[Slam Dunk] Our life is gonna change (3)

Feb 01, 2015 15:54

05_

"Scusate il ritardo!" un imbarazzato Hanamichi, una mano dietro la testa e l'altra affondata nella tasca posteriore dei jeans, stava poggiato con la spalla allo stipite della porta d'ingresso della cucina. Davanti a lui, seduti attorno al tavolo, la famiglia Kuroda stava riunita ed aspettava solo lui per cenare.
"Hana, avanti siediti con noi, non stare sulla porta!" lo accolse la zia, indicandogli la sedia libera accanto al cugino, invitandolo a sedersi. Hanamichi prese subito posto ed un basso mormorio lo riprese: "doaho!"
Il rosso si voltò di scatto verso il moro, ma non disse niente, trattenendosi dal rispondere a tono: in effetti, si sentiva estremamente in colpa per quella situazione, non solo, anche se non dipendente dalla sua volontà, era arrivato tardi a Tokyo, ma la madre l'aveva tenuto quasi mezz'ora al telefono, nonostante, dopo solo cinque minuti di conversazione, Hanamichi tentasse di chiudere il discorso.
>.<>.<>.<>.<>.<>.<>.<
"Hana finalmente! Oh tesoro, lo zio mi aveva detto che il treno aveva fatto ritardo. Stai bene? Come è andato il viaggio? Hai mangiato?"
Un fiume in piena, quella donna non si smentiva mai, aveva una parlantina non indifferente, ecco da chi aveva preso lui. Per non parlare del fatto che, se era agitata, parlava ancora di più!
"Sto bene mamma, sono arrivato sano e salvo, la zia e Kaede sono venuti a prendermi...non che la volpe fosse esattamente entusiasta della cosa, però..." rise appena.
"Oh Hana, mi raccomando, fai il bravo e non litigare con tuo cugino, so che per te sarà difficile, ma..." Hanamichi la interruppe.
"Stai tranquilla mamma, so come mi devo comportare e quali siano i miei obblighi e limiti. Mi comporterò bene. Sono tutti così gentili con me...mi ambienterò bene" la rassicurò per il momento. Avrebbe voluto, a quel punto, chiudere la chiamata per non fare ulteriore ritardo, ma aveva fatto il piccolo, quanto inconsapevole, errore di domandare alla donna come si stesse trovando e nonostante cercasse di inserirsi nella conversazione, non vi era stato verso di fermarla. Sicuramente molto più rilassata, adesso che sapeva che il figlio stesse bene, aveva riacquistato sicurezza ed aveva cominciato ad elencargli lo svolgimento della sua giornata, investendo Hanamichi di parole e particolari riguardanti il suo lavoro che a Sakuragi, ad essere onesti, in quel momento poco interessavano e dei quali non capiva assolutamente niente. La donna aveva lo strano vizio di renderlo partecipe di ogni sua minima attività lavorativa e di usare termini tecnici a lui oscuri per spiegare quanto aveva fatto. Alla fine il ragazzo, all'ennesimo: '...posizionare la squadra in drittofilo prendendo come punto di riferimento la cimosa...' aveva dovuto interromperla...
"MAMMA!" non avrebbe voluto alzare la voce, ma quello era l'unico modo per avere attenzione.
"Oh scusami Hana...ho parlato troppo, eh?" ammise con voce imbarazzata.
"Già, mamma, scusami adesso ti devo proprio lasciare, mi aspettano per cenare. Ti telefono domani, buonanotte mamma" la salutò dolcemente.
"Buonanotte anche a te, tesoro!"
>.<>.<>.<>.<>.<>.<>.<
Mentre il maggiordomo serviva la cena, Hanamichi si sentì nuovamente in dovere di scusarsi: "mi spiace per oggi...tutto questo trambusto eheh, inoltre ci si è messa anche la mamma....vi saluta a proposito...non sono riuscito a mollarla prima, mi ha riempito di raccomandazioni" spiegò.
La zia annuì: "immagino, mia sorella è sempre stata un tipo apprensivo, non ha limiti a volte" la prese bonariamente in giro.
"Nh...ne ho una vaga idea" fu il commento casuale del consorte. La donna si voltò con un sorriso fintamente angelico sul volto e domandò: "hai detto qualcosa, caro?"
"No, no, niente..." fece l'uomo, prendendo il bicchiere in mano e bevendo un sorso di vino rosso.
"Bene! Ehm...allora Hanamichi ti è piaciuta la stanza?" domandò la zia, cambiando argomento.
"Oh, si moltissimo, grazie. Non dovevate però, mi sarei accontentato di una stanza qui in casa" disse nuovamente.
"Sciocchezze, anche quello fa parte della casa e, comunque, volevamo che non ti sentissi a disagio ed avessi un posto in cui rifugiarti come tutti noi, nel qual caso tu abbia bisogno di pace. Kaede ha la sua palestra per giocare a basket, Ayako va in giro a fare shopping, tu hai la dependance" gli spiegò sorridente.
"Ahahah va bene, grazie mille!" si decise infine ad accettare di buon grado.
Continuarono a cenare tra una chiacchiera e l'altra, Hanamichi aveva portato una ventata d'aria fresca in più in quella casa, solitamente a reggere la conversazione erano le chiacchiere di Ayako e di Miyako: Kaede sempre silenziosissimo, com'era nel suo essere, spizzicava lentamente il cibo che aveva nel piatto pensando ai fatti suoi ed il signor Kuroda finiva di mangiare rapidamente per tornare al proprio lavoro al quale si dedicava in modo quasi ossessivo. Nonostante questo però, l'atmosfera in famiglia non era tesa anzi, vi era molto affetto tra i quattro, ma ormai i ragazzi stavano crescendo e cambiavano le priorità.
"Hanamichi, domani che ne dici di fare un giro del quartiere, io e lo zio lavoriamo, ma sentiti pure libero di girare nei dintorni, per familiarizzare con la zona e magari approfittare per visitare qualche monumento tipico. Sei mai salito sulla torre di Tokyo?" s'informò la zia.
"Mh una volta in gita scolastica, ma è stato due anni fa, non mi dispiacerebbe tornarci" affermò il rosso, cominciando a mangiare il dolce.
"Oh bene e potresti andare con Kaede, no?!" fece speranzosa, rivolgendosi con un sorriso al figlio, il quale ricambiò semplicemente con un'occhiata silenziosa che voleva dire, però, molte cose. Hanamichi stesso lo capì e si affrettò a rispondere: "non è un problema, so badare a me stesso posso girare da solo. Immagino che la volpe abbia di meglio da fare e poi...non ho bisogno di una balia. Non voglio che sconvolgiate le vostre abitudini per me" chiarì, non voleva ripeterlo una volta di più. Capiva che i parenti fossero preoccupati per lui, ma non era più un bambino e quell'atteggiamento invece che tranquillizzarlo lo innervosiva di più.
Si sentì allora improvvisamente stanco, il viaggio, i pensieri di quella giornata, quella cena, tutto d'un tratto si sentiva come soffocare e lasciando a metà il dessert, posò accanto al piattino la posata. Cercando di apparire il più naturale possibile, si pulì la bocca con il tovagliolo, chiedendo il permesso di ritirarsi nella sua stanza.
"Certo Hanamichi, in effetti è tardi per tutti e tu sarai stanco per via del viaggio, mi spiace, avrei dovuto pensarci prima, vai pure" accordò la zia ed il marito annuì alzandosi a sua volta dal tavolo.
"Buonanotte a tutti!" salutò Sakuragi, prima di uscire dalla cucina e scendere le scale che l'avrebbero portato alla dependance.

***

Quando furono sicuri che Hanamichi fosse effettivamente uscito di casa, Ayako, che l'aveva spiato da dietro la finestra della cucina, si era voltata verso il fratello e, in contemporanea con la madre, entrambe avevano colpito il ragazzo al braccio. Il moretto le aveva guardate quasi sconvolto, non comprendendo un simile trattamento, incenerendole con lo sguardo.
"Ma dico io, che modi sono, eh?" domandò la madre.
"Che caratteraccio che hai Kaede, non sei migliorato neanche un po'!" rincarò la riccia. Il ragazzo osservò il padre allontanarsi in silenzio dalla stanza per andare a dormire e l'avrebbe fatto volentieri anche lui, se solo quelle due l'avessero lasciato libero, invece continuavano a chiudergli la strada aspettando una sua reazione.
"Insomma, cosa ho fatto? Non l'ho insultato, non ho detto niente di niente, mi sono comportato bene" disse, alludendo alle tante raccomandazioni fattegli prima del suo arrivo.
"Mpfh" sospirò Ayako, lasciando che un ciuffo di capelli si sollevasse scenicamente dalla sua fronte. "Oh bel lavoro...ma non lo sai che se anche non comunichi a parole, i tuoi gesti sono facilmente interpretabili?" chiese retoricamente, spalleggiata poi dalla madre. "Non è stato carino quello che hai fatto! Vorrei solo che Hanamichi si ambientasse qui con noi il più in fretta possibile e tu...tu lo tratti come se ti avesse fatto chissà quale torto irreparabile, come se non lo sopportassi. Cosa ti costava domani accompagnarlo a fare un giro della città?" chiese.
Kaede non capiva proprio, lui si era comportato come al suo solito, non potevano certo pretendere che, da un giorno all'altro, cambiasse il proprio carattere, sorridesse e divenisse espansivo come per magia! Lui era fatto così, che a loro piacesse o meno. Ed anche il doaho aveva detto di non aver bisogno di una balia, l'aveva espressamente chiesto.
"Siete assurde! Qui non sono io in torto, voi semmai, con le vostre attenzioni lo fate sentire in trappola, non è un bambino che va coccolato costantemente. E se non vi sta bene come mi comporto con lui, avreste dovuto evitare di ospitarlo in casa" disse duro, anche se non avrebbe voluto, ma l'avevano proprio stufato, lo stavano stressando da più di un mese, ancor prima che il rosso avesse anche solo pensato di cominciare a preparare i bagagli: non ne poteva più. E per di più era particolarmente stanco della situazione in generale, pur non comprendendone appieno il motivo.
Madre e figlia si guardarono l'un l'altra confuse: Kaede non aveva mai parlato così tanto e dalle sue parole capirono anche che, forse, aveva ragione: avevano esagerato con Hanamichi. Volevano proteggerlo, era vero, ma non avevano pensato, Miyako soprattutto, che potevano sortire l'effetto opposto su di lui e potevano farlo sentire inadeguato e a disagio.
Ringraziando mentalmente per quel loro silenzio, che indicava che le due avevano pensato solo in quel momento al loro agire, Kaede sorpassò quindi le due donne, passando in mezzo a loro, e raggiunse la sua camera, chiudendosi dentro.
Raggiunto il letto, che si trovava sulla parete sinistra della camera, vi si gettò sopra a peso morto, stendendosi su un fianco: un braccio piegato indietro sul quale poggiò la testa e l'altro con la mano sotto il cuscino, sospirò e chiuse gli occhi.
Era davvero convinto di non aver fatto niente di male con il cugino, si era semplicemente comportato come al solito. Il ragazzo aveva subito una grave perdita era vero, ma la vita andava avanti, è spesso difficile, ma non si può adagiarsi sugli allori, Kaede era convinto che anche Hanamichi la pensasse come lui, il comportamento della madre e della sorella gli era sembrato eccessivo.
"Tu lo tratti come se ti avesse fatto chissà quale torto irreparabile, come se non lo sopportassi".
Quella non era la verità, Hanamichi non gli aveva fatto nulla di male e, a dire il vero, lui non si comportava così solo con Sakuragi, semplicemente non era nel suo carattere dare confidenza subito, neanche se si trattava di un parente, eppure lei, che era sua sorella, avrebbe dovuto conoscerlo almeno un po'. Pur essendo parenti con i Sakuragi, non si vedevano mai, in che altro modo avrebbe dovuto comportarsi con lui? Baci, abbracci e battute di spirito?! A parte essersi frequentati assiduamente durante il periodo dell'infanzia avevano avuto pochissimi rapporti, erano quasi due estranei: fino a quel momento, ognuno aveva vissuto la propria vita, ignorando quella dell'altro, per cui non vi vedeva molto senso comportarsi, adesso, come se fossero sempre stati insieme ed in buoni rapporti.
Sicuramente, ora che il rosso avrebbe dovuto vivere con loro, avrebbero dovuto stringere una specie di rapporto di pacifica convivenza, si sarebbero anche potuti conoscere un po' meglio, ma sarebbero comunque dovuti andare per gradi e la cosa non era affatto facile. Fra i suoi coetanei ed i compagni di scuola, Kaede vedeva bene di tenersi alla larga da tipi del genere: troppo chiassosi, estroversi e chiacchieroni, dei veri tornado; stava già facendo uno sforzo enorme a pensare di poter stringere amicizia con il cugino, avrebbero dovuto essere grate di quello.
Inoltre, nessuno gli assicurava che, un suo sforzo, sarebbe valso la candela, Hanamichi, a parte qualche velato insulto o poco più, non gli aveva rivolto la parola di sua volontà, non aveva dato idea di voler conversare con lui. Chissà cosa gli passava per la testa al doaho, anche lui aveva pensato che fosse solamente una scocciatura per lui averlo in casa? In quel caso, aveva davvero ragione a dargli dell'idiota. Nell'oscurità della stanza, però, a quel pensiero si ritrovò a sorridere, cosa che non gli succedeva spesso, anzi quasi mai: Kaede non era tipo da lasciarsi andare a simili espressioni, riusciva sempre a mantenere un ferreo autocontrollo sui propri sentimenti, ma questo gli risultava difficile se pensava al ragazzo con capelli rossi. Odiava veramente tanto essere chiamato 'doaho' e Kaede, appunto per quello, non perdeva occasione di ripeterglielo. Quand'era più piccolo, Kaede era realmente convinto che il cugino fosse uno sciocco, faceva tante di quelle cose stupide che lui neanche s'immaginava di pensare, invece, con il tempo, era divenuta più un'abitudine che altro, una sorta di soprannome, così come l'altro aveva preso il vizio di chiamarlo 'stupida volpe'.
Caratterialmente erano agli antipodi, Sakuragi aveva un modo di porsi esuberante e simpatico, Kaede, invece, era un tipo che preferiva passare il proprio tempo da solo ad ascoltare musica o in un campetto da basket. Certo, non poteva dirsi un modo di vivere più giusto rispetto a quello del rosso, però, era così che lui aveva sempre fatto, non avrebbe potuto cambiare assolutamente, non era nei suoi principi. Non gli importava assolutamente il giudizio della gente e per questo, molto spesso, veniva considerato, erroneamente, una persona altezzosa e che si crede al di sopra di tutti. Non aveva molti amici, ma non poteva ugualmente dirsi una persona sola, perché, in realtà, qualcuno c'era a cui piaceva così com'era ed a lui stava bene così. Aveva da sempre imparato a contare solo sulle proprie forze, perché spesso la vita, quando meno te lo aspetti, ti volta le spalle ed allora nessuno verrà a tenderti una mano; crescendo, quindi, Kaede aveva imparato a fare affidamento solo su se stesso ed a seguire solo ed unicamente le leggi imposte dalla propria coscienza: l'unica persona a cui avrebbe mai dovuto rendere conto di qualcosa sarebbe stato soltanto se stesso. Sbuffò, stendendosi sulla schiena per poi tirarsi a sedere sul letto: ma che razza di pensieri gli venivano in mente a quell'ora tarda della notte? Sarebbe già dovuto essere nel mondo dei sogni da un pezzo e non perdere tempo con pensieri di quel genere. Si alzò svogliatamente dal letto e si spogliò, rimanendo con solo l'intimo indosso ed una maglietta a maniche corte di colore chiaro, la bella stagione era arrivata puntuale come sempre e con essa anche il caldo tipico dei mesi estivi, ma Kaede era un tipo che soffriva poco le alte temperature, quindi s'infilò a letto, coprendosi con un lenzuolo leggero, pronto per dormire, lasciando fuori, almeno per il momento, tutti quegli strani pensieri, sprofondando velocemente in un sonno tranquillo.

***

"Quella stupida volpe scema!" borbottò Hanamichi a mezza voce, una volta chiusosi nella sua piccola casetta. Si tolse con frustrazione la maglia, sentendosi soffocare da essa, restando a petto nudo e jeans, sedendosi sul divano, sprofondando un po' sui soffici cuscini.
Lasciò andare la testa all'indietro, posandola sulla spalliera, chiudendo gli occhi e sospirando, portandosi un braccio sul viso. Sorrise però, conscio di essere un tantino ingiusto: Kaede non c'entrava niente in tutta quella situazione, anzi, forse era stato l'unico che, con il suo essere se stesso, l'aveva veramente fatto stare bene durante la cena. Non si era sentito oppresso e costretto a fingere che andasse tutto bene. Era grato alla zia per quello che stava facendo per lui, l'avrebbe ospitato in casa e gli aveva dato addirittura uno spazio unico in cui potersi rifugiare in momenti come quelli, eppure qualcosa stonava in quel felice quadretto. Lo stavano trattando troppo bene e lo facevano sentire a disagio con il loro comportamento, forse avrebbe dovuto provare a parlare con la zia l'indomani, spiegarle che, per quanto fosse grato per quello che faceva, non c'era bisogno di trattarlo con troppo riguardo. Sì, le avrebbe parlato per non sembrare ingrato.
Voltò il viso ad osservare l'orologio appeso alla parete e constatò che era quasi mezzanotte, si alzò dal divano, spostandosi nella camera da letto: era così diversa dalla sua stanza a Kanagawa. Più grande e spaziosa, era arredata in stile occidentale, in linea con la casa principale, con tanto di letto ad una piazza e mezzo, di gran lunga più comodo del futon sul quale aveva sempre riposato*. Di fronte ad esso una scrivania di legno, di colore bianco, sulla quale stava posta una lampada da studio e qualche soprammobile. Un grande armadio a parete occupava gran parte della zona est della stanza e vicino ad esso uno specchio verticale nel quale Hanamichi si specchiò rimirandosi e sorridendo. Gli piaceva veramente moltissimo la sua nuova sistemazione, tornò nel salone, se così poteva definirlo, e recuperò una delle sue borse per prendere il cambio per la notte.
Si levò i jeans, indossando dei bermuda larghi e comodi rimanendo a petto nudo: faceva fin troppo caldo per i suoi gusti. Si gettò di peso sul letto, facendo muovere su e giù il materasso un paio di volte, fino a che non si assestò nuovamente. Rimase fermo, steso sulla schiena a rimirare il soffitto e le ombre che la bassa luce della lampada sul comodino proiettava verso l'alto, nonostante fosse tardi non aveva comunque ancora sonno e lasciò vagare liberi i pensieri, inevitabilmente, non poteva farne a meno. Ripensò a sua madre e al suo nuovo lavoro, la sentiva soddisfatta, ogni volta che si parlavano al telefono ed Hanamichi ne era contento: cambiare aria le aveva fatto bene, in questo modo stava realizzando il suo sogno e così, forse, si sarebbe sentita meno sola. Di certo il pensiero di suo marito l'accompagnava giornalmente nelle sue esperienze ed Hanamichi avrebbe scommesso anche che, a fine giornata, la donna si facesse una bella chiacchierata con lui, per metterlo al corrente dei suoi profitti. A quell'immagine, sorrise teneramente, le voleva veramente molto bene, non avrebbe voluto separarsi da lei, ma da che era partita aveva anche cercato di capire più a fondo le sue motivazioni, il motivo per cui non aveva voluto portarlo con sé e farlo studiare a Sapporo, dove lei si era trasferita. Scuole ve n'erano anche lì, aveva fatto delle ricerche per conto proprio, non sarebbe stato un problema per lui adattarsi e si sarebbe impegnato allo stesso modo, ma, molto probabilmente, Minako aveva deciso di mandarlo a Tokyo dagli zii per farlo vivere e crescere in una famiglia. Una famiglia completa, in un'atmosfera serena e normale. Ovviamente, i Kuroda non potevano rimpiazzare la sua famiglia o quelle che erano le sue origini, ma il pensiero avuto dalla madre era stato molto altruistico a modo suo.
C'era la zia Miyako che, così simile alla sorella, gli ricordava tantissimo la sua mamma.
Haruiko lo zio, era la figura paterna, un consigliere al quale Hanamichi, se ne avesse avuto bisogno, si sarebbe potuto rivolgere per qualsiasi problema.
Ayako, la sorella che non aveva avuto, così carina ed esuberante, era sicuro che gli avrebbe dato del filo da torcere, ma con la quale avrebbe anche potuto confidarsi se necessario, di questo era sicuro. Fin da piccoli, Ayako, più grande di un anno rispetto al rosso, aveva sempre giocato con lui ed il fratello, sempre circondata più da amici maschi che ragazze, sapeva badare a se stessa e, in un certo qual modo, vegliava sempre su lui e Kaede.
E poi...e poi, sì, c'era Kaede...il ruolo che lui dovesse ricoprire ancora non era riuscito a spiegarselo, loro erano....erano così diversi, due caratteri simili, ma allo stesso tempo estremamente incompatibili, tanto che non facevano altro che incontrarsi e scontrarsi, inevitabilmente. Non poteva essere come un fratello per lui, avevano un senso di rivalità molto spiccato l'uno nei confronti dell'altro per considerarlo tale. L'unico fratello che Hanamichi sentiva veramente tale e degno di questa carica era e sarebbe sempre stato Yohei per lui. Kaede un amico? Nemmeno, non si conoscevano abbastanza per poter dire di essere amici, inoltre Hanamichi aveva un idea tutta sua sul concetto di amicizia pur nella sua semplicità e nella voglia di fare nuove conoscenze, dava sempre il giusto peso alle cose, attribuendo a ciascuna il proprio valore.
Kaede era suo cugino, ma neanche quello in realtà era vero: i due, infatti, non avevano alcun legame di sangue. Fin da quando era piccolo, ad Hanamichi era stato spiegato a grandi linee, quale fosse il passato del suo compagno di baruffe, cosa di cui, tra l'altro, anche lo stesso Kaede era a conoscenza: per non dover rimanere poi ferito in futuro dalle male lingue, aveva sempre saputo che Miyako non era la sua vera madre.
>.<>.<>.<>.<>.<>.<>.<
*Kaede era il figlio della prima moglie del signor Haruiko, Yuna Rukawa, appunto.
Ai tempi dell'università Miyako e Haruiko stavano insieme, amici fin dai tempi del liceo, avevano continuato gli studi insieme nella stessa facoltà universitaria. Erano stati insieme per quasi cinque anni, fino a che a causa di incomprensioni e diversi avvenimenti poco fortunati, una volta laureati, avevano intrapreso strade diverse, perdendo i contatti. Quello che, però, Miyako aveva nascosto all'ormai ex ragazzo era che fosse rimasta incinta di una bambina: Ayako appunto.
Nel periodo in cui i due erano stati lontani, Haruiko, che lavorava come stagista presso una grande azienda, si era invaghito totalmente della figlia del capo, allora diciottenne. Convinti entrambi che il loro amore fosse sbocciato grazie al classico colpo di fulmine, avevano deciso di sposarsi ed avere una famiglia tanto che, dopo pochi mesi di convivenza, la giovane Yuna Rukawa aveva dato alla luce un bellissimo bambino. Purtroppo, però, come spesso accade, non tutte le storie d'amore hanno un lieto fine e così è stato anche per Haruiko. Quando Kaede aveva poco più di un anno, stanca della vita che stava conducendo, troppo stressata dalle responsabilità che crescere un figlio ed avere un marito comporta, aveva abbandonato tutto. Troppo egoista ed ancora immatura per affrontare un qualcosa che si è rivelato essere più grande di lei, senza pensarci due volte, all'insaputa del marito, aveva preparato i documenti per il divorzio. Haruiko era stato abbandonato e lasciato solo dalla donna che amava, con un bambino da accudire ed un lavoro precario perché lei voleva rincorrere quello che da sempre era stato il suo sogno più grande: diventare una modella professionista.
Ma nonostante le difficoltà, Haruiko non si era lasciato abbattere da questo, testardo ed orgoglioso, era riuscito, con le sue sole forze e l'aiuto dei propri genitori, a farsi un nome, una posizione e crescere il suo bambino nel migliore dei modi possibile. E se è vero che, spesso, la vita ci mette alla prova e non è tutta rosa e fiori, è altrettanto vero che, quando il Destino muove i suoi fili, gli umani non posso far altro che districarsi all'interno di quella sottile rete di intrecci che esso ha imbastito per loro. E così ancora una volta, il Fato aveva messo mano nella vita di Haruiko Kuroda: in un giorno in cui, libero dal lavoro, portando Kaede a passeggiare al parco, dopo anni di lontananza aveva rincontrato Miyako che passeggiava nella direzione opposta alla sua, come se gli stesse andando incontro, mentre teneva per mano una bambina. La piccola dai lunghi capelli ricci, due grandi e splendenti occhi azzurri e una parlantina invidiabile per avere solo quattro anni, aveva lasciato la mano della mamma per andare incontro, correndo veloce, a quel bambino un po' timido ed imbronciato e a quel signore che sorrideva felice, guardando ammirato la sua mamma.
Non seppero mai quale fu la causa che li fece rincontrare, ancora una volta, dopo tanti anni e proprio a quel punto delle loro vite, ma da quel giorno Haruiko capì veramente cosa volesse dire amare ed essere amati ed apprese, una volta per tutte, il vero significato della parola famiglia.
>.<>.<>.<>.<>.<>.<>.<
Hanamichi aveva sempre imputato il carattere di Kaede alla sua triste vicenda familiare, non doveva essere molto bello sapere che tua madre preferisce realizzare se stessa, piuttosto che crescere un bambino che, a quell'età soprattutto, ha bisogno di quante più cure ed amore possibile. Si era sempre spiegato i suoi bronci ed il suo essere scostante e freddo come una sorta di automatismo di difesa personale, come se, non affezionandosi a niente e a nessuno, non potesse restare nuovamente ferito: in passato magari l'aveva fatto inconsciamente, troppo piccolo in effetti per capire la propria situazione, ma poi con il tempo sicuramente, doveva aver realizzato e compreso tutto.
Forse era per quello che, da piccoli, a modo suo Hanamichi cercava di spronarlo a giocare con lui, lo coinvolgeva nelle sue parole e nei suoi giochi infantili, lo vedeva troppo distante e solo...quasi triste a volte e, forse, inconsciamente voleva aiutarlo. Era stato proprio durante uno dei loro giochi che Kaede, per la prima volta aveva dimostrato interesse per lui e gli aveva rivolto la propria attenzione. Era stata la prima volta che l'aveva chiamato: 'dohao'.
>.<>.<>.<>.<>.<>.<
Era inverno e, approfittando delle ferie del signor Sakuragi, Hanamichi, che doveva avere più o meno 5 anni all'epoca, con tutta la famiglia, era andato a trovare gli zii a Tokyo, per passare con loro il Natale. Le due sorelle avevano deciso di portare i piccoli al parco e così chiacchierare serene come non facevano da tempo, dato che non si vedevano praticamente mai. La notte appena trascorsa aveva nevicato e quindi davanti ai loro occhi si presentava un singolare quanto dolce paesaggio invernale, sembrava quasi un immagine da cartolina. Ayako si dondolava sull'altalena, vigile, osservando il fratello ed il cuginetto giocare sulla casetta con lo scivolo. Hanamichi correva da una parte all'altra, ridendo e meravigliandosi delle proprie orme che rimanevano impresse sulla neve bianca, mentre Kaede, in disparte, lo osservava in silenzio, perso in chissà quali pensieri.
"Mamma, mamma guadda!!" Hanamichi pretendeva l'attenzione della donna per mostrarle il modo sicuro in cui saliva nella costruzione di legno, per poi lasciarsi andare giù dallo scivolo.
"Hana stai attento, è pericoloso, ha nevicato, scendi subito da lì e cercati un altro gioco" lo mise in guardia da lontano, ma sempre attenta a correre in suo aiuto.
"Gno, sono attento io, Tensai io!" s'impuntò testardo.
Ed effettivamente, senza alcuna difficoltà, riuscì a salire in cima allo scivolo, reggendosi con le manine guantate ai pali di metallo della costruzione. Dalla sua postazione aveva la vista sull'intero parco e sorrise, sentendosi improvvisamente grande e padrone del mondo.
"Maaaammaaa!" chiamò, ma la donna si limitò a sorridergli, raccomandandosi ancora una volta con lui di fare attenzione. Ayako osservò silenziosa la scena, saltando giù dalla seggiola dell'altalena, ma rimanendo comunque vicino alla madre, in attesa, poiché era sicura che qualcosa stava per succedere, ma non capiva di che potesse trattarsi.
"Uff!" Hanamichi, vedendo che la madre non gli prestava il dovuto interesse, sbuffò, muovendo i piedini offeso e facendo scontrare le scarpine tra di loro. Un movimento dal basso, però, lo rimise sull'attenti: Kaede, con il suo cappottino blu scuro, sciarpa e berretto, si era avvicinato allo scivolo ed ora lo guardava dal basso verso l'alto con il suo solito broncio.
"Scendi...ha detto che è pericoloso!" gli disse, con un tono che non ammetteva repliche. Ma ad Hanamichi la cosa non fece affatto piacere, anzi, per dispetto, si chinò in avanti con il busto, dondolandosi e sorridendo furbetto, rispondendo con sfida: "gno...io faccio quello che voglio...tu stai lì se hai paura!"
Al piccolo Kaede, però, quella risposta non era andata a genio e, senza alcuna voglia di star lì a discutere con lui, aveva girato i tacchi, facendo per andarsene: "fai come vuoi!" fu la risposta.
Hanamichi, a quella, ci rimase malissimo, con la sua risposta sperava di ottenere un altro tipo di reazione dal moretto, che magari salisse con lui a giocare, per vedere chi fosse il più bravo. Quindi, come vide il cugino allontanarsi, senza fare attenzione, si mosse veloce, nel piccolo spazio che occupava, perdendo l'equilibrio e sbilanciandosi in avanti, scivolando sulla pancia lungo la discesa di plastica.
"Waaahhhhh!!"
L'urlo di Hanamichi attirò immediatamente l'attenzione delle due donne poco distanti, che si mossero per correre verso di lui, ma prontamente fermate dalla piccola Ayako che si era messa davanti a loro posandole le mani sulle gambe: "aspettate!" disse semplicemente, con gli occhioni che sorridevano.
Hanamichi era scivolato velocemente giù, finendo con il battere la faccia sulla neve, prima di fare una capriola e ritrovarsi seduto per terra, poco distante dalla casetta-scivolo.
Kaede, all'urlo di Hanamichi, si era voltato verso di lui ed aveva assistito da vicino a tutta la scena: adesso lo vedeva seduto a pochi passi da sé, guardarsi attorno, sicuramente spaventato ed in cerca di qualcuno che lo aiutasse e lo tranquillizzasse. Vide che le due donne stavano ancora ferme vicino alle altalene, ma stavolta senza parlare, semplicemente aspettavano. Tornò a guardare verso il rosso, che nel frattempo si era voltato mettendosi carponi sulla neve e stava quasi per mettersi a piangere. I loro occhi si incontrarono, rimanendo a fissarsi, Hanamichi osservava la madre, che non capiva per quale motivo restasse ancora ferma lontana da lui, e poi Kaede a pochi passi.
Spaventato mise su un delizioso broncetto triste e gli occhioni grandi, lucidi di pianto, ma non si lasciò andare, perché vide Kaede avvicinarsi piano e tendergli una mano per aiutarlo ad alzarsi. Hanamichi lo studiò per un attimo, poi si decise ad afferrarla per tirarsi su ed in quell'esatto momento si sentì apostrofare: "doaho". Alzò il volto, adesso sul suo viso un'espressione stupita, prima di cedere definitivamente alle emozioni, troppe per lui in una volta sola e, stringendo ancora la mano di Kaede, l'altra la portò al viso per passarsela sugli occhi cominciando a piangere. Tutto questo, però, non gli impedì, tra un singhiozzo e l'altro, di rispondere a modo al moretto: "ba...baka kittune!!" prendendo spunto molto probabilmente dal cappellino di lana, con tanto di piccole orecchie, così simili a quelle di una volpe, che Kaede indossava.
>.<>.<>.<>.<>.<>.<>.<
Non sapeva perché, proprio in quel momento, gli fosse venuto in mente quel ricordo, era una cosa successa quasi in un'altra vita, ma adesso, in confronto ad allora, riusciva anche a riderne. Voltandosi su un fianco, coprendosi fino all'ombelico, chiuse gli occhi, lasciando che i ricordi affollassero la sua mente ed il sonno lo raggiungesse.

06_

La mattina successiva al suo arrivo nella nuova casa, Hanamichi, nonostante avesse fatto le ore piccole, si era svegliato relativamente presto: erano le dieci del mattino e, per un tipo come il rosso, abituato a ronfare fino a tardi se solo gliene fosse data la possibilità, quell'orario di risveglio poteva definirsi 'mattiniero' e, stranamente, si sentiva anche abbastanza riposato e pieno di energie.
Indossando un abbigliamento da casa, uscì dalla dependance salendo nella casa principale, per fare colazione. In cucina, però, trovò solamente la cameriera ed il maggiordomo che li aveva serviti la sera precedente, intenti a sistemare e chiacchierare fra loro.
"Buongiorno!" salutò, entrando nella stanza e rendendosi noto.
"Buongiorno signor Sakuragi, ha dormito bene?" salutò cordialmente l'uomo, mentre la cameriera, una graziosa ragazza sulla trentina, apparecchiava il tavolo e serviva la colazione: tè caldo e biscotti.
"Oh no, no... ehm" esordì a disagio Hanamichi "vi prego, niente formalismi, mi fanno sentire strano, potete chiamarmi Hanamichi e darmi del tu. Comunque sì, ho dormito abbastanza bene, ero piuttosto stremato dal viaggio" spiegò con un sorriso, sedendosi al tavolo e ringraziando la cameriera per quelle accortezze.
Si sentiva molto strano ad essere così servito e riverito, abituato da sempre a cavarsela da solo. Non era male, però, qualche volta gli sarebbe piaciuto poter stare in panciolle, invece di riordinare la sua camera, per esempio, ma era sicuro che a lungo andare, si sarebbe sentito a disagio.
Cominciò a bere piano il proprio tè, intavolando poco dopo con i due una conversazione: non era abituato a tutto quel silenzio.
"Gli zii sono andati a lavoro?" s'informò.
"Sì, Sakuragi-kun!" rispose la cameriera, usando il suffisso confidenziale, sebbene Hanamichi avesse già detto di non volere formalismi: probabilmente l'etichetta era una cosa difficile da correggere.
"Torneranno in tarda serata, la famiglia spesso si riunisce solamente all'ora di cena" spiegarono.
Hanamichi rimase sorpreso di questo fatto e comprese anche il motivo per cui, la sera precedente, dovevano aver aspettato così tardi per cenare, di modo che fossero tutti presenti. Non l'avevano fatto solo per attendere il suo arrivo, e dire che si era sentito tremendamente in colpa per tutta la sera, invece era una cosa di famiglia, una sorta di unico punto d'incontro della giornata.
"Capisco, beh, allora vorrà dire che ne approfitterò per andare a fare un giro oggi... la zia mi ha parlato della torre di Tokyo che, se non ricordo male, presenta diverse attrattive e sarà più semplice per me giostrarmi la giornata sapendo che non devo rispettare degli orari!" rifletté a voce alta.
Subito il maggiordomo gli mise a disposizione l'auto di famiglia, ma Hanamichi rifiutò gentilmente la cortesia: sperava non si offendessero, ma amava troppo la propria indipendenza per stare dietro a tutte quelle comodità. Ancora si domandava come una persona dal carattere vivace come quello della zia, potesse riuscire a gestire tutto questo.
Dopo mezz'ora era nuovamente nella propria casetta per prepararsi; si fece una rapida doccia e prese dalle valigie il cambio pulito: avrebbe sistemato tutto negli armadi la sera, si ripromise.
Quando risalì in cucina la trovò vuota, tutto pulito ed in ordine ed anche le stoviglie, che lui stesso aveva usato, lavate e poste nello scolapiatti del lavello. Si guardò intorno, ma non sentì alcun movimento di sorta che denotasse la presenza di qualcun altro in casa oltre a lui.
Girovagò nell'ampio salone, una zona per il relax, dove spiccavano due comode poltrone di pelle ed un divano ad isola bello spazioso. Davanti ad esso era posizionata una tv schermo piatto ed Hanamichi si chiese se fosse anche fornita di parabolica.
Un sommesso gorgoglio attirò poi la sua attenzione, si voltò curioso, cercando di capire da dove provenisse quel suono particolare e, nello spazio tra due enormi finestroni, faceva bella mostra di sé un acquaio con tanti piccoli pesci di specie diverse, colorato e pulito.
Con un sorriso, si chinò appena ad osservare le bolle che il depuratore provocava nell'acqua, curiosando attento i suoi piccoli abitanti. Con l'indice, picchiettò il vetro di plexiglas facendo spaventare alcuni minuscoli pescetti rossi. Soddisfatto di quella piccola marachella, si rimise dritto andando verso un tavolo rotondo e, per sua fortuna, trovò quello che stava cercando: un block-notes ed una penna. Vi scrisse sopra due righe nel caso Ayako o qualcun altro si fosse accorto della sua assenza e si stesse chiedendo dove fosse finito, prima di prendere le chiavi di casa, lasciategli a disposizione dallo zio, ed uscire per strada.
La villa dei Kuroda non distava molto dal centro città, sebbene vi fosse una fermata della metro a soli pochi passi, Hanamichi decise di passeggiare a piedi per le vie circostanti, anche per farsi un'idea del quartiere che avrebbe dovuto frequentare da quel momento in poi.
La giornata, sebbene calda, non era afosa ed era piacevole fare quattro passi. Hanamichi osservò le case circostanti, tutte dalla facciata in grande stile simili a quella degli zii e, nel quartiere adiacente al loro, scoprì anche un piccolo parco giochi, molto carino ed in ordine.
Si fermò accanto alla delimitazione e ricordò che, effettivamente, c'era già stato. Da piccolo, quando la madre e la zia, nei rari viaggi che facevano per trovare i parenti, si riunivano, erano solite portare lì lui, Kaede ed Ayako.
Con nostalgia, si addentrò nella stradina di ghiaia che attraversava il verde del prato ed i cespugli dalla forma tonda, osservando i giochi per gli infanti e quelli per i bimbi un po' più grandi. Un bambino che doveva avere all'incirca sei anni gli si avvicinò per chiedergli gentilmente di passargli il pallone da calcio che era rotolato ai suoi piedi.
Hanamichi lo vide osservarlo timido, tendendogli le braccia, in attesa che gli raccogliesse la palla, il rosso si chinò e, dopo aver fatto volteggiare la sfera dagli esagoni bianchi e neri sul dito indice, giusto per fare un po' di scena, la porse al bambino che era rimasto ad osservarlo stupito. Il bimbo, dopo averlo frettolosamente ringraziato, era corso via dagli amichetti, raccontando loro della magia che il 'signore dai capelli rossi' aveva fatto con la loro palla.
Hanamichi sorrise tra sé e continuò la sua passeggiata attraverso il parco: stava veramente bene, non si sentiva tanto tranquillo da tempo, forse la madre aveva ragione a volergli far cambiare aria. Dopo le avrebbe anche telefonato, sperando non lo trattenesse ancora ore al telefono come la sera precedente.
Di tanto in tanto, quando notava qualcosa di 'nuovo' e che lo colpiva, tirava fuori la propria macchinetta digitale facendo qualche foto: aveva promesso a Yohei ed ai ragazzi dell'armata, di mandare loro qualche scorcio di Tokyo e qualche monumento importante. Takamiya si era anche raccomandato di fotografare qualche tipico ristorante e mandargli come souvenir dei dolci del posto.
Tra una foto e l'altra, facendo qualche pausa per godere del venticello fresco che ogni tanto soffiava leggero tra le fronde degli alberi, era infine giunto alla sua meta: si trovava ai piedi della torre di Tokyo, la costruzione forse più importante e famosa della città.
Osservando dal basso verso l'alto la torre in tutta la sua altezza, non poté trattenere un fischio di ammirazione, facendo voltare anche qualche testa nella sua direzione. Portandosi una mano sulla frante a schermarsi gli occhi dalla luce del sole, che ormai stava avvicinandosi alla sua massima altezza nel cielo, cercò di vederne la cima. Tornò poi con i 'piedi per terra' decidendo di andare per gradi, avvicinandosi alla base, dove notò la presenza di un piano sotterraneo che decise di esplorare per primo.
Il piano sotterraneo presentava numerose attrazioni turistiche ed anche nei piani successivi vi erano adibite delle aree per il tempo libero: un museo delle cere 'il Tokyo Tower Wax Museum', negozi di souvenir e una zona commerciale. Ovviamente poi, vi erano anche dei punti di ristoro completi di ristorarti e pub. Inoltre, Hanamichi, con sua grande sorpresa, scoprì la presenza di una sala giochi ed il suo sguardo si illuminò: dopo le lezioni, con i suoi vecchi amici, andare a fare una puntatina al Pachinko di Kanagawa* era il loro passatempo preferito. Sarebbe stato come sentirsi a casa e si ripromise, più tardi, di fare una partitina con i videogiochi di lotta: i suoi preferiti.
Avrebbe voluto subito salire sulla Torre, aveva sentito dire che la vista dai piani alti era una cosa unica, ma uno strano vuoto allo stomaco lo costrinse, suo malgrado, a fare una pausa.
Era quasi l'una e da che era uscito di casa non si era fermato per fare una pausa e la fame si faceva sentire, per cui si guardò in giro e decise di entrare in un pub dove avrebbe preso qualcosa da mangiare. Ordinò un menù veloce, patatine ed un hamburger con bibita fresca e si scelse un posto in un tavolo un po' appartato per restare in pace.
Controllò il cellulare, ma non vi era campo, sperava solo che nessuno lo cercasse né si preoccupasse nel caso in cui non avesse risposto subito. Pensò a Rukawa domandandosi se di fosse già alzato: aveva fama di essere un dormiglione cronico, o se Ayako fosse tornata dalla sua mattinata di shopping, così gli avevano detto il maggiordomo e la cameriera, quando aveva chiesto dove fosse la cugina. Ad ogni modo, non si preoccupò più di tanto, aveva lasciato un biglietto la mattina, non c'era il tanto da mettersi tutti questi problemi.

***

"Hana!! Hanamichi!" Ayako, appena rientrata dalla sua uscita con le amiche, era andata a trovare il cugino nella sua casetta, convinta di trovarlo ancora a ronfare, ma, non udendo rumore alcuno, cominciò ad insospettirsi. Stava per aprire la porta, dopo aver bussato un paio di volte, ma la voce della cameriera la fermò: "se cerca suo cugino non è in casa, è uscito stamattina relativamente presto!" la informò.
Ayako, confusa, risalì le scale tornando in casa, accorgendosi, solo dopo, del post-it che Hanamichi aveva lasciato in vista.
Cominciò nuovamente a chiamare a gran voce, mentre si dirigeva verso la stanza del fratello, in fondo al corridoio: "Kaede! Kaede!! Kae...AH! Mi hai fatto paura!" disse, portandosi una mano al petto all'altezza del cuore, quando un assonnato ed infastidito Kaede le si era parato davanti di colpo, facendola spaventare.
Solitamente era sempre molto restio a rispondere e la ragazza doveva andare di persona in camera sua per farsi udire: non si aspettava certo di vederselo spuntare davanti all'improvviso.
"Che hai da urlare?!" rispose brusco, i capelli tutti scompigliati, con gli occhi ancora socchiusi dal sonno e dalla luce che lo infastidiva. Il risveglio per il bel volpino era sempre piuttosto traumatico, aveva bisogno dei sui tempi e di tranquillità soprattutto, cosa assolutamente impossibile con Ayako che ripeteva in continuazione il suo nome con voce squillante.
"Ma lo sai che ore sono? È quasi mezzogiorno e tu ancora dormivi?!" lo riprese, posandosi scenicamente le mani sui fianchi, la cosa la divertiva un mondo.
Rukawa si limitò a squadrarla con un'espressione di ghiaccio, rispondendo di rimando: "e allora? Sono in vacanza già da una settimana e gestisco il mio tempo come mi pare!" La sorella era una delle poche persone che Kaede tollerasse e che riuscisse, con i suoi modi di fare, a strappargli di bocca addirittura un'intera frase di senso compiuto e non il solito mugugno e sintetici monosillabi, anche se talvolta, per abitudine, li rifilava anche a lei.
"Hana non c'è!" gli disse ignorandolo.
"Nh?!" non capiva, perché lo stava dicendo a lui?
"Sarà andato in giro su consiglio della mamma" spiegò, superandola e dirigendosi in cucina: aveva bisogno del suo succo di frutta all'arancia. Ogni mattina quella era la sua colazione, così come era usanza americana, Paese di cui Kaede era, come tutto ciò che avesse a che fare con il basket, un grande fan.
"E tu non sei andato con lui?" insistette la riccia, seguendolo.
Kaede non rispose, neanche dopo aver bevuto un lungo sorso dal cartone del succo di frutta, Ayako attese paziente, posando una mano sul tavolo e guardandolo fisso negli occhi.
Con le spalle al muro, il moretto si trovò costretto a sprecare nuovamente fiato: "non sono la sua balia è abbastanza grande, no?! E poi non so dove sia andato!" addusse come scusa.
"Ah-ah! Io so dov'è, guarda! Ho trovato questo!" lo informò mettendogli sotto il naso il biglietto. Rukawa lo lesse solo con gli occhi* mentre la sorella, gentilmente, lo invitava a raggiungerlo.
"Non ci penso neanche! C'è scritto che torna per cena, io non mi preoccuperei" fece calmo, sciacquando il bicchiere sporco e tornando in camera. Ma Ayako era un osso duro e non lo mollò: "ma dai, vuoi davvero che pensi che lo odi!? Senti..." si affrettò a proseguire, in seguito all'occhiataccia che ricevette.
"Lo so che quello che hai detto ieri è giusto, ma non è un modo per controllarlo questo. È un modo per farvi avvicinare, non abbiamo rapporti con Hanamichi da tanto, anzi il nostro legame è molto scarso e a me dispiace. Vorrei solo che facciate amicizia, che tu lo coinvolgessi, anche per uscire con i ragazzi, secondo me ne sarebbe felice e mi sembra un tipo apposto. Piacerà sicuramente anche ai tuoi amici, ma non puoi pretendere che tutto ciò avvenga dal niente, devi essere tu il tramite, per favore!" lo supplicò con occhioni grandi, grandi.
Sapeva che a quello Kaede non avrebbe resistito, era sempre stato così ed in fondo era sempre il suo fratellino, sapeva di poterlo raggirare.
Kaede rimase fermo sull'uscio della porta, indeciso. Sapeva a che gioco stava giocando Ayako e proprio per questo sarebbe stato da fessi fare quello che voleva, ma perché, allora, non riusciva a dirle di no: doveva opporsi, ci riusciva con tutti, perché con lei no?!
"Eh va bene, ma non starmi così addosso...vado a cambiarmi!"

***

Un'ora dopo, Kaede si trovava fuori casa alla ricerca del doaho. Nel biglietto aveva scritto che si sarebbe diretto al centro, alla torre, ma non era detto che si trovasse ancora lì dopo tutte quelle ore: era uscito di casa molto prima di lui e magari aveva deciso di fare qualche deviazione. Nel caso così fosse stato, poi ci avrebbe pensato lui a dargli una strigliata, sia al cugino ed anche ad Ayako, che l'aveva costretto ad uscire e così a saltare il suo abituale allenamento mattutino nella palestra di casa.
Non avendo alcuna intenzione di farsi una faticaccia a piedi sotto il sole di Giugno, prese la metro e ne approfittò anche per fare un piccolo sonnellino seduto sulle scomode poltroncine del vagone affollato: per uno che riusciva ad addormentarsi in bicicletta, quello era un comfort al confronto.
Neanche dieci minuti di viaggio ed era già arrivato alla sua fermata e, uscito dal passaggio sotterraneo, sbucò direttamente ai piedi della torre. Era affollata di gente, turisti e gruppetti di studenti, ormai liberi dalla scuola, che si godevano le vacanze: sarebbe stata un'impresa trovare il doaho, anche se, se fosse stato nei paraggi, era sicuro che con quegli inconfondibili capelli rossi, l'avrebbe trovato subito.
Alzò il viso verso l'alto e sperava vivamente che Hanamichi non fosse già salito e lo facesse girare a vuoto per cercarlo. Ad ogni modo, ponderò bene di procedere dal basso verso l'alto, quindi perlustrò velocemente i negozi e i localini nel piano interrato e, fu solo per un fortuito caso che, passando davanti alla sala giochi, tra il chiasso generale, riconobbe inconfondibile una risata particolare.
Arrestò immediatamente il passo, entrando nella sala e seguendo quel sommesso parlare solitario: man mano che si avvicinava poteva percepire chiaramente cosa stesse dicendo.
"Andiamo maledetto, tira quel calcio... no, no, no, aspetta.... ehi no, non mi puoi chiudere!! Aaaargh sfidare così impunemente il Tensai... no no eddaaaaaiiii...."
Kaede si fermò a debita distanza, di fianco al ragazzo, osservandolo saltellare sul posto e far roteare, con movimenti rapidi e meccanici, l'analogico del joystick riversando su di esso fin troppa forza.
"Bwaaaa!" fu il lamento disperato e sconsolato con il quale si concluse quell'accorato monologo, nell'osservare la scritta luminosa GAME OVER sullo schermo.
Hanamichi chinò il capo sconsolato, riponendo la consolle nella postazione e spostandosi per andarsene, le mani affondate nelle tasche e posizione curva e sconfitta.
"Doaho!" fu il sussurro che gli arrivò alle orecchie e che lo fece fermare istantaneamente, per poi voltarsi di scatto: "ba... baka kitsune! Che diavolo ci fai tu qui?" chiese perplesso, non se l'aspettava proprio.
"Mh... mi ha mandato Ayako, dice che dobbiamo fare amicizia" spiegò serafico, infilando anche lui le mani nelle tasche dei jeans.
Sakuragi lo guardò da capo a piedi, scettico. "Sicuro che non ti ha mandato a controllarmi? Guarda che io..."
"E secondo te io avrei voglia di fare da balia ad uno come te?!" fece retorico, alzando un sopracciglio.
"Ehi!" si arrabbiò un poco, poi, però, si calmò colto da un'improvviso pensiero.
"Devi riportarmi a casa?" s'informò, magari era davvero andato a recuperarlo perché aveva fatto tardi.
"Hai finito di girare?" rispose a sua volta il moro, serio e tranquillo stavolta: non avrebbero fatto amicizia se continuavano a lanciarsi sguardi astiosi e si mettevano a litigare.
"No, io avevo intenzione di salire sulla torre, mi stavo solo riposando, ma se tu non vuoi venire..."
"Andiamo" lo interruppe Rukawa, precedendolo verso l'uscita ed Hanamichi lo seguì.
In silenzio, senza dire una parola, si diressero verso l'ascensore e vi salirono insieme ad un altro gruppetto di persone, ansiose come loro o, meglio, come Hanamichi, di osservare la città ed il circondario dall'alto.
Ci misero pochi minuti per raggiungere il piano in cui, a 150 metri, si trovava il 'Main Observatory'. Rukawa lasciò scendere prima gli altri passeggeri, poi come vide Sakuragi fare per seguirli, lo fermò parlandogli: "aspetta, se vuoi possiamo proseguire fino allo 'Special Observatory', altri cento metri e puoi osservare la città da una prospettiva più ampia. Per me non fa nessuna differenza, ma dicono che sia meglio e se sei fortunato, riuscirai a vedere anche il monte Fuji" spiegò, dimostrando di essere abbastanza informato e, anzi, Hanamichi fu felice che gli avesse dato quel consiglio. Sorrise, ringraziandolo per l'informazione e tornò dentro l'ascensore che riprese la scalata.
Qualche altro minuto di ascesa e poi, la cabina si fermò, Hanamichi scese per primo, fiondandosi accanto ai grandi finestrini trasparenti, posando le mani sulla ringhiera, osservando la spettacolare vista che gli si presentava davanti agli occhi.

genere: romantico, fanfiction: slam dunk, long fiction, genere: fluff, genere: epic, genere: erotico, pairing: ruhana, slam dunk, genere: au, warning: yaoi

Previous post Next post
Up