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"Grazie di tutto, Yohei..." disse Hanamichi, mentre salutava il suo migliore amico in partenza.
A pochi passi da loro, Rukawa stava poggiato con le spalle contro un pilastro di marmo e li osservava parlare. Insieme ad Hanamichi era andato ad accompagnare Mito in stazione. I tre avevano preso la metro prestissimo, così da non fare ulteriori assenze a scuola come, invece, avrebbe fatto Mito.
"Non so davvero come sarebbe andata a finire se tu non mi avessi aiutato. Certo, però, che potevi dirmelo che ti eri messo d'accordo contro di noi con quegli altri due" disse, guardandolo storto e riferendosi a Mitsui e Sendo.
"Ahahah come no, Hana! E tu saresti stato anche d'accordo magari o, addirittura, avresti fatto tu il primo passo?" lo guardò con rimprovero. "Lo so che ti saresti imparanoiato ancora di più... così invece è stato tutto più naturale e, alla fine, l'importante è che si sia risolto tutto. Avete fatto preoccupare parecchie persone, Hana. I vostri amici e la vostra stessa famiglia vi vogliono molto bene, cercate di non creare guai per un po', intesi? Altrimenti..." aggiunse ridendo, "… alla fine mi dovrai rimborsare tutti questi viaggi!" concluse, dandogli un leggero pugno sulla spalla.
"Sì come no, molto divertente e io che pensavo, scioccamente, che tu lo facessi in nome della nostra amicizia e perché tieni a me... povero illuso!" rispose ironico ma guardandolo con un sorriso.
La voce dell'altoparlante della stazione stava annunciando ai passeggeri di allontanarsi dalla banchina a causa del treno in avvicinamento.
"Bene, io devo andare, Hana!" disse Yohei, abbracciando l'amico e guardando oltre le sue spalle.
Ridacchiò: "Ops, forse è meglio che mi stacchi!"
Hanamichi sciolse l'abbraccio e lo guardò confuso, Mito spiegò: "Ho paura degli artigli di volpe, pensi che siano letali?" gli domandò tra il serio e lo scherzo.
Sakuragi si voltò un attimo, seguendo la direzione dello sguardo dell'amico, e vide che Rukawa li osservava: aveva una strana espressione in viso, come se fosse infastidito da qualcosa e, in particolare, il suo sguardo serissimo era indirizzato a Mito.
"Ero geloso anche di Sendo e del gruppo... per non parlare, poi, di quando ti sei riunito al paese con i tuoi amici..."
Hanamichi ricordava perfettamente quello che Rukawa gli aveva confessato la sera prima e arrossì, guardando il moro di traverso, tanto che questi sbuffò e voltò il viso dall'altra parte.
"Lascia perdere quella stupida volpe, Yohei, non sa quello che fa'!"
"Io dico che lo sa perfettamente..." sorrise, "mi raccomando, Hana, non farlo aspettare troppo!" gli disse e Hanamichi, sebbene un poco in imbarazzo, annuì con la testa.
Sapeva benissimo anche lui che non poteva rimandare in eterno, ma, dopo quello che si erano detti con Kaede e quello che, credeva di aver capito, doveva ancora pensare e assorbire il tutto: non voleva far soffrire nessuno.
"Buon viaggio, amico!" lo salutò Hanamichi, mentre il moro saliva sul treno e si rivolgeva a Rukawa, avvicinatosi per salutarlo, ringraziando anche lui per averlo accompagnato.
"Grazie dell'ospitalità, Rukawa, salutate tutti da parte mia!" sorrise loro e andò a prendere posto, pronto a fare ritorno a casa.
***
"Hanamichi, sei tornato!" la voce di Haruko riecheggiò, forte e gioiosa, dall'altra parte della stanza, dove i ragazzi del club si stavano cambiando per poter cominciare l'allenamento pomeridiano.
Il rosso era rimasto sulla porta, indeciso se entrare o meno in spogliatoio e come affrontare con loro il discorso della sua riammissione in squadra: non era mancato neanche una settimana, eppure si sentiva a disagio, avrebbe voluto fare tutto in sordina, andare dal capitano, tentare di scusarsi e far finta di niente, ma Haruko, che a sua volta era uscita proprio in quel momento dal magazzino degli attrezzi spingendo la cesta con i palloni, non era stata affatto discreta.
E così, mentre Hanamichi arrossiva colto in flagrante, la porta dello spogliatoio si era aperta e varie teste erano sbucate fuori per vedere cosa avesse fatto urlare tanto la ragazza.
"Ehm... ragazzi..." salutò Hanamichi, mentre entrava nello spogliatoio e si chiudeva la porta alle spalle.
Immediatamente, Miyagi prese una leggera rincorsa e salito in piedi sulla panca, per raggiungere la sua altezza, gli diede uno scappellotto sulla testa.
"Ahi, nano! Ma che ti dice il cervello?" sbottò Sakuragi, portandosi una mano alla nuca, guardandolo torvo.
"Che ti dice il tuo? Come puoi scomparire così senza avvertire, temevo che non saresti più tornato! Non ti permettere mai più! E prima di fare qualsiasi mossa azzardata, devi parlarne con me... sono il tuo capitano, ti posso aiutare!" gli disse accorato. "Che figura ci faccio io altrimenti!"
"Eh?!" Hanamichi era sbalordito e un compagno di squadra spiegò.
"Pensavamo che volessi lasciare il club, Sakuragi. Il signor Anzai è stato così misterioso che temevamo il peggio" spiegò e Mitsui, da lontano, aggiunse. "Il povero Ryota stava entrando in depressione, gli hai fatto credere che non valesse nulla come capitano."
"Ehi, tu, Mitsui, piantala, non è vero!" disse imbarazzato il capitano in questione. "Io ero solo preoccupato per il futuro della squadra, adesso che Akagi non c'è, uno come Hanamichi, con la sua forza e potenza, ci serve. Non sarà ancora bravo, ma ha del potenziale e saremo persi senza di lui sotto canestro!"
In quel modo, Miyagi voleva uscire intero e a testa alta, dopo la veritiera spiegazione che la guardia aveva dato, ma questo non fece altro che far ingigantire l'ego, già smisurato di suo, del rosso.
"Senti senti, ripetilo ancora!" disse, infatti, avvicinandosi a lui e mettendo una mano a mo' di cono vicino all'orecchio. "Hai forse ammesso pubblicamente -e ho i testimoni- che senza il Tensai sareste persi? Lo sapevo io che era così! Ne ero certo!" si esaltò, raggiungendo il proprio armadietto e cominciando a ridere di gusto.
Il piccolo playmaker mosse la bocca sconvolto, senza riuscire a emettere suono: che aveva combinato?
A riportare l'ordine in palestra, in seguito al chiasso che si era venuto a creare, fu Rukawa che, una volta finito di cambiarsi, aveva risolto tutta la faccenda con un: "Doaho" sussurrato, mentre passava alle spalle di Hanamichi che si azzittì subito. Lo guardò allontanarsi e poco prima che uscisse, gli rispose per le rime: "Baka kitsune!" mentre si voltava e un leggero sorriso di ringraziamento gli incurvava le labbra.
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Dopo aver lasciato Mito e aver visto il suo treno partire, Hanamichi e Kaede erano usciti dalla stazione per far ritorno a casa e prepararsi per la scuola. Forse non ce l'avrebbero fatta ad arrivare in tempo, ma potevano entrare alla seconda ora.
Stavano seduti uno di fianco all'altro sulla metro e restavano in silenzio, ma non era carico d'imbarazzo o tensione: entrambi non sentivano alcun peso sulle spalle. Silenzio che fu interrotto poco dopo da Rukawa che chiese: "Cosa intendi fare?"
Hanamichi lo guardò dubbioso.
"Con il club, doaho... Anzai ha detto che ti saresti preso una pausa per motivi personali, ma... adesso i tuoi motivi personali dovrebbero essere stati risolti, quindi..." lasciò in sospeso.
Hanamichi distolse lo sguardo e si morse indeciso l'interno del labbro inferiore: il cugino aveva ragione, adesso che tra loro tutto era stato chiarito non avrebbe avuto problemi a frequentare il club per paura di dargli fastidio o invadere i suoi spazi.
"Sì... forse dovrei parlargli... mi aveva dato una settimana di tempo per pensarci... e non è ancora finita..." disse titubante.
"Stai pensando seriamente di abbandonare?" domandò il moro, dalla sua risposta sembrava indeciso e che volesse ancora del tempo.
"No... in realtà mi è dispiaciuto andarmene, senza avvisare poi... non è nel mio stile, ma..."
"Ho capito..." lo interruppe Kaede e non ebbe bisogno che aggiungesse altro, perché aveva compreso. "Se è a causa mia che esiti, a me non spiace che torni, hai lavorato tanto e lo sport ti piace e si vede, non vedo perché mollare adesso... poi fai come vuoi!" gli disse, per non sbilanciarsi troppo.
"Mh..." replicò Hanamichi pensieroso e non poté più aggiungere altro, perché la metro si era fermata avvisandoli che erano arrivati alla loro fermata.
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"Oh oh oh ragazzo mio, vedo che sei tornato e hai deciso di restare con noi, ne sono felice!" disse il mister, accogliendo nuovamente Hanamichi sotto la sua ala protettrice.
Il rosso gli sorrise, ringraziandolo con un breve inchino, prima di raggiungere gli altri e iniziare il riscaldamento.
"Ayako..."
"Sì, mister?"
"Oggi Hanamichi seguirà con gli altri l'allenamento, ma assicurati che, a casa, continui a esercitarsi e non scordi i fondamentali, almeno per qualche tempo."
La riccia sorrise: "Sì, signore!"
Guardò i giocatori correre per il campo, soffermandosi sul cugino che era finalmente tornato a essere il ragazzo solare di sempre: quella sarebbe stata la sua ricompensa, d'ora in avanti avrebbe avuto delle nuove responsabilità come parte integrante del club, niente più colpi di testa, niente genialate, solo impegno e costanza. Ayako sapeva che, se si fosse impegnato, sarebbe riuscito anche a entrare a far parte della squadra come titolare.
L'allenamento di quel giorno, per Hanamichi, fu forse il migliore tra tutti quelli a cui aveva preso parte: non era stato relegato in un angolo da solo a fare i fondamentali, ma aveva toccato con mano in cosa consistessero gli esercizi di gruppo o a coppia o anche solo la pratica nell'eseguire i tiri, cosa che aveva già sperimentato in privato, a casa, con Rukawa. Ma dimostrare a tutta la squadra quello che aveva appreso e imparare dai propri errori mettendo in pratica i consigli dei compagni, era qualcosa che lo esaltava e gli dava ancora più carica. A fine serata, Rukawa e Hanamichi, che aveva ripreso il turno della vecchia punizione, rimasero soli in palestra a finire di pulire: quel giorno per loro era l'ultimo da dedicare a quei lavori forzati ed entrambi furono più che felici di questo.
Avevano appena finito di pulire e stavano andando a cambiarsi, quando Haruko era comparsa in palestra, dopo aver finito di svolgere i suoi compiti di manager e compilare il verbale e aveva visto Hanamichi sulla soglia dello spogliatoio.
"Sakuragi!!" lo chiamò contenta.
Hanamichi si voltò verso di lei sorridendole, mentre Rukawa le lanciava uno sguardo indecifrabile e precedeva il cugino: tanto sapeva benissimo cosa la ragazza volesse dal rosso e, purtroppo per lui, sapeva anche come sarebbe andata a finire.
Si infilò sotto la doccia e vi rimase per un bel po', cullandosi sotto il gettito caldo dell'acqua per riprendersi dalla fatica dell'allenamento e di quell'ultimo giorno di pulizia. Con calma, si massaggiò le spalle, lasciando passare la spugna morbida sulle braccia e sul petto, scendendo sulla coscia e sui muscoli delle gambe. Si insaponò i capelli e poi risciacquò accuratamente: l'acqua scendeva sul suo corpo come pioggia delicata, portandosi via la schiuma bianca e profumata, il cui aroma si espandeva nell'aria e creava una calda condensa all'interno del piccolo bagno con i box. Prima di uscire e asciugarsi, il moro alzò la testa verso l'altro, esponendo il volto al massaggio delicato dell'acqua, poi chiuse la manopola del miscelatore e uscì dalla doccia indossando un accappatoio di spugna morbido, tamponandosi i capelli con il cappuccio dirigendosi al suo armadietto.
"Insomma... quanto ci hai messo? Stavo per venire a recuperati, pensavo ti fossi addormentato là dentro!" una voce allegra e dal tono leggermente ironico lo fece sussultare.
Credeva di essere da solo, invece Hanamichi era seduto sulla panca, con indosso la divisa e sembrava stare aspettando proprio lui.
"Che ci fai qui, doaho?" chiese con tono leggermente rigido, mentre gli dava le spalle e apriva l'armadietto per prendere il cambio.
"Che modi sono, volpe maleducata!? Ti stavo aspettando per andare a casa!" disse, come se fosse ovvio e Rukawa lì per lì non comprese. Lo osservò dal riflesso del piccolo specchio attaccato allo sportello del suo armadietto e domandò ancora: "La Akagi?"
"Andata... le ho detto che d'ora in poi non posso accompagnarla a casa perché, adesso che ho ripreso con il club, sarò molto impegnato e non posso perdere tempo" spiegò.
Rukawa rimase molto colpito da quell'affermazione: forse Hanamichi non vi aveva fatto caso o per lui quello era stato un modo veloce per riassumergli il discorso fatto alla ragazza, ma era curioso di sapere se le avesse davvero detto che 'non aveva tempo da perdere' e, poi, avrebbe voluto vedere la faccia di lei a quelle parole.
"Mh..."
"Va bene?" chiese Hanamichi, osservando l'altro rivestirsi e infilarsi la biancheria, tenendo sempre indosso l'accappatoio.
"Cosa?" chiese il moro, non capiva davvero di cosa stesse parlando.
"Oh, Rukawa, dormi? Ho anteposto il basket a una semplice uscita con un'amica? Non mi dici niente? Certo che sei proprio smemorato" lo riprese, posando le mani sui fianchi, guardandolo come se dovesse capire tutto da un momento all'altro e fu, in effetti, così che accadde: Rukawa, subito, ricordò quello che lui stesso gli aveva detto.
"Ma una cosa almeno me la devi, smetti di fare il cretino e l'idiota con la sorella del nostro ex capitano!"
È vero, gliel'aveva chiesto, ma non pensava che arrivasse a tanto o lo prendesse così alla lettera: era felice. Se adesso l'avesse baciato, poi Hanamichi sarebbe riuscito a dimenticare anche quello? Se lo chiese davvero, seriamente dubbioso, prima di accantonare l'idea e finire di vestirsi in fretta per tornare a casa.
***
Miyako era rientrata prima da lavoro, quel pomeriggio aveva finito presto i suoi giri per conto dell'ufficio e poteva finalmente tornare a casa dai suoi 'bambini': era raro che smontasse così presto e aveva voglia di andare a mangiare fuori a cena, il marito era in viaggio di lavoro e lei voleva godersi tutti e tre i suoi figli. Se solo la sorella l'avesse sentita pensare in questi termini di Hanamichi sicuramente sarebbe andata su tutte le furie. Era molto gelosa del suo bambino e quando lei, scherzando, le chiedeva di fare a cambio con uno dei suoi, giusto per il gusto di sentirla indignarsi e rifiutare, la sorella le rispondeva sempre che non l'avrebbe scambiato per nulla al mondo. Ma quella di coccolarseli un po', sebbene fossero tutti e tre troppo cresciuti per quel genere di cose, era un'idea che le piaceva particolarmente. Miyako voleva festeggiare i primi cinque mesi di Hanamichi a Tokyo e di conseguenza, gli straordinari risultati che erano riusciti a raggiungere lui e Rukawa.
I primi tempi e anche fino a qualche mese prima, la stessa Miyako stava quasi per convincersi che l'idea della sorella non era stata poi tanto buona come avevano pensato. Vi erano stati dei problemi tra i due ragazzi e anche se, molto spesso, Hanamichi aveva cercato di non farglielo pesare e non darle pensieri inutili per qualche 'piccola scaramuccia con la volpe' come era solito minimizzare, Miyako sapeva che purtroppo le cose non andavano bene.
Invece, da un po' di tempo, in casa si respirava un'aria tranquilla e serena, in cui i due ragazzi, sì litigavano, ma erano piccole incomprensioni fraterne e la differenza con il passato si avvertiva.
"No... ma cosa stai facendo, corri, corri, corri... sì... no...ehi, quello era fallo!" non appena la donna entrò in casa, la voce di Hanamichi che inveiva contro la tv, la accolse.
Miyako sorrise, avvicinandosi silenziosa in soggiorno e fermandosi a osservare la scena. Come ultimamente accadeva spesso, ora che era cominciato il campionato di basket Americano*, i due cugini stavano seduti sul divano a guardare la partita del giorno nel mega schermo: Hanamichi, come di consueto, strepitava contro la squadra avversaria e di tanto in tanto saltellava impaziente sui cuscini, quasi volesse entrare lui stesso a giocare e Kaede , infastidito da tutto quel parlare, guardava di sbieco il cugino e, in seguito ai suoi sproloqui senza capo né coda, si ritrovava anche a dover placare il suo animo contestatore spiegandogli cosa ci fosse di giusto nell'esito dello scontro e il perché avessero agito così.
"Doaho, stai un po' fermo... non c'era nessun fallo! Nessuno ha toccato quel giocatore, è caduto da solo, perché ha preso poco slancio. A volte capita, soprattutto se gli avversari sono forti, hai poco tempo e devi riflettere entro una manciata di secondi! Agisci e basta e speri che vada bene!"
Sakuragi lo guardò sconvolto, come se avesse detto chissà quale terribile verità: "Kitsune, ma tu da che parte stai?" gli chiese.
"Mi sembra ovvio per quale squadra, doaho! E mi da fastidio se perde, così come lo è per te, ma non faccio tutto questo chiasso se sono nel torto!" gli disse, osservando il risultato alla fine del primo tempo. La sua squadra preferita stava perdendo, era ovvio che non gli facesse piacere e voleva che vincesse, ma di certo non sarebbe andato in escandescenza come il ragazzo che gli sedeva di fianco e tanto meno la situazione sarebbe cambiata se Hanamichi avesse continuato a urlare.
"Come sarebbe...!?" Hanamichi non poté concludere che Rukawa gli mise il palmo della mano sulla bocca, tappandogli, accidentalmente, il naso con due dita: almeno sarebbe stato un po' zitto, non ne poteva più!
"Ciao, mamma!" disse poi il moro, notando, oltre le spalle di Hanamichi, la figura della madre intenta a osservarli.
Il rosso si liberò della presa, guardando Rukawa sconvolto per averlo quasi soffocato e poi si voltò verso la zia. "Sei tornata presto!" le sorrise.
"Già... ragazzi, se vi va andiamo a mangiare fuori stasera... Kaede, è in diretta la partita?" gli chiese, sapendo quanto il moro ci tenesse a non perderne neanche una.
"Nh... sì, ma posso metterla a registrare, tanto è appena finito il primo tempo" spiegò, alzandosi e programmando il registratore dvd.
Miyako sorrise andando ad avvisare anche la figlia che avrebbero cenato fuori tutti insieme, congedando prima i domestici, regalando loro la serata libera.
***
"Buonanotte, Hana!" gli dissero in coro Ayako e la zia, mentre Rukawa si limitava a fargli un cenno della testa.
Il rosso sorrise alle due donne e giusto per non essere da meno, stuzzicò fino all'ultimo Rukawa augurandogli un buon riposo con il solito, gentile: "Sogni d'oro... baka kitsune!!" facendogli poi la linguaccia. Ayako si mise a ridere e la madre scosse la testa. Per tutta la sera, quei due non avevano fatto altro che punzecchiarsi in merito alla discussione sul basket che un cocciutissimo Hanamichi non voleva mollare non convinto dalle argomentazioni del cugino che, a suo dire, intendeva solo fregarlo perché lui non era ancora tanto esperto.
Da lì poi, erano passati alla loro personale rivalità sportiva, al club, alla scuola e agli amici: era stata per tutti una buona serata e Hanamichi dopo tanto tempo si sentiva veramente parte di quella famiglia.
Una volta tornati a casa, poi, Sakuragi era passato direttamente dal cortile per rientrare nella dependance, invece di salire alla casa principale con gli altri tre.
Dopo essersi cambiato e aver impostato la sveglia sul cellulare, stava per mettersi a letto quando questo cominciò a suonare.
Chi poteva essere a quell'ora, era quasi l'una?
Osservò il display, aspettandosi lo scherzo poco intelligente di qualche anonimo sconosciuto, quando vide lampeggiare il nome della mamma: si mise nuovamente a sedere, preoccupato.
Rispose: "Pronto?"
"Hana!" una voce squillante dall'altra parte del telefono.
"Mamma, tutto bene?" chiese allarmato, nonostante il tono di voce della donna.
"Oooh sì, sì, Hana, mai stata meglio... mi dispiace se ti sei spaventato, ma ho una notizia bellissima e importante e non vedevo l'ora di dirtela. Volevo aspettare a domani, ma non ce l'ho fatta!" disse pimpante.
"Mamma, parla forza!" la incentivò lui, curioso, mentre gli angoli della bocca gli si incurvavano in un caldo sorriso che, nell'udire la successiva risposta della donna, si congelò sulle sue labbra.
"Torniamo a casa, Hanamichi!"
"Allora hai preso tutto?" la voce di Ayako attirò l'attenzione di Hanamichi che, seduto sul letto, chiudeva la zip della borsa posata ai suoi piedi.
Il ragazzo alzò la testa verso la cugina e le sorrise: "Sì, tutto pronto... non avevo moltissimo, in fondo!"
Ayako avanzò nella dependance e si sedette accanto a lui, sbuffando: "Uffa, non è giusto! Te ne vai proprio adesso..."
Hanamichi rise: "Non essere dispiaciuta adesso" la prese in giro, "e non dire che non sei contenta! Potrai finalmente liberarti di me, ti do' solo un mucchio di preoccupazioni!" le disse e, anche se era vero, Ayako lo guardò storto per quello che aveva appena affermato.
"Questo, però, non significa che non ti voglia bene, doaho!" lo rimproverò la riccia.
Sakuragi saltò su, arrossendo appena: "Ehi, ehi, non ti ci mettere anche tu per favore... e poi io non la farei così tragica, sai!"
"Mi mancherai, Hana..." disse lei, osservando la borsa del ragazzo e guardando l'orologio: meno di cinque minuti ancora e sarebbe dovuto uscire di casa per prendere la metro e poi la coincidenza con il treno che l'avrebbe riportato a Kanagawa...
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"Torniamo a casa, Hanamichi!" la voce squillante di Minako che gli dava la notizia, sul rosso ebbe come l'effetto di una scarica elettrica che gli trapassava la spina dorsale.
"Co... cosa? Come torniamo a casa?" domandò perplesso, lasciando andare un braccio sul materasso. Non capiva. Non dovevano prendersi entrambi un anno di tempo?
"Oh, Hana... non ti sento entusiasta, tesoro..." disse lei un po' mogia. In effetti il tono di Hanamichi non era quello che si era aspettata.
"No... scusa mamma, certo che sono contento" tentò di rimediare, sospirando e passandosi una mano sul viso, tirando indietro i capelli. "Solo che, mi chiedevo... è successo qualcosa? Mi sembrava che il tuo lavoro andasse bene e... e poi io qui ho la nuova scuola, ho già comprato i libri e... e mi sono iscritto al club... non posso mollare tutti così, ho delle responsabilità, adesso. Sono maturato, mamma... mi sono ambientato bene anche con gli altri ragazzi e non litigo più neanche con Kaede... io..." si interruppe.
Senza un filo logico, senza dare alla madre modo di intervenire, aveva esposto tutte le sue questioni, quelle che gli premevano di più, e tutti i dubbi che in una volta erano affiorati al suo cervello alla prospettiva di dover lasciare Tokyo e quello che 'Tokyo' adesso significava per lui.
Lì aveva rimesso in piedi le basi della sua vita, aveva intrapreso una carriera sportiva, la propria educazione scolastica, nuovi amici, quasi una nuova famiglia che l'aveva accettato, come tutti del resto, senza preconcetti... come poteva lasciare tutto questo?
Non aveva ancora neanche giocato la sua prima partita... i suoi compagni di squadra contavano su di lui. Come poteva abbandonare tutto?
Come poteva lasciare gli zii che gli si erano tanto affezionati, i suoi amici, Haruko e Ayako... come poteva... come poteva lasciare Kaede?
Adesso che le cose con lui andavano bene, avrebbe dovuto perderlo ancora? Perché quel pensiero lo rendeva infinitamente triste? Perché, solo quando aveva pensato a questo, il suo cuore aveva preso a battere furioso e aveva dovuto trattenere la propria voce che voleva rispondere: 'Non posso, mamma... io voglio restare qui'.
Era diventato, dunque, così egoista?
Come avrebbe potuto dire alla volpe che lasciava di nuovo il club, per sempre stavolta, e che non avrebbero più avuto occasione di vedersi, giocare insieme, uscire tutti insieme, loro due, Mitsui, Sendo e gli altri ragazzi...
Come poteva dirgli che, adesso, non avrebbe più avuto nessuno da aspettare, perché lui se ne stava andando... perché le loro vite si sarebbero nuovamente separate.
Ancora, la voce di Minako lo riscosse da quei pensieri tristi: "Hanamichi, che stai dicendo? Io non ho detto che devi lasciare Tokyo! Non sono passati neanche sei mesi, il nostro piano d'azione ne deve scontare altri sei... non hai capito, tesoro!" rise lei, e, in seguito al sussurro stupito che Hanamichi aveva emesso, riusciva a immaginare perfettamente la faccia del figlio in quel momento.
"Forse non mi sono spiegata... in effetti ti ho dato la notizia a metà: intendevo dire che ho ottenuto un piccolo aumento e una sorta di promozione. Non è ancora il ruolo che desidero io, ma è un passo avanti, una mia piccola conquista. Da quello che mi hai ricordato anche adesso, tu in pochi mesi hai già fatti molti passi per la tua crescita, e ne sono contenta, quindi adesso era il mio turno. Ho trovato un piccolo localino da prendere in affitto qui a Sapporo, posso permettermelo con il nuovo stipendio e ho pensato di disdire il contratto con il vecchio appartamento a Kanagawa. Non voglio dire che non ci torneremo più, non è nelle mie intenzioni, ma così il signor Tsuchiya può trovare altri affittuari e non perdere quel guadagno. Per farlo, però, devo andare personalmente a parlarne con lui e firmare delle carte, mi sono già informata su tutto. Pensavo di unire questa occasione per rivedere anche te" spiegò e Hanamichi si sentì sollevato, molto sollevato e orgoglioso del successo ottenuto dalla madre, perché, finalmente, dopo tanto, era tornata a essere felice e a fare progetti che non riguardassero solo lui, ma atti anche a realizzare se stessa.
"Va bene, mamma! Sono molto felice per te! Quando rientri?" chiese, stendendosi sul letto e fissando il soffitto bianco con un sorriso.
"Riesco a liberarmi per il ventitré, qui è un periodo un po' pieno, ma tanto non lavoreremo comunque il giorno della Vigilia e quello di Natale e la mia insegnante, data la particolare situazione, mi ha concesso poi altri giorni per sistemare tutto e premiarmi con una piccola vacanza. Mi spiace non essere riuscita a vederti prima, Hana, ma..."
"Mamma, non ti scusare, se è per arrivare a questo che hai sacrificato i nostri primi mesi di lontananza, non posso che essere più felice, meglio passare insieme questo periodo di festa*, piuttosto che esserci visti a contagocce durante tutto questo tempo!" la supportò e sorrise nell'intimità della sua stanza.
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"Andiamo, Ayako, non fare quella faccia! Non sto partendo in guerra o cambiando stato.... quindici giorni passeranno in fretta, vedrai!"
"Uffa, però, questo sarebbe stato il nostro primo Natale e il nostro primo Capodanno da passare insieme e tu te ne vai... oh, non fraintendermi, sono contenta che la zia abbia avuto un periodo di ferie e tu la possa riabbracciare e tutto il resto... però, io pensavo che avremo festeggiato anche con te. Per Capodanno, poi, è tradizione passarlo fuori casa con gli amici, ed è anche il compleanno di Kaede..." disse, incrociando le mani davanti a sé.
"Peccato!" concluse.
Hanamichi rise: "Ma no, io credo che sarà il regalo migliore che io possa mai fare alla volpe, credimi..." rise.
Ayako lo guardò con cipiglio severo: "Lo sai che non è così... non puoi negarlo, non con me, so che state tramando qualcosa, voi due. Siete troppo.... troppo complici ultimamente e, in fondo, lo so che non lo odi come dici e che litigare con lui ti piace!" lo smascherò su tutta la linea e Hanamichi arrossì.
"Devo andare ora!" disse il ragazzo, alzandosi dal letto e sviando il discorso.
La riccia rise e si mise comoda, stendendosi con i gomiti all'indietro, posandoli sul materasso, accavallando le gambe. "Sì, sì, scappa, Hanamichi, perché quando tornerai non potrai più farlo!" lo prese in giro, mentre il rosso le faceva la linguaccia e scappava via: Ayako ne sapeva una più del diavolo.
***
"Mamma!"
"Hanamichi!"
Sakuragi, arrivato a casa Mito, abbracciò sua madre che, nel salotto di Karin, stava aspettando che anche lui rientrasse a Kanagawa.
I due si strinsero forte e la donna aveva gli occhi lucidi dall'emozione: era passato così tanto tempo e il suo bambino era cambiato molto, era diventato ancora più alto e più bello di quanto ricordasse.
"Hana, mi sei mancato tanto!" disse la donna stringendolo e allontanandosi poi da lui.
"Anche tu, mamma... che bello rivederti!" le disse, sincero.
Karin osservò la scenetta anche lei con gli occhi lucidi: era un incontro così commovente!
"Karin! Grazie per averci ospitato!" Sakuragi salutò poi la donna, abbracciando anche lei che ne fu immensamente felice.
"Hana... oh per noi è un piacere, è da così tanto che non ci vediamo, beh, per lo meno con tua madre..." disse, guardando poi l'interessata.
"Ah, sì... e non mi va bene questa storia! Il mio bambino ve lo coccolate tutti mentre io sono lontana e non posso!" disse risentita.
"Mamma..." mormorò imbarazzato Hanamichi, "non dire il tuo bambino, che vergogna!" si sedette con loro al tavolo, prendendo posto tra la madre e Karin, facendole sorridere.
"Oh lo so, Hana! Ma anche se sei diventato ancora più alto, per me resterai sempre il mio bambino... questo basket deve averti fatto sviluppare ancora di più in altezza!" commentò seria cercando di prendergli le misure a occhio.
"Ma no, mamma, io non penso è solo perché non mi vedi da molto..." si schernì lui.
"Sarà... e trovo anche che tu abbia messo su un po' di peso, sai... oh no, non voglio dire che sei grasso, ma che hai acquistato massa muscolare" gli sorrise.
Hanamichi era, come un po' anche lei, particolarmente suscettibile sul proprio peso, peggio di una ragazza, ma la donna pensava che fosse una reazione automatica a tutte le volte che, da piccolo e durante la crescita, poiché era un po' paffutello, in casa avevano il vizio di indispettirlo domandandogli se fosse parente di Takamiya. E Hanamichi questo non lo sopportava.
"Come sta mia sorella? Cosa racconta?" si informò la donna, mentre Karin serviva loro il tè e portava in tavola qualche biscotto.
"Bene... ti saluta tanto e dice che la prossima volta, invece di portare via me, devi venire tu a Tokyo che anche lei sente la tua mancanza" disse.
Minako rimase un po' dubbiosa: "Quella piccola.... Hana! Non farti ingannare, lei non vuole me, ma non vuole che le porti via te! La conosco troppo bene... si è affezionata troppo e lo fa apposta per farmi indispettire, lo so che è così, l'ha sempre fatto!" si finse arrabbiata, inzuppando un biscotto nel liquido dorato e mandandolo giù intero, incurante del fatto che fosse bollente o meno.
"Mamma?!" la chiamò confuso Hanamichi.
"Non capisco perché tutti ce l'abbiano con mio figlio!" si domandò, rivolgendosi poi alla madre di Mito. "Non trovi anche tu, Karin? Me lo sai spiegare?" le chiese, attendendo una risposta seria, per un momento dimentica che anche l'interpellata aveva un debole per il figlio.
Il signor Mito, rientrato da lavoro giusto in tempo per sentire quell'ultimo scambio di battute, tossicchiò per trattenere una risata, così come fecero Mito e Hanamichi, ridendo sotto i baffi.
"Oh... giusto!" si avvide poi Minako. "Ritiro tutto, tu non sei proprio la persona adatta a darmi delle risposte!" disse ironica e tutti scoppiarono a ridere.
Era bello tornare a casa, in quell'atmosfera complice e calda, carica d'affetto, circondati dal bozzolo di calore che solo la tua vera famiglia e chi ti ama dal profondo possono darti.
Hanamichi riconosceva che anche a Tokyo era ben voluto, ma non poteva dire che non provasse due tipi di calore diverso quando si trovava con i Kuroda e quando invece tornava a Kanagawa. Un angolino della propria mente si pose la domanda fatidica: quando si sarebbe sentito a casa anche nella sua altra famiglia?
La serata e la cena trascorsero tranquille nella stessa atmosfera giocosa e allegra che si era instaurata fin dall'arrivo del rosso a casa Mito.
Dopo cena, i ragazzi uscirono insieme al gruppo del Guntai che rimase sorpreso di rivedere il loro capo così presto. Di proposito, Mito non aveva detto loro del ritorno del rosso, voleva vendicarsi per l'accoglienza fintamente fredda che avevano riservato a Sakuragi quando era tornato da loro per le vacanze estive e, infatti, aveva visto bene: i ragazzi, non essendosi potuti preparare psicologicamente e, quindi, rimanere distaccati quanto avrebbero voluto, erano saltati addosso al loro amico, festeggiandolo in quel modo, salvo poi, ravvedersi quando Hanamichi gli aveva fatto notare, con il suo solito modo megalomane e strafottente che, giustamente, senza il Tensai erano persi.
In seguito la serata era scivolata tranquilla tra risa, battute, stuzzichini di mezzanotte al solito pub e partite ai videogiochi.
***
La signora Sakuragi e il figlio avevano passato in casa coi Mito la notte della vigilia e il giorno di Natale: le due donne di casa avevano cucinato un grande pranzo e a cena erano stati invitati anche gli amici del Guntai, per aiutare a 'smaltire gli avanzi': Takamiya si era subito 'sacrificato' per la causa con spirito caritatevole, nel buon nome della loro antica amicizia. Era stato più o meno questo il concetto espresso dal ragazzo, una volta accettato l'invito.
La serata, poi, era trascorsa nel più classico clima di festa, con tanto di canzoncine tipiche di quel periodo dell'anno, importate dall'occidente, e qualche scoppio colorato nel cielo. In casa era stato allestito un piccolo alberello decorato con vari addobbi vivaci e le stufe elettriche riscaldavano l'ambiente. Hanamichi si domandò come sarebbe stato passare il Natale dai Kuroda: loro avevano il classico caminetto a legna e si immaginò per un attimo in loro compagnia a scartare i regali nel grande salotto di casa, seduto sul divano o ai piedi dello stesso, sul grande tappeto dai colori scuri che raffiguravano delle forme astratte, magari intento a battibeccare con la volpe.
Già... Kaede: aveva sentito solo una volta i parenti, per avvisarli di essere arrivato, ma non aveva avuto il coraggio di chiedere di lui. In effetti, non avrebbe avuto molto senso farlo, non mancava moltissimo da Tokyo e poi... chissà cosa avrebbero pensato la zia e Ayako, la loro era una fervida immaginazione.
Quando qualcuno gli posò sulle gambe un gigantesco pacco regalo, Hanamichi si deconcentrò dai propri pensieri osservando stupito i presenti: "E questo?" chiese.
"E questo è per te, scemo!" disse Mito sorridendo.
"Ma ragazzi! Non dovevate! Io non vi ho preso nulla... cioè... non era previsto che tornassi e io..."
"Hanamichi!" lo interruppero gli amici. "Aprilo e basta, ok?"
Sakuragi li guardò e sorrise loro, annuendo e scartando il regalo che si rivelò essere un pallone da basket di quelli professionali. Gli occhi gli si illuminarono e rimase piacevolmente colpito dal loro gesto, li guardò uno a uno senza sapere cosa dire.
"Non ci devi ringraziare, né pensare al costo o stupidate del genere... ci andava e l'abbiamo fatto. Visto che, a quanto pare, sei davvero il genio del basket..."
"… e che sei entrato anche a far parte di una squadra come titolare, ci sembrava il minimo... per festeggiarti..."
"… così, quando giocherai e ti allenerai, non ti dimenticherai di noi!" spiegarono.
Hanamichi rise e li ringraziò ancora, rigirandosi tra le mani il pallone: immediatamente un pensiero improvviso gli balenò in testa e, senza accorgersene, si ritrovò a esprimerlo a voce alta.
"Quando tornerò a Tokyo, sono sicuro che la volpe schiatterà d'invidia... sarei quasi tentarlo di chiamarlo adesso, ma non voglio perdermi la sua faccia!" ponderò.
Nella sala, i presenti lo osservarono, confusi, fare quel monologo e Minako sorrise: "Hana, sono contenta che tu e tuo cugino abbiate appianato le vostre divergenze... ero molto preoccupata che non riusciste a superare quel vecchio incidente..."
"Oh, Minako..." si intromise il Guntai, disintegrando le illusioni della donna. "Hanamichi e Rukawa non hanno appianato le loro divergenze, discutono ancora come bambini e te lo possiamo confermare, perché li abbiamo visti di persona mesi fa... adesso non sono più dei mocciosi, ma continuano a comportarsi da infanti!" lo presero in giro e Hanamichi divenne rosso per la rabbia e l'imbarazzo, perché sapeva che, in fondo, quelle cose nascondevano un fondo ben solido di verità.
Eppure a lui piaceva quel rapporto che aveva con Kaede e non avrebbe voluto che cambiasse per nulla al mondo.
***
Non aveva molta voglia di uscire quella sera, sarebbe volentieri rimasto a casa, ma la figura di Ayako che si aggirava per casa, triste e sconsolata perché il suo ragazzo era andato a trovare i suoi in un paesino lontano dalla capitale, e di conseguenza lei si sentiva sola e si annoiava, lo faceva innervosire.
Inoltre, era stufo di sentirla parlare di Hanamichi, più si imponeva di non pensarlo e più qualcuno gli ricordava della sua esistenza e soprattutto della sua assenza. Quando aveva detto che avrebbe passato le vacanze con la madre era stato contento per lui: il rosso sentiva nostalgia della donna e sarebbe stata un'occasione per i due per rivedersi dopo tanto tempo. Ma se pensava che sarebbe stato ospite da quel suo amico che, nonostante lo sapesse benissimo, Kaede vedeva comunque come una sorta di 'rivale', lo faceva indispettire di gelosia. Sapendo, poi, che Hanamichi lo metteva ai primi posti nella sua classifica personale di persone a cui voleva bene, non riusciva ad acquietare il proprio animo di innamorato geloso.
Egoisticamente, sperava che il rosso sentisse la sua mancanza in quei giorni e prendesse seriamente una decisione su di loro, anche se, conoscendo il ragazzo, poteva anche aver accantonato la questione e si stava divertendo mentre lui si sentiva 'abbandonato'. Era in virtù di questo suo piano che non aveva voluto parlargli le volte in cui Ayako, con la scusa degli auguri di Natale e altre stupidaggini campate per aria, aveva chiamato il cugino sul cellulare. Voleva 'farsi desiderare'.
Quindi, aveva accettato l'invito di Mitsui di uscire con i ragazzi e distrarsi un po'. Non gli dava fastidio frequentarli anche se erano tutti 'felicemente' fidanzati, in sua presenza non facevano mai nulla di sconveniente, né avevano i classici atteggiamenti da coppietta: erano molto rispettosi, sia nei suoi confronti (che era loro amico prima che avversario), sia per rispetto di ciò che li univa, per non dare nell'occhio e far parlare gratuitamente le male lingue.
"Kaede! Dimmi che non è vero?" Sendo, non appena il moro mise piede nel solito locale, gli pose quella domanda. Il suo tono era tra l'incredulo e il disperato.
"Nh?!" disse Rukawa, rivolto ad Akira, salutando con un cenno del capo gli altri ragazzi.
"Ma come, nh? Parlo di Hanamichi! È vero quello che mi ha detto tua sorella?"
"Ah... sì..." rispose semplicemente il moro, sedendosi e facendo cenno al cameriere che, meticoloso, era accorso dal nuovo arrivato per prendere la sua ordinazione.
"Ma dai... allora non ci stava prendendo in giro?" disse Maki e subito Kyota aggiunse: "Peccato, mi sarebbe piaciuto sfidarlo... non ho avuto modo di fargli vedere come gioca un'atleta della mia classe!"
Ma Sendo ignorò i loro commenti e scosse il capo, tornando a parlare: "Come, ah, sì? Ma, Kaede!!" lo riprese.
Rukawa non capiva, che cosa volesse da lui? E cosa andava a farneticare Kyota? Sakuragi non era certo passato a miglior vita.
"Calmati, Akira!" lo placò Hisashi.
"No, che non mi calmo, ma... ma andiamo! Non puoi essere così tranquillo!" continuò il castano rivolgendosi a Rukawa. "Intendi lasciartelo scappare così?"
Rukawa, adesso, era veramente molto confuso. "A che riguardo, scusa?" chiese, sorseggiando la sua bibita.
"Certo che sei veramente addormentato come dicono, alle volte..." scosse il capo Fujima che stava seduto su un divanetto.
"Che intendi fare con Hanamichi..." spiegò allora la guardia, andando incontro al suo ragazzo che sembrava aver preso veramente a cuore la faccenda. "Ora che è lontano e..." ma Sendo lo interruppe: sapeva che con Kaede doveva essere chiaro, così decise di andare dritto al punto.
"Lui se ne va e... e tu stai qui a non fare niente? Come se la cosa non ti importasse! Insomma, sei o no interessato a lui? Oh, perché tanto lo so che ti interessa. Lui ti piace, Kaede, lo so!" gli disse convinto e il moro lo guardò restando immobile: il bordo del bicchiere di vetro tra le labbra, il braccio che lo reggeva sollevato e uno sguardo indecifrabile.
Mitsui lo osservò, aspettandosi una plateale reazione, da annoverare nel libro delle cose impossibili, ma Rukawa non si mosse.
"Mi dispiace intromettermi, perché non è mia abitudine, ma... Rukawa, anche io, vedendovi durante le nostre uscite, mi sono spesso insospettito che tra voi ci fosse più di quello che volete dare a vedere. Insomma, non so se Sakuragi se ne sia accorto, ma... c'è qualcosa di strano e indecifrabile tra voi" parlò Hanagata a nome di tutti.
A quella, Rukawa abbassò il braccio, posò il bicchiere sul tavolo e, con tutta calma, rispose:
"Punto primo, non sono affari vostri. Punto secondo, cosa vi ha detto Ayako?" domandò, forse comprendendo quale fosse la radice del problema.
I ragazzi attorno al tavolo si guardarono confusi e Rukawa scosse la testa.
Fu Maki a parlare: "Ha detto che Hanamichi è partito, che è tornato a casa con la madre!"
"E basta?" chiese Kaede.
"Beh, sì..." ammise Sendo.
"E voi le avete creduto, senza chiedere spiegazioni?" domandò ancora.
"Ecco..." ammise Sendo, in effetti, era rimasto talmente sbalordito dalla notizia che non aveva pensato di domandare ulteriori chiarimenti.
"Stupidi!" Rukawa rimproverò i presenti, ma guardando Sendo in particolare che aveva fatto più chiasso di tutti. "Il doaho starà via solo per il periodo delle vacanze, non si trasferirà nuovamente a casa sua" spiegò, finendo di bere la sua ordinazione, lasciando al tavolo qualche spicciolo e alzandosi.
"Ehi, adesso che fai?" chiese Mitsui, confuso.
"Me ne vado... ci vediamo!" li salutò, senza ascoltare le loro ulteriori questioni.
Basta! L'avevano stufato! Sicuramente la sorella l'aveva fatto apposta a essere così sibillina e loro, oltre a essere cascati in pieno nella sua rete, si erano anche messi a psicanalizzarlo. Cos'erano tutte quelle insinuazioni? Come potevano mettere il naso nei suoi affari e decidere per conto suo e di Hanamichi?
Quelli non erano fatti loro! Era una questione che andava risolta a due e, solo dopo, forse, ne sarebbero venuti a conoscenza, ma fino a quel momento non avrebbe permesso a nessuno di intromettersi nelle loro faccende!
***
"Signora Sakuragi, Hanamichi! Come sono felice di rivedervi! Ragazzo mio, ti sei fatto più alto e più robusto... questo significa che ti sei ambientato bene nella nuova città!"
Hanamichi sorrise imbarazzato e annuì al gentile ex-padrone di casa.
"Signor Tsuchiya..." gli rispose, "vedo che anche lei è in forma... sì, è un po' caotica alle volte, ma mi sono adattato subito!" gli disse sorridendogli, mentre l'uomo li faceva entrare in casa.
"Siamo venuti qui perché, come le accennavo al telefono, dobbiamo rettificare il nostro contratto, ricorda?" spiegò Minako.
"Oh, sì, mia cara e me ne dispiaccio particolarmente... siete stati dei coinquilini alla mano e tra i migliori che abbia mai avuto: non vi siete mai lamentati di nulla, né avete fatto danni alla casa e poi siete stati così simpatici... mi mancherete, ma sono felice per voi e vi auguro tanta fortuna."
Aveva sorriso e poi era andato a prendere i documenti da far firmare a Minako. Quando si allontanò, Hanamichi rise, trattenendo il suono e camuffandolo con uno sbuffo contro la mano chiusa a pugno.
"Sssht, Hana!" lo riprese la madre, guardandolo con rimprovero.
"Scusa, ma lo sai come la penso... questo conferma le mie ipotesi, era così dispiaciuto..." lo prese un po' in giro e la donna gli diede un piccolo calcio da sotto il tavolo, invitandolo a smetterla, mentre l'uomo tornava da loro con le carte.
Minako firmò ogni foglio leggendolo con cura, prima di porgergli i documenti e sorridere.
"Siamo stati veramente molto bene con voi... torneremo a trovarla, non si dimenticherà di noi, signor Tsuchiya. Solo una cosa..." domandò, vorremo andare un'ultima volta a vedere la casa, ho come la sensazione di aver scordato qualcosa e vorrei controllare" spiegò Minako, incupendosi d'un tratto.
"Ma certo, mia cara, ecco le chiavi, io vi aspetto di sotto" le disse l'uomo, sorridendo comprensivo: immaginava che entrambi volessero salutare per sempre quella che, per tanti anni, era stata la loro casa. Se si lasciava andare con il pensiero, ricordava ancora perfettamente il giorno in cui, alla sua porta, bussarono Minako e Hidetoshi Sakuragi, novelli sposi, con in mano il ritaglio di giornale che lui stesso aveva pubblicato solo il giorno prima.
Quei due ragazzi, allora appena ventenni, gli avevano fatto molta tenerezza e aveva voluto dare loro fiducia: al tempo non sapeva ancora quale fosse il ceto sociale dell'uomo e quindi era stato per lui un azzardo dare in affitto la casa a due ragazzi così giovani e ancora senza una sicurezza finanziaria. Ma qualcosa si era smosso in lui, vedendo dipinta sui loro visi la gioia di vivere, di cominciare presto una nuova vita insieme, e non aveva saputo dir loro di no.
E aveva fatto bene... pensò con nostalgia.
Hanamichi seguiva sua madre e la guardava con cipiglio confuso: "Mamma, che ti prende? Non abbiamo scordato nulla, io sono partito per ultimo e mi sono assicurato di non aver dimenticato niente! Come mai solo adesso pensi che abbiamo lasciato qualcosa?" domandò.
"Esatto, Hana. Perché solo adesso mi sono ricordata di una cosa che vidi tempo fa e che, fino a questo momento, non mi è mai tornata alla mente perché sono stata molto impegnata. Ma, mentre firmavo quelle carte, qualcosa è scattato dentro di me e... vieni..." gli disse, facendogli cenno di seguirla, per spiegarsi meglio.
Entrarono in casa e una strana sensazione di malinconica nostalgia avvolse Hanamichi: si guardò intorno, nella casa ormai spoglia di vita, arredata semplicemente con gli immobili ricoperti da un lenzuolo chiaro, ed entrò nel piccolo salottino sfiorando con la mano i teli leggeri, cercando di ricordare come tutto fosse disposto quando ancora vi abitavano.
Minako era entrata nella sua vecchia stanza da letto e aveva chiamato a sé il figlio. Una volta raggiuntala, Hanamichi la vide inginocchiata per terra che teneva sulle gambe una piccola scatola di cartone, ormai piuttosto vecchiotta. Si avvicinò curioso alla donna che lo guardava sorridente e vide per terra una piccola botola dentro al pavimento di legno.
"Mamma, cos'è?" chiese perplesso, chinandosi anche lui.
"Sapevo che non poteva essere un caso... la mia decisione di tornare non dipende solo dalla mia promozione, Hana. In verità, ho fatto un sogno!" spiegò.
"Un sogno?"
"Sì, non prendermi per una pazza visionaria... ho sognato tuo padre, seduto esattamente in questo punto, che mi guardava con un sorriso e si chinava per aprire questo piccolo nascondiglio" disse. "Quando mi sono svegliata, pensavo che fosse solo uno strano scherzo della mia mente, perché, comunque, è passato veramente poco tempo dalla sua scomparsa e... e in certi momenti mi capita di sentirne la mancanza più di altri... non so se a te succede" chiese, facendo una pausa per guardarlo.
"Sì... manca anche a me e, a volte, nel dormiveglia, mentre sto per addormentarmi o quando mancano poche ore al suono della sveglia, vedo dei flash... non lo sogno in particolari situazioni o che... mi parli... ma sono più che altro dei ricordi di lui, per non dimenticarlo" spiegò.
E, anche se questo a Minako non lo disse, alle volte gli capitava di sognarlo, quando era particolarmente giù di corda o preoccupato. Ricordò che, dopo il litigio con Kaede, a parte la notte insonne dovuta ai pensieri, nei rari momenti in cui riusciva a scivolare addormentato, sognava suo padre. Adesso cominciava a dare a tutto ciò una spiegazione razionale.
"È successo lo stesso a me, Hana... hai ragione, il mio non era un sogno vero e proprio, ma un ricordo. Una volta tuo padre era tornato prima da lavoro e io, che sapevo di essere sola in casa, quando sono rincasata dal fare la spesa ho sentito dei rumori in camera. Mi sono spaventata molto, ero sola e ho pensato subito a dei ladri, in un primo momento non ho neanche badato al fatto che, se veramente fosse stata commessa un'infrazione, me ne sarei dovuta accorgere subito, perché la porta era intatta. Così, avevo preso in mano la scopa, pronta a sventare da sola il crimine" ricordò con un sorriso, facendo sorridere anche il rosso che di quel racconto non sapeva niente.
"Ho sentito dei rumori come di qualcosa che viene smosso, già mi vedevo un uomo in nero che frugava tra le mie cose e, quando ho spalancato la porta della camera, tuo padre era a terra, in questo punto" disse, indicando il pavimento e accarezzando la scatola con una mano. "Sembrava davvero che stesse facendo qualcosa di poco chiaro, come se fosse un ladro, eheh. Povero Toshi, si è spaventato moltissimo anche lui!" e Minako rise leggermente, mentre con l'indice si asciugava una lacrima che le imperlava le ciglia, rischiando di cadere, commossa dal suo stesso ricordo.
"Mamma! Povero papà... l'hai minacciato con un manico di scopa!"
"Lo so, ma a mia discolpa posso solo dire che lui non era previsto e io ero una donna sola e indifesa, ecco!" si giustificò, richiudendo la piccola botola.
"Come mai non me l'avete mai raccontato? Io dov'ero?"
"Oh... Hana, questo è avvenuto qualche mese dopo aver saputo che ero in attesa di un bimbo... è per questo che non ne eri al corrente. E io stessa, me ne stavo per scordare."
Si alzarono dal pavimento e Hanamichi prese la scatola: non era pesante, solo un po' impolverata e accuratamente chiusa con vari strati di nastro adesivo, come se venisse spesso aperta e poi puntualmente sigillata.
"La vuoi aprire?" domandò il rosso.
La donna scosse la testa: "Non lo so... io..."
Davvero, non sapeva rispondere a quella domanda. Non sapeva cosa contenesse e si domandò perché, dopo così tanto tempo, era riemerso in lei quel ricordo. Hanamichi comprese il suo stato: probabilmente adesso era ancora abbastanza presto per portare alla luce vecchi ricordi. Avevano avuto già diverse emozioni in quel periodo.
La scatola, adesso che l'avevano recuperata, era in mani sicure e, a tempo debito, avrebbero trovato la forza per aprirla e sapere cosa il loro amato Hidetoshi Sakuragi aveva racchiuso in essa.
"Non importa, mamma... per adesso la lasciamo così. Se papà avesse voluto che la trovassimo, perché era importante farlo, non ce l'avrebbe tenuta nascosta, ma l'avrebbe messa in un luogo più... in vista" spiegò. "Quello che conta è che ora l'abbiamo, la apriremo più avanti, mamma."
"Hai ragione..." sorrise Minako, prima di fermare il figlio trattenendolo per un braccio: " Hana? Vorrei che la tenessi tu... conservala con cura" disse.
"Lo farò, mamma!" la rassicurò Hanamichi e insieme uscirono di casa per restituire definitivamente le chiavi al signor Tsuchiya.