"Hanamichi, mi raccomando, riguardati e torna a trovarci. Ci farebbe piacere se venissi per le feste di Natale. Prima dovrai impegnarti a fondo per recuperare il programma della nuova scuola, ma potresti venire per un fine settimana durante la pausa. Ci terremo molto se foste dei nostri anche a voi, Miyachan!"
Karin, con lo sguardo leggermente lucido, stava salutando Hanamichi e i suoi cari ospiti. In quei pochi giorni aveva legato molto con la sorella di Minako: quest'ultima le mancava molto da quando era partita e passare del tempo con la sorella maggiore l'aveva riportata ai vecchi tempi.
Il signor Mito aiutava Haruiko a caricare gli ultimi bagagli nel cofano della jeep, mentre scambiavano gli ultimi saluti.
Ayako e Kaede avevano già preso posto in auto: il ragazzo sul sedile davanti e la sorella dietro di lui per poter chiacchierare con Hanamichi e la madre. Le due donne volevano un resoconto delle sue giornate e, in effetti, il moretto non sarebbe stato di molta compagnia durante il viaggio: conoscendolo si sarebbe addormentato, cuffiette alle orecchie, per tutto il tragitto.
Avevano deciso di partire in tarda serata per non viaggiare con il caldo e sotto un sole bollente. Sarebbero forse arrivati di notte a Tokyo, ma la cosa non li spaventava.
Miyako risalì in auto lasciando soli Yohei e Hanamichi a chiacchierare e potersi salutare, concedendo loro un po' di privacy.
"Hana, stammi bene e chiamami più spesso. Per qualsiasi cosa tu abbia bisogno non esitare. Non voglio più che mi nascondi niente, specialmente le cose importanti come quest'ultima" e non ebbe bisogno di specificare oltre, perché il rosso aveva capito.
"Non devi fingere che tutto vada bene per non farmi preoccupare, anche se non ti vedo lo sento dalla tua voce e, puoi crederlo o no, me ne accorgo anche da come rispondi ai miei messaggi... sono il tuo migliore amico da sempre e ho preso un po' di spirito intuitivo del Tensai" gli disse per farlo sorridere e Hanamichi lo fece, regalandogli un bellissimo sorriso di ringraziamento.
"Promesso, Yo, farò il bravo! Ma anche tu, promettimi che ti farai sentire, lo sai come sono fatto... e poi dovrai venire anche tu a trovarmi, te l'ho detto che gli zii mi hanno lasciato una casetta tutta per me e potremo rimanere svegli a chiacchierare fino a tardi."
Si guardarono sorridendosi a vicenda e Hanamichi, vedendo che gli zii stavano salutando i Mito e si accingevano a salire in macchina, capì che era davvero arrivata l'ora di salutarsi.
Non gli piacevano per niente quei momenti, accidenti!
Mito allungò una mano, stringendogliela e dandogli un'amichevole pacca sulla spalla. Hanamichi ricambiò la stretta e, all'ultimo momento, attirò a sé l'amico abbracciandolo forte. Sapeva che non sarebbe riuscito a spiccicare parola o credeva davvero che si sarebbe commosso, per cui decise di lasciare che fossero i suoi gesti a parlare.
Un movimento improvviso della macchina, diede l'occasione a Rukawa di interrompere il corso dei propri pensieri e distogliere lo sguardo dalla scena che stava osservando, nel momento in cui Hanamichi e Yohei sciolsero l'abbraccio.
Fu quello che gli diede modo poi di accorgersi che, a quella, aveva reagito stringendo una mano sul bracciolo del portellone della vettura.
Che cosa diavolo gli era preso? Se ne stava tranquillo pensando ai fatti suoi, pronto ad appisolarsi per quel lungo viaggio, quando la sua attenzione si era destata e concentrata sui due amici, fermi a pochi metri da lui, che si salutavano. Non poteva sentire quello che si dicevano, la musica del lettore troppo alta e le chiacchiere dei suoi genitori all'esterno rendevano il tutto molto confuso. Inoltre, la visuale non era delle migliori per poter leggere il labiale e non sarebbe stato comunque nel suo stile farsi, in quel modo poco corretto, gli affari del doaho.
Eppure quella scena, anche senza sonoro, lo rendeva nervoso e nonostante questo non riusciva a smettere di fissarli.
Ecco cosa aveva ottenuto con quella stupida vacanza! Si era detto che le cose con il doaho, anche senza essersi chiariti, erano tornate a un livello normale e che a lui stava benissimo così, ma i suoi sentimenti in quel momento gridavano l'opposto.
"I suoi amici devono essergli mancati molto. Specialmente Mito, sono molto affiatati e si vede ad una sola occhiata."
"Sa come trattare Hanamichi, gli vuole bene e sono come fratelli."
"Hanamichi sembra un altro!"
Era geloso! Geloso di quel Mito e quello che loro condividevano. Erano solo amici, fratelli aveva detto Ayako. Molto probabilmente Yohei aveva lo stesso ruolo che aveva Akira per lui e non avrebbe dovuto dire niente in proposito, anche lui aveva i suoi amici ed entrambi avevano avuto una vita prima del trasferimento del rosso a Tokyo.
Non poteva sapere ogni dettaglio del suo passato, come Hanamichi non poteva saperlo del proprio, ma allora perché la cosa non gli andava a genio?
Anzi, si corresse, a ben pensarci il paragone non stava neanche in piedi: lui e Akira non erano mai stati in sintonia quanto loro, neanche quando stavano insieme! Non poteva paragonarlo a quello che leggeva nei loro gesti e nella loro intesa.
Lui aveva l'affetto del doaho, la sua stima anche e gli sorrideva in quel dannatissimo modo che lo rendeva splendido. E Rukawa lo avrebbe voluto per sé, non se ne faceva niente delle sue sparate e del suo essere geniale, lui voleva tutto di quel ragazzo, ma Hanamichi a quanto pare ancora era combattuto.
E lui non poteva fare niente per costringerlo a ricambiarlo, né avrebbe voluto ottenerlo in quel modo.
"Pensi che possa portartelo via?"
La madre scherzava, ma lui aveva pensato spesso a quell'eventualità e non solo nei riguardi di Yohei. L'aveva pensato nei confronti di Akira, all'inizio, la prima volta che si erano conosciuti, così come l'aveva pensato della stessa Ayako e di Mitsui e anche di Haruko, sì anche di lei.
Perché la ragazza era gentile con lui, lo sosteneva tifandolo nel basket e, se fidata, Rukawa aveva il sospetto che potesse accorgersi presto del carattere e delle belle qualità di Sakuragi. E, presto, l'avrebbe preferito a lui. E questo non poteva permetterlo.
Non avrebbe permesso a nessuno di portarglielo via!
"Scusate, possiamo andare!"
Dopo aver esaurito gli ultimi saluti anche con i genitori del suo migliore amico, Hanamichi era salito in macchina per ultimo e si era seduto in mezzo alle due donne che gli avevano lasciato libero quel posto.
Il rosso lanciò uno sguardo di sfuggita al moro seduto davanti: indossava un paio di occhiali da sole che gli mascheravano lo sguardo e alle orecchie le cuffiette. Non poteva vedere i suoi occhi purtroppo, ma immaginava che fossero chiusi, si doveva già essere addormentato. Rimase un po' deluso, si aspettava che avrebbero parlato di qualcosa o che, più probabilmente, lo rimproverasse per il ritardo ottenuto, invece niente.
Si volse allora a dare attenzione alle due donne, cominciando a chiacchierare con loro, non facendo caso al movimento delle labbra della volpe che, osservandolo di nascosto dallo specchietto laterale, aveva incrociato per diversi secondi il suo sguardo, prima di sussurrare senza voce il solito: doaho.
18_
Una volta tornati a casa, dopo la piccola vacanza a Kanagawa, il tempo era come volato. La settimana successiva al loro rientro era stata per Hanamichi particolarmente impegnativa: con Ayako e Miyako era stato spesso in giro per negozi, a comprare la divisa scolastica e portarla da una sarta per farla sistemare con le sue misure. La sua corporatura non poteva certo dirsi nella media e la camicia e la giacca, in particolar modo, erano da sistemare. I pantaloni fortunatamente non avevano problemi né di ampiezza né di lunghezza.
Dalle cose che si era portato da casa aveva recuperato la sua cartella di sempre, un po' rovinata a causa del modo poco curato con la quale era solito farne uso, ma aveva bisogno di libri e quaderni. Alcuni testi li avrebbe potuti dividere con Kaede, ma al moro l'idea di quella divisione dei beni non lo entusiasmava poi tanto e diversi volumi li avevano dovuti acquistare nuovi. Ovviamente, nonostante le rimostranze della zia, il materiale scolastico era stato comprato interamente dal rosso compreso il materiale di cartoleria, penne, quaderni e quant'altro.
E, tra tutti questi movimentati preparativi, era infine arrivato il primo giorno di scuola per Hanamichi nel nuovo istituto superiore: il liceo Shohoku.
Sakuragi si era alzato presto quella mattina: la notte prima non era riuscito a riposare molto, non ne capiva il motivo, non era mai stato un problema per lui arrivare puntuale e le punizioni non lo spaventavano, ma non si sa per quale scherzo della sua mente, ci teneva a fare una prima buona impressione.
Alle otto in punto era fermo davanti al cancello di casa in attesa di Ayako: la cugina gli aveva dato la propria disponibilità per fare la strada insieme e lei stessa si stupì di quanto fosse stato puntuale.
Nei giorni passati, con la ragazza era andato a fare un giro dell'isolato e gli aveva mostrato i vari percorsi che gli avrebbero fatto raggiungere il liceo in breve tempo: non era molto lontano da casa, a piedi distava circa mezz'ora di cammino, ma se fosse uscito per tempo non sarebbe stato poi tanto traumatico. Sarebbe anzi stata una bella passeggiata, poiché il viale che portava alla struttura scolastica era costeggiato da giardini verdi e alberi di ciliegio e pesco che, in primavera e nella bella stagione, fiorivano e profumavano l'aria stendendo sul sentiero dolci e morbidi petali rosati.
"Ehi Hana, mi stupisci! Credevo davvero non saresti riuscito a svegliarti per tempo!" lo prese simpaticamente in giro, mentre apriva il cancello e si avviava.
"Diciamo che è più corretto dire che non ho dormito" disse, sbadigliando e lasciando che la tensione allentasse.
"Ma dai, Hana! Sono sicura che questo tuo primo giorno andrà benissimo e ti farai un sacco di buoni amici. Inoltre la mamma ha saputo, per vie ancora sconosciute, che sei stato messo in classe con mio fratello... sono contenta!"
"Ma che gioia!" fece ironico, sollevando un sopracciglio.
A proposito della volpe, dov'era?
"Lui non viene con noi!" lo precedette la riccia. Hanamichi la guardò confuso.
"Kaede si sveglia sempre in ritardo e, non si sa ancora per quale legge della fisica, riesce comunque ad arrivare a un pelo dal suono della campanella" spiegò.
Hanamichi annuì con il capo, adesso che ci pensava, si domandò come dovesse stare Rukawa con la divisa scolastica. La nuova mise era diversa da quella che aveva sempre portato: il colore del completo non era cambiato, nero come quella che portava a Kanagawa, sempre composto da pantalone, giacca e camicia, ma in questa nuova tenuta la giacca aveva uno stile più classico, molto simile a un completo elegante e, facoltativo, vi era anche l'utilizzo della cravatta*.
Lui non era abituato e non la portava, ma si domandò come potesse stare a Kaede: sicuramente benissimo.
"Hana, ci sei?" la voce di Ayako lo riscosse.
"Eh?!" Si era perso nelle... beh sì, non poteva negare lo fossero, nelle sue fantasie. "Scusami... hai detto?"
La riccia scosse il capo e ripeté: "volevo dirti che se vuoi, nella pausa pranzo, ti accompagno a fare un giro dell'istituto, ma solo per oggi che è il tuo primo giorno. Anche io non rivedo le mie amiche da parecchio tempo e ho i miei impegni."
"Oh, no, no, non ti preoccupare... mi arrangerò, non voglio che sconvolgi oltre la tua quotidianità... posso orientarmi da solo e poi, scusa, che figura ci farei? No, no, il Tensai ha una reputazione! Vedrai me la caverò!" le disse con un sorriso, mentre in lontananza cominciava a delinearsi il contorno dell'edificio scolastico e arrivava loro alle orecchie un sommesso chiacchiericcio e risate gioviali.
A mano a mano che si avvicinavano, Hanamichi notò la cancellata di ferro che si apriva su un gigantesco cortile e, al centro di esso, il grande edificio di ben cinque piani.
Entrarono nel cortile della scuola e Hanamichi attirò su di sé numerosi sguardi confusi. I suoi capelli rossi erano una vera rarità nel paese del Sol Levante, sicuramente lo stavano già etichettando come un teppista per via del colore anomalo: peccato solo che per Hanamichi non fosse vanto di una fama poso rispettabile, ma quello era il suo colore naturale di capelli.
Da piccolo ricordava che gli insegnanti, abituati al castano dai riflessi solo leggermente ramati, rimasero sconvolti nell'apprendere dalla madre che crescendo quello sarebbe stato il suo naturale colore di capelli.
"Uff, lo sapevo, avrei dovuto tingerli!" disse ad Ayako, prendendosi un ciuffo tra le dita e sentendosi un po' in imbarazzo: non gli piaceva il modo in cui lo guardavano.
"Dai Hana, è la novità! Conoscendoti, capiranno e lo troveranno particolare in senso positivo, però."
"Se lo dici tu..." rispose, affatto convinto.
"Waa, Hanamichi!! Finalmente!" ad attenderli, sotto un grande albero accanto al posteggio per bici e motorini, c'era Haruko in compagnia di alcune compagne di classe, amiche anche della riccia.
"Haruchan! Meno male, un volto conosciuto... ehm... piacere!" disse Hanamichi, rivolgendosi poi alle altre tre ragazze, tendendo loro la mano.
Queste lo guardarono un poco timide, poi, però, si presentarono.
"Ho visto il tabellone degli annunci! Che peccato, non siamo capitati nella stessa classe, ma ho visto che starai insieme a Rukawa! Sei così fortunato!" sospirò infine, mentre le amiche di lei alzavano gli occhi al cielo e lo stesso Hanamichi, sebbene fosse poco carino nei suoi riguardi, non poté impedirsi di farlo.
"Eh già... non credo, però, che la volpe la pensi alla stessa maniera" disse un po' sconsolato, una nota che le ragazze non afferrarono.
Chiacchierarono un po' tra loro, mentre Haruko lo informava sulle prime ore di lezione e gli consegnava il programma che era andata a prendere in presidenza.
"Grazie, non dovevi disturbarti..." le disse, leggermente rosso, prendendo il foglietto.
"Oh, scherzi? Ero andata a prendere questo, in realtà..." disse, tendendogli un nuovo modulo da compilare. "È per l'iscrizione al club, è uno dei miei doveri di manager..." sorrise a lui e ad Ayako che ricambiò. In fondo, anche se un po' con la testa tra le nuvole, era una brava ragazza.
La campanella annunciò che era ora per gli studenti di entrare in classe e Ayako osservò il proprio orologio da polso.
Attese ancora e, quando la seconda campanella cominciò a trillare, iniziò il conto alla rovescia: "… tre... due... uno..."
Hanamichi, che si stava già avviando con le ragazze dentro l'edificio, si voltò a richiamarla e fece appena in tempo a sentire uno stridere di freni e intravvedere una macchia nera indistinta precipitargli addosso.
Si ritrovò steso per terra, con la faccia sulla ghiaia che circondava l'aiuola e la schiena tutto un dolore. Lentamente si sollevò assicurandosi che non avesse nulla di rotto e vide Rukawa a pochi passi da lui sistemare la bici nell'apposita grata.
"Tempismo perfetto!" trillò Ayako.
"Tempismo perfetto? Tempismo PERFETTO!! Ayako ma cosa...?"
"Ti avevo detto che arrivava sempre un secondo prima che chiudessero i cancelli" spiegò.
Intanto, Rukawa continuava a ignorarli e pareva non avere alcuna intenzione di chiedergli scusa per quello che aveva fatto, anzi peggio, come se non avesse fatto niente!
"Tu, stupida volpe addormentata! Cosa diavolo hai nel cervello?" sbottò indignato.
Rukawa portò su di lui uno sguardo assonnato, diede velocemente un'occhiata alle persone con cui stava e lo liquidò con un: "nh!" prima di superarlo per entrare a scuola.
Nh!? Nh?! NH!!!
Cosa voleva dire: nh?
Lo afferrò per il colletto voltandolo verso di sé e registrò distrattamente che anche lui non portava la cravatta: la giacca era scompostamente aperta sul davanti, forse per avere più libertà di movimento in bici e aveva i primi bottoni della camicia candida sbottonati. Non era conforme alle regole, ma stava veramente benissimo così.
"Tu, baka kitsune! Come ti sei permesso di mettermi sotto! Affrontare così impunemente di prima mattina la mia ira, chiedimi scusa!" sbottò.
"Doaho!" rispose, invece, Rukawa.
E Hanamichi vide rosso: come si permetteva di ignorarlo in quel modo?
Se lo avvicinò ancora più al viso e, tirando indietro il capo, gli servì una delle sue micidiali testate, prima di mollarlo con uno strattone.
Rukawa indietreggiò leggermente e lo guardò furibondo, adesso sveglissimo! Incurante del rivolo di sangue che gli colava dalla fronte e dell'urlo spaventato che emise Haruko nel vederlo, Rukawa si lanciò contro di lui per restituirgli la gentilezza.
Un pugno potente e poderoso partì dritto contro il suo viso, spaccandogli il labbro, facendolo sanguinare.
Hanamichi barcollò: era forte la volpe!
Ayako scosse il capo, mentre Haruko, nel vederli darsele di santa ragione e ruzzolare in una bolla di polvere per tutto il cortile, aveva cominciato a gridare, tentando di fermarli.
"Rukawa, no! Ah! Sakuragi fermati... Hanamichi!!" tentava di attirare l'attenzione dell'amico. "Hanamichi, basta! Smettetela! Dobbiamo andare, vi farete male sul serio!... Hana... HA..."
"HANAMICHI SAKURAGI! KAEDE RUKAWA!"
L'urlo della ragazza venne sopraffatto da una voce ancor più forte e decisamente mascolina: la voce di un uomo.
Immediatamente Rukawa, riconoscendo il timbro come quello del disciplinare, smise di lottare, inchiodando Hanamichi sotto di sé e, fermandogli i polsi a terra, lo costrinse a fermarsi. Entrambi avevano il fiatone: si fissarono scuri in volto e ancora combattivi per qualche secondo prima di rivolgere uno sguardo confuso al nuovo arrivato. Era un uomo sulla sessantina, dall'aria burbera e con dei baffetti scuri che spiccavano attirando l'attenzione del rosso al quale venne in mente uno dei suoi migliori amici: stava per mettersi a ridere per quell'associazione di idee, ma lo sguardo che gli rivolse l'uomo lo fece desistere. Il disciplinare li osservava con una cartellina in mano e un fischietto alle labbra pronto all'uso, nel caso non si fossero fermati alla prima intimidazione.
"Alzatevi!" ordinò ai due che obbedirono, rimettendosi in sesto e guardandosi in tralice.
"Così tu sei Hanamichi Sakuragi, il nuovo iscritto..." lasciò in sospeso, squadrandolo prima di scribacchiare qualcosa sul foglio bianco e continuare a voce bassa: "con me, dal preside... tutti e due!" aggiunse poi dopo a scanso di equivoci.
***
'Merda, merda, merda!' pensava Hanamichi, mentre, curvo con la schiena, a testa bassa e le mani affondate nelle tasche, percorreva il lungo corridoio che l'avrebbe portato in classe, scortato dal disciplinare. Lui e Rukawa erano stati convocati dal preside e tenuti in udienza per quasi un'ora, tanto che, al cambio dell'ora, diversi studenti assistettero alla sua sfilata con scorta. Rukawa, dietro di lui, camminava apparentemente tranquillo, a testa alta, sguardo fisso e disinteressato. Sulla fronte, tra i fini capelli neri della frangia, spiccava una fasciatura candida a tamponare la ferita infertagli dal rosso il quale, a sua volta, se l'era cavata semplicemente con qualche livido sul fianco e l'addome e un labbro gonfio. Prima di passare dal preside, infatti, erano stati accompagnati in infermeria per essere visitati, curati e mostrarsi presentabili davanti al direttore.
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"Signor Sakuragi, la sua fama la precede" aveva esordito il direttore. "Sono stato informato, via mail, circa il suo comportamento e rendimento scolastico dal mio collega di Kanagawa e mi spiace molto per quello che mi è stato riferito. Io capisco la sua particolare situazione, ma qui non vogliamo perditempo. Siamo una scuola statale, è vero, ma chiediamo ai nostri allievi la massima serietà e disciplina." Quest'ultima parola la sottolineò maggiormente, rivolgendosi a guardare anche Rukawa.
"Lei e il signor Rukawa siete parenti, sua zia mi ha chiesto di permettervi di stare nella stessa classe, di modo che suo cugino potesse darle una mano ad ambientarsi, ma, a conti fatti, la mia decisione forse andrebbe rivista" mormorò quasi a se stesso.
Hanamichi stava per dire qualcosa: non voleva cambiare aula per quell'incidente, aveva già fatto la spesa di libri e tutto il resto, un cambio in quel momento sarebbe stato un male, ma non ebbe il tempo di intervenire che venne preceduto dalla voce di una seconda persona che stava in piedi accanto al preside.
"Oh oh oh signor preside, non sia così duro! Hanno fatto rissa è vero, ma sono giovani i nostri ragazzi e Sakuragi credo sia stato colpito dal classico nervosismo da primo giorno di scuola. Se permette, vorrei consigliarle di lasciarli nella stessa classe e farmi prendere provvedimenti."
"Ma, signor Anzai, lei capisce che..."
"Lo so preside, quello che hanno fatto non è corretto e meritano una punizione; come sa Rukawa fa parte della nostra squadra e per un mese potrei fargli fare le pulizie al posto delle matricole. Mi sembra equa come risarcimento del danno" sorrise il paffuto ometto.
"Sì... beh... se lo dice lei, in fondo conosce questi ragazzi, forse meglio di me, ma il signor Sakuragi?"
"Lo stesso varrà per lui, la mia efficientissima manager mi ha informato che abbiamo un altro potenziale cestista nella nostra squadra e potremo fargli imparare fin da subito le regole di questa scuola. Se si vuole qualcosa bisogna guadagnarsela con la disciplina e il rispetto. Ho dunque il suo permesso di agire liberamente?" gli chiese.
Il direttore dello Shohoku non poté ribattere oltre, aveva le mani legate, l'allenatore della squadra di basket aveva già risolto la situazione.
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Se non fosse stato per la presenza del mister di Rukawa, a quest'ora, chissà che punizione sarebbe costata a entrambi: l'uomo, infatti, era stato convocato dal disciplinare proprio perché al colloquio era stato coinvolto un giocatore della sua squadra. Ogni violazione al regolamento sortiva delle conseguenza e le risse, allo Shohoku, erano una di quelle azioni che avevano grande peso e che comportavano, nella minore delle conseguenze, la sospensione con obbligo di frequenza.
Per un accaduto del genere, se la punizione fosse dipesa dal preside, persona assolutamente severa e ligia al rispetto delle regole, Rukawa sarebbe anche potuto essere sospeso ed esonerato per diverso tempo dal partecipare agli allenamenti e alle partite del campionato. Per lui, gli studenti dovevano scontare una punizione direttamente proporzionale al danno provocato e quindi rinunciando magari a qualcosa alla quale le persone coinvolte tenevano molto.
Quando arrivarono in classe, il professore si trovava nel corridoio dell'aula ad aspettarli. I due ragazzi rimasero fuori, aspettando che i responsabili scambiassero qualche parola, poi il docente fece accomodare Rukawa seguendolo e rivolgendo qualche parola alla classe sull'arrivo del nuovo studente. Quando sentì il proprio nome e un invito a entrare e mostrarsi alla classe, Hanamichi fece un profondo respiro e si presentò a quelli che, per un anno, sarebbero stati i suoi nuovi compagni. Cercò di rimanere il più rilassato possibile, escludendo ogni mormorio presente e cominciato nel momento stesso in cui aveva messo piede nell'aula, presentandosi: "ehm... buongiorno a tutti" si chinò in avanti educatamente, mentre tornava a scandire il suo nome completo. "Mi chiamo Hanamichi Sakuragi e vengo da Kanagawa. Mi spiace aver creato disagi già dal mio primo giorno, ma prometto non accadrà più..." disse, più rivolto all'indirizzo del professore che ai propri compagni i quali lo guardavano curiosi. "Spero di trovarmi bene qui con voi e di stringere amicizia con tutti... ehm grazie per l'attenzione" terminò a disagio, un po' troppo forzatamente, facendo sorridere alcune ragazze e scuotere qualche testa.
Rivolse uno sguardo incerto al professore che riportò i suoi studenti all'ordine quando nell'aria si stavano già espandendo diversi borbottii nei confronti del nuovo arrivato facendo commenti sulla sua altezza, l'accento così diverso dal loro e, immancabilmente, sui suoi capelli rossi.
"Puoi accomodarti Sakuragi, per oggi puoi sederti accanto a tuo cugino, poi vedremo di trovarvi un'altra disposizione: voi due vicini non mi piacete per niente!" disse sincero, mentre dalla classe si levava un mormorio, stavolta più corposo, di voci, soprattutto, femminili.
"Cosa? Cugino?"
"Ma... dice Rukawa...?"
"Sakuragi e Rukawa cugini?"
E lui che aveva evitato di proposito di dire che fossero parenti, non voleva attirare ancora di più l'attenzione.
"Ehi, ma cos'ha Kaede in testa? Avete visto?"
"Sarà stata colpa del rosso, avete visto il suo viso?"
"Avranno fatto a botte!"
Le compagne di classe parvero avvedersi, solo in quel momento, delle condizioni del moro, dando vita a un sommesso passaparola.
"Oh no, speriamo Kaede possa ancora giocare... io assisto alle partite e faccio il tifo solo perché c'è lui!"
Passando tra i banchi per raggiungere il suo posto in fondo all'aula, Hanamichi fulminò con lo sguardo la tizia che per ben due volte aveva osato chiamare per nome la volpe.
Rukawa non lo degnò di attenzione alcuna, limitandosi a posare al centro del banco il libro di testo, prima di chinarsi sul piano e, nascondendo la testa fra le braccia, cominciare a pisolare.
Hanamichi lo osservò mentre il professore iniziava a spiegare: come faceva a dormire durante le ore di lezione e poi prendere anche voti decenti? Non che fosse una cima, questo lo sapeva, Ayako aveva spifferato molte cose, ma talvolta arrivava anche a prendere più della sufficienza. Lui al contrario, per quanto lo volesse, non poteva addormentarsi, altrimenti, una volta tornato a casa a studiare, non avrebbe capito niente del testo.
Sbuffò, prendendo in mano penna e quaderno, deciso a scribacchiare qualche appunto, sperando che la mattinata passasse velocemente: era a scuola solo da mezza giornata e già non vedeva l'ora di rientrare a casa.
***
"Hanamichi, Kaede! Come state? Che vi hanno detto?!"
Una volta messo piede in palestra, Ayako corse incontro ai due preoccupata: "ve le siete date di santa ragione! Il tuo primo giorno!" sottolineò cupa ad Hanamichi.
"Non cominciare per favore, è stata una giornata pesante!" chiese un po' di pace il rosso, per poi salutare la nuova arrivata che si era avvicinata a loro. "Ciao Haruko!"
La ragazza indossava calzoncini corti rossi e una maglietta a maniche corte bianca con il nome della scuola stampato sul petto.
"Hanamichi, come state?" chiese lei preoccupata, guardando poi Rukawa, allungando una mano verso la sua fasciatura sulla fronte, come a volerlo sfiorare: il suo era stato un riflesso veloce, fatto senza pensare. Hanamichi la osservò fare quel gesto gentile nei confronti del moro ed ebbe un fremito in corpo. Scosse la testa, scacciando via quelle sensazioni e, per evitare che continuasse, imbarazzata, a osservare Kaede le disse: "non essere triste, io sto bene e la volpe ha la pellaccia dura..."
Haruko tornò a guardare Sakuragi e gli posò una mano su un braccio, sollevandosi sulle punte dei piedi, allungando l'altra a sfiorargli il labbro con un dito.
"Ha ripreso a sanguinare, vuoi che ti..." fu bruscamente interrotta, quando Rukawa, con passo affrettato, si era mosso passando in mezzo ai due allontanandoli quasi casualmente l'uno dall'altra. Li aveva guardati di sfuggita e si era incamminato verso il fondo della palestra.
"Ehi, dove vai?" si rivolse a lui Hanamichi.
"A cambiarmi!" rispose secco il moro, infastidito da tutto quel chiasso attorno a sé: ci mancava solo la babbuina preoccupata per lui e che cominciava ad allungare le mani sul doaho.
In breve tempo, il rosso lo raggiunse, esortato da Ayako che gli aveva detto di seguirlo per poter sistemare il cambio e i propri effetti personali.
Hanamichi vide Rukawa aprire il proprio armadietto e cominciare a svestirsi: sembrava arrabbiato.
Sicuramente doveva essere seccato dalla situazione: per colpa sua era finito in punizione, forse avrebbe dovuto scusarsi. Anzi, no, pensò poi dopo con una punta di orgoglio: non era stata sua la colpa, era la volpe a essergli andato addosso con la bici per primo e poi non gli aveva chiesto scusa, provocandolo di proposito. Perché mai, adesso, avrebbe dovuto farlo lui?
Con passo sicuro si avvicinò e, come se la cosa non gli desse alcun problema, chiese: "puoi dirmi almeno dove...?"
Avvampò di colpo: Rukawa si era avvicinato e gli aveva preso il mento tra due dita, facendolo voltare verso di sé.
"Nh... ti sta sanguinando, doaho... vedi di non sporcare la divisa ancor prima di far parte del club!" gli disse atono, posandogli un asciugamano bianco sul labbro, per tamponare il sangue, dandogli le spalle e facendo per andarsene. Prima di uscire dalla porta, però, gli disse senza voltarsi: "il terzo armadietto di quella fila è libero."
Hanamichi rimase a osservare la porta socchiusa con il cuore un subbuglio di emozioni: il battito accelerato per l'improvvisa vicinanza di sentire per la seconda volta, dopo diverso tempo, il fiato di Rukawa contro il viso, la stizza per il tono duro con il quale gli si era rivolto con freddezza e il buon profumo che percepiva impregnato nella spugna morbida.
Allontanò l'asciugamano dal viso e lo osservò: sul bordo inferiore un ricamo a mano rappresentava due lettere 'K.R.'
Socchiuse gli occhi sospirando, cercando di calmarsi. Perché si era arrabbiato con lui, se poi si preoccupava di sporcare il suo asciugamano bianco per curargli la ferita?
E perché si era innervosito una volta entrati in palestra? Se ci ripensava, in classe era stato tranquillo per tutto il tempo, aveva anche diviso i libri con lui.
'Bella fregatura questa volpe!' pensò.
"Vedo che a quanto pare ti fai riconoscere fin dal primo giorno, eh? A scuola non si parla d'altro che del 'nuovo ragazzo dai capelli rossi', che hai combinato? Il tuo nome e quello di Rukawa oggi vanno a braccetto" una voce amica e conosciuta l'aveva riscosso dai suoi pensieri.
"Mitchi!" salutò Sakuragi, sorpreso di vederlo, sedendosi su una panca. "Oggi è una giornata da dimenticare!" disse, sconsolato.
Il sempai si sedette accanto a lui e portava con sé la cassetta del pronto soccorso: "mi ha mandato Ayako... che è successo?" chiese, mentre gli medicava la ferita e applicava un piccolo cerotto.
"Uff... un piccolo scontro con la volpe" liquidò velocemente. "Siamo finiti dal preside e solo grazie al vostro coach non ci ha sospesi, abbiamo rischiato!"
"Già, Anzai è un uomo in gamba... ha salvato anche me!"
Hanamichi lo guardò confuso. "Insomma Hana, sai tutto di tutti, ma almeno fattele raccontare per bene le cose da Ayako, non solo quello che le fa piacere dirti!" lo prese in giro.
"Cambiati adesso che ti devi presentare ai compagni!"
"Oh, no, non di nuovo!" si abbatté il rossino, facendo sorridere il suo amico che, però, sentì un moto di tenerezza e uno strano senso di protezione nei suoi confronti. Attese che fosse pronto e, insieme, fecero nuovamente ritorno in palestra.
Quando il mister li vide, sorrise ai due facendo cenno alla squadra di radunarsi attorno a lui per presentare il nuovo arrivato: "miei cari ragazzi, vi presento un nuovo studente della nostra scuola e che da oggi frequenterà anche il club... accogliamolo come si deve e facciamolo sentire il benvenuto! Hanamichi..." si volse verso il rosso cedendo a lui la parola.
"Ehm... grazie, signor Anzai. Piacere sono Hanamichi Sakuragi... ho cominciato da poco a giocare a basket e devo dire che sono particolarmente bravo... ahahah!" disse, deciso a sbaragliare tutti almeno in squadra, pronto a riacquistare il suo buonumore. Doveva tirarsi su e quale migliore cura se non il suo essere Tensai?
Tutti lo guardarono sorpresi, Rukawa si limitò ad arcuare un sopracciglio, ammonito dalla sorella, mentre il mister rise insieme ad Hanamichi.
"Sei simpatico ragazzo... ma ho deciso che per il primo periodo, tu seguirai degli esercizi speciali. So che Rukawa ti ha insegnato molte cose, ma vorrei vederti eseguire qualche fondamentale e qualche semplice tiro, per poterti inserire nel programma insieme agli altri giocatori" spiegò.
"Certo, certo, non c'è problema! Vedrai, nonno, una volta entrato in azione, si vedrà subito a una prima occhiata la portata del mio genio sublime!" si pavoneggiò ancora.
"Doaho" stavolta Rukawa non poté esimersi: qualcuno doveva rimetterlo in riga. Hanamichi fumò di rabbia, facendo un passo verso di lui, subito fermato da Ayako che gli diede un colpo ben assestato di ventaglio sul sedere, intimandogli di comportarsi bene e seguirla in silenzio nella zona delle panchine dove, in un angolino in disparte, avrebbe seguito alla lettera tutti i suoi ordini.
Sbuffando e infilandosi scompostamente le mani nei pantaloncini, Hanamichi seguì la cugina in silenzio, facendo la linguaccia alla volpe che lo liquidò con un'occhiata superficiale, prima di cominciare seriamente ad allenarsi: aveva parecchio stress da scaricare.
Quel primo giorno di allenamenti ad Hanamichi parve non finire più. Avrebbe dovuto dedicare quattro giorni a settimana due ore del suo tempo libero a quell'attività e sperava vivamente non fossero tutte come quelle che erano appena terminate: era stato un pomeriggio di una noia mortale. Contro ogni sua più rosea aspettativa, il coach non gli aveva dato subito alcun ruolo in squadra, ma l'aveva costretto a quasi due ore di fondamentali, corsa attorno al campo e, alla fine, mezz'ora prima del termine dell'allenamento, mentre i compagni si scambiavano passaggi e provavano schemi di gioco, l'aveva messo a tirare a canestro da solo chiedendogli di mostrargli i suoi tiri da tre, che ancora non gli riuscivano bene, e il terzo tempo: quello almeno lo sapeva eseguire alla perfezione e il mister era rimasto soddisfatto. Ayako l'aveva seguito per la prima parte dell'allenamento e poi Haruko era rimasta con lui sotto canestro passandogli i palloni e incentivandolo a dare il meglio di sé a ogni lancio.
Rukawa, che solitamente rimaneva concentratissimo sul gioco, aveva invece passato l'intero pomeriggio a osservare Sakuragi, focalizzandosi particolarmente su di lui ogni volta che sentiva la risata allegra della seconda manager, un po' troppo entusiasta, e il rossino esclamare la propria genialità, sorridendole complice.
Un moto incontenibile di gelosia gli salì al cervello, facendogli quasi sbagliare un tiro: mai, si disse, mai avrebbe mancato un canestro per colpa di quei due! Non ci doveva pensare, doveva ignorarli e basta: presto quel lungo pomeriggio sarebbe finito o, per lo meno, presto sarebbero stati soli lui e il doaho senza altri a ronzare fastidiosamente intorno al cugino.
Quando il mister decretò la fine dell'allenamento, quasi tutti i ragazzi si ritirarono nelle docce per potersi cambiare e tornare a casa, quasi tutti, appunto, eccezion fatta per i due scalmanati giocatori. Rukawa vide Hanamichi parlare con il mister e il nuovo capitano su qualcosa riguardante la sua domanda di accettazione al club e poi cominciare ad allontanarsi insieme a Miyagi.
Si voltò nella sua direzione, mani sui fianchi, e lo richiamò secco: "doaho... dove stai andando?" Hanamichi si voltò, fulminandolo con lo sguardo per il modo in cui gli si era rivolto, ma si bloccò prima di ribattere, ricordando: "ah già, la punizione!"
Non vedeva l'ora di tornare a casa e si stava quasi per dimenticare del suo compito di sistemare e ripulire la palestra.
Si mise in silenzio a raccogliere i palloni, sistemandoli nella cesta, portandola poi, insieme a Rukawa nel magazzino degli attrezzi.
"Adesso?" domandò.
"Adesso, laviamo in terra..." spiegò il moro, senza alcuna inflessione nella voce, guidandolo alle fontanelle dove avrebbero preso il necessario per terminare le pulizie.
Rientrarono in palestra e si divisero il campo per fare più in fretta: ormai i compagni erano tutti andati via e nella palestra non si sentiva un sospiro. Nessuno dei due ragazzi aveva molta voglia di parlare, per dirsi cosa poi? In realtà, avrebbero dovuto affrontare quell'argomento che senza mettersi troppi problemi avevano accantonato e fatto finta che non fosse mai esistito.
Rukawa osservava Hanamichi correre avanti e indietro per il campo chinato in due sul parquet rimanendo a fissarlo a lungo. Il bacino alto metteva in mostra il sedere, le gambe semi piegate con i muscoli delle cosce in tensione per lo sforzo e l'innaturale posizione assunta con le braccia tese e il respiro accelerato per la corsa e la fatica: altro che parlare! Rukawa sapeva benissimo cosa volesse, cosa desiderasse, ma non era sicuro che Hanamichi fosse d'accordo con lui, né lo volesse ascoltare.
Aveva, inoltre, paura di litigare e in quel momento non ne aveva voglia. Si fermò per dirgli qualcosa, qualcosa che l'avrebbe fatto infuriare, giusto per fargli un dispetto e sentire la sua voce riempire quel silenzio inusuale, quando la porta della palestra si aprì con un cigolio ed entrambi si voltarono in direzione del suono.
"Ops, scusate..." Haruko, in piedi accanto alla porta, era appena uscita dall'ufficio della manager. Osservava i due ragazzi intenti a pulire e il pavimento lucido.
"Non ti preoccupare, Haruko: passa pure senza problemi se devi" le disse gentile Hanamichi. Di certo non poteva stare chiusa in quell'angolino ad aspettare che asciugasse.
"No!" si sentì, invece, la voce di Rukawa. "Quella parte l'ho appena pulita, non voglio rifare tutto, voglio andarmene a casa!"
La ragazza lo guardò un po' dispiaciuta: in effetti non era bello, dopo aver appena fatto un lavoro del genere, dover ripetere tutto da capo. Poi loro erano anche stanchi per l'allenamento ed era giusto che volessero finire presto per tornare a casa a riposarsi.
Haruko si guardò attorno indecisa, prima di abbozzare un sorriso e annuire.
"Ma Rukawa!" intervenne allora Hanamichi. "Lasciala andare, non l'ha fatto apposta! Poteva succedere anche ad Ayako di trattenersi più del dovuto... stavi lavorando per noi, vero?" interrogò la ragazza.
"Sì... Ayako mi ha chiesto il favore di compilare io il verbale per oggi, perché aveva un impegno, ma per me non è un problema, Hanamichi!" ci tenne a precisare.
"Ecco, visto? Con tua sorella non avresti fatto tutte queste storie!" lo punzecchiò, aveva notato che Haruko non gli stesse simpatica, ma non poteva trattarla così: che colpa ne aveva poverina se si era innamorata di una stupida volpe come lui? E non gli sembrava neanche che gli stesse particolarmente appiccicata, anzi, la ragazza era sempre molto cauta e si teneva alla larga per non intralciarlo. Era solo preoccupata e si impegnava con tutta se stessa per la squadra.
"È il suo dovere... lascia stare mia sorella!" rispose Rukawa alla sua accusa.
Hanamichi era indignato, perché si comportava così?
"Se sei arrabbiato con me per stamattina e perché sei costretto a star qui con me a pulire, basta che lo dici, sistemiamo tutto una volta per tutte, ma non puoi prendertela..."
"Lascia stare, Hana... davvero, non litigate, aspetterò che asciughi!" cercò di stemperare la situazione la ragazza, non voleva che litigassero, non voleva far arrabbiare Rukawa.
Hanamichi tacque, guardando di sbieco il cugino: il suo non era un bel comportamento.
"Aspettami seduta sulla panca Harukina, ho quasi finito e ti accompagno a casa. Dato che farai tardi per colpa nostra, mi sembra il minimo!" si offrì galantemente e, forse, anche per fare un dispetto a Rukawa che adesso lo guardava ancora più male.
Non lo capiva: cosa voleva da lui?
Sakuragi finì presto di pulire la sua parte di campo, ripose stracci e secchio nello sgabuzzino e poi, dopo essersi lavato velocemente e rivestito, senza salutare, uscì dalla palestra con Haruko.
"A domani" salutò per entrambi la ragazza, ma Rukawa non rispose.
Rimasto solo nella grande palestra, Rukawa lanciò nel secchio lo straccio sporco, facendo saltare per terra alcune gocce d'acqua.
"Lascia stare, Hana..."
Come si permetteva di avere simili confidenze? E il doaho che prendeva le sue difese e la chiamava Harukina? Ma quando mai?!
Se avesse saputo che si sarebbe offerto di accompagnarla a casa, l'avrebbe fatta andare via molto velocemente.
"Ti accompagno a casa poi, visto che farai tardi per colpa nostra, mi sembra il minimo!"
Certo, come no! Era tutta colpa sua! Che bisogno aveva di farle da cavaliere, era ancora estate ed erano solo le sette e mezzo del pomeriggio, fuori non era buio, la sua era solo una scusa bella e buona per evitarlo ancora.
Altro che parlare per confessargli i suoi sentimenti: a quanto pareva, Hanamichi teneva di più a quella ragazzina che non a lui.
Eppure era lui che l'aveva baciato e si era comportato come se la cosa gli avesse fatto piacere. Inoltre, in seguito alla sua fuga e al suo silenzio, gli sembrava anche che fosse dispiaciuto per quella crepa che si era creata tra loro.
Ma probabilmente, questa era solo una sua congettura: era uno di quegli stupidi scherzi che ti giocano i sentimenti quando il cuore si mette a pensare per conto proprio. E dire che lui non era tipo da simili sentimentalismi, lui non si sarebbe fatto incastrare un'altra volta dai rapporti umani: erano solo una gran fregatura!
Nessuno si meritava niente, Hanamichi compreso! Non avrebbe meritato quelle riflessioni e non si meritava la sua gelosia. Perché era geloso, accidenti! Ma non riusciva a liberarsene, perché?
***
Una volta rientrato a casa, Rukawa era arrivato addirittura prima di Sakuragi e questo, il moretto l'aveva appreso da Ayako che era rincasata solo pochi minuti prima di lui.
"Ragazzi, a tavola!" chiamò Miyako, avvisando in casa che dovevano riunirsi tutti per mangiare.
Presero posto con la solita disposizione, quando la madre, accortasi del posto vuoto accanto a Rukawa, domandò perplessa ai figli: "dov'è Hana?"
Ayako stava per rispondere, quando: "SCUSATE IL RITARDO!" un urlo, seguito dallo sbattere un po' troppo forte della porta che dava sul giardino, fece sobbalzare i commensali che si voltarono verso l'ingresso della cucina.
Hanamichi, con il fiatone, ma già cambiato con gli abiti da casa, aveva fatto di tutto per arrivare puntuale a cena.
"Scusate..." disse di nuovo, mentre prendeva posto accanto a Rukawa, evitando però accuratamente di guardarlo: sentiva attorno a lui un'aurea che non era affatto tranquilla.
"Hana, allora eri in casa, ma dove sei stato? Non sei tornato con i tuoi cugini?" disse la donna.
Ma a rispondere non fu il diretto interessato, quanto, stranamente, Rukawa: "aveva da fare con la sua ragazza!" disse acido, mentre con le bacchette, spizzicava il condimento nella ciotola del riso.
Tutti gli sguardi, anche quello sorpreso dello zio, si puntarono su Hanamichi, che, invece, a sua volta guardava Rukawa.
"Cosa?!" chiesero tutti, Hanamichi compreso.
"Hana, ma è bellissimo!" esultò contenta la zia. "Oooh, aspetta che lo sappia tua madre... era così preoccupata."
"Eh, no, aspetta non dire... in che senso preoccupata?" chiese confuso.
"Oh, no, non posso aspettare, devo andare a dirglielo, scusate!" si alzò dal tavolo, mentre Hanamichi, inutilmente, cercava di prendere la parola e fermarla: aveva fatto tutto da sola.
Ayako cominciò a ridere sommessamente e Rukawa mangiava tranquillo insieme al padre.
"No, zia, ferma, non hai capito, io non ero..."
"Oh, hai ragione, lei chi è? Come si chiama? Oh, oh aspetta, aspetta, è Haruko, vero?! Oh Hana, bravo, è una così cara ragazza, almeno non hai infranto il suo piccolo cuoricino come qualcuno!" disse rivolta al figlio, prima di sparire dalla cucina.
"No, Miyakooo!" la richiamò, tentando di fermarla, ormai, però, era andata.
"Io ho finito!" la voce di Kaede, calma e pacifica, contrastava in mezzo a tutto quel trambusto, mentre si alzava dal tavolo per ritirarsi in camera.
"Ehi!" lo chiamò Hanamichi andandogli dietro. "Stupida volpe, che diavolo hai combinato? Ti sembra il momento di scherzare? Guarda cosa hai fatto?" gli disse, parandosi di fronte a lui per impedirgli di proseguire.
"Io niente, tu hai fatto tutto da solo, assumiti le responsabilità delle tue azioni!" lo superò, lasciando Hanamichi inebetito.
Che aveva fatto? Quali responsabilità? Non capiva, aveva solo accompagnato un'amica a casa, perché lui aveva deciso di farle un dispetto per non farla uscire, che discorsi erano? E poi... poi perché dire quella bugia?
Non ci capiva più niente!
Intanto, Rukawa se ne era già andato, lasciandolo con mille interrogativi in testa e nessuna spiegazione logica. Cominciò a borbottare sommessamente, rientrando in cucina, per cenare, cosa che ancora non aveva avuto modo di fare, mentre sentiva la voce contenta della zia emettere urletti di gioia relativamente isterici al telefono con sua madre e Sakuragi dubitava seriamente che le reazioni dall'altra parte del filo fossero diverse.