L'Orgasmo dell'Orologio

Feb 13, 2010 15:38

Fandom: Sherlock Holmes;
Pairing: Holmes/Watson;
Rating: NC17;
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico.
Warning: AU, Relazione implicita, Sesso descrittivo, Slash, Steampunk;
Beta: queenseptienna ;
Summary: Il Destino però è un essere capriccioso e beffardo, ed un anno dopo era avvenuta quella che su libri di storia venne poi riportata come “la Grande Mutazione”. Ancora oggi gli scienziati non sono in grado di spiegarla, si pensa sia dovuta a qualcosa presente nell’acqua o nell’atmosfera terrestre, non è chiaro. Fatto sta che in tutto il mondo alcune persone, all’apparenza geneticamente predisposte, avevano cominciato a mutare. Solo pochi fortunati - una persona su cinque - si erano salvati. Watson era stato tra di essi, Holmes no.
AU e Steampunk, io ho cercato di dargli un senso, voi non disturbatevi a fare altrettanto. Tra l’altro è una fic Slash e NC17, ergo non adatta agli stomaci delicati. Lettore avvisato, mezzo salvato.
(Per la Warning Table di holmes_ita)

Note: Scritta per la Warning Table di holmes_ita , Prompt 03 - Steampunk e per queenseptienna , che mi ha dato altri due prompt “l’orgasmo dell’orologio” e “idratazione”. Inoltre la dedico a lei che mi ha scritto una fic carinissima: “Di tentacoli e braccia di ferro” e mi ha ispirata con questa sua bellissima FanArt e a fiorediloto  che con la sua “In the veil of the night (A becom)” mi ha aperto gli occhi su un nuovo mondo ♥

DISCLAIMER: Tutti i personaggi delle saga di Sherlock Holmes non sono opera mia, bensì della mirabile penna di Sir Arthur Conan Doyle. Dato, però, che i diritti d’autore sono ormai scaduti, stappiamo tutti insieme lo spumante ed appropriamocene beatamente! XD Ah, ovviamente non mi paga nessuno, anche perché altrimenti il succitato autore si rivolterebbe nella tomba, poverello.



L’Orgasmo dell’Orologio

Non ho armi per affrontarti
Mi metto con le mani in alto
Mi importa solo di amarti
Un corpo e un’anima come ieri.*

Il dottor John H. Watson era come un orologio: metodico, preciso, abitudinario ed estremamente puntuale. A questo pensava il signor Sherlock Holmes mentre osservava il suo compagno fare colazione e leggere distrattamente la prima pagina del Times.
Era una mattina caldissima di fine Luglio e quella era l’estate più afosa che Londra ricordasse da almeno un decennio.
Uno dei tentacoli di Holmes scivolò svogliatamente sul tavolo per recuperare un bicchiere d’acqua fresca; aveva già bevuto almeno mezza caraffa. Watson gli dedico un occhiataccia e lui seppe che, di lì a poco, sarebbe giunto il rimprovero.
Difatti l’amico ripiegò il giornale con un gesto secco, che gli era fin troppo familiare e poi lo sbatté sul ripiano di mogano con uno schiocco sommesso: «Lei ha bisogno di un bagno». Per l’appunto, puntuale come un orologio svizzero.
La cosa davvero irritante era che, a differenza sua, il dottore non soffriva affatto il caldo, temprato com’era dalla gioventù passata in Afghanistan. Nemmeno Holmes un volta lo pativa tanto, ma la mutazione aveva cambiato fin troppe cose.
«Emano forse un cattivo odore?» domandò quest’ultimo, raccogliendo il quotidiano.
«Sa bene a cosa mi riferisco, vecchio mio, lei si sta disidratando» gli fece notare l’interpellato.
«In tal caso, la informo che ho fatto un bagno meno di un ora fa e confido di poter resistere almeno sino a metà mattinata. Inoltre un cliente potrebbe arrivare da un momento all’altro» replicò allora l’investigatore, accendendo poi l’amata pipa d’argilla.
«Dubito che ci sia qualcuno disposto ad affrontare questa calura e lei, quand’è in queste condizioni, non dovrebbe accettare nessun caso» affermò caustico il dottore.
«Ma certo, ed il prossimo passo sarà mettere un annuncio sul giornale che recita: “Si prega i criminali londinesi di rimandare le loro attività illecite ad un periodo migliore, così che il signor Sherlock Holmes possa darvi più agevolmente la caccia”» ironizzò con cinismo.
Watson era fin troppo abituato a quello humour nero, che gli scivolò addosso senza lasciare traccia: «Lei non imparerà mai a prendersi cura di sé, non è vero?» ribatté con evidente esasperazione.
«Suppongo di no» rispose il coinquilino, benché non fosse necessario.
Ora, una persona qualunque si sarebbe alzata ed avrebbe lasciato la stanza, ma non il dottor Watson, lui non era il genere d’uomo che gettasse la spugna: «Holmes, come suo medico e suo amico, insisto: bere litri d’acqua non è sufficiente, lei ha bisogno di frequenti abluzioni».
«Mi dica, vecchio mio, dovrei passare intere giornate a mollo in una tinozza come se fossi un vero e proprio calamaro? Magari potrei farla collocare qui in soggiorno, al posto della mia amata poltrona»
«Non sarebbe una cattiva idea, mio caro, forse gioverebbe perfino al suo umore» convenne il dottore, senza scomporsi.
«Farò un bagno solo se lei accetta di farmi compagnia. Sono certo che, anche se non lo da a vedere, il suo braccio meccanico sta risentendo del caldo, deve essere dolorosamente bollente» Holmes propose quel compromesso per un motivo ben preciso: voleva veder saltare gli ingranaggi dell’orologio. Oh, lui conosceva bene l’espressione che il compagno aveva quando si spogliava di ogni remora morale e gli mancava più di quanto fosse disposto ad ammettere.
Il braccio destro di Watson era stato meccanizzato a seguito di un terribile incidente. Era successo più di due anni addietro, durante le indagini di un caso molto pericoloso. Si trovavano entrambi appostati in un vecchio cantiere, dove si sarebbe dovuto tenere un incontro tra alcuni ricettatori di denaro sporco, ma era una trappola; il magazzino esplose ed il soffitto crollò, sotterrandoli. Si erano salvati grazie ad una delle travi, che aveva sostenuto, seppur di poco, i massi più pesanti che li avevano travolti, ma il braccio del dottore era rimasto schiacciato.
Holmes aveva creduto d’impazzire quando aveva appreso che sarebbe stato necessario amputarlo, si riteneva direttamente responsabile per la sorte del compagno, che stava pagando il prezzo del suo fallimento. Quella consapevolezza l’aveva portato a chiudersi ancora di più in sé stesso, toccando vette fino a quel momento inesplorate perfino per il suo carattere eccentrico ed introverso. Era stato proprio il suo amico a farlo a riemergere da quello stato semi-catatonico.
Watson aveva bisogno di lui, era già abbastanza difficile accettare l’idea di perdere un arto, ma non sarebbe riuscito ad affrontare l’operazione senza il suo sostegno. Gli avevano proposto di sostituire il braccio con una protesi meccanica; era un intervento costoso, doloroso ed estremamente pericoloso, e sentiva che sta volta non sarebbe riuscito ad affrontare gli eventi da solo. Il collega si era ripreso unicamente per stargli accanto.
L’operazione era andata a buon fine, poi c’era stata la convalescenza e la riabilitazione; se non fosse stato un uomo dall’animo così forte, più d’una volta il dottor Watson avrebbe ceduto, ma era caparbio ed aveva Holmes al suo fianco.
Il Destino però è un essere capriccioso e beffardo, ed un anno dopo era avvenuta quella che su libri di storia venne poi riportata come “la Grande Mutazione”. Ad oggi gli scienziati non sono in grado di spiegarla, si pensa sia dovuta a qualcosa presente nell’acqua o nell’atmosfera terrestre, ancora non è stato possibile chiarire i fattori di tale avvenimento. Fatto sta che in tutto il mondo alcune persone, all’apparenza geneticamente predisposte, avevano cominciato a mutare. Solo pochi fortunati - una persona su cinque - si erano salvati. Watson era stato tra di essi, Holmes no.
Le sue lunghe gambe erano scomparse, trasfigurate in otto viscidi tentacoli. Affrontare tutto ciò aveva rischiato di nuovo di minare la sua sanità mentale; la mutazione in sé non era stata dolorosa, solo tremendamente spaventosa, ciò che veramente era stato arduo era l’accettazione. Tuttora l’investigatore faticava a guardare il proprio corpo senza provare disgusto, ma pian piano era venuto a patti con la faccenda; nonostante ciò, non sarebbe mai riuscito ad accettarsi del tutto se non avesse scoperto cosa pensava e provava il suo amico.
Watson gli era rimasto accanto per tutto il tempo, certo, ed era probabilmente grazie a lui che Holmes non era crollato; nei momenti più neri era stato la sua ancora di salvezza. Tuttavia la loro intimità era stata compromessa ed era giunto il momento di scoprire se il loro rapporto sarebbe mai potuto tornare com’erano un tempo.
«D’accordo, faremo il bagno insieme» si poteva sempre essere certi che John Watson non si sarebbe tirato indietro davanti alle difficoltà.
Fu proprio lui a trascinare la tinozza in camera di Holmes e riempirla d’acqua fresca.
L’investigatore entrò per primo nella vasca ed i tentacoli parvero quasi prendere vita propria, fluttuando docilmente nel liquido trasparente.
Il dottore, rimasto in maniche di camicia, esitò solo un momento prima di cominciare a spogliarsi. Non era particolarmente felice di quell’idea - riteneva il bagno qualcosa di privato, in cui nessuno avrebbe mai dovuto interferire - ma sapeva che, se l’amico gli aveva fatto quella proposta, doveva esserci un motivo ben preciso. Holmes non faceva mai niente per niente e Watson intuiva che vi fosse un motivo importante per quella richiesta.
Holmes studiò silenziosamente il corpo statuario del compagno emergere dagli strati di vestiti. Era affascinante il suo Watson, straordinariamente attraente, non poteva certo biasimarlo per non aver più voluto toccare un essere deforme come lui. Meritava qualcuno di meglio, una persona al suo livello.
Quando il dottore scavalcò il bordo della tinozza per entrarvi dentro, ritirò i tentacoli contro il proprio corpo e li tenne schiacciati contro il petto, non volendo sfiorarlo con essi. Era già un enorme passo avanti riuscire a stare nudi in presenza dell’altro.
«Mettiti comodo» lo incitò inaspettatamente l’amico. La posizione rannicchiata in cui l’investigatore si era chiuso gli aveva ricordato quella che assumeva in poltrona quando rifletteva, strappandogli un sorriso.
Con circospezione, i tentacoli si mossero nuovamente nell’acqua, sfiorando le caviglie del dottore, che rabbrividì leggermente. A quella reazione subito si ritirarono e Watson ne fu sinceramente dispiaciuto.
«Holmes, è solo il cambio di temperatura. Vedi, ho la pelle d’oca» lo rassicurò, mostrandogli l’avambraccio sinistro su cui i sottili peli biondi si erano rizzati per lo shock termico.
L’investigatore, però, non parve affatto convinto ed il compagno dovette leggere la diffidenza nei suoi occhi d’acciaio, perché si mise in ginocchio e si sporse verso di lui, sino a poggiare i palmi ai lati della sua testa.
«Va tutto bene, vecchio mio» lo rassicurò, staccando una mano dal bordo della vasca per accarezzargli il viso con il dorso delle dita e di nuovo percepì una di quelle viscide estremità scivolargli lungo la gamba destra, sino a sfiorargli la vita e poi sospingerlo maggiormente verso l’amico. Stavolta non ebbe alcuna reazione, era una sensazione strana, ma non del tutto spiacevole e per lui Holmes restava sempre Holmes, a prescindere dall’aspetto. Voleva che questo gli fosse chiaro, così, sollecitato da quel tocco, si protese ulteriormente verso di lui e posò con decisione le labbra sulle sue.
Il compagno rispose subito a quel contatto, schiudendo la bocca ed approfondendo il bacio. Strinse tra le sue braccia forti il corpo del dottore ed i tentacoli si attorcigliarono strettamente alle sue gambe ed alla vita, tenendolo piacevolmente avvinto a sé.
Watson rischiò di perdere l’equilibrio, ma la stretta di Holmes lo sostenne e passò le braccia attorno alle sue spalle, immergendo la mano buona tra i suoi capelli. Da quando non gli permetteva di stargli tanto vicino? Santo cielo, gli era così mancato! Non gli sembrava vero di avergli permesso di tenerlo lontano tanto a lungo, ma sapeva che sarebbe stato perfettamente inutile accostarglisi quando ancora Holmes non accettava la sua nuova condizione, perciò gli aveva concesso tutto il tempo di cui aveva bisogno. Ora, però, doveva dimostrargli che per lui quel cambiamento era del tutto ininfluente, perché non cambiava minimamente i suoi sentimenti.
Ansimò quando uno dei tentacoli si strinse attorno a parti anatomiche non adatte ad essere nominate in una conversazione civile e fu costretto ad interrompere il bacio per riprendere fiato, mentre quell’estremità gli regalava un piacere sconosciuto. «Holmes…» gemette, posando la fronte contro la sua e questi gli concesse un sorriso enigmatico.
«Gradevole, non è vero?» sussurrò al suo orecchio, attirando tra i denti il lobo e poi scese a baciargli il collo. Un altro tentacolo andò a stuzzicare i suoi capezzoli, mentre una delle mani scivolò sino al fondoschiena, le dita sottili ed abili di Holmes accarezzarono il solco tra le sue natiche e lo prepararono efficacemente.
Watson fremette, sentendosi attaccato su tutti i fronti possibili e l’aria si riempì del suo respiro spezzato. Poi, finalmente, la sentì: la virilità di Holmes - fortunatamente scampata alla mutazione - si fece strada in lui, spianando una trincea bollente nel suo corpo. Ed eccole lì - tic-tac, tic-tac, tic-tac - le lancette dell’orologio cominciare a correre ad una velocità folle.
I loro movimenti si accordarono in una danza passionale e cauta, un crescendo con brio che li portò a smarrire totalmente la ragione e, nel momento in cui il dottore si tese contro di lui ed il suo capo ricadde indietro, sopraffatto dal piacere, Holmes lo vide… vide gli ingranaggi dell’orologio saltare impazziti ed il tempo bloccarsi. Infine affondò il volto nella spalla del compagno e lasciò che l’orgasmo vincesse anche lui.
Watson si accasciò contro il suo petto, posando la testa sulla sua spalla ed il compagno intrecciò le dita tra i suoi capelli chiari.
Il tempo passa - ponderò tra sé - lascia i suoi inevitabili strascichi, il mondo gira sul suo asse e l’aspetto della città per come la si conosce - quello dei luoghi, degli oggetti, delle persone - muta inesorabilmente, ma c’è qualcosa che è destinato a non cambiare; traballa, a volte cade, altre assorbe gli scossoni e poi si assesta… può modificarsi nella forma, ma non nell’essenza.
«Un orologio rotto segna l’ora giusta almeno due volte al giorno»* borbottò l’investigatore, stringendo a sé il corpo dell’amico.
«Come hai detto?» domandò questi, ancora intontito.
«Nulla, mio caro, una sciocchezza» sorrise enigmaticamente, posando un bacio sul suo zigomo.

FINE.

*Celeberrimo aforisma di Herman Hesse.
La frase d’introduzione, invece, è tratta da “Manos al aire” di Nelly Furtado.

Potete trovarla anche su:
EFP;
Fire&Blade;

holmes_ita: warning table, sherlock holmes

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