non sono un bambino, Dean. Posso prendere le mie decisioni da solo. È il libero arbitrio, giusto?» ritentò.
«Tu non capisci» sospirò il ragazzo.
Castiel strinse le labbra in una sottile linea bianca e distolse lo sguardo, prendendo un respiro profondo. «D’accordo» asserì, dopo una pausa. «Non berrò più nulla di alcolico, te lo prometto».
Dean sollevò lo sguardo, sorpreso, ben sapendo quanto l’angelo fosse serio nel dare la propria parola. «Grazie» soffiò.
Castiel annuì, alzandosi. «Prego. Non esagerare nemmeno tu, però» rispose, poggiando una mano sulla sua spalla, prima di lasciarlo solo.
Dean sospirò e si stropicciò gli occhi. Doveva prepararsi per il suo appuntamento con la Morte, letteralmente. Sogghignò con amara ironia e si mise in piedi a sua volta, dirigendosi verso le scale. Si ritirò quasi immediatamente dietro la porta della cucina, quando notò suo fratello e Gabriel parlottare ai piedi delle scale.
«Sei sicuro che sia la cosa migliore?» stava dicendo Sam.
«Zio Death è un tipo a posto, ma è pur sempre meglio avere qualcuno che gli introduca Dean, piuttosto che lanciare tuo fratello allo sbaraglio» asserì l’altro.
«Sei stato nascosto qui tutto questo tempo per via delle tue condizioni. Andare ad incontrare uno dei Cavalieri è un po’ come sbattere in faccia al Diavolo che sei vivo e vegeto».
«Andrà tutto bene, Sammy» lo rassicurò l’arcangelo. «Sto meglio, davvero. E devo solo fare una chiacchierata con un vecchio amico».
Lui scosse il capo, contrario. Dean conosceva quell’espressione, era quella di quando puntava i piedi come un moccioso. O come una primadonna.
«Ehi, piccolo» sussurrò Gabriel, sollevando una mano ad accarezzargli i capelli. Poi aggrottò la fronte. «Aspetta una attimo» disse, salendo uno scalino. «Meglio» decretò, finalmente alla sua stessa altezza.
Poi si sporse e poggiò le labbra sulle sue.
Dean quasi si strozzò con la sua stessa saliva. Sono andato a fare una passeggiata un paio di palle, realizzò scioccato, figlio di puttana!
*°*°*°*°*
Sam si agitò, nervoso. Suo fratello era scuro in volto, come se qualcosa di terribile gli si agitasse dentro, e non era mai buon segno. Sembrava pronto ad affrontare un’orda di demoni.
Be’, sospettava che avere un appuntamento con la Morte facesse quest’effetto.
Osservò Castiel rigirarsi tra le mani un fucile a canne mozze, come se non avesse ben idea di cosa farne di quel aggeggio. Davvero incoraggiante.
Bobby stava riempiendo un borsone in silenzio, la testa impegnata come quella di tutti gli altri.
Solo Gabriel sembrava tranquillo e gli fece l’occhiolino, soffiandogli un bacio.
«Okay, è tutto pronto» osservò il minore dei Winchester, caricando quell’ultima sacca sul furgoncino che avrebbero usato per spostarsi.
«Solo un’ultima cosa» intervenne l’arcangelo, prima che si salutassero. Si accostò al vecchio cacciatore e sorrise rassicurante. «Posso?» domandò, accostando una mano alla sua fronte.
«Che diavolo vuoi fare?» borbottò Bobby, diffidente.
«Ringraziarti per la tua ospitalità» rispose Gabriel, serio. «Mi dispiace, sono un po’ fuori allenamento, quindi potrebbe essere doloroso» lo avvertì, prima di imporre la mano sulla sua testa.
Ci fu un forte lampo di luce, Bobby gemette, poi Sam vide Gabriel barcollare e sgusciò subito alle sue spalle, sostenendolo con il suo petto.
«Grazie» sospirò lui, concedendogli un sorriso stanco.
Il ragazzo rimase dov’era, capendo che il compagno non sarebbe riuscito a stare in piedi da solo.
«Robert, pensi di stare seduto lì ancora a lungo?» domandò l’arcangelo, inarcando le sopraciglia.
«No, mi metterò a fare due passi di danza» ironizzò l’interpellato.
«Be’, se vuoi impressionare le signore» convenne lui, poi sorrise incoraggiante. «Lazzaro, alzati e cammina» citò, con voce pomposa.
Bobby sbatté le ciglia e lo scrutò incredulo, poi cercò lo sguardo dei ragazzi, come per assicurarsi che anche loro avessero capito lo stesso.
Sam e Dean erano stupiti quanto lui.
Quindi tentò timidamente di muovere un piede. E quello si sollevò, seguendo le sue direttive.
Sgranando gli occhi, il vecchio cacciatore puntò entrambe le gambe fuori dalla carrozzella, poi - dopo un’ultima esitazione - si diede una spinta con le braccia, reggendosi ai braccioli di quella trappola infernale, e si alzò.
Li fissò tutti, allibito, potendoli di nuovo guardare da un’altezza accettabile, e boccheggiò, senza parole. «Grazie» riuscì a mormorare alla fine, fissando Gabriel come se lo vedesse per la prima volta.
Lui gli fece un esausto saluto militare.
Poi Dean li sorpassò e andò a stringere Bobby in un abbraccio.
*°*°*°*°*
L’Impala correva ronfando sulla strada vuota, liscia come l’olio. Malgrado l’assenza di scossoni, Gabriel si agitò sul sedile del passeggero, messo a dura prova dalle lunghe ore di viaggio. La schiena iniziava a fargli un male cane e il silenzio che regnava nell’abitacolo non lo aiutava a pensare ad altro, l’unica distrazione era l’immancabile musica a tutto volume.
«Pensavo che viaggiare con te sarebbe stato più divertente» si lagnò.
Dean strinse le mani sul volante, accigliato.
Il gruppo si era diviso: lui e l’arcangelo stavano andando all’incontro con Death, mentre Sam, Cas e Bobby erano diretti alla sede centrale della Niveus Pharmaceutical.
«Non devi essere così nervoso. Death è un tipo simpatico, davvero» disse allora Gabriel, pensando che fosse quello a renderlo tanto taciturno.
«Tu e Sammy-» ringhiò invece il cacciatore, poi si zittì.
«Oh» fece lui. «Dovevo chiederti davvero il permesso?» aggiunse, incerto.
Dean grugnì, poi sbatté una mano sul volante, nervoso. «Che cazzo vi siete messi in testa, si può sapere?» sbottò, quindi. «E perché Sam, uhm? Pensavo che fossi etero. Lo pensavo di entrambi».
Gabriel si accigliò, incupito. «Non ti facevo di vedute così chiuse, Dean-o» asserì.
«Io non- … non è quello il problema, okay? Sei un cazzo di angelo, Gabe. Peggio, sei un arcangelo. Siete troppo diversi. Che diavolo vuoi da mio fratello? Non eri innamorato di Kalì?»
«Sam mi piace davvero, Dean» ammise l’altro, distogliendo lo sguardo. «E sai, non penso di dover giustificare le mie, o le nostre, azioni; dopotutto non sono affari tuoi, non davvero. Ma forse stai prendendo questa faccenda della natura diversa troppo sul personale» si voltò di nuovo a scrutarlo, con occhi gialli ed acuminati. «Non credi?»
«Cosa vorresti dire?» lo interrogò il ragazzo, perplesso.
«Il tuo problema non sono io, né Sammy, e di sicuro non siamo noi insieme. Ma a questo devi arrivarci da solo» decretò l’arcangelo, chiudendo la discussione.
Avevano appena sorpassato il cartello che segnava l’ingresso di Chicago.
«Lì» indicò, una volta entrati nel centro della città, notando una grossa Cadilac bianca parcheggiata al lato della strada, poco più in là di una pizzeria.
La targa BUH*BYE era inconfondibile. [1]
«Come dicevo, è un tipo simpatico».
«Il cavallo bianco della Morte» arguì Dean, fermando la sua bambina dall’altro lato della strada.
«Oh, Death, оh Death, oh Death,» canticchiò Gabriel, scendendo dalla macchina «Won’t you spare me over ‘til another year».
Il ragazzo lo seguì perplesso, senza fare domande. Magari era un qualche strano rito di presentazione al Cavaliere.
«But what is this, that I can’t see with ice cold hands taking hold of me» continuò l’arcangelo, avvicinandosi alla porta della Rinascita Pizzeria. «When God is gone and the Devil takes hold, who will have mercy on your soul».
Attraverso i vetri delle finestre, si notava facilmente che la poca clientela presente era riversa sui tavoli, stecchita.
«Oh, Death, оh Death, oh Death,» Gabriel spinse la porta e si inoltrò nel locale camminando tranquillo, dirigendosi verso l’unico uomo ancora vivo, intento a consumare la propria pizza «No wealth, no ruin, no silver, no gold. Nothing satisfies me but your soul».
Dean richiuse l’uscio il più silenziosamente possibile e seguì l’amico con passi cauti e misurati.
«Oh, Death. Well I am Death, none can excel, I’ll open the door to heaven or hell» l’arcangelo prese una sedia e si accomodò allo stesso tavolo della figura in nero «Oh, Death, оh Death, my name is Death and the end is here...» [2] concluse, sorridente.
«Speravo avessi dimenticato quella vecchia filastrocca» prese finalmente parola la Morte. «Vieni, Dean, unisciti a noi» aggiunse, senza voltarsi.
«È un po’ timido» ironizzò Gabriel. «Ti trovo bene, zietto».
«Mi sei sfuggito per un pelo, ragazzo» osservò questi, poi sollevò lo sguardo sul cacciatore, che - incerto - si era appena seduto di fronte a lui.
Death aveva l’aspetto più simile alla tradizione popolare di quanto Dean avrebbe mai potuto immaginare: era un uomo scheletrico, né vecchio né giovane, completamente vestito di scuro; al tavolo era poggiato un bastone al quale si accompagnava nel camminare.
«Mangiate» li invitò il Cavaliere, schiaffando due fette di pizza su due piatti puliti.
Il cacciatore si guardò attorno, teso; la compagnia dei morti non aiutava di certo l’appetito. «Okay, a questo punto devo chiederlo: perché sono ancora vivo?»
L’interpellato lo fissò di sbieco, poi cercò lo sguardo dell’arcangelo, che annuì partecipe, attaccando la propria fetta.
«Ti dai troppa importanza» decretò Death. «Prova ad immaginare come ti sentiresti se un batterio prendesse posto alla tua tavola e facesse l’impertinente. Inoltre, siete miei ospiti e la pizza è deliziosa».
Il ragazzo tagliò con attenzione un piccolo pezzo della propria porzione e la provò, deciso a non offenderlo in alcun modo. Poi inarcò le sopraciglia, annuendo in accordo; diavolo sì, era davvero buona.
«So che volete questo» continuò la Morte, mostrandogli la propria mano, al cui anulare faceva mostra di sé un anello su cui era incastonata una gemma quadrata e bianca. «E sono incline a darvelo».
«Lo farai?» chiese il ragazzo, stupito.
«Come ho detto» asserì Death. «Lucifer mi tiene imprigionato con un incantesimo da quattro soldi, mi costringe a fare il suo volere: scatenare cicloni e tornado, resuscitare i morti, sterminare Chicago. Sono potente, Dean, molto potente, e asservito a uno stupido ragazzino capriccioso. Ha fatto di me la sua arma. Ed è per questo che dovevo aspettare che foste voi a venire da me».
«E pensi che io possa liberarti?» fece Dean, incredulo.
«Ecco di nuovo la tua arroganza. No, certo che no, ma puoi aiutare a far cadere il Diavolo» chiarì, spazientito. «Sono vecchio, Dean, molto vecchio. E questo è solo un piccolo pianeta, in un piccolo sistema solare, in una galassia ancora molto giovane».
«Ora sono curioso: chi è più vecchio, tu o Dio?» domandò il cacciatore.
Gabriel sorrise divertito, concentrandosi sulla sua pizza per lasciare loro spazio; dovevano fare amicizia, no?
«Sono vecchio quanto Dio. Forse di più. Nessuno dei due lo ricorda» rispose il Cavaliere, tagliando un’altra porzione. «È la storia dell’uovo e della gallina, ma non ha importanza. Alla fine mieterò anche Lui».
«Dio? Mieterai Dio?»
«Sì, Dean, anche Dio morirà» confermò Death, causandogli un lungo brivido giù per la schiena.
L’arcangelo sorrise compiaciuto. Pareva che avesse finalmente trovato qualcuno che metteva davvero in soggezione Dean Winchester.
La Morte si sfilò l’anello e glielo porse. «A una condizione» decretò.
Il ragazzo lo fissò, in attesa.
«Devi lasciare che tuo fratello dica sì al Diavolo».
Dean si accigliò. «L-Lui non-» tentò.
«Lo farà» disse Death, lapidario «Lo so».
E Gabriel, accanto a lui, sbiancò più velocemente di quanto qualunque creatura immortale avrebbe mai potuto fare. Fu come se l’ultimo tassello del mosaico andasse finalmente al suo posto, e l’arcangelo vide il disegno completo. Era questo. Era questo quello che frullava nella mente di Sam da tanto tempo. E lui non era stato in grado di coglierlo.
«Dovete lasciare che lo faccia. Entrambi» sottolineò il Cavaliere Bianco, includendo anche lui nel suo ammonimento. «Lascerete che Sam salti in quella fossa infuocata» disse, sotto lo sguardo agghiacciato di Dean.
«Ho la vostra parola?» insistette dopo una pausa, attirando di nuovo la sua attenzione sull’anello.
No!, avrebbe voluto urlare il cacciatore, Diamine, no, è un prezzo troppo alto.
Ma c’era il mondo in gioco.
«Non c’è… nessun altro modo?» tentò.
«No» confermò Death.
Il ragazzo strinse i pugni sotto al tavolo, e Gabriel chiuse gli occhi.
«Ora, ecco il manuale d’istruzioni» riprese il Cavaliere.
*°*°*°*°*
Sam abbassò il capo, sconfitto. Si aspettava urla, magari anche qualche pugno, invece Dean e Gabriel erano tornati, avevano annunciato quello che Death aveva fatto loro promettere e poi avevano lasciato la cucina in silenzio. Il primo uscendo fuori, nella rimessa, e il secondo chiudendosi nella propria camera.
Ed eccolo lì, il suo fratellone, piegato sul cofano di una vecchia auto, intento a fare la cosa che preferiva: riparazioni.
Lui lo raggiunse e si poggiò vicino allo specchietto, attendendo che Dean sollevasse lo sguardo o quantomeno che smettesse di ignorarlo.
«Fammi indovinare: stiamo per avere una di quelle chiacchierate sentimentali che ti piacciono tanto» esordì infatti, pulendosi le mani in uno straccio e appoggiandosi a sua volta contro la carrozzeria.
«Senti» tentò Sam, stringendosi nelle spalle «Per quanto può valere, la penso esattamente come te: non sono abbastanza forte per resistere al Diavolo. Credimi, so che in confronto a te, a Cas, o a Bobby io non valgo niente-»
«Sammy-» protesto vagamente il fratello, cercando di interromperlo, ma lui continuò.
«Però sono anche la nostra unica opzione» concluse, storcendo un po’ la bocca.
Dean sospirò, lasciò crollare la testa tra le spalle e la scosse leggermente. «Sai una cosa?» domandò retoricamente, lanciando via lo straccio «Non ha nessuna importanza. Perché ho già dato la mia fottutissima parola. E non si può ingannare la morte, Sammy» disse, il tono che ascendeva di parola in parola. «Quello che mi chiedo è: che cazzo aspettavi a dirmelo, uhm?» sbottò, fissando quegli occhi verdi e traditi su di lui.
Sam deglutì e strusciò un piede a terra. «Non volevo che lo venissi a sapere così» tentò di spiegare. «Era da un po’ che ci pensavo, ma le cose hanno iniziato a pioverci addosso sempre più in fretta. Prima Gabriel, poi Brady, e Cas, e la Niveus, e- non sono riuscito a trovare l’occasione per parlartene a modo mio».
Dean annuì un paio di volte, con l’aria di non essere davvero interessato. «Sì, be’, come ho già detto, non ha più senso star qui a discuterne. Fossi in te, andrei a parlarne con il tuo ragazzo».
Il minore sussultò. «Io non- … Gabriel non-» smozzicò.
«Non mi importa, Sam» tagliò corto l’altro, con un sospiro stanco. «Come mi ha giustamente fatto notare il tuo amichetto piumoso, non sono affari miei. E io ora- … non è il momento, okay? Non ora, Sammy» concluse, tornando a chinarsi sul motore dell’auto.
Lui attese ancora un momento, cercando qualcosa da dire, le parole per scusarsi, forse. Ma non c’era proprio nient’altro da aggiungere. Strinse i denti e annuì, silenzioso, poi se ne andò, lasciandogli lo spazio di cui aveva bisogno.
*°*°*°*°*
La stanza era luminosa e tranquilla, quando Sam entrò; per qualche motivo non se lo aspettava, pensava che l’avrebbe trovata buia, accesa solo dai rumori e dalla luce del televisore, come le notti precedenti.
Gabriel era seduto sul pavimento, in una pozza di sole. La luce del tramonto pioveva sulle sue spalle e accendeva di rosso i suoi capelli castani.
Sam si chiese se stesse pregando o meditando, o di nuovo cercando di contattare qualcuno. La stanza profumava dell’ormai immancabile odore di zucchero filato, che avrebbe per sempre associato a lui.
Si sedette di fronte all’arcangelo, a gambe incrociate, in una posizione speculare alla sua.
Gabriel schiuse gli occhi, sorprendentemente arancioni in quella luce, osservandolo attraverso le ciglia, ma non disse nulla. Anche questo mise il cacciatore a disagio; Gabe aveva sempre qualcosa per lui, che fosse una parola, un sorriso o uno sguardo malizioso. Quella completa immobilità non poteva indicare nulla di buono.
«Sei in cerca di una Rivelazione?» gli domandò, ricordando le parole di Castiel.
Lui aggrottò la fronte. «Qualcosa del genere» rispose vago.
Sam chinò il capo, non sapendo che altro dire, e grattò con l’unghia del pollice un piccolo nodulo sull’asse di legno del parquet davanti a sé.
Per un momento, quasi rimpianse quello che avevano condiviso la notte precedente, perché rendeva tutto più difficile. Non stavano insieme, non avevano una relazione, ma non erano nemmeno semplici amici. Non sentiva di aver bisogno della sua approvazione, come con Dean e Bobby, ma sentiva di dovergli comunque qualcosa; una giustificazione o una scusa, forse. Perché lui e Gabriel erano di certo qualcosa.
«Te ne avrei parlato, lo sai vero?» provò, senza sollevare lo sguardo «Non appena mi fossi chiarito le idee, ne avrei parlato con tutti voi. Avevo solo bisogno… dell’occasione giusta, suppongo».
«Oh, per favore, non cercare di mentirmi» prese finalmente parola l’arcangelo. «Sappiamo entrambi che con me non funziona» sbottò, puntando gli occhi nei suoi, senza alcuna pietà, ed era furioso, oh così furioso. «Non appena mi fossi chiarito le idee? Ovvero quando avresti preso la tua decisione, poco importa cosa noi ne avessimo pensato» lo corresse. «Credi che non riconosca i segni? Sono già passato attraverso a tutto questo e-» distolse lo sguardo, incupito. «Non posso sopportarlo di nuovo. Non posso stare ancora a guardare» asserì, la voce che si incrinava sull’ultima parte.
«Non so di cosa stai parlando» replicò Sam, stranito, perché non poteva trattarsi solo di quello, era chiaro che ci fosse molto di più in ballo, qualcosa che colpiva Gabriel da vicino, e lui non aveva idea di cosa si trattasse.
L’arcangelo lasciò crollare la testa tra le spalle, con aria sconfitta. «Sammy…» sussurrò, sollevando di nuovo lo sguardo, e una delle sue mani scivolò sulla sua nuca, intrecciandosi ai suoi capelli. Poi Gabriel si sporse in avanti e pressò le labbra sulle sue, con prepotenza, con rabbia.
«Perché non me ne hai parlato?» mormorò, la voce soffocata da un nodo, gli occhi serrati, le fronte schiacciata sulla sua «L’unica cosa che vorrei fare è supplicarti di cambiare idea e non posso farlo. Non posso farlo. Ho dato la mia parola» disse a denti stretti.
«È l’unico modo» rispose il ragazzo, accarezzando i suoi capelli. «Lo sai».
Gabriel scosse la testa e lo lasciò andare, stizzito. «Tu non ti rendi conto. Ci sono cose di cui non sei a conoscenza».
«Quali cose?» chiese Sam, nervoso.
«Michael ha trovato un nuovo tramite, lo sai? Vostro fratello Adam» disse - o meglio, sputò fuori - tanto per cominciare.
«Lo sospettavo» ammise il cacciatore, abbassando lo sguardo sul pavimento.
«Questo significa che se il tuo geniale piano fallirà, questa guerra scoppierà, ragazzino» calcò l’arcangelo. «E, nella migliore delle ipotesi, mezzo mondo verrà spazzato via».
Lui annuì. «Lo so».
«No, non lo sai. Non ti rendi conto di cosa vorrà dire essere il tramite di Lucifer, vedere le tue mani compiere le sue azioni, uccidere tuo fratello» scandì Gabriel. «Per non parlare del sangue di demone».
«Quale sangue?» chiese Sam, allarmato.
«Dovrai berne più di quanto ne hai mai bevuto in vita tua. Rende il tramite stabile».
«Ma il tizio che Lucifer sta usando adesso-»
«Ne sta bevendo a litri».
Il cacciatore si passò una mano tra i capelli e prese un respiro profondo. «D’accordo» accettò la cosa «Questo non cambia nulla. Non c’è altro modo» ripeté.
Gabriel fece un verso di gola, una specie di ringhio smorzato, e le luci della camera sfarfallarono. «Che problema avete voi Winchester? Voi e il vostro maledetto egoismo, come se foste il centro dell’universo. Maledizione!» inveì, sbattendo un pugno sul pavimento. «Pensavo che fosse solo Dean, invece con ogni evidenza è una cosa ereditaria, ce l’avete nel DNA».
«Gabriel, eri il tu il primo a dirci che dovevamo assumerci le nostre responsabilità e accettare il nostro Destino» gli ricordò Sam, in tono calmo e ragionevole.
«Sì, be’, era una stronzata. Su questo mi pare che fossimo tutti d’accordo» ribatté, piccato.
«Non era una stronzata. Non del tutto. Siamo stati noi a dare inizio a tutto questo e dobbiamo sistemare le cose. O almeno provarci» asserì. «Ho aperto la Gabbia di Lucifer e se non farò tutto il possibile per cercare di richiudercelo dentro, non me lo perdonerò mai. Devo fermarlo, Gabe».
Questi si poggiò i palmi sugli occhi, tirandosi indietro i capelli con le dita. «Non posso rivivere tutto da capo» mormorò, così piano che quasi lui non riuscì a sentirlo.
«Gabriel» lo chiamò piano, poggiando una mano sulla sua spalla.
«Non voglio vederti in quello stato, Sammy» confessò l’arcangelo, abbassando le mani il tanto che bastava per sbirciarlo da sopra di esse.
«Buffo» sussurrò il ragazzo, pettinandogli indietro le ciocche coloro miele, allontanandole dalla sua fronte. «Fino a poco tempo fa credevo che tu preferissi Dean, sai?» sorrise lievemente.
«Dean?» chiese Gabriel, stupito, sbatacchiando le ciglia. «Diavolo, no, sarebbe come tentare di farmi la versione umana di mio fratello, ewn».
Sam si accigliò, preso in contropiede, e smise di muovere le dita, ritraendosi un po’. «Oh, fantastico. E io esattamente chi ti ricordo?» arguì. «Aspetta, è per questo che ti piace Dean?»
«Ehi, è come avere un Michael con il senso dell’umorismo. Jackpot!» sogghignò l’arcangelo, scrollando le spalle.
«Non hai risposto alla vera domanda» osservò lui, senza farsi abbindolare.
«Tu mi ricordi… qualcuno che ha un gran bisogno di aiuto» sospirò l’amante, poi strinse i denti. «Non farò lo stesso errore per la seconda volta, Sammy. Non posso sopportare di vedere di nuovo Michael e Lucifer farsi a pezzi a vicenda. E non voglio che tu e Dean ci andiate di mezzo» disse deciso.
«Ti ricordo Lucifer» comprese Sam, arricciando il naso, e annuì tra sé. Avrebbe dovuto aspettarselo, no? «Per questo mi facevi tutti quegli scherzi. Deve essere uno schifo avere attorno la brutta copia del tizio che ti ha strappato le ali» arguì, con un sorriso amaro a sporcargli il volto.
«Quello che è uno schifo, Samuel, è sapere che tu hai in mente di fare qualcosa di incredibilmente stupido e non avere modo di intervenire» calcò spingendosi di nuovo verso di lui, fissandolo ad un soffio dal suo viso.
Il sorriso del cacciatore divenne un ghigno. Andiamo, pensava davvero che ci avrebbe creduto? «Non ti importa di me. Il tuo unico problema è che potrei diventare il vestitino del tuo fratellone e ora che Michael ha un tramite, io sono la sola cosa che li ferma dall’avere uno scontro degno di questo nome» asserì, deciso a non farsi incantare.
«Sì, in parte. Non lo negherò» ammise l’arcangelo, sapendo di causargli una delusione.
«E poi cosa?» lo incitò a concludere, piccato.
Gabriel piantò una bacio sulla sua bocca, con rinnovata prepotenza. «E poi tu» disse. «Poi ci sei solo tu».
Sam lo tirò contro di sé, sbattendoselo addosso con un po’ troppa violenza, forse, ma non aveva alcuna importanza mentre immergeva di nuovo le dita nei suoi capelli e succhiava le sue labbra come se non ci fosse un domani. E non c’era davvero.
[1] La
Cadilac bianca del 1959 di Death.
[2] Supernatural 5x21 - Two Minute to Midnight -
O’ Death (Link a
You Tube).
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