[Achilleide] Verrà la morte ed avrà i tuoi occhi

Apr 09, 2010 22:28

Titolo: Verrà la morte ed avrà i tuoi occhi
Fandom: Achilleide/Mitologia Greca
Pgs: Achille/Patroclo/Thanatos/Phobos
Rating:
Parti: OneShot
Note: Partecipa al Meme della Quaresima, con il prompt *morte*.

"...tu sei solo il terzo, Ettore."
La lancia lo aveva trapassato da parte a parte ed io ero lì, nel silenzio e nella polvere, a guardarlo. Era vero, Ettore era solo il terzo ad averlo colpito: il primo era stato Apollo, in mezzo alla schiena, poi era giunto Euforbo e con la sua lancia aveva scalfito le armi e la pelle e solo infine era arrivato Ettore.
Nel silenzio, io attesi. Attesi che in quegli occhi si riversasse una vita, una giovinezza, un futuro che mai sarebbe stato. Attesi di vedervi riflesso il volto di Achille e poi mi mossi, velocemente, e gli sfiorai la fronte, lasciando che la sua anima si liberasse da quel corpo, da tutto quel dolore, discendendo nell'Ade. Vidi il suo corpo ricadere all'indietro, accanto all'elmo piumato ormai lurido. Sembrava essere uno di quegli oggetti dimenticati che risplendono di una sinistra bellezza, prima che qualcuno li prenda ancora in mano e li faccia tornare ad essere opachi. Mi scansai, trattenendo gli occhi fissi su quel corpo e sulla battaglia che infuriava attorno ad esso. Poveri mortali, volevano quelle armi. Le armi del figlio di Teti, le armi bellissime. Ancor di più volevano quel corpo, per dissacrarlo e portarlo come un trofeo dentro la loro città, senza sapere quanta sofferenza ci fosse, in quelle membra.
Sospirai, compiendo un passo indietro, sfiorando con la mia mano chi doveva andarsene senza neanche guardare: volevo rimanesse impresso alla mia mente quel volto dai lunghi capelli, ora sporco di sangue e polvere. Lo volevo ricordare in quel modo, preda incoscente di mille uomini furenti. Lo volevo ricordare così, per tentare di capire cosa fosse realmente quella che loro chiamavano Morte.
"Tu almeno sai essere clemente."
Scossi piano il capo, ricordando le parole di Deimos. Era questa la clemenza? Con ira guidai la lancia del primo uomo che mi era accanto ed uccisi un Troiano e poi un altro ancora, finchè non vidi le sue dita tremare e la lancia cadere. Allora mi gettai nella mischia, schiantando cranii e spargendo sangue e viscere sul terreno. Che vedesse dall'alto, Deimos, la mia clemenza.
Ettore incalzava i suoi guerrieri, per portarli proprio sul ciglio dell'accampamento Acheo, per poter finalmente porre fine a quella guerra, mentre come cani coloro che rimanevano indietro si contendevano quel corpo ora nudo.
Continuai a sfiorarli, uno dopo l'altro, gli Achei che venivano dal mare. Continuai a gridare nella mischia, portando il vento gelido con me, sperando che lui potesse udirmi e che capisse.
Mi fermai solo quando vidi Phobos, lì in mezzo. Se ne stava seduto sui talloni, con lo sguardo rivolto verso l'alto, fissando un gruppo sparuto di uomini che conversavano ansiosamente. Vidi Menelao, fra di loro, dire qualcosa ad un ragazzo. Si chiamava Antiloco. Scelsero lui e lui iniziò a correre verso l'accampamento, liberandosi delle sue armi. Allora Phobos si alzò e lo seguì, divenendo la sua ombra. Solo per un istante volse lo sguardo verso di me e annuì, come per dirmi che avrei potuto cessare quella mattanza.

Lo seguii, tenendo agevolmente il suo passo. Sapevo dove andava e sapevo che avrei dovuto permettergli di fuggire, più che incutergli paura. La paura, quella aveva lasciato le sue membra da tempo, non perchè la battaglia non lo spaventasse, semplicemente perchè aveva più timore della reazione di Achille che della spada di Ettore.
Piangeva, mentre correva. Arrivò a quella tenda che aveva il fiato corto; sudava, le gocce tracciavano solchi sulla pelle insozzata dalla polvere e dalla terra. Si fermò e chiuse gli occhi, poi entrò. Io vidi Achille, allora, e sono certo che egli vide me, per un attimo. Lo vidi che piangeva, lo vidi lasciarsi cadere in ginocchio e invocare Teti. Io non lo avevo mai guardato bene, prima dall'allora. Aveva fatto fuggire molti Troiani in quei lunghi anni, ma io non lo avevo mai osservato con attenzione.
Era bello, con i capelli scuri ed il petto muscoloso. Gli occhi sembravano abissi, e le mani avrebbero potuto distruggere il mondo, se solo avessero voluto. Allora capii l'amore che provava per Patroclo, così simile e diverso da quello che io provavo per mio fratello. Allora capii perchè quel corpo nella polvere sarebbe dovuto tornare lì, fra quelle braccia e non essere smembrato da coloro che ne volevano le viscere.
Si era alzato da terra, Achille, e ritto sul ciglio più alto del fossato si era messo a gridare. La sua voce rassomigliava quella di Thanatos e per un momento mi sembrò di vederne l'ombra aleggiare sul capo del giovane.
Le sue grida erano le grida di un leone ferito, di colui al quale è stato tolto il bene più prezioso. Mi mossi per sigillare un patto e trascinai via dalla battaglia coloro che portavano in salvo quel corpo bellissimo.
Lo posarono su di una lettiga, ed io inviai il mio odore e la mia mano sui Troiano, perchè fuggissero e almeno per quella notte non tornassero, troppo impauriti dal furore del semidio per tentare di uscire dalle proprie case.
Achille abbracciò quel corpo senza smettere di piangere, ed iniziò ad invocare il suo nome. Distolsi lo sguardo, fissando le navi nere, e vidi Thanatos che posava una mano sulla spalla del semidio, prima di scostarsi e guardarmi.
"Presto si compirà il tuo destino." lo udii mormorare. Venne verso di me, ed io ebbi timore. Se lo sapesse, Deimos riderebbe fino alla fine dei tempi, ma dinnanzi alla Morte io, quel giorno, ebbi paura. Non per quando lo avevo affrontato, furente, comunicandogli il desiderio impossibile di mio fratello. Non provai terrore per me, ma per la Paura stessa. Nel vedere quel ragazzo riverso sul corpo del proprio amato, io per la prima volta capii cosa sarebbe accaduto se Deimos fosse divenuto mortale. Lo avrei perso per sempre.
"No. Tu non puoi farmi questo." indietreggiai e poi fuggii da quell'essere, lasciandolo in mezzo a ciò che aveva creato.

Fuggì da me, questo lo so. Non tanto da me quanto dall'idea che io potessi sfiorare suo fratello. Achille pianse Patroclo tutta la notte, ed io rimasi seduto vicino alla sua pira finchè non smise di bruciare, giorni dopo. All'alba dell'ultimo giorno nel sollevare lo sguardo mi sembrò di scorgere Deimos, ma poi il suo profilo svanì in una nube di polvere ed io tornai a vegliare su quelle ceneri.
 
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