[Slam Dunk] Our life is gonna change (11)

Feb 01, 2015 16:15

Erano passati diversi giorni dalla sera della famosa uscita a quattro e la punizione di Mitsui era finita. Il ragazzo aveva potuto nuovamente riprendere a frequentare Akira, con la promessa che, nei momenti liberi, avrebbero studiato insieme: almeno in quel modo avrebbero potuto passare del tempo insieme, il che era un buon compromesso, dopotutto.
"Allora, ancora non me lo dici?" chiese il castano al suo ragazzo.
"Cosa?" fece distratto Mitsui, sfogliando il libro di matematica.
"Ciòche ti ha detto Hanamichi su quella notte! Ancora non mi hai raccontato niente, lo so che ci hai parlato!" lo interrogò Sendo, gattonando dietro di lui e abbracciandolo, impedendogli di continuare a voltare le pagine di quel libro antipatico che toglieva a lui tutte le attenzioni.
Mitsui si voltò con il viso per guardarlo: "ah quello, sì gli ho parlato, ma non te lo dirò!"
"E perché, di grazia?" si scioccò Sendo: non lo credeva possibile, erano una squadra e lui voleva tenere per sé quella confidenza.
"Perché, se lo facessi, poi ti faresti scoprire da Kaede. Non hai ancora parlato con lui e voglio che tu non sia avvantaggiato. Ogni nostra reazione sospetta potrebbe farci scoprire" disse semplicemente, mandando la testa all'indietro, posandola sulla spalla del compagno e stendendo le gambe. Sendo lo strinse a sé: "non è vero io so essere discreto e poi parlare con Kaede non è facile lo sai, continuando di questo passo non lo saprò mai!" si imbronciò, posando le labbra sul suo collo, deciso a farlo cedere.
"Ah-a non ci provare, non ti dirò... niiente..." si ritrovò suo malgrado a sospirare.
"Mhmh..." la risposta di Sendo voleva dire tutto e niente.
"Akira... io li voglio aiutare davvero, ho parlato con... Haahnamichi, ma tu devi fare la tua parte!" tentava di essere lucido, ma quella bocca avida e calda dal suo collo si era spostata alla spalla e le mani si erano intrufolate sotto la maglia, accarezzandogli l'addome e il petto.
"Kaede è diverso, non ascolterà i miei consigli e... non mi dirà niente di niente... fallo per me" chiese, con voce bassa e un po' lagnosa, mentre si spostava verso l'orecchio e cominciava a riempirlo di piccoli baci.
"Smettila per favore... ti... ti pare il momento, devo studiare e tu hai una missioone da compiere" tentò di farlo ragionare Mitsui, cercando di articolare un discorso che fosse un poco poco coerente, mantenendo lucidità.
"Mi stai per caso dicendo che non ti piace e mi stai mandando tra le braccia di un altro? Ti ricordo che è sempre il mio ex e, a quanto pare, sta attraversando un momento difficile; potrei avere una ricaduta..." buttò lì sospirando, mordicchiandogli la pelle sensibile vicino il padiglione e facendo rabbrividire il ragazzo tra le sue braccia. Mitsui, a quell'ultima affermazione, si scostò da lui, voltandosi e sistemandosi in ginocchio tra le gambe di Akira che lo guardava seriamente, senza il solito sorriso.
"Anche se so che stai scherzando solo per farmi cedere e ingelosire, non dire mai più una cosa del genere. Primo: io so che siete solo amici e non ti piace più e secondo: mi fido di te, non puoi avere una ricaduta" gli disse, allacciandogli le braccia attorno al collo e sporgendosi verso il suo viso per baciarlo spingendolo per le spalle per farlo stendere sul pavimento.
Akira sorrise per quelle sue parole e per dimostrargli quanto tenesse a lui lo catturò in un bacio appassionato che portò entrambi in un vortice di sensazioni forti. Lasciò le sue mani libere di scivolare sotto la maglia, accarezzandogli la schiena e poi lo fece rotolare di fianco stendendosi su di lui.
"La tua fiducia è ben riposta, non la tradirei mai, perché io amo solo te, anche se sei un teppista sdentato!" disse, sorridendogli dolcemente. Hisashi spalancò gli occhi a quelle parole: era la prima volta che Akira gli diceva che lo amava. Nonostante il carattere aperto e sempre disposto, per certe questioni importanti Sendo era molto riservato: avevano raggiunto da tempo una complicità che rendeva il loro rapporto stabile e sicuro, ma quella era la prima volta che Sendo confessava i suoi sentimenti. "Che c'è? Non dirmi che non l'avevi immaginato?"
"No... non è questo, solo che... non fraintendermi, ma... mi hai sorpreso, io..." non riusciva a trovare le parole per esprimere il concetto, inoltre si sentiva particolarmente vulnerabile e troppo scoperto, data anche la posa che avevano assunto.
Akira parve comprendere e sorrise, chinandosi a baciarlo: "ho capito, scemo..." gli disse, lasciando vagare le mani sulle sue cosce, muovendo le dita a slacciare i jeans, cominciando a far scendere lentamente la zip, ma si fermò a metà dell'operazione: le nocche delle sue dita che sfioravano l'inguine semi teso del compagno. "Mh... è vero, hai detto che volevi studiare, forse non è il caso... e poi io ho una missione..." usò le sue stesse parole.
Ma Mitsui lo fulminò con lo sguardo: adesso che l'aveva provocato si stava forse tirando indietro?
"Ehi, ehi, campione, la tua missione adesso è un'altra e io studierò meglio con te fuori dai piedi che vai a parlare con il tuo amico, ma adesso... basta parlare di altri ragazzi, devi pensare solo a me" ordinò con una luce maliziosa nello sguardo, affondando le mani tra i suoi capelli e chiedendo che lo baciasse ancora.

***

Era particolarmente stanco quel pomeriggio, forse non era stata un'ottima pensata andare da Rukawa subito dopo il suo passionale incontro con Hisashi: non che lui fosse tipo da lamentarsi o che avesse poca resistenza, questo no, ma il gioco di Kaede era particolarmente aggressivo e prepotente che Sendo non riusciva a stargli dietro, né a combinare qualche schema decente. Inoltre, cominciava a commettere diversi falli, uno dopo l'altro e quel modo di giocare Akira non lo riconosceva come il solito di Rukawa.
"Anf... Kaede... aspetta, facciamo un pausa!" fu costretto a domandare, fermandosi al centro del campo, dopo quaranta minuti di gioco ininterrotto.
"Che c'è? Come mai hai il fiatone?" gli chiese Rukawa un po' troppo bruscamente e Sendo lo squadrò, non riconoscendolo affatto.
Non commentò, ma si sedette a bordo campo, bevendo un lungo sorso dalla sua bottiglietta, vedendo Rukawa imitarlo poco dopo.
"Nh..." fu il mugugno che poi lo raggiunse e Akira capì che, in modo un poco contorto, Kaede si stava scusando: doveva essersi reso conto di aver reagito in modo troppo esagerato.
"Kaede... che hai? Forse mi sto solo sbagliando, ma se hai qualche problema, anche se so che tu non sei il tipo, volevo che sapessi che puoi parlarmi" lo guardò un momento e vide che lo osservava con il solito broncio, forse non capiva e sarebbe stato meglio aggiungere qualcosa, per non far nascere in lui dei sospetti.
"Non mi voglio impicciare, ma ho notato dal tuo gioco che c'è qualcosa che ti turba. Solitamente hai una tecnica di gioco pulita e... passami il termine... elegante. Da qualche giorno, invece, ci metti più forza e non dico che non vada bene, ma lo trovo più aggressivo, in modo sbagliato, però" spiegò, sperando di non essergli sembrato titubante e sopratutto che capisse cosa intendesse.
Rukawa non rispose, limitandosi a fissare il campo e pensare: forse Sendo non aveva tutti i torti, fin dai suoi esordi, Kaede, che non era abituato a esprimere a parole o con manifestazioni d'affetto i suoi sentimenti, aveva usato il basket per lasciarli scorrere liberi di nascere dal suo cuore ed esternarli. Allo stesso modo, in quella particolare situazione, stava usando quella stessa tecnica nel modo sbagliato, Sendo aveva ragione. Era arrabbiato e stava riversando questi sentimenti nel suo gioco, ma questo non portava miglioramento alcuno, né al suo stile che ne risentiva, né al suo animo tormentato.
Si lasciò scappare un sospiro e si posò con le spalle contro la panca dietro di sé. Non sapeva che fare, non era tipo da chiedere aiuto per certe situazioni, né tanto meno poteva confidarsi con qualcuno, anche se quel qualcuno era Akira.
Sendo lo vide combattuto e sorrise, forse, anche se non gli parlava, stava riflettendo, quindi tentò la prossima mossa.
"Ehi, e Hanamichi? Non l'ho più visto. Solitamente vi trovavo sempre ad allenarvi insieme, com'è che sei sempre solo ultimamente? Avrei voluto sfidarlo per vedere i progressi" sorrise. "Mi capita spesso di non trovarlo neanche in casa... ah a proposito..." aggiunse velocemente, in seguito allo sguardo che Kaede gli aveva lanciato: non era affatto buono. "L'ho visto la sera scorsa con Ayako, te l'ha detto? Gli ho proposto di vederci di nuovo tutti e quattro, ma non mi ha fatto sapere niente" si strinse nelle spalle.
Kaede, prima che potesse aggiungere altre considerazioni sul rosso, si alzò di scatto, squadrando Akira che, in un attimo, capì di aver detto forse qualcosa di troppo. Ormai aveva osato troppo e doveva tentare: anche lui voleva sapere e la precedente reazione di Kaede gli aveva fatto pensare che avrebbe potuto domandare.
"Non mi aveva detto niente e comunque, se ci tieni tanto a sapere di lui e a uscirci, perché non chiedi al diretto interessato di vedervi e allenarvi insieme, io posso fare benissimo da solo!" disse, formulando un'intera frase, eppure senza scomporsi.
"Ma dai, Kacchan" lo prese un po' in giro l'altro, alzandosi da terra. Sendo sapeva che il moro odiava quel diminutivo ed era, quindi, l'unico modo che aveva trovato per stemperare la tensione. "Stavo scherzando, non ti sostituirei mai con nessuno, non ti facevo geloso!" disse furbo e Kaede lo guardò riducendo gli occhi a due fessure di ghiaccio.
"Non sono geloso e non me ne frega niente di quel doaho o di quello che puoi fare con lui! La pausa è finita, se hai ancora voglia di giocare preparati, altrimenti vattene!" lo cacciò.
"Ehi!" si offese Sendo. "Con te non si può parlare, ma che ti ho fatto? Stavo solo domandando, che c'è di male? Ero solo curioso perché non vedo un amico e tu sei l'unico che forse potrebbe spiegarmi. Perché te la prendi tanto? Lo vedi che sei nervoso?" gli disse, prendendo la sua roba e fingendo di volersene andare come gli era stato caldamente consigliato: voleva vedere fino a che punto poteva tendere la corda e se Kaede avrebbe abboccato.
"Forse hai ragione: è meglio che me ne vada, chiamami quando ti sarà passata!" gli disse e, a quel punto, la palla venne sbattuta violentemente sul parquet, andando poi a rimbalzare contro la parete opposta, sfiorando Sendo che stava per uscire. Il giocatore del Ryonan si voltò sorpreso: "ma sei matto?" chiese, forse aveva esagerato.
"Te la sei cercata!" rispose il moro, ma senza cambiare intonazione nella voce e con la solita calma continuò. "E non è colpa mia se sono nervoso, è quel doaho che fa cose da doaho ed è una contraddizione vivente!"
Sendo ora aveva gli occhi spalancati: che stava dicendo?
"Mi spieghi, per cortesia, cosa stai dicendo? Ti dirò che capisco di più quando mugugni, io non ti seguo".
"Non c'è niente da spiegare è un doaho punto!" disse con ovvietà, come se la cosa lo dovesse essere anche per Sendo che era andato lì in cerca di risposte. Poi Rukawa cominciò a parlare a ruota libera, come per riassumere tutti i pensieri di quei giorni e fare un resoconto più per se stesso che per Akira. "E il peggio è che continua a fare il solito idiota con tutti, come se nulla lo turbasse, mentre lo scopro poi che mi fa anche le facce tristi. Forse non ha capito che il doaho al cubo qui è lui, se spera che io non me ne accorga. Se non sei in grado di affrontare le conseguenze che le tue azioni comportano allora non le fai, giusto?!" disse a un Sendo sempre più confuso che, però, annuiva. 'Non credo stia parlando di me' si disse.
Rukawa lo guardò a braccia conserte senza dire una parola. Akira non riusciva a capire che diavolo fosse successo, voleva delle risposte, ma era ancora più confuso di prima e, cosa peggiore, era che ancora non sapeva cosa fosse successo tra i due! Pensava che avrebbe dovuto ricorrere alle maniere forti con Mitsui per sapere cosa gli avesse confidato Hanamichi.
Si arrese, dunque: di questo passo non ne avrebbe cavato ragno dal buco e gli sarebbe venuto un gran mal di testa. Si strinse nelle spalle: "non ho capito niente, ma una cosa è certa: non sei ancora pronto per parlare con me. Credevo che riuscissi a fidarti, ma a quanto pare..." lasciò il discorso in sospeso e poi sorrise. Forse non era proprio una questione di fiducia, non sapeva neanche perché l'avesse detto, forse pensava di scuoterlo o era solo un ultimo tentativo. Era nel carattere di Rukawa, lui era fatto così e dal canto suo, forse, data la reazione non doveva insistere: il moro era particolarmente esasperato.
"Ci vediamo presto allora, chiamami quando vuoi giocare" gli disse, sollevando una mano mentre usciva.

***

Rukawa rimase solo in palestra. Cosa stava combinando? Solo dopo aver visto la porta chiudersi e il silenzio a far compagnia al suo respiro, si era reso conto di quanto era successo. Non credeva davvero di averlo fatto: era esploso, sbottato come non gli era mai successo, ma era stato Sendo a insistere. Se per quanto riguardava la prima parte del discorso, avrebbe potuto ringraziarlo per averlo fatto riflettere, non poteva dire altrettanto per il seguito. Ripensare ad Hanamichi che, come se niente fosse, si comportava al solito con amici e parenti lo infastidiva. Lui non ci riusciva: se era giù di corda, arrabbiato o seccato, non riusciva a mascherarlo. In quella situazione, poi, Hanamichi sembrava che non desse importanza al loro bacio, o meglio, per come si comportava, gli dava modo di pensare questo, ma poi, neanche cinque minuti dopo, faceva qualcosa che lo induceva a supporre il contrario. A cosa doveva credere? In presenza dei suoi genitori era sempre il solito: a cena sedevano vicini come avevano fatto fin da quando il rosso era entrato a far parte della famiglia, ma si muovevano entrambi in modo da non sfiorarsi neanche per sbaglio, si passavano il tegame con le pietanze in silenzio, senza guardarsi in faccia e non si rivolgevano la parola. Poi però, Kaede lo scopriva a guardarlo di nascosto con occhi tristi e colpevoli, come se si sentisse l'unico responsabile per quella situazione e questo non era vero, né tanto meno giusto. Si erano baciati, Rukawa si era sporto per primo, aveva ricercato lui quel contatto, lo voleva e lui non gli aveva dato il tempo di spiegare come stessero le cose.
Ma non ce l'aveva con lui solo per quello, fosse stato solo per le occhiate avrebbe potuto capire, era un doaho e lo sapeva. Il fatto era che si tradiva nel suo modo di fare, prima in palestra lo spiava indeciso e, anche la sera in cui era uscito con Ayako, l'aveva sentito osservarlo.
Inizialmente credeva di stare sognando, il suono basso della tv non gli permetteva di lasciarsi andare completamente al sonno, si era appena appisolato e sentiva diversi suoni ovattati attorno a sé. Quindi credeva che anche quella presenza che sentiva fosse parte del sogno, sebbene avrebbe riconosciuto ovunque quel profumo: quello della sua pelle calda, che, anche se per poco, aveva potuto fare sua, unito a quello del bagnoschiuma.
Aveva relegato quelle sensazioni nel campo dei sogni, ma quando si era ripreso dopo diverse ore e dalle spalle gli era scivolata via la coperta, aveva capito che non era stato un sogno, doveva essere stato lui, per forza.
A che fine essere gentile con lui dopo quanto successo? Non era per i sensi di colpa inesistenti, lo sapeva lui e lo sapeva Hanamichi, ma il rosso non era stato tanto onesto con se stesso e con Rukawa per permettersi di agire senza paura.
Dovevano parlare, solo in quel modo avrebbero potuto venire a capo della situazione e risolvere le questioni in sospeso. Voleva che gli dicesse quello che pensava, che gli desse la colpa e gli dicesse che aveva agito così solo perché ubriaco. Se Sakuragi non fosse riuscito ad accettare quei nuovi sentimenti per lui, Rukawa avrebbe addirittura accettato quella bugia. Perfino questo sarebbe stato meglio del suo silenzio, dei suoi sguardi nascosti e dei suoi gesti trattenuti. Una cosa di Hanamichi l'aveva capita: non era capace di mentire e se ci provava falliva miseramente, mentre lui continuava a essere nervoso e accentuare quel suo brutto carattere.

15_

"Ayako, posso entrare?" Miyako bussò piano alla porta della stanza della figlia.
"Vieni pure, è aperto!" si sentì rispondere dall'interno e la donna entrò nella stanza.
Ayako stava seduta sul letto e, con una gamba posata sulla spalliera, si smaltava con accuratezza le unghie dei piedi.
"Mamma, che succede?" le chiese sorridendole. La donna si sedette accanto a lei, osservandola finire di dare la prima passata di colore anche sul mignolo.
La ragazza chiuse la boccetta e si sedette con i piedi che sfioravano il pavimento, stando attenta a non sbeccare lo smalto: "avevi bisogno di me?" domandò di nuovo.
"In effetti sì, avrei bisogno di chiederti una cosa: hai per caso notato qualcosa di strano in tuo cugino ultimamente?"
Ayako la osservò sorpresa, stupita che la donna le avesse posto quella domanda, e la madre se ne accorse: "lo sapevo, te ne sei accorta anche tu, vero? Allora non è solo una mia paranoia?" le domandò e poi proseguì. "Tuo padre non ha voluto credermi e invece avevo ragione!" disse sconsolata.
"Aspetta, mamma" cercò di risollevarla. "Io non ho detto nulla, mi sono solo sorpresa di questo tuo interrogativo, perché pensi che Hana abbia qualcosa di strano? A me sembra il solito di sempre" tentò di rincuorarla.
Miyako sospirò: "lo so, lui è sempre così sorridente e scherzoso, ma mi sembra lo sia troppo, come se stesse nascondendo qualcosa per indurci a credere che sia felice" spiegò i suoi dubbi.
"Lui magari agisce così per non farci preoccupare, ma io penso che ci sia sotto qualcosa, forse non si fida abbastanza di noi da spingerlo a confidarsi e a chiederci consiglio se ha qualche problema. E dire che ho promesso a Minako che l'avrei protetto!" cominciò a disperarsi.
"Mamma!" Ayako le mise un braccio attorno alle spalle. "Non dire così, tu stai facendo un buon lavoro, sono sicura che Hanamichi non ha nulla, o meglio, nulla di tanto grave da non poterne parlare con noi" spiegò, tentando di incoraggiarla abbastanza, poiché non si preoccupasse ulteriormente.
Aveva notato anche lei che l'allegria di Hanamichi in quell'ultimo periodo era un po' troppo forzata, ma non poteva di certo spiegarle il perché.
Era tutta colpa di Kaede! Pensò tra sé. Anzi, no, a dire il vero erano entrambi artefici dei loro stessi mali, un giorno o l'altro, gli avrebbe fatto mangiare quel loro dannatissimo orgoglio!
'Maschi!' rifletté tra sé.
Sebbene né il fratello né il cugino avessero parlato esplicitamente con lei, la ragazza era venuta a conoscenza, tramite Mitsui, dei fatti accaduti in quella fatidica sera.
Appreso da Sendo che Rukawa non era stato affatto disposto a confidarsi con lui, ma che, al contrario, l'aveva confuso ancor più di prima con i suoi monologhi senza senso, entrambi avevano deciso di parlare con Mitsui, l'unico a essere riuscito nell'impresa di sapere qualcosa di più su quella faccenda.
Il moro, inizialmente, non aveva voluto parlare: era stato difficile cavargli quelle importantissime informazioni di bocca.

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"Insomma Hisashi, perché non vuoi dircelo? Ti ricordo che noi siamo una squadra!" l'aveva ripreso la riccia.
"Lo so, ma... ma Hanamichi... se sapesse che vi ho parlato potrebbe pensare che ho tradito la sua fiducia e non confidarsi più con me e a quel punto sarebbe davvero un guaio e non potremo aiutarli in alcun modo" si era giustificato.
"Hisa, non lo puoi dire neanche a me?" era intervenuto Sendo.
Il moro l'aveva guardato con due occhioni da cucciolo, seriamente combattuto: non poteva dirlo neanche al suo ragazzo, con il quale si erano giurati di non avere mai segreti.
Erano passati secondi interminabili in cui i due piccioncini si erano fissati negli occhi senza parlare, finché Ayako, stufa, non aveva esclamato: "oh, insomma, smettetela! Sendo, da che parte stai? Senti Mitsui, non andremo di certo da Hana a dirgli che hai parlato, ma dobbiamo sapere anche noi!" s'impuntò.
A quella giusta obbiezione, il ragazzo non poté far altro che capitolare e dovette sputare il rospo.
Raccontò loro la storia così come l'aveva appresa da Sakuragi e, arrivati al momento del bacio, i due l'avevano fissato con tanto d'occhi. "Lo so che cosa state pensando, anche io ci sono rimasto: Hanamichi era davvero in paranoia per questa cosa, non si sono parlati e lui è scappato, chiedendo scusa. Conoscendo Rukawa l'avrà presa molto male per la sua mossa, non perché possa averlo rifiutato, ma perché sa che l'ha fatto per il motivo sbagliato. Quei due stanno mentendo a loro stessi, Hanamichi lo fa di sicuro, perché si avverte lontano un miglio che prova qualcosa nei confronti di tuo fratello, ma è bloccato e spaventato da questi sentimenti" spiegò.
"E Kaede non è certo il tipo che, per una reazione del genere, ti viene dietro per parlare dell'accaduto!" si inserì, allora, Akira. "Adesso tutto il suo strampalato discorso fila, capisco cosa voleva dire con quel monologo. C'è rimasto male per come Hanamichi l'ha respinto, ma ancora di più, è confuso per il fatto che tuo cugino" specificò ad Ayako, "oltre a non prendersi le sue responsabilità, ci gira intorno e continua comunque a cercarlo in ogni cosa che fa, andandosene in giro con il muso triste, o mi sbaglio?" chiese al termine della sua analisi.
"No, no, hai perfettamente ragione, io stessa ho notato che il comportamento di Hanamichi è cambiato, sembra sempre fin troppo artificioso quando stiamo tutti insieme, anche in presenza dei miei genitori. Per il resto si ignorano quando possono, ma lui a volte, forse neanche se ne rende conto, si sofferma a guardare Kaede di nascosto. Soffre per quello che è accaduto, ma non sa come reagire. Non è mai stato fortunato in amore e questo è risaputo, sentirsi poi attratto da un maschio, che è anche tuo cugino, e con il quale dovresti avere un rapporto di tipo fraterno, lo destabilizza molto e lo lascia confuso. Chissà quali giri di testa si è fatto per dare una spiegazione alla cosa" terminò guardando gli altri due che annuirono semplicemente.
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"Ho deciso!" decretò Miyako facendo sobbalzare la ragazza che si era momentaneamente estraniata e non aveva seguito il discorso.
"Cosa?" chiese.
"Farò partire Hanamichi a Kanagawa prima di noi!" disse serissima, alzandosi dal letto. Ayako la osservò senza capire.
"Figlia mia, ma mi ascolti? Stai diventando troppo simile a tuo fratello! Ho detto che penso di aver capito il motivo di questo strano comportamento da parte di Hana, sicuramente prova nostalgia di casa e dei suoi amici. Certo qui se n'è fatti di altri e ne sono contenta, ma forse vorrebbe rivedere i suoi migliori amici. Anche Minako, a suo tempo, mi disse che era molto preoccupata per questo cambiamento nelle loro vite. È stata parecchio combattuta sulla decisione, temeva che Hanamichi potesse cambiare e sentisse la mancanza dei suoi amici di sempre. Invece è riuscito ad affrontare al meglio la situazione e, anche se so che qui sta bene e comincia a considerarci come una famiglia, ha bisogno di staccare un po'. Noi lo raggiungeremo in seguito, il tempo di organizzarci e poi anche noi potremo goderci una bella vacanza. So da Minako che lì nel periodo estivo si sta divinamente e se non fosse stata costretta, non avrebbe mai lasciato la sua città. Per quanto piccola, rispetto alla capitale, mi ha sempre detto di preferirla: era la sua casa. Allora, che ne dici?" chiese alla figlia. "Sei d'accordo con me?" volle il suo parere.
Ayako sorrise: "certo mamma, sono sicura che questa è la scelta migliore." E se fossero stati abbastanza fortunati, quei giorni in cui sarebbe rimasto separato da Kaede, avrebbero aiutato Hanamichi a razionalizzare quanto accaduto e trovare una soluzione.
Sperava che parlasse al suo migliore amico, Yohei, le aveva raccontato spesso di lui e, da che aveva potuto capire, il ragazzo sapeva il fatto suo: era una sorta di guida e supporto per il rosso.
Per quanto riguardava il fratello, forse, tornare per qualche tempo alla normalità, avrebbe dato anche a lui modo di pensare e rilassarsi.
Come avevano detto Mitsui e Sendo, Hanamichi non era il solo a stare male per quella situazione, anche Kaede non era abbastanza ferrato in materia. Aveva avuto un'unica esperienza con Sendo, finita anche male. E, per essere del tutto sinceri, Kaede non aveva mai vissuto la loro storia come una vera relazione di tipo sentimentale, i suoi sentimenti per Sendo non erano mai mutati come il giocatore avrebbe sperato, quindi in quanto a esperienze, i due ragazzi erano molto simili. Forse Kaede, per carattere, era molto più sicuro di Sakuragi, che dalla sua aveva la poco, incoraggiante, esperienza di essere stato rifiutato per ben cinquanta volte, ma Ayako era certa che tutto si sarebbe potuto risolvere nel modo più giusto. La soluzione migliore era anche la più difficile da attuare: dovevano semplicemente parlare.
La ragazza rise tra sé a quel pensiero, più facile a dirsi che a farsi con quei testoni, ma si convinse anche lei che, per il momento, quell'imminente cambio di programma avrebbe fatto bene a entrambi.

***

Qualche giorno dopo, il tempo di organizzare su due piedi la partenza, Hanamichi era nuovamente sul treno, per affrontare un lungo viaggio che l'avrebbe riportato a casa: Kanagawa.
La decisione degli zii era stata una vera e propria sorpresa. Quando Miyako gli aveva detto che lo trovava strano e aveva impostato un discorso serio riguardante l'importanza della famiglia e sull'essere attenti ai comportamenti di chi ci sta intorno, per un lunghissimo momento, temette di essere stato scoperto. La zia aveva affrontato il discorso a tavola e Hanamichi, per quanto non avesse voluto, aveva voltato per un istante il viso dalla parte di Rukawa per vedere la sua reazione: reazione che, ovviamente, non vi era stata ed era riuscito a distogliere lo sguardo prima che il moretto potesse accorgersene.
Non sapeva cosa avesse fatto prendere ai parenti quella decisione, in fondo, mancavano solo pochi giorni alla vacanza che avrebbero fatto tutti insieme e non capiva come mai avessero deciso di far partire lui per primo, ma ne era felice. Aveva bisogno di staccare e recuperare la carica necessaria per affrontare nuovamente la vita nella capitale.
La situazione con Kaede non era affatto migliorata, entrambi facevano in modo di non stare nello stesso posto in cui c'era anche l'altro e Hanamichi aveva dovuto più volte rifiutare gli inviti da parte di Mitsui e Sendo che volevano replicare la serata a quattro.
Era da escludere assolutamente che ci sarebbe stato il pericolo di ripetere anche l'epilogo di quella stessa serata, ma Sakuragi non voleva rischiare di creare malumori: la volpe era già silenziosa di suo e se stavano insieme nello stesso spazio diventava ancora più muta. Non voleva che ci fossero problemi con i loro due amici e non voleva immischiarli più del necessario. A quanto pare, Mitsui aveva mantenuto la sua parola e non aveva parlato con Sendo del bacio, di questo ne era felice, ma non doveva averlo fatto neanche Kaede, confidandosi con lui. Certo, loro erano stati insieme ed era stato Rukawa a mollare Sendo, sarebbe stato poco carino andare a dirgli che si era innamorato di un altro ragazzo...
Il proprio riflesso, sul vetro di plexiglass del treno, aveva sbarrato gli occhi: cosa aveva pensato?
Scosse la testa, poggiando la fronte contro la superficie trasparente: non doveva assolutamente tornare sull'argomento, meno che mai in quei termini. Rukawa innamorato di lui? Assurdo! Non doveva cercare di spiegare per quale motivo la volpe l'avesse baciato, la colpa andava data solo ed esclusivamente alla birra. Basta, non c'era altro!
Ritornò seduto composto sul sedile e mandò un messaggio a Yohei per avvisarlo che sarebbe arrivato di lì a mezzora, in modo da farsi trovare in stazione per accoglierlo, chissà se anche lui era emozionato nel ritrovarsi dopo quel lungo periodo in cui erano stati lontani.
Non vedeva l'ora di rivederlo, lui e i ragazzi del Guntai anche!
La risposta di Yohei non fu un messaggio di conferma, bensì uno squillo anche piuttosto breve: Hanamichi guardò confuso il cellulare che gli vibrò in mano. Non capiva, Yohei non era un tipo spilorcio, come spesso accadeva a lui se non aveva abbastanza credito, allora, perché una risposta così fredda? Non se lo spiegava.
I restanti minuti di viaggio li trascorse non più pensando alla volpe, bensì al suo migliore amico. Era strano quel comportamento e Hanamichi non ne trovava soluzione plausibile: che si fosse offeso per qualcosa? Che fosse stato distante a causa dei pensieri su Rukawa e si fosse dimenticato di cercarlo? Gli sembrava impossibile, anche al telefono, le poche volte che si erano sentiti, aveva finto abbastanza bene, proprio perché aspettava quella vacanza per parlargli a tu per tu e lo stesso Mito gli era sembrato il solito. Proprio non capiva.
Quando riconobbe, familiare, la stazione di arrivo, recuperò dal portabagagli sopra di sé la sacca con il cambio per quei pochi giorni e si avviò nello scompartimento principale dal quale sarebbe poi sceso. Osservò il paesaggio circostante definirsi lentamente a causa della velocità sempre minore che il treno usava per arrestarsi e, appena fu in grado di intravvedere la passerella che l'avrebbe condotto dall'altra parte,* rimase di sasso.
Era stato davvero un idiota.
Aveva passato la mezzora più lunga della sua vita arrovellandosi il cervello per niente: dall'altra parte della passerella, ad attenderlo, con tanto di cartelloni e squillo di trombette da festa, che facevano storcere il naso a chi, come loro, aspettava parenti o amici, c'era tutta la sua banda al completo. Okuso e Noma reggevano con delle lunghe aste di legno, uno striscione bianco sul quale, in tinta rossa c'era scritto, solo per lui: 'Bentornato a casa, Tensai!!' e, sui quattro lati dello striscione, le facce in super deformed dei ragazzi dell'armata. Takamiya si sbracciava per attirare la sua attenzione, come se fosse possibile non notarli, e Yohei in prima fila, le mani nelle tasche dei jeans, sorrideva nella sua direzione.
Una volta che il treno fu fermo e le porte automatiche si aprirono, Hanamichi scese dal vagone, sistemandosi la sacca sulle spalle e salutando con una mano quei pazzi dei suoi amici. Sul viso aveva un'espressione felice e rilassata, un sorriso solare e che gli usciva dal cuore. Incrociò per un momento lo sguardo di Yohei e questi scoppiò a ridere, senza un apparente motivo. Il cuore di Hanamichi cominciò a battere più veloce a mano a mano che si avvicinava a loro, perché, dopo tutti quei pensieri cattivi e incerti, si era reso conto che non era cambiato niente, perché c'era qualcuno che gli voleva bene, qualcuno che basta uno sguardo e capisce subito il tuo stato d'animo, non ha bisogno di parole per capire veramente e perché esistono persone, in questo universo fatto di avarizia ed egoismo, che, basta un gesto semplice, un pensiero solo per te, per farti sentire amato e per strapparti dopo tanto tempo un sorriso vero.
Era commosso perché si sentiva finalmente a casa.
"Hanamichi!!" lo salutò Takamiya correndo verso di lui e, incurante della gente che li guardava, gli saltò letteralmente in braccio.
"Ohi... ehi grassone!" ricambiò a sua volta il rosso, con il sedere dolorante: non si aspettava quella mossa da parte dell'amico e si era sbilanciato cadendo all'indietro. "Non sei una piuma, spostatiii... lo so che vi sono mancato ma..."
"Mancato?" lo interruppe il diretto interessato, sollevandosi da lui. "Io ho fame Hana, per essere qui puntuale con i festeggiamenti ho saltato la merenda e sono le sette, è quasi ora di cena!!" disse presissimo nelle sue motivazioni.
"Già Hana, tu non lo sai, ma hanno aperto da poco un nuovo pub e ci siamo molto affezionati."
"C'è anche un nuovo flipper ultimo modello, una vera ficata! Andiamo sempre lì nel pomeriggio, invece oggi siamo stati incastrati" avevano fatto eco gli altri due.
Hanamichi era sconvolto, quelli sarebbero dovuti essere i suoi migliori amici? Coloro che gli stavano rinfacciando di essere tornato troppo tardi e stavano preferendo un panino con le patatine a lui, dopo mesi che non si vedevano?!
Era sconcertato, li avrebbe presi a testate, per fargli capire con chi stavano parlando, quei manigoldi!*
"Razza di ingrati e io che mi sono quasi commosso... non vi meritate niente. Vi siete dati alla pazza gioia durante la mia assenza, ma il Tensai è tornato per sistemarvi per le feste, aspettate solo che io..." strepitò, ancora seduto per terra a gambe larghe, muovendo il pugno in aria e ringhiando loro quella minaccia. I tre, con un sorriso di sfida stampato in faccia, contenti di aver fatto infuriare il loro capo come ai vecchi tempi, ripiegarono velocemente il cartellone e cominciarono a scappare fuori dalla stazione: meglio mettere distanza tra lui e loro.
"Deficienti!" ringhiò Hanamichi tra i denti, quando vide un'ombra sovrastarlo e dei passi vicini: Yohei era rimasto accanto a lui e gli sorrideva, tranquillo come al solito. Era l'unico a non aver ancora parlato: "anche tu hai intenzione di dirmi che avresti preferito ingozzarti di schifezze a quest'ora e invece sei stato costretto a venirmi a prendere?" chiese tra il sarcastico e il finto offeso, erano sempre stati il migliore amico l'uno dell'altro, ma non si vedevano da tanto tempo e Hanamichi si sentiva strano, senza però riuscire a spiegare cosa gli si agitasse dentro.
"No..." disse Yohei calmo, tendendogli una mano per aiutarlo ad alzarsi "io volevo solo dirti bentornato e che mi sei mancato, amico."
Hanamichi fu grato per quelle parole sincere e anche un po' imbarazzato, ecco cos'era! Ma non era un imbarazzo come quello che provava quando stava con Kaede o che provava, talvolta, con Akira e Mitsui, era qualcosa di diverso che non riusciva a spiegare, forse era colpa della sincerità di quelle parole, che gli fecero, però, enormemente piacere. Strinse la mano dell'amico, ma, anziché sollevarsi, tirando verso il basso il corpo di Mito, lo fece cadere in ginocchio accanto a sé, stingendolo poi, in un abbraccio fraterno: "anche tu mi sei mancato Yohei, grazie!" fu l'unica cosa che riuscì a dire, soffocando quella frase tra i capelli del ragazzo più basso e il proprio braccio, con il quale gli aveva circondato il collo. Yohei rise un poco, dandogli una leggera pacca sulla schiena, stringendolo di rimando, prima di separarsi e, tornati quelli di sempre, uscire dalla stazione per raggiungere gli altri.

***

Erano tutti e quattro riuniti nel nuovo pub di cui avevano parlato i ragazzi, per chiacchierare in memoria dei vecchi tempi e i suoi amici si informavano sui nuovi hobby di Sakuragi e della vita a Tokyo. Hanamichi aveva chiesto ad Ayako il favore di raccogliere in un cd le foto che aveva fatto in quei mesi e ne aveva dato a ciascuno una copia. A Takamiya poi, aveva consegnato anche una scatola di dolci tipici, come promesso, e il ragazzo gli era nuovamente saltato addosso, con le lacrime agli occhi per la felicità.
"Tu, basta che si tratti di cibo e non conosci limiti, vero?" l'avevano preso in giro, mentre l'amico, con occhi grandi e felici, osservava i dolcetti perfettamente inscatolati.
"Hanamichi, Yohei ci ha detto che sei diventato un basketman, ma ci prendi in giro?"
"Affatto, perché mai dovrei mentirvi? E sappiate che sono anche molto bravo. Arrivato a Tokyo, sono stato subito riconosciuto come il grande Genio e trattato con il rispetto che merito. Mi volevano in diverse squadre, ma non potevo proprio stare dietro a tutti e ho dovuto scegliere" gongolò facendo oltremodo lo sbruffone.
"Sì, sì, come no... quando affronterai la tua prima partita, verremo a vederti giocare e allora sì che ci faremo quatto risate, non hai mai toccato palla in vita tua" lo presero in giro, riportandolo bruscamente alla realtà.
Hanamichi arrossì, colpito e affondato. Erano proprio dei disgraziati e quello scemo di Mito non diceva niente per soccorrerlo, avrebbe messo tutto in conto una volta rimasti soli.
Quella notte, infatti, Hanamichi sarebbe stato ospite dai Mito, in attesa che arrivassero i suoi parenti la sera successiva. Hanamichi non sapeva ancora come affrontare un certo argomento con il suo migliore amico. In alcune telefonate, negli ultimi tempi, Yohei l'aveva sentito strano e si era fatto promettere di essere informato su tutto, ma Hanamichi non era tanto sicuro che avrebbe capito.
Si fidava di Yohei, questo era fuori dubbio, ma come poteva confessargli di aver baciato Rukawa, suo cugino, un maschio come lui? Non avevano mai affrontato un argomento del genere e non conosceva la sua opinione in merito, sapeva che Yohei non l'avrebbe abbandonato, ma aveva comunque un po' di timore e questo era dovuto dal fatto che, lui per primo, non sapeva come spiegare la situazione, il perché del bacio e i propri sentimenti: stava mentendo a se stesso ed evitava di pensarci, ma nonostante ne fosse consapevole non riusciva a fare altrimenti.
Durante tutta la cena e la solita puntatina al Pachinko, comunque, Hanamichi riuscì a tenere lontani da sé quei pensieri negativi e le preoccupazioni: gli era veramente mancata la sua armata, stava bene con i nuovi amici, ma non poteva minimamente mettere a confronto le due compagnie.
Chissà poi se Akira e Mitsui sarebbero riusciti a passare da loro: tempo addietro Sendo pareva che volesse infilarsi addirittura nella sua borsa per farsi la vacanza, ma, prima di partire, aveva dimenticato di chiedere ai due piccioncini quali fossero i loro programmi. Gli sarebbe piaciuto presentarli a Yohei e fargli conoscere i due, era sicuro che sarebbero andati d'accordo, anche se, rifletté guardando storto gli altri tre compari, era sicuro che, molto probabilmente, sarebbero andati fin troppo d'accordo e si sarebbero potuti coalizzare per prenderlo in giro.
La rimpatriata della Sakuragi Gundan si protrasse fino alle ore più piccole del nuovo giorno, fino a che non fu lo stesso rossino a capitolare per primo: il lungo viaggio e i vari pensieri avuti in quella giornata l'avevano stremato, quindi, con Yohei tonarono a casa, promettendo agli altri che, non appena fossero arrivati anche i suoi parenti, avrebbe loro presentato i cugini.
Per tutta la sera non avevano fatto altro che fare domande su Rukawa e Ayako, la quale, a una breve descrizione anche fisica, aveva subito suscitato grande euforia tra i ragazzi. Neanche il fatto che la riccia fosse già impegnata aveva impedito a quegli scalmanati dei suoi amici di fantasticare sul loro incontro.

***

"Allora, Hana, com'è tornare a casa?" domandò Yohei, mentre stendeva a terra un futon per l'amico, accanto al proprio. Per Hanamichi non era certo l'ideale dormire per terra dopo aver provato le comodità di un letto all'occidentale, ma la cosa non gli importava poi molto, a pensarci bene.
"Liberatorio" fu la prima parola che gli venne in mente e la lasciò uscire senza neanche pensarci, Yohei si stese sul futon e lo guardò perplesso.
Si aspettava di tutto, anche uno schernirsi o una dimostrazione da Tensai che gli dicesse che ormai lui era troppo avanti per un piccolo paesino come quello in confronto alla grande metropoli, invece aveva detto quella cosa così particolare.
"Hana?" chiese, vedendo che l'altro, sicuramente resosi conto solo dopo di quello che aveva detto, cercava in tutti i modi di apparire sereno.
"Mh?" chiese a sua volta, come se cascasse dalle nuvole.
Yohei sollevò un sopracciglio sedendosi e incrociando le gambe all'indiana e fece cenno al rosso di sistemarsi di fronte a lui. Andando dritto al punto, chiese: "allora, che c'è? Non ti piace la nuova città? Ti trovi male? I tuoi zii non sono ospitali?"
"Ma no, ma no" lo tranquillizzò Sakuragi. "Niente di tutto questo... io..." era indeciso, non era ancora pronto ad affrontare il discorso e sopratutto non era veramente l'orario più adatto, ma doveva dire qualcosa per spiegare il suo stato, per non farlo preoccupare.
"Io sto bene, sono tutti gentili e ospitali con me, solo che... vedi, non riesco ancora a rapportarmi con Rukawa" disse, evitando di guardarlo, sapeva che era una bugia bella e buona, o meglio era una mezza verità. Di certo non poteva dire che avessero chissà quale rapporto di convivenza pacifica, ma non era quello il punto, non più, non dopo il bacio.
"Oh-oh" fece Yohei, storcendo un poco la bocca.
"Oh-oh, cosa?" si allarmò un poco l'amico.
"Allora non credo che la mia sia stata una gran bella idea Hana, scusa!"
"Cosa? Che? Yo, cosa hai combinato?"
"Ero sicuro che una volta che aveste cominciato a convivere, avreste appianato le antiche divergenze e, beh... quando ho prenotato nel bed and breackfast, ho chiesto di mettervi nella stessa camera... sai, per risparmiare!" confessò.
Hanamichi lo guardò con gli occhi di fuori.
Che aveva fatto? Oh non era possibile, l'universo intero congiurava contro di lui, lo sapeva.
Non poteva averlo fatto e adesso?
Era già abbastanza difficile riuscire a ignorarsi a Tokyo, eh sì che la casa dei Kuroda era grande, ma lì a Kanagawa? Avrebbe dovuto convivere con lui per una settimana e passare insieme le giornate, perché, Sakuragi sapeva, la zia avrebbe fatto in modo che interagissero, chiedendogli di fare da Cicerone ai cugini. Non solo, rifletté poi avendo un flash, avrebbero anche dovuto passare la notte insieme?
La testa gli doleva non poco, l'unica cosa che riuscì a fare fu stendersi sul futon, abbandonandosi di colpo al pavimento.
"Ahi, Hana!" lo riprese Yohei, portandosi di riflesso una mano alla nuca, sentendo dolore al posto dell'amico: nel battere la testa contro il pavimento duro si era sentito chiaro e forte un bel tonk! Che gli era preso? Mito non capiva. "Non può essere poi così grave, dai, non siete più due bambini!" lo rimbeccò.
"No, Yo, non capisci... non puoi capire" disse sconsolato e Yohei approfittò per fargli la sua battutina.
"Certo che non posso, tu non mi spieghi, non parli! Hana io ho atteso in questi mesi solo perché pensavo che al telefono non saresti stato sincero e volevo guardarti negli occhi, ma da quando sei partito e, specialmente negli ultimi giorni, ti sento triste Hana... no, neanche triste, non so spiegare come ci riesca, ma ti sento esausto. E hai confermato le mie ipotesi con quello che mi hai detto poco fa. Io voglio capire che succede Hana, voglio che tu la smetta di fingere" gli disse serio.
Hanamichi lo guardò, attraverso l'oscurità della stanza, e sorrise. Era impossibile nascondere qualcosa al suo migliore amico anche se stavano miglia e miglia distanti.
"Non sai quanto tutto questo mi sia mancato e quanto mi manchi avere qualcuno come te a Tokyo...mi dispiace averti fatto preoccupare, ma ti prometto che ti racconterò tutto, domani però" specificò. "Adesso sono stanco e ho bisogno di riposare, ma domani ti parlerò..." ripeté, mentre si sistemava meglio sul materasso e chiudeva gli occhi lasciando che il sonno lo rapisse velocemente nel suo mondo.

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