Fandom: Sherlock Holmes;
Pairing: Holmes/Watson;
Rating: Pg;
Genere: Introspettivo, Romantico.
Warning: Flash-fic, Missing Moment, Slash;
Summary: Il finale perduto di “L’enigma di Reigate”.
Note: Scritta per la
August Challenge di
holmes_ita , su prompt “L’enigma di Reigate”, contenuto in “Le memorie di Sherlock Holmes” e per il prompt 09 - Eroe del
Set8 di
10disneyfic . Il primo paragrafo è tratto dal racconto originale.
DISCLAIMER: Tutti i personaggi delle saga di Sherlock Holmes non sono opera mia, bensì della mirabile penna di Sir Arthur Conan Doyle. Dato, però, che i diritti d’autore sono ormai scaduti, stappiamo tutti insieme lo spumante ed appropriamocene beatamente! XD Ah, ovviamente non mi paga nessuno, anche perché altrimenti il succitato autore si rivolterebbe nella tomba, poverello.
The Hero
Sherlock Holmes ci pose davanti il biglietto qui accluso.
«È proprio il genere di nota che mi aspettavo», disse «Naturalmente non sappiamo ancora quali rapporti siano intercorsi tra Alec Cunningham, William Kirwan e Annie Morrison. Ma, dai risultati, l’esca era evidentemente quella adatta. Sono convinto che sarete felicissimi di notare i tratti grafici ereditati che compaiono nella p e nella g. Anche il fatto che, nella scrittura del vecchio, manchi il puntino sulle i è molto caratteristico. Credo proprio, Watson, che la nostra tranquilla vacanza in campagna sia stata un autentico successo e sicuramente domani tornerò a Baker Street pieno di nuove idee».
Se solo vorrà venire
al cancello est potrà
che la sorprenderà molto e
essendo di grande utilità per lei e anche
per Annie Morrison. Ma non dica nulla a nessuno
su questa faccenda.
Una volta che ebbi letto quel biglietto, osservai in silenzio il mio coinquilino sorseggiare il proprio brandy. Ero felice di vedere il suo volto pallido riprendere un po’ di colore.
Quegli occhi grigi, capaci di leggermi dentro con una facilità disarmante, mi scrutarono con attenzione, come se lui si aspettasse il mio intervento da un momento all’altro.
«Mi permetta di accompagnarla in camera, ragazzo mio» lo pregai, infatti, poco dopo, «Lei ha bisogno di riposare ed è il caso che prima le medichi quel polso». Ero certo che, benché non lo desse a vedere, il braccio che si era storto durante la colluttazione dovesse dolergli parecchio.
Il mio collega mi conosceva bene, fu per questo che non fraintese le mie parole; il mio non era il consiglio solerte di un amico, ma l’ordine perentorio di un medico. Fu così che, poco dopo, prendemmo congedo dal nostro ospite e ci ritirammo nella stanza di Holmes.
«All’occorrenza, lei possiede una vera e propria vena dittatoriale, mio caro» asserì quest’ultimo con un sorriso, accomodandosi su una poltrona nello spogliatoio. Nel mentre, io sedetti accanto al lui e gli sbottonai il polsino, accingendomi a medicare la ferita.
Sapevo che, in quei giorni, mi ero dimostrato fin troppo sollecito, in una maniera che trascendeva l’accortezza di un medico o l’affetto di un amico e che avrebbe potuto insospettire il colonnello, ma Holmes non ne sembrava infastidito. Assecondava il mio volere con comica rassegnazione, e avevo scorto, sul fondo del suo sguardo, una scintilla d’intima soddisfazione.
«E lei, delle volte, è troppo avventato» lo rimproverai, sfiorando con i polpastrelli i segni che uno degli assassini, nel tentativo di strangolarlo, aveva lasciato sulla sua gola. Sulla sua pelle chiarissima potevo distinguere chiaramente le dita del più giovane dei Cunningham. Per un momento, ricordai l’angoscia provata quando avevo udito il suo grido d’aiuto e rabbrividii. Fortunatamente eravamo arrivati prima che accadesse il peggio.
«Mi spiace averla fatta preoccupare» sussurrò catturando la mia mano.
«Lei è un ottimo attore. A volte temo che finga anche con me» ammisi, inclinando il volto e posando le labbra sulla sua giugulare.
«Bugie bianche» mi rassicurò, intrecciando le dita ai miei capelli ed io rimasi per qualche attimo così, respirando semplicemente il suo odore.
In futuro mi avrebbe ingannato ancora, lo sapevo e me lo aspettavo, ma ciò non lo rendeva più piacevole, anche se lo avrebbe fatto a fin di bene.
Pensai al resto del mondo fuori da quella stanza, che ormai - anche grazie ai miei racconti - riconosceva il suo genio. Per me, invece, Holmes era qualcosa di paragonabile ad un eroe. Un eroe che faceva uso di mezzi differenti dalla forza bruta - più simile ad Ulisse che ad Achille - ed era spinto da intenti molto meno cavallereschi di Re Artù. Ma comunque un eroe brillante - e non privo di macchie - come quelli delle leggende.
«Dottore, i suoi pensieri sono leggibili come un libro aperto» bisbigliò, voltandosi sin quasi a sfiorare le mie labbra. E, benché avessi gli occhi chiusi, nella sua voce percepii un sorriso.
FINE.
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