[Slam Dunk] Our life is gonna change (16)

Feb 01, 2015 16:29

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"Ben arrivato!" Ayako, ferma al binario numero dieci, accolse Mito appena sceso dal treno. "Hai fatto buon viaggio?" chiese, mentre uscivano dalla stazione.
"Sì, non è stato traumatico, ma sono in pensiero! Quando mi hai detto che avrei dovuto precipitarmi a Tokyo con quella voce preoccupata... mi hai fatto morire di paura!"
"Mi dispiace... ma ero di fretta: Hanamichi poteva uscire dalla doccia da un momento all'altro!" spiegò.
"Come?" fece Mito sconvolto.
"Ma dai... te l'ho detto che gli ho dovuto rubare il telefono per chiamarti, come avrei potuto fare altrimenti? E l'unico modo era approfittare di quel momento!" sorrise.
"Ho capito... ma cosa è successo?" chiese. "Erano giorni che Hanamichi non mi rispondeva personalmente, anche dai messaggi lo sentivo strano... è successo ancora qualcosa con tuo fratello?"
Ayako si strinse nelle spalle: "Non chiedermelo, Yohei! Davvero, io stavolta proprio non lo so... non si sono confidati con nessuno e in casa cercano di essere gli stessi, ma si evitano, non si parlano e c'è tensione... temo il peggio, conoscendoli!" gli disse preoccupata.
Mito le mise una mano sulla spalla, confortandola: "Vedrai che sistemeremo tutto... non hai detto nulla ad Hana, vero?"
"No, no... come mi hai chiesto!" assicurò.
"Brava! Perché voglio vedere con che faccia mi si presenterà e la sua reazione... stavolta non mi sfuggirà!" disse, un poco arrabbiato con l'amico per averlo fatto preoccupare tanto.

***

"Ma, insomma, si può sapere chi è?"
All'ennesimo, insistente, bussare, Hanamichi sbottò, andando ad aprire la porta della dependance.
Ma la sua espressione astiosa e stanca si mutò presto in stupore, quando, senza essere assolutamente preparato, si trovò davanti la figura del suo migliore amico.
"Yohei..." sussurrò.
"Ciao, Hana!" sorrise Mito.
"Che... che cosa... che cosa ci fai tu, qui?" domandò sempre più confuso il rosso, ma il ragazzo rimase in silenzio limitandosi a guardarlo. Sorrideva, come solo un amico che capisce al volo quello che pensi sa fare, e con quel sorriso ti sta dicendo che 'non devi più aver paura, perché adesso ci sono io con te'.
Questo voleva comunicargli Mito e questo Hanamichi sentì che gli diceva.
Gli sorrise anche lui, un sorriso dolcissimo che cercava di mascherare i sentimenti e non voleva lasciarsi andare, ben sapendo che era tutto inutile perché, ormai, era arrivato al capolinea.
Chinandosi ad abbracciarlo, Hanamichi nascose la testa contro il collo dell'amico, e tra le sue stesse braccia che lo circondavano, sussurrando: "Grazie di essere venuto".
E su quella frase, detta a voce un poco tremante, lasciò finalmente libere di scorrere quelle lacrime che aveva dovuto tenere dentro, sfogandosi.
E Yohei sapeva benissimo che, più di ogni altra cosa, Hanamichi aveva bisogno di questo e perciò era rimasto in silenzio: gli era bastato uno sguardo e aveva capito perfettamente quello che doveva fare, lasciandolo sfogare.

***

"Mi dispiace, Yohei... waa che figura indegna per il Tensai!" si prese in giro a posteriori il rossino: solo dieci minuti prima stava piangendo come un bambino sulla sua spalla e adesso faceva lo sbruffone?
Eppure si sentiva meglio, molto meglio.
"Allora, mi dici che ci fai qui?" chiese, servendogli un bicchiere di succo di frutta che teneva come scorta per le emergenze da studio, nel piccolo mini-frigo della cucina.
"Approfitto del week end di vacanza per stare un po' con il mio migliore amico, non mi vuoi?" gli disse il moro, sorridendo e bevendo un sorso di succo.
"Ma certo! Ma certo!" rispose concitato il rosso, facendo di sì con la testa. "È solo che mi domando come tu abbia..."
"Ayako... ma non dirglielo! E non rimproverarla!" aggiunse. "Era preoccupata per te e ha fatto bene, anche se sappi che, se non l'avesse fatto lei, sarei venuto comunque. Non puoi..." gli disse, tirandogli i capelli, "… non puoi ignorare le mie chiamate e, poi, pretendere che creda che vada tutto bene, perché non sono un fesso, Hanamichi. Adesso che siamo lontani, e non ti posso vedere in faccia, devi aiutarmi a capire quando stai male e non devi dirmi bugie!" lo rimproverò.
"Scusami Yo, hai ragione. Io non lo farò più!" promise, abbassando il capo.
"Nh... che sia la volta buona, però..." lo ammonì Mito, sedendosi comodo sul divano. "Allora, vuoi dirmi cosa è successo?" chiese infine.
"Mh... mi sembra di avere un deja-vu..." disse ironicamente il rossino, sorridendogli indeciso e raccontando poi nei dettagli quello che si erano detti con Rukawa in quella fatidica sera.
Durante tutto il discorso, Yohei era rimasto in silenzio, osservando le reazioni e i cambiamenti di espressione sul viso del suo migliore amico, comprendendo molto di più da quei dettagli che dal racconto in sé.
Capiva che cosa li avesse spinti a scontrarsi, la tensione, l'indecisione, i sentimenti che li avevano portati a ferirsi a vicenda, pur non volendo. Perché sapeva che entrambi non avrebbero mai voluto toccare tasti così profondi, spargendo sale su ferite ancora aperte e che forse ci avrebbero messo tanto tempo a cicatrizzare.
Ma la cosa che disse come prima, a conclusione del discorso del rosso, fu: "Siete due stupidi!"
Hanamichi lo guardò sbalordito: niente parole sagge, niente rimproveri, niente discorsi di conforto.
"Prego?"
"Sì, Hanamichi, siete stati due idioti. Tutto per uno stupido bacio. Cosa ti costava, quella sera, dirgli che gli vuoi bene, cosa ti costava non fare il galletto con Haruko..."
"Io non ho fatto il galletto!" lo interruppe e Yohei lo squadrò di striscio, concludendo il pensiero.
"… solo per fargli un dispetto? Rukawa ha sbagliato a inventare quella balla, ma io sono sicuro che, da come mi hai descritto la faccenda, l'ha fatto solo perché spinto da una forte gelosia nei tuoi confronti."
"Ma dai!" si schernì Hanamichi in imbarazzo, non ci poteva credere.
"Io dico di sì... siete rimasti ancora due bambini, vi comportate come tali, l'avete sempre fatto! E tutto perché siete talmente orgogliosi, e qualcuno è anche timido e insicuro, da non voler ammettere cosa provate l'uno per l'altro" concluse alla fine della sua analisi.
"Io... io non ci riesco Yo, non sono pronto!"
"Pronto per cosa? Cosa, Hana?"
"A questo, io... non era previsto che succedesse. Non voglio!"
Mito scosse il capo: ecco, stava nuovamente chiudendo la porta in faccia alla propria felicità.
E il moro non se la sentì di insistere: poteva capire che fosse restio ad accettare questi nuovi sentimenti, ma così Hanamichi stava solo facendo del male a se stesso. E nonostante lo sapesse, non poteva in alcun modo decidere per lui.
"Senti, Hana, va bene così... adesso, quello che devi fare è chiarire con lui. Non fare quella faccia, sono sicuro che anche Rukawa non è certo felice per questa situazione, quindi, un passo per volta. Voglio andarmene tranquillo a casa, non con te che sembri sul punto di entrare in depressione" scherzò e Hanamichi sorrise, mentre sentivano in lontananza, la voce di Ayako chiamarli per salire a cenare.

***

"Yohei, che bella sorpresa! Come mai sei qui?" lo accolse Miyako, mentre si sedevano a tavola. Non era stata informata dai figli del suo arrivo e l'aveva colta impreparata.
"Approfitto di questo week end di vacanza* per vedere Hanamichi... non mi tratterrò molto" spiegò, mentre gli veniva servita della purea di patate.
"Oh, che imbarazzo, se mi avessero avvisata ti avrei fatto preparare una stanza! Ragazzi, perché non me l'avete detto?" chiese ai figli, ma Yohei rise, interrompendola.
"Miyako è colpa mia, sono venuto qui a fare un'improvvisata, neanche Hana era al corrente!" disse.
"Mmmh, beh sì, la sorpresa è gradita, ma dovremo farti preparare la stanza per gli ospiti..." propose dubbiosa, facendo mente locale su dove avesse sistemato la biancheria pulita, ma Hanamichi la precedette: "No, zia, Yohei dormirà da me, non ti preoccupare."
"E dove, scusa? Il divano non mi sembra adatto..." disse lei pensierosa.
"Ma nel letto con me, mi sembra ovvio! Non sarebbe la prima volta e poi è grande!" disse contento il rossino: sarebbe stato come ai vecchi tempi, quando avvicinavano i futon e si rannicchiavano sotto la stessa coperta per parlare o raccontarsi storie di fantasmi.
"Kaede!"
La donna sobbalzò quando il moretto, che stava versandosi da bere, accidentalmente, nel sentire la risposta del cugino, aveva fatto cadere gran parte del liquido sulla tavola, 'inondando' la tovaglia e schizzando le braccia della donna.
"Scusate..." disse a bassa voce la volpe, alzandosi dal tavolo, andando a cambiarsi: per quella sua distrazione si era anche bagnato i pantaloni!
Hanamichi lo guardò allontanarsi velocemente e lanciargli una strana occhiata.
'E adesso che aveva?' pensò il rosso, guardando Yohei, il quale gli diede un colpo al braccio e si limitò a fissarlo in modo strano, quello stesso sguardo che sembra dire: "Avevo ragione io!"
Ma ragione su cosa? Si chiese Sakuragi, mentre la zia si scusava con Mito per il piccolo incidente.
A parte quella breve interruzione, la cena proseguì tranquilla e senza ulteriori intoppi, tra le chiacchiere della zia e di Hanamichi e le risate di Ayako e Mito; il signor Kuroda, a fine pasto, si era allontanato per ritirarsi nel suo studio e preparare dei documenti che gli servivano per l'indomani a lavoro.
"Scusate, adesso noi ci ritiriamo... domani voglio portare Yohei a fare un giro della città... ormai sono esperto, ahahah" rise di gusto e Miyako sorrise, lasciandoli liberi di andare.
Hanamichi finalmente sembrava aver trovato di nuovo il proprio equilibrio, dopo giorni in cui gli era sembrato particolarmente alienato. Anche il figlio le dava da pensare in quel periodo, ma la donna sperava che, adesso, come l'estate passata, tutto potesse risolversi per il meglio grazie alla presenza in casa dell'amico d'infanzia del nipote.

***

Il giorno successivo, i due amici, nonostante si fossero addormentati tardi a causa delle chiacchiere continue, uscirono presto di casa per fare i 'turisti in vacanza'.
Hanamichi era ormai pratico delle strade della capitale e si destreggiava tra le vie come fosse sempre vissuto in quei quartieri: portò Mito a visitare i luoghi tipici, i parchi nel circondario, i templi che aveva scoperto che gli piacevano di più e la rinomatissima Torre di Tokyo, ricordando a se stesso, il primo giorno che era arrivato in città, come si fosse sentito emozionato e fosse rimasto sbalordito e stordito dalla grandezza di quella costruzione.
"Non ci venivo da molto... mi piacerebbe vedere la torre di notte, la volpe mi ha detto che Ayako la predilige, ma non c'è stata occasione di uscire insieme e che mi ci portasse. Dovrò ricordarglielo, già-già" disse, facendosi un appunto mentale.
"La volpe?" chiese Yohei curioso e Hanamichi arrossì.
Esatto, la volpe: non avrebbe voluto, ma gli era venuto in mente il giorno della loro gita insieme.
"Mh... sì, sono venuto qui con lui la prima volta" spiegò.
"Hana?!" lo richiamò Yohei, vedendolo che titubava. "Cosa hai intenzione di fare con tuo cugino?" gli chiese serio.
Nonostante tutto quello che Hanamichi diceva, stava sempre pensando a Rukawa: era inevitabile che fosse così, ma ancora Sakuragi non ci era arrivato e a Mito dispiaceva per lui e per il povero Rukawa anche.
"Non lo so..." rispose subito il rosso. "Non lo so davvero... vorrei chiarire con lui, ma penso che non servirebbe a niente..."
"Hana!" lo rimbeccò Yohei. "Tu hai solo paura... senti, non sono venuto qui per niente, te l'ho detto, se vuoi... ti aiuto io" gli disse, sorridendogli.
"No, che dici! Come potresti? Non voglio metterti in mezzo, Yo e poi questo non sarebbe corretto. Kaede penserebbe che..." fu interrotto.
"Kaede non penserà niente, fidati di me... non ti ho mai deluso, no?" gli disse e Hanamichi sorrise.
"No... no, mai" rispose.

La giornata per i due ragazzi trascorse tranquilla e fin troppo velocemente, tanto che si ritrovarono a fare ritorno a casa che era quasi ora di cena.
"Certo che mi ci voleva una giornata così, Yo, grazie!" gli disse il rosso, mentre rientravano in metropolitana.
Quando furono in prossimità della villa dei Kuroda, Hanamichi sentì la familiare voce di Mitsui seguita dalla risata forte di Ayako: quei due proprio avevano intenzione di far sapere a tutto il vicinato i fatti loro?!
Il numero quattordici si accorse per primo dell'arrivo del rosso e solo in un secondo momento notò che non era da solo.
"Ehi, Yohei... sei venuto a farci visita? Come stai?" lo salutò stringendogli la mano e poi abbracciandolo, battendogli un piccolo pugno sulla spalla.
"Ehi, ehi, sfregiato! Lascialo che me lo contagi!" disse ironicamente Hanamichi, tanto per farlo arrabbiare.
"Cosa vai dicendo, scimmia rossa? Io non contagio proprio nessuno... non crederai di avere il monopolio su di lui, vero? Io e te siamo amici, no?!" gli chiese.
Hanamichi rimase un momento perplesso e rispose: "Sì, ma non vedo come questo possa c'entrare qualcosa..."
"Semplice" rispose il ragazzo più grande con un sorriso furbo, "per la proprietà transitiva, i tuoi amici, da adesso, sono anche i miei amici!" disse serio, sorridendogli come se avesse detto chissà quale grande verità assoluta e inconfutabile.
Hanamichi stette per un momento zitto, come se stesse ponderando come plausibile quella risposta, ma la risata che Ayako non era più riuscita a trattenere, nell'osservare quella piccola scenetta, gli fece storcere il naso e imbarazzare non poco per aver fatto la figura del fesso ragazzino di provincia.
Guardò bieco Yohei, anche lui in procinto di farsi beffe del rosso e si limitò a minacciarlo: "Provaci e poi ti dovranno riportare a Kanagawa in barella!"
Mito lo guardò cercando di non ridere e annuendo con la testa: non era sicuro di riuscire a controllarsi se avesse aperto bocca per rispondere.
Poi Hanamichi tornò a portare la sua attenzione su Mitsui e domandò: "A ogni modo, cosa ci fai qui? Dov'è la tua dolce metà?"
Hisashi gli fece cenno alle proprie spalle: "Sono venuto appunto a prenderlo perché abbiamo un appuntamento, stava giocando con tuo cugino" lo informò e Hanamichi sentì qualcosa di strano smuoversi nel suo stomaco.
"Ah..." fu l'unico commento.
I tre ragazzi lo guardarono confusi per quel repentino cambio d'espressione. Chissà cosa aveva pensato in quel momento?
La voce allegra di Sendo attirò l'attenzione su di sé, mentre scendeva le scale, facendoli voltare tutti: "Ehi! Mito! Sei davvero tu?"
Fu il suo ragazzo a rispondere: "È venuto a trovare Hanamichi, in fondo domani c'è la festa... ti trattieni, vero?" si rivolse a Yoehi che annuì.
"Sì... partirò direttamente lunedì" li informò.
"Akira, che hai fatto ai capelli?" domandò Ayako, sfiorandogli la testa e sentendoli umidi.
"Oh, beh, non potevo andare al mio appuntamento galante dopo aver corso avanti e indietro per tutto il campo senza essermi prima fatto una doccia!" sorrise, storcendo la bocca all'idea di una simile prospettiva, poi, con fare saccente, continuò: "Ah, per la cronaca, tuo fratello deve essere un masochista e un dittatore, non mi faceva respirare!" disse con rimprovero alla ragazza.
"Ho chiesto allora il permesso di usare il vostro bagno... mi ero appunto portato dietro il cambio!" ammise candidamente.
"Ti sei organizzato bene!" sottolineò la riccia, guardandolo maliziosamente.
Akira strinse Mitsui per la vita, abbracciandolo: "Sai com'è... per Hisashi questo e altro" lo guardò con un sorriso e l'interpellato gli baciò le labbra.
"Oooh per favore, smettetela... siete in un luogo pubblico!" li rimproverò Hanamichi a disagio, arrossendo per loro e voltando lo sguardo dall'altra parte.
"Oh, Hana, ma noi non ci imbarazziamo!" dissero in coro, senza esserselo preparato. Hanamichi arcuò un sopracciglio scettico e, mordendosi un labbro, farfugliò a bassa voce: "Ma io non mi riferivo a voi..."
In realtà, oltre a essere quello il problema, Hanamichi era invidioso dei due, adesso più di quanto non lo fosse prima. Considerare che anche lui poteva avere qualcuno con il quale essere così in sintonia e non poterlo fare, lo rendeva triste
"Andiamo, Yohei, ho bisogno di una doccia rigenerante dopo la nostra giornata e poi tutti questi cuoricini svolazzanti" prese in giro i due amici, "mi faranno venire il prurito" disse, muovendo per aria la mano scacciando via gli immaginari cuoricini volanti.
Ayako scoppiò a ridere e Yohei con lei: "Hana, comincia ad andare avanti, io resto qui a chiacchierare con Ayako, tanto, anche se ti seguissi, dovremo usare la doccia uno per volta" sorrise, facendogli l'occhiolino.
Hanamichi, con occhi stralunati per quell'appunto, lo riprese sconvolto: "Yohei! Non ti fare traviare anche tu da questi due, sai! Lo dicevo io che eravate infettivi!" ripeté, scappando prima che Mitsui potesse rincorrerlo per fargli rimangiare tutto quello che aveva detto.
Se non fosse stato per Akira che aveva aumentato la presa su di lui, sarebbe anche riuscito a prenderlo.
"Fermo Hisashi... stava scherzando e noi l'abbiamo provocato" lo costrinse ad ammettere il castano, guardandolo fisso negli occhi.
"Beh, forse un po', ma lui è solo geloso, ecco!" decretò.
Akira sorrise, baciandogli una guancia e Mito si intromise nel discorso: "Sì, lo è... e, anche se non dovrei farlo, abbiamo un problema!" esordì con aria grave, concentrando su di sé l'attenzione dei tre presenti. "E non è un problema come quello precedente, la faccenda è seria! E mi serve il vostro aiuto!" disse, guardandoli uno per volta.
I due ragazzi annuirono e Ayako chiese: "C'entra con Kaede, vero? Ha a che fare con quello che ho percepito nell'aria in casa e a scuola in quest'ultimo periodo?"
"Sì... non voglio scendere nei dettagli, però voi fidatevi! E sappiate che dobbiamo approfittare di questa festa per fargli fare pace. Come ho già detto ad Hana, è una cosa che va risolta adesso e subito! Io sono quasi riuscito a convincere Hanamichi, ma mi serve qualcuno che dia una spintarella a Rukawa e per questo ho pensato di chiedere a voi" disse guardando i due giocatori.
"Va bene, se hai già un piano dicci solo cosa dobbiamo fare e ti aiuteremo. Sono stufo di vedere Kaede così depresso e ancora più musone. Anche a basket mi sfianca ogni volta e il suo gioco non mi piace per niente. Non mi lamento per lo sforzo dovuto all'attività fisica, ma parlo proprio in termini psicologici" disse Akira che ormai conosceva bene il suo amico e la sua tecnica sul campo tanto da sapere come si sentisse solamente osservandolo giocare.

***

"Ehi, ce l'avete fatta!" Ayako vestita con un elegante kimono, salutò con la mano i due amici che erano finalmente riusciti a raggiungerli alla festa per l'Equinozio d'Autunno. I tre cugini più Mito si erano dati appuntamento con i due vicino a un tempio poco distante da casa per fare una passeggiata tra le bancarelle.
"Anche quest'anno c'è poco da vedere, vero?" osservò Akira, guardandosi intorno.
"Già, ma in fondo il bello della festa si vedrà solo più tardi... questa per noi è solo una copertura" disse la riccia, facendo loro l'occhiolino.
"Sì... vedo che sei riuscita a convincerlo" disse Mitsui, sorridendo lievemente, nel notare la presenza di Rukawa che, fermo con Hanamichi e Mito, a poca distanza da loro, li osservava avvicinarsi.
"Inizialmente mi aveva detto di no, ma poi sono riuscita a convincerlo... ma adesso silenzio, non voglio che si indisponga!"
"Più di così?!" osservò scettica la guardia: l'espressione del viso di Rukawa non prometteva niente di buono, era lì con loro, ma si capiva che avrebbe avuto di meglio da fare.
Quando raggiunsero il resto del gruppo, insieme fecero un giro intorno al tempio, fermandosi anche a fare una preghiera, prima di decidersi a tornare alla villa Kuroda dove si sarebbero fermati in giardino a guardare la luna e, forse, in quell'atmosfera calma e tranquilla anche gli animi di due ragazzi in particolare, sarebbero stati più rilassati e aperti al dialogo.
Il piano di Mito consisteva nel convincere Rukawa e Sakuragi a parlare e chiarire una volta per tutte le questioni lasciate in sospeso. Hanamichi stesso non era stato avvisato dall'amico delle sue intenzioni, voleva che fosse naturale con Rukawa, per quanto possibile, e non doveva essersi preparato nessun discorso, non doveva più pensare a niente, ma solo essere se stesso.
Anche Miyako, sebbene all'oscuro di tutta la faccenda, convinta che quella fosse solo una semplice riunione tra amici, in qualche modo aveva contribuito alla perfetta riuscita del piano creando l'atmosfera: aveva preparato il giardino con delle vecchie coperte disposte sul prato e dei lumini elettrici per decorare la casa, come da tradizione.
Hanamichi aveva subito preso per sé una coperta stesa proprio al centro del giardino e aveva cominciato a rimirare il cielo. Mito, come da copione, si era seduto accanto a lui ed erano rimasti per un po' in silenzio: di tanto in tanto, Hanamichi, a bassa voce, gli diceva qualcosa all'orecchio e insieme ridacchiavano. Nessun tipo di preoccupazione sembrava sfiorare Sakuragi in quel momento, troppo preso a osservare quello spettacolo che ammirava alto nel cielo con la signora della notte che si mostrava loro in tutta la sua bellezza: un plenilunio perfetto!
Niente pareva riuscire a distruggere la quiete che albergava nel giardino dei Kuroda: Ayako stava seduta su una sedia a sdraio, insieme alla madre, che aveva posato sulle loro gambe una coperta leggera, per difendersi dal leggero venticello di fine mese, e avevano entrambe lo sguardo fisso verso il cielo alla ricerca delle stelle, intente forse ad intravvedere qualche costellazione.
Il capofamiglia osservava anche lui la volta celeste, ma dalla finestra del proprio studio, facendo una pausa dal lavoro.
Rukawa, invece, anziché osservare il cielo, stava fissando il suo sguardo blu sulle due figure sedute vicine e che si trovavano proprio in linea dritta con la sua posizione.
Quando Hanamichi si volgeva verso l'amico a parlargli, Kaede poteva intravvedere il suo sorriso bello e dolce e provava una punta di gelosia e di fastidio, perché l'ultima volta che lui aveva potuto avere il suo viso così vicino, era stato capace solo di farlo piangere.
Certo, Hanamichi non l'aveva fatto davanti a lui, si era trattenuto, ma quegli occhi non erano riusciti a mentire né a mantenere il distacco necessario affinché lui non se ne accorgesse.
"Bello, vero?"
Una voce bassa parlò alle sue spalle e il moro impercettibilmente sussultò.
"Sì, un vero spettacolo... è sempre bellissima!"
Un'altra voce, sempre dietro di lui, ma da un'altra angolazione.
Kaede si voltò appena e, con la coda dell'occhio, vide alla sua destra Sendo e alla sua sinistra Mitsui.
Cosa diavolo stavano facendo?
"Nh?" chiese, sollevando un sopracciglio.
"Oh, Kaede, non ti avevamo visto!" fece fintamente sorpreso Mitsui, sorridendogli.
"Che volete?" chiese il moro.
"Niente!" rispose Sendo. "Perché sei così sospettoso?"
"Tzè!" Rukawa non era proprio dell'umore e, sbuffando, fece per andarsene e rientrare in casa: tanto non aveva nulla da fare lì fuori, si stava solo innervosendo.
I due ragazzi si guardarono preoccupati e lo fermarono: uno gli bloccò la strada e l'altro lo afferrò per un braccio. Rukawa guardò prima Akira davanti a sé, poi Mitsui che gli stringeva il polso, questi lo lasciò andare e sorrise, scusandosi.
"Ehm... Kaede, aspetta!" parlò Sendo, forse era meglio fosse lui a spiegare.
"Ci dispiace, non volevamo prenderti in giro, senti... noi siamo un po' preoccupati, per te..." disse.
"E Hanamichi..." aggiunse Mitsui. "Vi abbiamo visti strani ultimamente e... ci dispiace!"
"Sono sicuro che la cosa non è così grave... se provaste a parlare..."
"Lui non vuole parlare con me!" si sbottonò Rukawa.
I due ragazzi si sorrisero: era già qualcosa. Aveva risposto, ma più di tutto era stato quello che aveva detto che era piaciuto loro.
Sendo vide Mito alzarsi e fare cenno ad Hanamichi di aspettarlo: quello era il segnale! Rukawa ancora lo guardava, come se stesse aspettando il permesso di andarsene e Akira provò: "Perché... perché non provi ancora, oggi... adesso per esempio..." fece vago e prese Rukawa per le spalle, facendolo voltare, di modo che osservasse nuovamente davanti a sé.
"Guarda!" disse Mitsui. "Adesso è da solo... male che vada, la situazione non migliorerà e potrete tornare a ignorarvi e... e tu potrai lanciarci tutte le occhiate di ghiaccio che preferisci!" gli disse, cercando di rabbonirlo.
Rukawa sospirò ancora incerto.
Sendo, allora, gli mise in mano un sacchetto di carta e lo spinse in avanti, facendogli muovere qualche passo.
Rukawa lo fulminò con lo sguardo, ma distolse da lui la sua attenzione per concentrarla su Sakuragi che, con il busto leggermente sbilanciato all'indietro e le mani sul prato a fare da sostegno, osservava tranquillo il cielo.
"Male che vada, la situazione non migliorerà e potrete tornare a ignorarvi."
Se non altro, si disse, avrebbe saputo con chi prendersela.
Si avvicinò silenzioso ad Hanamichi e fece comparire da sopra la testa di Sakuragi il sacchetto, contenente neanche lui sapeva che cosa, facendolo vedere al rosso.
Questi, sorrise e disse: "Oh, Yo che cos..." s'interruppe, quando, volandosi, non fu Yohei che vide, ma...
"Kaede..." sussurrò.
"Nh... posso sedermi?" gli chiese il moro e Hanamichi annuì, mettendosi dritto e composto.
Passarono qualche minuto in silenzio: Rukawa a guardare il cielo e Hanamichi con la testa bassa giocherellava con i fili d'erba tra le sue gambe.
"Mi dispiace!" dissero insieme.
Hanamichi ridacchiò in imbarazzo, voltandosi a guardare il viso del moro.
Rukawa ricambiò lo sguardo, ma senza sorridere.
"Non lo apri?" chiese, riferendosi al pacchetto abbandonato tra loro.
Hanamichi lo scartò e tirò fuori due involtini dolci che avevano la forma di un coniglio*. Sakuragi sorrise, trovandoli molto carini e ne diede uno a Rukawa, mentre gli chiedeva: "Dove li hai presi?"
'Me li ha dati Sendo!' Di certo, non poteva rispondergli così, per cui mentì in modo innocente: "Mh, prima alla festa, c'era una bancarella che li vendeva."
"Sono carini, è quasi un peccato mangiarli!" disse, mordendo, però, piano la figura.
Rukawa diede a sua volta un morso al dolce, ancora un po' caldo, poi parlò: "Mi dispiace... per quello che è successo in palestra. Io non intendevo dire quello che ho detto... ero arrabbiato e sapevo che tirando fuori certi argomenti avrei colpito nel segno..." spiegò, voleva aggiungere ancora qualcosa, ma Hanamichi lo precedette.
"Anche io, anche io sapevo che era sbagliato. Ti ho rinfacciato delle colpe che non ti appartengono e non credevo davvero a quello che dicevo, non è colpa tua se... se tua madre ti ha abbandonato. Lei è stata egoista, non ci sono scusanti per quello che ha fatto, se era abbastanza 'responsabile' nel momento in cui si è messa con tuo padre decidendo di avere una famiglia, doveva esserlo anche per continuare su quella strada che aveva deciso di intraprendere a parole, anche con i fatti" concluse.
"E tuo padre non è morto per colpa tua... è stato un incidente, so che, anche se tu fossi stato lì con lui, non avresti potuto fare niente."
"Lo so" pigolò Sakuragi.
"La colpa è dei tuoi parenti, sono loro i primi responsabili di questa situazione. Se avessero voluto bene a tuo padre, anche solo la metà di quel che affermano, avrebbero di certo capito quello che tu e tua madre rappresentavate per lui e vi avrebbero accolto in famiglia... evitandogli preoccupazioni inutili" gli disse.
Hanamichi sorrise semplicemente e Rukawa concluse quello per cui ancora gli premeva scusarsi.
"E mi dispiace anche per la storia dell'Akagi... forse ho esagerato!" ammise e qui, se Hanamichi gli avesse chiesto spiegazioni, sapeva che avrebbe dovuto parlare chiaro e confessare quei sentimenti che aveva a lungo trattenuto e cercato di ignorare.
"Ah sì... perché l'hai fatto?" chiese, infatti, il rosso. Era da tanto che voleva sapere, da solo non era riuscito a rispondersi o meglio, aveva fatto tante supposizioni, una più improbabile dell'altra secondo lui, non riuscendo a venirne a capo.
"Non ci arrivi, doaho?" disse Rukawa, guardandolo fisso.
"Io... io te l'ho detto... ho pensato che fossi geloso di me per il fatto che Haruko adesso si fosse interessata a me e mi aiutasse nel basket... non l'ho detto tanto per dire, io non capisco!" ammise, guardandolo dubbioso.
"Doaho, io ero geloso di lei perché poteva stare con te e tu sembravi prendere sempre le sue difese. Non stavo mentendo quando ti ho detto che ci stavi provando, quello lo pensavo davvero!" ammise a sua volta.
Tanto ormai, con quel doaho pasticcione che si ritrovava come cugino acquisito e di cui si era innamorato, aveva capito che doveva sprecare qualche parola in più.
"E, giusto per essere chiari, all'inizio ero geloso anche di Sendo e del gruppo: perché dovevi andare d'accordo con tutti tranne che con me?" domandò, spiegando a Sakuragi quelli che per tanto tempo erano stati i propri pensieri.
Hanamichi strabuzzò gli occhi: "Aspetta... aspetta un secondo! Tu eri geloso di me... perché andavo d'accordo con loro? Io pensavo che..." si interruppe.
"Cosa?" decise di chiedere Rukawa, voleva proprio sapere cosa diavolo era andato a pensare!
"Niente!" mentì Hanamichi.
"Parla adesso, doaho o taci per sempre!" gli disse.
Stavano chiarendo e dovevano togliersi ogni dubbio, non voleva ricominciare tutto da capo solo perché lui, che stava sempre a parlare, diventava improvvisamente muto per paura di scoprirsi.
"Ecco io... avevo frainteso... ehm... all'inizio... ricordi quando ho conosciuto i tuoi amici e mi hai detto che non dovevo intromettermi nel basket... durante gli allenamenti e gli scontri..." tergiversò, senza guardarlo, fissandosi le dita che torturava imbarazzato, cercando di spiegare dove fosse il problema.
"Sì, e allora? Non ci vedo nulla che potesse essere frainte..." ma lui stesso si fermò, quando rifletté meglio sulle proprie parole.
"Per il futuro, è bene che tu sappia che niente e nessuno si deve intromettere tra me e il basket. Soprattutto se sto disputando un incontro con Sendo."
Non poteva essere come stava pensando: Sakuragi non poteva aver capito che intendesse che fra lui e Sendo ci fosse qualcosa di più. Eppure, la faccia di Hanamichi, il quale si era reso conto che Rukawa era arrivato alla sua stessa interpretazione dei fatti, non lasciava adito a dubbi.
"Doaho!!" ringhiò, alzando una mano e dandogli un piccolo scappellotto sulla nuca.
"Senti!" sbottò Hanamichi arrossendo e portandosi le mani dietro la testa, ma senza lamentarsi. "Che dovevo pensare, scusa? Tu hai detto che non volevi essere disturbato quando stavi solo con Sendo, secondo te cosa significa?"
"Innanzitutto io non ho detto questo e poi, significava che Sendo, al momento, è più bravo di me sul campo e io quando mi scontro con lui in quel frangente do' tutto me stesso per cercare di batterlo e superarlo. Perciò, se ogni volta qualcuno viene a interrompere la partita, non potremo mai disputare un vero incontro e sapere se sono migliorato o meno. Battere lui, per me, è l'ultimo pezzo del puzzle che manca affinché io possa dire di essere pronto da qui a partire in America. Io intendevo che nessuno deve disturbarmi in senso agonistico, doaho dei doaho, non di certo in senso romantico!" lo rimproverò.
Hanamichi voleva ribattere qualcosa, ma non riuscì, troppo sollevato dal sentire quella risposta e dandosi anche lui dell'idiota per essersi fatto dei lunghi viaggi inutili pensando che Rukawa potesse essere interessato a Sendo, quando invece tra loro vi era solo un forte legame di amicizia e rivalità sportiva, nient'altro.
Kaede lo osservò riflettere e aggiunse, forse più per se stesso che a beneficio del rosso: "… per non parlare, poi, di quando ti sei riunito al paese con i tuoi amici..."
In quella circostanza, in effetti, si rendeva conto anche lui di aver toccato il fondo e aveva, finalmente, compreso appieno cosa rappresentasse per lui Hanamichi.
"Cosa?!" chiese Hanamichi incredulo.
Non poteva essere! Non poteva essere geloso anche dei suoi amici di Kanagawa: perché, in quel caso, si erano davvero fatti del male per niente allora!
"Non lo ripeterò, sappilo!" lo ammonì Rukawa e Hanamichi scosse il capo.
Poi, dopo aver realizzato ed essersi concessi altri istanti di silenzio, Hanamichi prese la parola: "Io avevo visto che Haruko ti infastidiva, ma non capivo in che modo e mi sono dato quella risposta e... ammetto che alle volte sono stato esagerato con lei, perché volevo farti un dispetto..." confessò e Rukawa lo guardò con rimprovero.
"Lo so... non è stato un buon comportamento il mio, ma... tra me e te c'era quella strana tensione e non riuscivo a gestirla... è stata tutta colpa di quello stupido bacio!" disse e si accorse di aver tirato in ballo l'argomento, solo dopo aver ascoltato la propria voce pronunciare quell'affermazione.
Rukawa sospirò, sapeva che sarebbero arrivati anche a quello e sapeva che Hanamichi non era pronto: non era pronto a rivivere quei momenti, perché era ancora molto confuso. Lui stesso, prima, nel suo discorso l'aveva solo sfiorato per poi centrare il problema: la famiglia.
Doveva essere questo che impediva ad Hanamichi di lasciarsi andare completamente: per quanto lo volesse, per quanto probabilmente fosse forte quello che sentiva nei suoi confronti, si sentiva in debito con gli zii e con la propria madre che per lui stava facendo enormi sacrifici. Poteva riuscire a capirlo, ma non accettarlo, perché anche lui ,per quanto volesse bene alla propria famiglia, aveva dei doveri anche nei confronti di se stesso e del proprio cuore: per una volta voleva frapporre la sua felicità a tutto. Al di là del basket, al di là di se stesso.
E questo voleva dire che doveva frapporre Hanamichi per primo e la sua felicità: costringerlo a stare con lui e poi sapere che si sentiva sempre in colpa per quel loro rapporto non gli piaceva per niente.
"Facciamo finta che non sia mai esistito..." parlò prima di ragionare oltre. "Releghiamo il tutto come ad una serata fra amici finita in modo un po' fuori dalle righe... eravamo leggermente alticci e non eravamo in noi..." disse guardando Hanamichi che lo fissava a sua volta a bocca aperta.
"Sei sicuro? Voglio dire, facciamo tutto come se... come se non ci fosse stato?"
"Sì, la cosa ti imbarazza e io non posso costringerti a fare qualcosa che non vuoi; io aspetterò, Hanamichi! Quel bacio io l'ho voluto, non posso negarlo, ma se tu stai male allora non ha senso parlarne e finché non mi dirai cosa vuoi, aspetterò."
Sakuragi rise e, più sollevato perché, finalmente, le cose parevano essersi sistemate almeno in parte e loro erano riusciti a capirsi, disse: "Mmm non mi sembri proprio un tipo paziente, volpe, non lo sei mai stato! Me lo ricordo bene: da piccolo, i nostri litigi nascevano per lo più perché perdevi la pazienza con me" lo prese in giro.
Rukawa non si scompose e replicò: "Nh... per ciò a cui tengo veramente lo sono anche tanto!"
E, in effetti, non aveva fretta, sapeva che Hanamichi aveva bisogno di tempo. Adesso che gli aveva fatto capire cosa provasse per lui e chiarito quali fossero le sue intenzioni, doveva solo dargli modo di realizzare bene la cosa e decidere come far proseguire le loro vite. Notò la faccia sinceramente sorpresa e un po' rossa di Sakuragi, il quale non si aspettava proprio di sentigli dire una cosa del genere, e chiese ancora: "Ma una cosa almeno me la devi..."
Hanamichi annuì e Rukawa lo guardò fisso: "Smetti di fare il cretino e l'idiota con la sorella del nostro ex capitano!"
Hanamichi, a quella richiesta, scoppiò a ridere: "Oddio, Rukawa... ti rendi conto che hai usato un'intera perifrasi per non dire il suo nome? Sei fenomenale!" gli disse, tenendosi a lui, posandogli il braccio sulla spalla e ridendo forte, facendo voltare verso di loro tutti i presenti, lasciando sui loro visi dei sorrisi soddisfatti e finalmente sollevati.
Ayako sola poté udire, poi, il sospirò di sollievo della madre che, guardandoli, sussurrò: "Meno male..."

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