Fandom: Sherlock Holmes;
Pairing: Holmes/Watson;
Rating: Pg15 (riferito all’intera raccolta);
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico.
Warning: Flash-fic, Slash;
Summary: Una raccolta di flash su Sherlock e Watson, ognuna delle quali costituisce una storia a sé.
Note: Scritta per l’iniziativa
Albero delle Drabble di
holmes_ita .
Rami già spuntati:
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Tronco.
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I° Ramo.
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II° Ramo.
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III° Ramo.
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IV° Ramo.
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V° Ramo.
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VI° Ramo.
DISCLAIMER: Tutti i personaggi delle saga di Sherlock Holmes non sono opera mia, bensì della mirabile penna di Sir Arthur Conan Doyle. Dato, però, che i diritti d’autore sono ormai scaduti, stappiamo tutti insieme lo spumante ed appropriamocene beatamente! XD Ah, ovviamente non mi paga nessuno, anche perché altrimenti il succitato autore si rivolterebbe nella tomba, poverello.
VII° Ramo
Holmes mi guardò con aspettativa e una specie di sollievo esasperato in fondo agli occhi, come un maestro quando uno scolaro lento arriva a sfiorare il concetto, ma è ancora al di qua dall’afferrarlo. (
fiorediloto )
Holmes era fermo davanti alla finestra, le spalle rigide, la testa china e le braccia distese in avanti ad afferrare il davanzale.
«Non lo farò» dichiarai per l’ennesima volta, osservandolo dalla poltrona in cui ero seduto.
Lui si voltò appena il tanto da occhieggiarmi con disappunto, mentre accavallavo le gambe e accendevo un’altra sigaretta. Il fumo bluastro si arricciò e ascese verso l’alto, infiltrandosi fra le assi del soffitto di quella baita sulle Alpi.
«Watson…» cominciò, ma lo interruppi sul nascere.
«Non la lascerò combattere da solo questa battaglia, vecchio mio. La mia mente non sarà eccelsa quanto la sua o quella del Professor Moriarty, ma che io si dannato se la abbandonerò adesso» asserii.
Non era altro che l’ennesima discussione sul medesimo argomento. Più volte Holmes mi aveva chiesto di rientrare in Inghilterra e ad ognuna di esse mi ero opposto fermamente.
«È troppo pericoloso» fu quasi un sibilo e non lo avrei colto se non fossi stato tanto attento alle sue reazioni o tanto avvezzo ai suoi modi; contrariamente alla maggior parte degli uomini, quando era irritato Sherlock Holmes non alzava la voce e, più sommesso era il suo tono, più era evidente era la sua collera.
«Appunto» convenni.
«Watson» stavolta suonò come un avvertimento e, se possibile, la sua voce si fece ancora più sottile.
«Perché ha voluto che la seguissi?» ribattei.
Si voltò, poggiando i fianchi contro il davanzale e sfilò la pipa dalla tasca interna della giacca. Nella penombra della stanza, la luce del fiammifero illuminò per un attimo il suo volto, concedendomi un’istantanea dei suoi occhi d’acciaio socchiusi, poi la sua presenza tornò ad essere una sagoma in controluce stagliata sul crepuscolo.
«È stato un errore di valutazione» asserì e mi ritrovai a mordermi la lingua, soffocando una risposta stizzita, la quale avrebbe palesato più dolore di quanto desiderassi mostrare.
«Perché ha voluto che la seguissi?» ripetei, non accettando quella risposta ed accesi la lampada più vicina, perché non intendevo dargli modo di nascondersi.
«C’è davvero bisogno che le risponda?» Holmes mi scrutò con uno sguardo indecifrabile, in fondo ai suoi occhi lessi una traccia - non più di un barlume - di fragilità abilmente celata sotto un velo d’aspettativa; l’attesa di un maestro dinnanzi ad uno scolaro lento, che arriva a sfiorare il concetto, ma è ancora al di qua dall’afferrarlo.
«No. Ma, a maggior ragione, allora dovrebbe capirmi» sospirai e Holmes chiuse gli occhi.
Mi sentii invadere dal sollievo, interpretando quel gesto per ciò che era: un segno di resa. E, tuttavia, avevo vinto una battaglia, non la guerra.
Potete trovarla anche su:
EFP;
Fire&Blade;