A Look from You and I would Fall from Grace - Capitolo 7

Nov 24, 2012 19:22

Fandom: Supernatural.
Pairing/Personaggi: Gabriel/Sam, accenni Castiel/Dean e Lucifer/Michael, Bobby, Crowley, Death.
Rating: NC17/NSFW.
Chapters: 7/7.
Genere: Angst (?), Erotico, Introspettivo, Romantico.
Warning: Sesso descrittivo, Slash, What if.
Words: 3523/29379 (fiumidiparole).
Summary: Gabriel non è morto nello scontro con Lucifer, ma ne è uscito gravemente ferito, con un paio - su tre - d’ali spezzate e il potere ridotto di un terzo. Avendo bisogno di un rifugio, si rintana a casa Singer, sotto l’occhio dei Winchester.
Note: La storia riprende in buona parte gli eventi delle puntate dalla 5x20 alla 5x22 e li modifica secondo la “Variabile Gabriel”, ma alcuni dialoghi rimangono identici all’originale, o quasi.
Il titolo della canzone è una strofa di Heat of the moment degli Asia. Sul serio, nessuno si è mai chiesto perché Gabriel tormentasse Sam proprio con una canzone che dice una cosa del genere? XD
Potete trovare QUI il fanmix a opera di phoenix_bellamy.

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DISCLAIMER: Non mi appartengono e non ci guadagno nulla ù_ù

A Look from You and I would Fall from Grace
Capitolo 7

Una volta Jimmy Novak gli aveva detto che avere un angelo al proprio interno era come essere legato ad una stella cometa. Solo ora Sam poteva capire cosa intendesse. Lucifer non mentiva quando aveva detto di essere gelido; era ghiaccio dentro di lui, nel suo corpo, e attorno a lui, circondando la sua anima.
Sam avrebbe dato qualunque cosa - qualunque. Cosa - per un briciolo di calore. Ed era così difficile concentrarsi, restare focalizzato, mentre tremava. Ogni suo sforzo era diretto nel rimanere cosciente di sé, presente, nel non permettere a tutto quel freddo di renderlo insensibile.
Non tentare di resistere, Sam. Lasciati andare e sarà più facile, te lo prometto, gli sussurrò Lucifer. Attorno a lui, dentro di lui.
Il ragazzo tremò e scosse il capo, o almeno lo avrebbe fatto se avesse potuto. «Mai!» sbottò.
Tentò di pensare al calore, di ricordare il calore: la luce del sole sulla pelle; i fuochi d’artificio che Dean aveva fatto esplodere il quattro luglio, solo per lui, disubbidendo al loro padre; John, l’abbraccio di suo padre, perché non importa cosa pensasse Dean - cosa tutti pensassero -, Sam voleva bene a suo padre; Jessica, il suo sorriso, le fiamme ardenti dietro la sua schiena quella volta che si erano addormentati davanti al camino; le mani ruvide di Bobby che correggevano la sua presa sul fucile; Gabriel, il suo corpo bollente, così stretto, le sue braccia che lo stringevano fino a fargli male, i suoi baci, le sue dita tra i capelli…
Cos’era quello, Sam?, chiese Lucifer, curioso, divertito, interrompendolo bruscamente. Hai provato un po’ di torta Paradiso, non è così? Un bel salto di qualità, dall’ultima scelta, non c’è che dire.
«Va’ all’Inferno. Esci dalla mia testa, figlio di puttana» ringhiò.
No, no, Sam. Non erano questi i patti. Ho vinto io, quindi… ho vinto io, gli ricordò.

*°*°*°*°*

Il vecchio cimitero era tranquillo e deserto, solo il vento turbava il silenzio, e un corvo attraversò l’aria gracchiando, proprio come nello scenario di qualche macabro film di serie B. Lucifer sorrise, guardandolo volare via, poi venne distratto da un battito d’ali completamente differente.
Il suo cuore - il cuore di Sam - incespicò, sbatté contro le costole, poi corse via, e Lucifer si voltò per incontrare due occhi sorprendentemente azzurri; curioso, pensava che il verde fosse il marchio di fabbrica dei Winchester.
Prese un respiro profondo, mentre suo fratello lo osservava in silenzio, immobile, imperscrutabile, nel corpo di un ragazzo sin troppo giovane per rendergli giustizia.
«È bello vederti, Michael» sospirò, perché in fin dei conti non aveva aspettato altro che quello per tanto, troppo tempo.
«Anche per me» rispose lui, la voce piatta, sempre troppo controllata. «È passato troppo tempo» osservò, come se fossero due amici che si erano persi di vista per un mese o due.
«Riesci a credere che siamo finalmente qui?» sogghignò Lucifer.
Michael si avvicinò di qualche passo, pensoso, la bocca piegata in una smorfia scettica. «No» ammise. «Non proprio» e anche lui si lasciò sfuggire un sospiro.
Sarebbe stato così semplice, davvero così facile allungare una mano, farla scorrere sul suo braccio fino a intrecciare le dita con le sue. Portare l’altra tra quei capelli biondi, accarezzare il suo viso.
«Sei pronto?» gli domandò suo fratello, spezzando il momento, e Lucifer smise di sorridere.
«Più che mai» rispose, perché nonostante tutto, l’avrebbe fatto. Ed era giusto che Michael lo sapesse, come doveva sapere che… «Parte di me vorrebbe che non fossimo costretti a farlo» confessò.
Il grande Principe degli angeli, chiuso nel corpo di un ragazzino, strinse le labbra e annuì. «Già. Anche io» disse, con una nota così dolce da accartocciargli il cuore.
«Allora perché lo facciamo?» chiese il Diavolo, tentando un passo avanti.
«Oh, tu sai perché» lo placcò subito suo fratello. «Non ho scelta, dopo quello che hai fatto».
«Quello che ho fatto?» ripeté lui. «E se non fosse colpa mia?» domandò rigido, la rabbia che iniziava lentamente a ribollire.
«E questo cosa vorrebbe dire?»
«Pensaci. Papà ha creato tutto. Questo significa che Lui mi ha fatto così come sono, Dio voleva il Diavolo» calcò, tentando di farlo ragionare.
Ma Michael distolse lo sguardo, cocciuto. «Quindi?»
«Quindi perché?» gli diede un’ulteriore imbeccata lui. «E perché farci combattere? Non riesco proprio a capirne lo scopo» si lamentò, frustrato.
«Qual è il tuo scopo?» replicò il fratello, stanco di tutto quel discorso.
«Stiamo per ucciderci a vicenda. E per cosa?» domandò, sotto gli occhi profondi di Michael, troppo azzurri, troppo innocenti per essere davvero adatti a lui. «Uno dei test di Papà. E non ne conosciamo neppure la risposta» rilevò. «Siamo fratelli. Solo- … scendiamo dalla scacchiera» offrì, lo pregò.
Michael distolse ancora lo sguardo e spostò il peso da un piede all’altro, in bilico, tentato, le sopraciglia aggrottate in una maschera di dolore. Lucifer avrebbe semplicemente voluto allungare una mano e lisciare la sua fronte con un pollice, spazzare via quelle rughe disperate.
Suo fratello aprì la bocca, la richiuse, poi trasse un respiro profondo. «Mi dispiace, io- … io non posso farlo» rispose a fatica, la voce ferma nonostante tutto. «Sono un bravo figlio» gli sbatté in faccia. «E ho i miei ordini».
«Ma puoi non seguirli» ritentò il Diavolo.
«Cosa? Credi che mi ribellerò? Adesso?» calcò Michael e le labbra di Lucifer tremarono per un attimo, solo un attimo.
No, non lo credo, ma ti supplico, fallo. Non costringerci a questo, Michael.
«Non sono come te» sottolineò suo fratello.
«Ti prego, Michael» alla fine lo disse, Lucifer sollevò lo sguardo e lo disse.
«Sai, non sei cambiato nemmeno un po’, fratellino» sbottò Michael. «Sempre a incolpare tutti, tranne te stesso» osservò. «Eravamo insieme. Eravamo felici» gli ricordò. «Ma tu mi hai tradito. Hai tradito tutto noi. E hai fatto sì che nostro Padre se ne andasse».
«Nessuno obbliga Papà a fare qualcosa. È Lui che sta facendo questo a noi» insistette Lucifer.
«Sei un mostro, Lucifer» replicò il maggiore, con voce spezzata, facendogli piegare il capo. «E devo ucciderti».
Lui annuì appena. «Se questo è quello che deve essere,» cominciò, deglutendo il nodo che gli stringeva la gola «allora voglio vederti provare» concluse, stringendo i denti.
Si girarono attorno, studiandosi in silenzio, come due cowboy in un vecchio western.
Manca giusto la palla d’erba secca che rotola per terra, li schernì Sam, e Lucifer lo soffocò più a fondo, sbattendogli la porta in faccia.
Poi un rumore improvviso attirò la sua attenzione e quella di Michael, il rombo di una macchina in lontananza, che varcava l’ingresso del cimitero avvicinandosi a loro. Una vecchia Impala nera molto familiare.
Non fu difficile distinguere, anche a distanza, le due persone alla guida: Dean Winchester e Gabriel.
«Salve, ragazzi» li salutò il secondo, scendendo dalla macchina. «Scusate, stiamo interrompendo qualcosa?»
«Ehi, dobbiamo parlare» aggiunse Dean, all’indirizzo di Lucifer.
Questi scambiò un’occhiata esasperata con Michael.
«Dean. Gabe» li salutò. «Perfino per voi questo è un nuovo picco di stupidità».
«Sai com’è, non vorremmo mai deludere le vostre aspettative» sogghignò Gabriel.
«Oh, non parlavo con te, parlavo con Sam» rispose invece il ragazzo, facendogli inarcare le sopracciglia.
Dall’altro lato si accostarono Castiel e Bobby, circondando i due arcangeli.
Michael rivolse loro uno sguardo distratto, indifferente alla loro presenza, prima di tornare a rivolgersi al maggiore dei Winchester. «Non sei più il tramite, Dean» gli fece presente. «Non hai diritto di stare qui».
Ma lui non parve sentirlo affatto. «Adam, se sei lì da qualche parte, mi dispiace davvero tanto» disse solo.
«Adam non è in casa, ora» ribatté, spiccio.
«Be’, allora sei il prossimo della lista. Ora ho bisogno di cinque minuti con lui» rispose Dean, spostando lo sguardo su Lucifer.
«Tu, piccolo verme. Non sei più parte di questa storia!» sbottò Michael, avanzando verso di lui.
Gabriel si frappose fra loro e il cacciatore, sollevando le mani in segno di pace. «Sentite, ragazzi» tentò. «Possiamo farlo con le buone, o con le cattive» chiarì. «Cinque minuti per parlare con Sam, non chiediamo di più».
«No» rispose, semplicemente il maggiore dei suoi fratelli, categorico.
«Okay, volevo essere carino, Mikie, ma mi costringi a diventare rude» disse, poi fece due rapidi passi avanti, lo afferrò per la nuca e lo baciò.
Dean indietreggiò di un passo, incredulo, Lucifer socchiuse la bocca, aggrottando la fronte, ma prima che chiunque potesse reagire in qualunque modo, Gabriel e Michael erano spariti in un battito d’ali.
«Be’, non c’è che dire, ottimo diversivo» constatò il ragazzo.

*°*°*°*°*

Le labbra di Michael erano caldissime, come se avesse la febbre, sorprendentemente morbide. Non fu un vero bacio, suo fratello a malapena reagì, rimase immobile, scioccato. Pochi secondi che gli diedero il tempo di teletrasportare entrambi il più lontano possibile.
Gabriel si scostò, incontrando quegli occhi turchesi, poi sentì le ginocchia cedere e dovette aggrapparsi a lui, mentre una scarica di dolore gli scuoteva la schiena, togliendogli le forze.
Michael lo sostenne istintivamente, passando un braccio attorno alla sua vita e gli scostò i capelli dal volto con un gesto ruvido, mentre lui ansimava sulla sua spalla.
«Che diavolo era quello?» domandò irritato.
Nonostante tutto, Gabriel riuscì a percepire una certa preoccupazione sotto quello strato di rabbia, e sorrise. «Meglio questo di una motolov fatta con olio santo» rispose criptico. «Avevo bisogno di parlarti, da soli».
«Ti ascolto» concesso suo fratello, aggiustando la presa in modo che entrambi fossero più comodi.
«Immagino che pregarti di desistere non funzionerebbe, non è così?» tentò.
Michael sembrava piuttosto esasperato. «Non cominciare pure tu con queste sciocchezze. Ho degli ordini da eseguire, Gabriel».
«Come puoi essere certo che sia ancora il volere di Dio?» domandò il minore. «Non è così che ci aveva detto che sarebbero andate le cose, Mike. Per cosa lo stai facendo? Per chi? Papà non c’è, Michael. E pensi davvero che sia questo che voglia? Mezzo mondo distrutto dai vostri stupidi litigi, i suoi figli che si ammazzano a vicenda? Sii almeno onesto con te stesso e di’ che semplicemente volevi rivedere Lucifer, che non riuscivi più ad andare avanti. Nessuno potrebbe biasimarti, fratello».
Il maggiore scosse il capo, ferito. «Come puoi- proprio tu, Gabriel!» inveì.
«Proprio io, perché ti voglio bene, Michael. Ti ho sempre voluto bene. E sono l’unico che ti conosce. Non starò a guardare mentre ti suicidi, maledetto stupido!» sbottò.
«Allora non lo vedrai» decretò lui, gelido. Affondò una mano nella sua schiena, nella sua Grazia, e la bocca di Gabriel si spalancò in un gridò che scosse il cielo.

*°*°*°*°*

«Che diavolo era quello?» sbottò Lucifer, incazzato, indicando il punto in cui Gabriel e Michael erano scomparsi.
«Amico, non ne ho idea. Non chiedermi cosa passi per quella testa luccicante e strafatta di zuccheri» sogghignò Dean, divertito. «Francamente, mio caro, me ne infischio. Ed ora… Sam, ascoltami, sono qui» tentò, cambiando completamente tono.
«Sai, ho cercato di essere gentile con te, per il bene di Sam» cominciò il Diavolo. «Ma tu sei proprio una spina nel culo» concluse, afferrandolo per il bavero della giacca e dandogli un pugno dritto su uno zigomo.
«Sammy…» ritentò il cacciatore.
«Oh, non ti preoccupare, è qui. E sentirà il rumore delle tua ossa che si spezzano. Una a una» lo rassicurò Lucifer, colpendolo ancora, mandandolo a sbattere contro la portiera dell’Impala.
«No!» Castiel cercò di intervenire, frapponendosi tra loro.
Il Diavolo lo afferrò sotto la mascella e gli spezzò il collo come fosse un grissino.
Dean seguì il corpo dell’angelo crollare a terra, senza sentire più nulla, senza respirare, il sangue gelato nelle vene, il cuore bloccato.
«Io non ci sarò, Dean. Il Paradiso non apre le porte ai traditori».
«Quindi dove andrai, all’Inferno?»
«In verità, non ne ho idea. Io non ho un’anima, Dean, e l’Inferno è per le anime dei peccatori».
Gli occhi di Castiel lo fissavano, blu, spalancati e ciechi. Vuoti.
«Hai promesso che ti occuperai di noi».
Satana lo afferrò di nuovo per la giacca, ma il ragazzo non ci badò, almeno finché due spari non colpirono quel corpo. Lucifer si voltò a guardare Bobby, che stringeva ancora il fucile tra le braccia; mosse una mano ed il collo del vecchio cacciatore ruotò, rompendosi con un colpo secco.
«NO!» urlò Dean, con quanto fiato aveva.
Lucifer lo colpì allo stomaco, facendolo piegare in avanti, poi gli assestò un manrovescio che lo buttò giù come un birillo.
Al ragazzo girava la testa e cominciava ad avere la vista offuscata. Sputò sangue a terra, insieme a una scheggia di dente, forse, poi tentò di focalizzare di nuovo lo sguardo su di lui, malgrado non riuscisse più ad aprire bene un occhio. «Sono qui, Sammy… » rantolò, prima di prendere un altro cazzotto sul muso. Un calcio lo raggiunse alle costole, e poi un altro, e un altro ancora. «Sono qui… Non me ne vado».
Il Diavolo alzò il pugno, pronto a colpirlo di nuovo, poi un raggio di sole si rifletté sulle cromature dell’Impala, riverberandogli negli occhi e attirando la sua attenzione. Nel posacenere dello sportello, sui sedili posteriori, c’era un soldatino di plastica incastrato di traverso e, poco più sotto, delle iniziali incise rozzamente: S. W. - D. W.
Vide una mano paffuta infilare il giocattolo lì dentro; un faccino pieno di lentiggini aprirsi in un sorriso mentre marchiavano i loro nomi - oh, papà li avrebbe uccisi!; le dita di Dean arruffargli i capelli; infilare una cassetta nel mangianastri; battere sul volante a tempo di musica; attaccargli un cucchiaio di plastica sul naso; ogni sorriso, ogni anno, ogni lacrima, ogni ricordo.
BAM!
Sam sbatté la porta in faccia a Lucifer.
Prese un respiro profondo, come se per tutto quel tempo fosse stato in apnea, e ansimò, nel tentativo di tenere la porta chiusa. Osservò il fratello, sanguinante e pesto, riverso a terra e tentò un sorriso. «Andrà tutto bene, Dean. Lo sto tenendo» disse tra i denti. Poi si frugò in tasca, prese gli anelli, li gettò a terra, dietro di sé, e pronunciò la preghiera per aprire la Gabbia.
Fu allora che ricomparve Michael, gettando sull’erba il corpo esanime di Gabriel. «Non farlo, Sam. Non è così che deve andare» tentò di convincerlo.
«Cosa gli hai fatto?» ansimò il ragazzo, scrutando il volto del suo arcangelo. Le spalle della sua camicia erano coperte di sangue.
«Starà bene» disse l’altro, indifferente.
Sam chiuse gli occhi; non aveva tempo per pensarci. Indietreggiò e spalancò le braccia, pronto a lasciarsi cadere.
«No!» gridò Michael, afferrandolo per la giacca.
Lui tentò di respingerlo, ma era troppo tardi, stava già precipitando, e - senza nemmeno volerlo davvero - lo tirò dentro con sé.
La terra si richiuse sopra di loro.
Dean guardò l’erba intonsa con occhi ciechi. «No» rantolò, in mezzo ai corpi che lo circondavano. «No» soffiò. Una singola lacrima rotolò giù dall’occhio ancora sano.

*°*°*°*°*

Dean non seppe mai quanto tempo rimase lì in ginocchio, su quello spiazzo d’erba verde. Riusciva a malapena a respirare - costole rotte, lo informò un angolo del suo cervello - e vedeva da un solo occhio; l’altro era completamente gonfio e pesto. In bocca aveva sapore di terra, sangue e cenere.
Potevano essere passate ore, come una manciata di secondi. Non gli interessava. Il tempo non aveva senso, nulla aveva senso. Il mondo era salvo, ma non sembrava una cosa poi così importante, dopotutto. E lui era salvo, ma questo non aveva mai avuto alcuna importanza; non aveva più senso di esistere.
Un battito d’ali lo riscosse, attirando il suo sguardo, per quanto riuscisse a vedere. Quando sollevò il volto, Gabriel era accanto a lui, incolume, gli occhi dorati e tristi fissi su di lui. Gli sfiorò i capelli con una mano gentile e all’improvviso ogni dolore scomparve, la sua vista tornò ad essere perfetta, perfino il sapore di sangue sparì dalla sua bocca.
L’arcangelo lo aiutò ad alzarsi e Dean lo fissò incredulo. «Gabe, sei tu Dio?» domandò spaventato, perché non c’era altra spiegazione, nessuna al mondo. Il suo corpo era riverso a terra, dietro di lui, fino a un attimo prima; ne era certo.
Un angolo della bocca dell’arcangelo si arricciò involontariamente. «È molto carino da parte tua, Dean, ma no. Sono solo io» rispose. «Tornato e migliorato».
Si voltò a guardare il corpo di Castiel e poggiò un ginocchio a terra, accovacciandosi accanto a lui. «Addio, fratello» mormorò con un filo di voce, chiudendogli le palpebre.
«N-Non… non puoi fare nulla per lui?» domandò il ragazzo, le mani tremanti, il respiro bloccato in gola.
Gabriel scosse tristemente il capo. «Non c’è nulla da riportare indietro, Dean» spiegò con gentilezza.
«No…» mormorò lui, solo con le labbra, senza voce. Le sopraciglia che si incontravano al centro della fronte e gli occhi velati. Era colpa sua. Aveva promesso di badare a lui.
«Mi dispiace» sussurrò l’arcangelo, rimettendosi in piedi. E poi sentì un singhiozzo alle sue spalle e qualcuno tossire forte, e quando si voltò Castiel era riverso su un fianco, il volto pallido e le ciglia che frullavano, confuso.
«Oh, Padre…» smozzicò Gabriel, chinandosi per aiutarlo a tirarsi su, seguito immediatamente da Dean, che lo tirò addosso, stringendo una mano sulla stoffa del trench, come se avesse paura di lasciarlo andare.
L’arcangelo gli diede una pacca entusiasta sulla spalla, prima di spostarsi. Sfiorò le fronte di Bobby con due dita e questi riaprì gli occhi con un respiro secco.
«Cos’è successo?» gracchiò Castiel, reggendosi alla spalla di Dean. Lui lo tenne contro di sé, non tanto perché l’angelo non riuscisse a stare in piedi, ma perché lui aveva bisogno di stringere qualcosa. Qualcosa di reale.
«Sam ce l’ha fatta. Ha aperto la Gabbia e ci ha trascinato dentro anche Michael» rispose atono.
Gabriel fissava quel lembo di terra come se non riuscisse a vedere altro, le braccia abbandonate lungo i fianchi, le spalle curve, il volto vuoto.
Dean si chiese se anche lui avesse lo stesso aspetto.
All’improvviso si accorse che l’arcangelo aveva perso tutto, come lui. Forse anche di più: i fratelli maggiori che seguiva dalla notte dei tempi e il suo ultimo amante.
Istintivamente, il ragazzo allungò una mano sul suo braccio e lo strinse, cercando il suo sguardo. Non sapeva cosa dire. Non c’era nulla da dire.
«Te lo riporterò indietro, Dean» gli promise Gabriel, senza voltarsi. Poi sparì.

*°*°*°*°*

Sam si svegliò per il caldo, l’aria era a dir poco irrespirabile. Cosa ti aspettavi dall’Inferno?, si chiese, e quella voce gli mise i brividi, perché non era più la sua.
Spalancò gli occhi con un sussulto, aspettandosi di vedere il proprio corpo andare a fuoco, ma quando li aprì vide solo luce, così tanta che ci mise un po’ a capire cosa stesse succedendo.
La prima cosa che riconobbe, quindi, fu il rumore: il rombo familiare dell’Impala. Poi l’odore: il profumo dei sedili di pelle, e lo zucchero filato.
Zucchero filato.
«Gabriel» gracchiò, con la gola secca, mettendo finalmente a fuoco il proprio corpo, steso sotto un sole accecante.
Doveva essere primo pomeriggio e l’Impala non aveva mai avuto l’aria condizionata; la temperatura era rovente malgrado tutti i finestrini fossero spalancati.
«Buongiorno, principessa» cinguettò l’arcangelo, posando un bacio tra i suoi capelli.
Sam aveva la testa poggiata sulla sua spalla, le gambe allungate sui sedili. Suo fratello, al posto di guida, si voltò per lanciargli un sorriso e la testa di Castiel spuntò tra i due sedili davanti.
«Alla buon ora!» lo apostrofò Dean, divertito.
«Ben svegliato, Sam» disse l’angelo, in tono decisamente più gentile.
«Sto sognando. È tutto nella mia testa» mormorò incredulo.
«No, piccolo» sussurrò Gabriel, accarezzando con un tocco ipnotico la sua spalla.
Sam sibilò, accorgendosi solo allora che bruciava come l’Inferno, e non era certo colpa di una scottatura solare. Seguì con gli occhi le dita del compagno, scoprendo che stava tracciando un ustione rossa e gonfia sulla sua pelle. L’impronta di una mano.
«Cos- Che diavolo… ? Sei stato tu?» smozzicò, senza fiato.
Gli occhi di Gabriel erano più gialli di quanto li avesse mai visti, come oro fuso, caldi, morbidi e pieni di luce, e non era il sole, non era il fottutissimo sole. L’arcangelo si chinò e catturò la sua bocca, senza tanti complimenti, incurante degli spettatori - di Dean che grugnì, beccandoli dallo specchietto retrovisore, e di Castiel che li spiava curioso, completamente privo di buone maniere.
«Bentornato, Sammy» soffiò sulle sue labbra, e nella sua voce c’era una nota così struggente che lui non riuscì a dire nulla.
«Papà, ovunque Egli sia, ha aggiustato Cas e Gabe» spiegò suo fratello, servizievole. «E lui ha sistemato tutto il resto. Lucifer e Michael sono laggiù nel fosso a tirarsi i capelli o non so che altro, e noi stiamo andando in Minnesota. Una bella caccia ai fantasmi come ai vecchi tempi, uhm?» propose, contento.
«Tutti insieme?» chiese Sam, incredulo.
«Già. Sembra che qui nessuno abbia di meglio da fare» rispose Dean, scambiando uno sguardo fuggevole con Castiel, che gli regalò un accenno di sorriso.
Sam rabbrividì sotto il tocco leggero di Gabriel, che continuava a sfiorare quel marchio come se non riuscisse a farne a meno; non era doloroso, non esattamente.
«Perché l’hai fatto?» bisbigliò, cercando il suo sguardo.
«Pensavi davvero che ti avrei lasciato laggiù?» replicò l’arcangelo, mortalmente serio.
Era pericoloso. E se fossi rimasto intrappolato? E se Lucifer fosse riuscito di nuovo a uscire? E se ti avessero ucciso?, avrebbe voluto dirgli tutto quello e anche di più, ma Gabriel aveva l’aria di essere sordo a qualunque discussione, perciò lui si limitò a tirarlo giù contro di sé e ad appropriarsi della sua bocca. «Grazie» disse solo.
«Ewn, Gesù, prendevi una stanza» sbottò Dean, accendendo la radio ed alzando il volume al massimo, prima di accelerare. «I'd drive all night just to get back home» cantò, seguendo la musica. «I'm a cowboy, on a steel horse I ride. I'm wanted dead or alive. Wanted…».
Sam rise e si unì a lui: «Wanted!»
«Dead or alive» [1] finirono tutti insieme, gridando come pazzi, sotto lo sguardo perplesso di Castiel, che li fissava con le sopraciglia aggrottate e la testa inclinata.

FINE.

[1] Bon Jovi - Wanted Dead or Alive. Riferimento alla 3x16 - No rest for the wiched.

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Potete trovarla anche su:
AO3.

serie: heat of the moment, bigbangitalia: big bang 2012, long: a look frm u&i would fall frm grac, supernatural

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