“Ridammi quelle lettere!”
“Persuadimi.”
“Un giorno, non saprai più resistere.”
No, in verità non avevo mai pensato avrebbe potuto prenderla così… alla lettera.
Nel momento in cui mi fece sbattere contro il muro della mia cabina, baciandomi con violenza, mi dovetti ricredere sul cattivo gusto di Will Turner. Certo, anche con un vestito stava bene, non che fosse una donna brutta, ma con quei pantaloni e quel cappello…
Cappello che le era scivolato di dosso e che presi con una mano, mentre cercavo di sottrarmi a quella furia senza molto successo.
“E’ solo una lettera, Lizzie, non vedo cosa -“
“Non azzardarti a chiamarmi Lizzie, Jack Sparrow! Neanche Will -“
“Capitan -“
Non riuscii a correggerla perché mi chinai per scansare uno stivale che mi aveva lanciato contro; quando se l’era tolto? Non ne avevo idea e m’importava poco. Era troppo… frettolosa, ecco. Per una questione da niente, poi! Misi le mani avanti, letteralmente, cercando di fermare quella piccola furia decisa a fare cose non troppo decorose pur di ottenere ciò che voleva. Non che mi dispiacesse, ma io vedevo l’amore come una cosa più… romantica, ecco.
“Elizabeth, tesoro, comprendi che io -“
Schivai con agilità il secondo stivale e corsi verso la porta che ovviamente era chiusa a chiave, la quale era chissà dove.
Elizabeth si fermò, togliendosi la misera giacca e la camicia. Teneva fra indice e pollice la chiave mentre avanzava lentamente verso di me con fare provocante.
“Cercavi questa, mmh? Non sei stato tu a dirmi che sarei passata dalla tua parte, prima o poi?”
Sospirai, rassegnato. Certo, glielo avevo detto io, ma credevo mi avrebbe almeno fatto scendere a terra prima di mettere in pratica tutto ciò.
“Sì, è vero, vedo che hai compreso perfettamente, però...”
Lei gettò la chiave sul tavolo, inchiodandomi ancora una volta contro la porta. Mi limitai ad osservarla, prima di sbuffare e chinare il capo per baciarle una guancia. Sentì che stava sorridendo e mi maledissi.
“Le tue tecniche di persuasione non mi affascinano neanche un po’.”
Mugugnai prima di lasciarmi spogliare di tutto tranne che del cappello della ragazza che ora portavo sul capo, lasciandomi poi condurre verso il tavolo al centro della cabina.
Mentre la baciavo, assecondando con il corpo il dolce rullìo della nave, mi dicevo che non avevo sbagliato a dirle quelle cose, decisamente. In verità ero io quello tentato dalla pelle bianca e morbida, dai capelli lunghi ed arruffati, dalla voce tagliente che per tutto quel tempo mi era sfuggita e che ora voleva solo lasciarsi prendere, per un paio di pezzi di carta. Si strinse di più a me, il viso arrossato e le labbra strette in una smorfia di piacere. Le baciai, schiudendole con la lingua e rallentai il ritmo del mio movimento, mentre la sua schiena si inarcava e la sua pelle aderiva maggiormente alla mia come se non volesse fermarsi ma volesse spingersi oltre. Approfondii il bacio, arrestandomi per un attimo e beandomi del mugugno di disappunto che mi arrivò alle orecchie. Rimasi così qualche secondo, prima che lei si scostasse brutalmente, fissandomi delusa.
“Non credevo fossi capace di così poco!”
Sibilò, e fece per sottrarsi alla mia presa, cosa che le resi impossibile. Mi limitai a guardarla, con aria dubbiosa.
“Pensavo sarei stato io a voler sapere che sapore avrebbe avuto, invece vedo che è il contrario, Lizzie.”
Mormorai, prima di sorridere, tornando a muovermi dentro di lei, per impedirle di parlare ancora.
Non molto dopo, mentre si stava rivestendo, afferrai la chiavi e mi diressi tranquillamente verso la porta. Solo all’ultimo se ne accorse e mi corse dietro, arrivando troppo tardi e sbattendo contro il legno chiuso dall’esterno.
La udii gridare qualcosa di poco gentile e sorrisi, battendo con l’indice sulla superficie.
“Curiosità,” le dissi “curiosità, mia cara Elizabeth.”