24_
"Siete tornati, come è andata?"
Quando Minako e Hanamichi erano rincasati, la signora Mito era in cucina e stava preparando la cena. La donna aveva visto la faccia cupa dell'amica e le aveva sorriso dolcemente, facendola accomodare e porgendole subito una fetta di dolce.
"Questo ti tirerà su, mia cara... è sempre triste lasciare definitivamente quella che avevi pensato sarebbe stata la tua casa per tutta la vita" disse comprensiva. Minako sorrise e cominciò a mangiare, mentre Hanamichi saliva in camera da Yohei.
Bussò e il moro lo invitò a entrare: "Hana, perché hai bussato?" gli chiese ridendo.
Il rosso si strinse nelle spalle un po' mogio: Yohei non comprese quell'atteggiamento e, dopo aver messo in pausa, lasciò andare il joystick della playstation per concentrare tutta la sua attenzione sul migliore amico.
"Che è successo, Hana?" chiese, notando solo dopo la piccola scatola di cartone che questi teneva in mano.
Sakuragi si accorse che la fissava e spiegò: "Era di mio padre... l'abbiamo trovata sotto un asse del pavimento" disse, sedendosi sul letto e posando la scatola per terra, rimanendo a osservarla.
"E... non l'hai aperta... sai cosa contiene?" domandò il moro, anche se sospettava di sapere già la risposta.
"No, mia madre ha ricordato solo da poco la sua esistenza e... non sappiamo cosa contenga. Lei non se la sente adesso di scoprirlo e io... io ho paura..." confidò all'amico. Davanti alla madre aveva dovuto essere forte, si era ripromesso di supportarla e 'proteggerla' e l'avrebbe fatto, ma con Yohei, poteva mostrarsi quello che era.
"Va bene così allora, Hana! Non devi aprirla ora se non vuoi... se tuo padre l'avesse ritenuta essere una cosa importante e avesse voluto che voi l'apriste subito, non credi che l'avrebbe messa in un posto un po' più in vista che non nascosto in una botola?" Hanamichi lo guardò con occhi grandi: esattamente lo stesso ragionamento che aveva fatto lui. Sorrise e lo ringraziò.
"Quando verrà il momento di aprirla, lo saprai da solo e saprai che è quello giusto, per adesso, conservala, Hana!" gli consigliò, circondandogli le spalle con un braccio, per fargli sentire la sua presenza. Hanamichi si sentì maggiormente sollevato, come se un peso di mole intensa fosse stato diviso a metà con l'amico. Yohei lo supportava sempre e riusciva a tirarlo ogni volta su di morale.
Passarono alcuni minuti di silenzio, poi Hanamichi si alzò dal letto, raccolse la scatola e la mise accanto alla propria borsa da viaggio che non aveva disfatto da quando era arrivato, per non creare disordine nella camera dell'amico.
"Yohei, devo dirti una cosa..." esordì.
Non seppe trovarne il nesso, ma il ritrovamento di quella scatola, che era stata una specie di tesoro per il padre, adesso che ne era entrato in possesso, gli fece realizzare che, ora, era compito suo conservarlo e averne particolare cura. Per il genitore doveva essere una cosa importante, se aveva tenuto all'oscuro della sua esistenza persino la moglie.
Questa riflessione aveva ricordato al rosso Kaede: incoerentemente, il pensiero della volpe e di sua madre si era prepotentemente fatto strada in lui.
Ripensò a quel loro litigio, alle parole dure che si erano scambiati, a quello che lui stesso gli aveva detto: era assurdo che gli venisse in mente proprio in quel momento, ma era come se Hanamichi, dopo aver ritrovato quell'oggetto misterioso, si fosse sentito in sintonia con il padre, come se, durante la scoperta della botola, l'uomo fosse stato presente con lui e la madre. Una sensazione che ancora non lo abbandonava: sentiva come se Hidetoshi lo volesse guidare verso qualcosa.
"Dimmi, Hana... ti ascolto..." lo incitò Mito e, vedendolo pensieroso, aggiunse, "non mi hai ancora parlato di come sono andate a finire le cose tra te e Rukawa... dalla sera della festa..."
Hanamichi lo osservò, colpito dal modo in cui lo stava guardando e da come avesse centrato quale fosse il fulcro dei suoi pensieri.
"Ti devo confessare una cosa, Hana..." disse sorridendo Yohei, leggermente imbarazzato, prima che lo stesso Hanamichi ebbe modo di rispondergli. "Ecco... io so che le cose stanno andando bene con Rukawa, che ora andate d'accordo e fate diverse cose insieme..." disse, dosando bene le frasi e guardandolo da sotto in su, un comportamento che di certo non era consueto al moro.
Hanamichi lo osservò dubbioso e con tono indagatore chiese: "E tu come lo sai?"
"Chiedilo a Sendo e ad Ayako!" si difese subito l'altro, ponendo le mani avanti. "Sono loro che mi mandano i messaggi sul cellulare e mi fanno il resoconto... temono che non ti voglia confidare con me perché sanno che ti direi 'avevo ragione' e tu non lo voglia sentire" spiegò e Hanamichi si rivolse a lui con un'espressione sconvolta: quei tre, perché sicuramente c'era di mezzo anche un certo teppista, pensò, stavano di nuovo tramando alle sue spalle. Mai che si facessero i fattacci loro!
Mito lo vide imbronciarsi in seguito a quei suoi ragionamenti e incrociare la braccia al petto, per cui continuò: "Ci siamo scambiati il numero di telefono quella sera, mentre tu eri... distratto" spiegò con un sorriso e Hanamichi arrossì. "Ma non pensavo che volessero il mio numero per parlare di te... a mia discolpa posso solo dire che non li ho incentivati né sono stato curioso né, tanto meno, ho commentato!" portò una mano sul cuore per fargli intendere che fosse serio. "Quindi, mi volevi dire?" cambiò poi abilmente argomento, fingendosi curioso e protendendosi verso di lui con un sorriso innocente sul volto.
Hanamichi lo guardò di sbieco, fingendosi arrabbiato e scrutandolo come se stesse decidendo se meritasse di essere reso partecipe dei suoi pensieri o meno e prese la sedia della scrivania: la girò al contrario, sedendosi cavalcioni su di essa, posando le braccia sulla spalliera.
"Il Tensai, poiché ti conosce da quando eri minuscolo così" fece un gesto con le dita, allargando di qualche centimetro pollice e indice, "crede alla tua innocenza... anche perché, allo stesso modo" roteo gli occhi verso l'alto, facendo ridere Yohei che scosse il capo, "conosco i soggetti di cui mi hai parlato e so che sono capaci di tutto e molto di più" constatò, prima di tornare serio e continuare il suo discorso.
"Ecco, io è proprio della volpe che ti volevo parlare... Yohei, io non ce la faccio più!" disse, posando la fronte sui polsi che poggiavano mollemente uno sull'altro adagiati sul bordo della spalliera della sedia.
Yohei rimase in silenzio, lasciando che riordinasse idee e sensazioni e poi continuasse.
"Quella sera... Rukawa mi ha fatto capire che... che ci tiene a me, mi ha detto di dimenticare quel bacio se volevo, ma ha anche detto che lui non l'avrebbe fatto e che lui lo voleva... e... lo volevo anche io, Yo!" riuscì finalmente ad ammettere a voce alta, non più solo nei propri pensieri. Mito incurvò le labbra in una piega dolce e posò le mani all'indietro sul materasso, restando in ascolto.
"L'ho sempre saputo, ma non lo volevo accettare, ho ancora paura che tra noi non possa funzionare e che, se provassimo, troppe persone sarebbero coinvolte... mia madre, gli zii, i nostri amici... io lo so che loro vorrebbero che noi... forse hanno sempre saputo che saremmo andati a finire così, ma... non ero pronto!" Hanamichi guardò l'amico, per sapere se stava seguendo il suo discorso e Mito annuì, ma non disse nulla. Il rosso aveva bisogno di esporre, una volta per tutte, quali fossero i suoi pensieri e lasciò che proseguisse. "Continuavo a negare e a mentire a me stesso e... questo non porta a niente. Tu lo sai..." disse posando il mento sulle mani, incurvando le spalle, guardando avanti a sé un punto nel vuoto.
"… io non sono mai stato 'fortunato', forse, pochissime cose della mia vita sono state veramente come me l'aspettavo e quello che non mi aspettavo si è rivelato migliore di quel che credessi. Be', Kaede è una di queste cose. Noi siamo sempre stati 'legati' in qualche modo, non da vincoli di sangue, ma legati da qualcosa di superiore che ha scelto al posto nostro e ci ha indirizzato l'uno all'altro. E allora ho pensato: perché continuare a farmi del male, a me e a lui? Abbiamo ricevuto tanti colpi bassi in questi nostri diciassette anni e, adesso, è giunto il momento di fare qualcosa di concreto per realizzare la nostra felicità e non aspettare che discenda dal cielo" disse risoluto come se stesse facendosi una personale ramanzina.
Yohei continuava a seguire il suo discorso, fiero che l'amico fosse finalmente riuscito ad accettare i suoi sentimenti per quello che erano, qualcosa di giusto e forse anche già scritto, senza più fuggire a essi, accampando scuse, solo per paura dell'incertezza del futuro.
"Perché un aiuto ci viene dato, sempre, in moltissime occasioni e sta a ciascuno saperlo cogliere" disse filosofico, stupendo persino se stesso del modo in cui stava parlando.
"Io... io sono innamorato di Kaede!" asserì consapevole e, come se, solo in quel momento, tornasse a 'vedere' di nuovo, si mise dritto sulla sedia e fissò Yohei, senza timore, senza titubanze di sorta.
"Sono innamorato di Kaede e voglio stare con lui!" ripeté e nel suo petto sentì un calore prepotente invaderlo e fu come tornare a respirare dopo un lungo periodo in apnea.
"Lo so, ma non è a me che lo devi dire, scemo!" gli disse Yohei, ridendo e Hanamichi sorrise, arrossendo lievemente.
Poi riprese: "Non so se questo sia un bene o un male, ma... se non provo... non posso sapere e... come avrebbe voluto mio padre, e come lui è stato in grado di fare per se stesso, voglio essere felice, anche se questo vuol dire andare contro tutti, la morale, le leggi, la mia stessa famiglia... se io sono felice allora mi sentirò apposto" concluse.
Yohei si raddrizzò a sua volta e gli sorrise: "Finalmente! Ce ne hai messo di tempo, Tensai..." lo prese in giro. "Sono sicuro che questa tua decisione non troverà ostacoli, per lo meno, non li troverà nella tua famiglia, perché la risposta è già dentro la parola stessa, la famiglia. Potranno forse rimanere sorpresi da voi, piacevolmente stupiti, ma non vi daranno contro. Tu sai, più di chiunque altro, come l'egoismo umano sia grande anche tra i parenti... ma sai anche che non è tutto uguale e immutato. Hai avuto una seconda possibilità, Hana, e non devi sprecarla... fidati del tuo istinto del Tensai e lui non ti tradirà mai. Nel caso poi lo facesse..." aggiunse, "… allora potrai venire da me e insieme troveremo una soluzione, come abbiamo sempre fatto. Non è il legame di sangue che determina l'amore e l'affetto, Hanamichi: non è solo quello."
Sakuragi annuì, poi Yohei disse: "Allora, cosa intendi fare?"
Hanamichi lo guardò confuso e Yohei scosse la testa: "Con Rukawa, quando intendi dirglielo? Ha aspettato fin troppo, non credi?"
"Lo so... ma non posso telefonargli e poi... e poi oggi è l'ultimo dell'anno!" realizzò in quell'istante. "Domani sarà il suo compleanno, mi piacerebbe passarlo con lui, ma come faccio ad arrivare lì? Ho detto che sarei tornato solo tra una settimana per l'inizio delle lezioni..." snocciolò pensieroso all'amico.
Perché quando decideva una cosa e finalmente tutto sembrava essere perfetto, doveva esserci un impiccio?
Yohei rise del suo stato: "Certo che ti perdi in un bicchier d'acqua. C'è un treno che parte tra mezz'ora, è l'ultimo per Tokyo. Se lo prendi, arriveresti lì in tempo per festeggiare il nuovo anno con i ragazzi, danno una festa per Rukawa, lo sapevi? Me l'ha detto Ayako, nel caso tu ti fossi svegliato per tempo..." buttò lì vago Mito.
Hanamichi sbuffò incredulo.
"Ho ancora il messaggio in archivio se vuoi controllare: non è colpa mia!" disse ancora Mito, ridacchiando.
"No, con lei farò i conti personalmente, adesso ho una questione più importante e che mi preme sistemare, per cui... vado ad avvisare la mamma!" disse, alzandosi dalla sedia e uscendo dalla camera.
"Mamma, devo parlarti!"
Minako, in cucina con Karin l'aiutava a finire di fare il dolce per quella sera, guardò il figlio preoccupata e perplessa dato il tono con il quale aveva esordito. La stessa signora Mito fermò il cucchiaio di legno con il quale girava la pastella nella terrina, guardando il rosso allo stesso modo.
"Hana, dimmi... riguarda la scatola?" chiese subito, apprensiva, forse il figlio aveva deciso di aprirla nonostante la decisione presa e voleva renderla partecipe.
"No, no, tranquilla... io, ecco..." si interruppe sentendosi osservato attentamente e sorrise a Karin: la donna si era protesa verso di loro, incuriosita dal disagio che ora leggeva sul viso del ragazzo e ricambiò il sorriso, prima di riprendere a mescolare facendo finta di niente.
Hanamichi, non volendo essere scortese, rimase in cucina a parlare con la madre, ma la prese in disparte, abbassando il tono di voce: "Volevo chiederti se per te non fosse un problema se io tornassi a Tokyo un po' prima... mmh, lo so che non ci vediamo mai e che dobbiamo recuperare il tempo perso ma... ci sarebbe una festa per Capodanno e i ragazzi mi avevano già incluso nella lista, invece io sono qui e..." disse molto velocemente per cercare di non impappinarsi con le parole.
"Va bene..." disse la donna, osservandolo con un sorriso.
"Non è che sia proprio obbligatoria la mia presenza o che li preferisca a te..."
"Lo so, ma non è un problema, vai pure..." ripeté lei, aspettando che il figlio la smettesse di non ascoltare le sue parole e la guardasse.
"Ma sai è solo che mi pare brutto, però se per te è un problema, allora io... eh?" si interruppe, ascoltando in ritardo la voce della madre. "Posso andare?" chiese ancora dubbioso.
"Sì..." rispose lei.
Hanamichi le sorrise felice e l'abbracciò: "Grazie, mamma!" disse stringendola.
"Oh che carini, cosa succede, voglio anche io un abbraccio!" disse Karin che alla scenetta, nonostante non avesse sentito il dialogo tra i due, si era nuovamente incuriosita. Minako, a quella richiesta, aveva guardato sorpresa l'amica, prima di attaccarsi maggiormente al figlio: "No, Karinchan! Hana stava dicendo che deve tornare prima a Tokyo e solo io posso salutarlo in questo modo, mi dispiace!" le disse dispettosa.
La signora Mito si finse triste e Hanamichi si avvicinò a lei abbracciandola un po', giusto per farla contenta e, comunque, perché le voleva bene e con loro era sempre gentilissima.
Yohei lo raggiunse in salotto portandogli la borsa e la scatola, informando la madre che avrebbe accompagnato Hanamichi in stazione.
Sakuragi salutò le due donne e il padre di Yohei, augurandogli di passare una buona vigilia e assicurando che si sarebbero poi sentiti il giorno dopo per gli auguri, quando fosse stato in casa con i parenti così da sentire tutti quanti.
"Fa' attenzione, Hana... saluta la zia e i ragazzi. Divertiti!" gli disse la madre, abbracciandolo di nuovo e i due amici uscirono di casa.
Yohei mise in moto lo scooter di seconda mano che il padre gli aveva regalato per Natale e accompagnò il rosso in stazione: arrivarono giusto in tempo per vedere il treno fermarsi al binario e Hanamichi si precipitò alle macchinette automatiche per fare un biglietto di sola andata per Tokyo. Cinque minuti e sarebbero partiti.
"Grazie, Yo! Io... davvero, non so..." tentò di dire, mentre saliva sul treno che scaldava i motori per la partenza.
"Allora non dire niente..." gli disse Mito, facendo un cenno con la mano, "fai buon viaggio e chiamami quando sarà tutto apposto, ok?"
"Va bene! Lo farò, grazie di tutto!" disse Hanamichi sorridendogli e vedendo le porte automatiche chiudersi tra lui e l'amico.
Per l'ennesima volta l'aspettava un viaggio lungo ore e sentiva il cuore battere impazzito: stava tornando a casa da Kaede.
Sperava solo di non aver mancato i tempi e che il suo volpino lo stesse ancora aspettando. Non aveva avvisato casa o, meglio, aveva chiesto a Minako di avvertire la zia del suo ritorno, ma non dire nulla ai cugini. Fortunatamente, dal punto di vista di Hanamichi ovviamente, quella sera Miyako l'avrebbe passata a casa, colpa di un attacco di febbre improvvisa che le aveva impedito di festeggiare e quindi ci sarebbe stato qualcuno ad accoglierlo.
Non aveva pensato a comprare nulla per Kaede, ma sperava vivamente che quello che era pronto a regalargli quella sera bastasse più di qualsiasi altro regalo.
Osservò l'orario sul display del cellulare e lo rimise in tasca, impaziente: era appena partito e avrebbe già voluto essere a Tokyo. Fece un profondo respiro e, guardando il proprio riflesso nel finestrino, attraverso il buio della sera che pian piano sfumava, sorrise, pensando a quando l'avrebbe rivisto, cosa gli avrebbe detto...
Non aveva idea di come avrebbe affrontato la situazione, ma ormai non aveva più paura dei propri sentimenti.
Quelli, soltanto, sarebbero bastati per rendere quella serata speciale e far andare tutto per il meglio.
25_
Hanamichi si trovava di fronte all'entrata del solito locale dal quale provenivano risa e rumori di stoviglie: tutto in quell'atmosfera dava l'idea di festa e divertimento. Sakuragi sospirò, posando una mano sulla maniglia e sbirciando all'interno del locale attraverso i piccoli rombi trasparenti che formavano la vetrata esterna.
"Buonasera..." salutò, entrando nel ristorante e, subito, una ragazza in divisa da cameriera che portava con sé un piccolo vassoio di forma ovale, gli andò incontro: "Posso aiutarti?" domandò cordiale.
"Ehm... sì... ciao..." salutò Hanamichi, riconoscendo quel viso familiare: l'aveva vista spesso durante le sue uscite con i ragazzi. E lo stesso dovette fare lei nei suoi confronti, perché chiese: "Devi raggiungere i tuoi amici? Sei arrivato giusto in tempo, stanno per tagliare la torta!" lo informò, facendogli cenno di seguirlo attraverso i tavoli della grande sala e uscendo poi con lui all'esterno.
Non faceva molto freddo, nonostante il periodo: la notte era serena, senza un filo di vento e una maestosa luna piena colorava il cielo scurissimo. Tutt'attorno al perimetro, per terra, accanto al muro, una serie di candele bianche e rosse erano state accese per creare l'atmosfera e Hanamichi notò che anche su ogni tavolata erano state disposte delle composizioni natalizie con al centro una piccola candela, ogni volta di colore diverso. Dal soffitto, poi, pendevano delle lanterne di carta colorata che allungavano sul pavimento e la pista da ballo delle ombre dalle forme più strane.
Sorrise, sentendosi, forse per la prima volta, realmente a casa e cercò con lo sguardo i suoi amici. Il viaggio era stato lungo e, anche se aveva passato solo pochi minuti in casa per cambiarsi e salutare la zia, il nuovo anno era già cominciato, ma poco gli importava, in effetti: quel giorno per lui non sarebbe stato soltanto il primo dell'anno, ma valeva molto, molto di più.
"HANAMICHI!" la voce sorpresa e contenta di Haruko attirò l'attenzione del ragazzo che sussultò, voltandosi nella sua direzione. Avrebbe tanto voluto avere altro tempo per prepararsi all'incontro, ma questo non era stato possibile. La ragazza gli fu subito vicino, chiedendo spiegazioni su quella sua improvvisata e trascinandolo dagli altri.
"A... ahahah, Haruko... ehm buon anno!" le disse un po' imbarazzato e con il cuore che gli martellava in gola, come se quello fosse il suo primo incontro con i nuovi amici e non una rimpatriata: era stato via solo una settimana, ma si sentiva comunque un po' in imbarazzo adesso che gli occhi di tutti erano puntati su di lui.
"Hanamichi! Sei tornato, ma... perché non mi hai detto niente?" si informò Ayako, baciandolo sulla guancia e facendogli i suoi auguri.
"E... eh eh... sorpresa. Il Tensai ha voluto onorare voi comuni mortali della sua presenza in questo giorno di festa... il primo dell'anno senza di me sarebbe stato un guaio!" disse, spropositato come al solito, facendo ridere le ragazze presenti. Tra il gruppetto di 'dolci fanciulle', oltre a visi mai visti, riconobbe Miki e le inseparabili amiche di Haruko.
"Hanamichi, sono contento che tu sia tornato... ho sempre chiesto ad Ayako se ci fossero possibilità di averti con noi oggi, ma mi ha dato solo risposte negative!" fece allegro Sendo, stringendogli la mano per scambiarsi gli auguri. Sakuragi sorrise e anche tutti gli altri amici si avvicinarono per salutarlo e chiacchierare con lui: molti ragazzi delle altre scuole non lo vedevano da parecchio e volevano che raccontasse loro qualcosa.
Rukawa fu l'unico che rimase in disparte, a parte un sussurrato doaho al quale ricevette, giustamente in cambio, il solito baka kitsune, non aveva avuto modo di scambiare con il rosso neanche una parola. Non che si aspettasse che andasse a fargli gli auguri e che gli portasse un regalo, ma per un momento, aveva pensato che fosse tornato lì per lui. Invece, Hanamichi si comportava come al solito, distribuendo sorrisi a tutti senza accorgersi di lui, incurante del suo sguardo intenso e bruciante che sembrava volerlo catturare e attrarre a sé. Quella sera il cugino era veramente bellissimo o, forse, gli sembrava così per via del periodo che avevano passato lontani? Aveva attorno a sé un'aura nuova, lucente e, sebbene non indossasse nulla di particolarmente elaborato, Rukawa lo trovava assolutamente desiderabile.
Il pullover nero con un leggero collo alto gli aderiva al torace evidenziandone il fisico muscoloso e faceva risaltare ancor di più il colore dei suoi capelli così particolari. A ogni piccolo spostamento d'aria venivano scompigliati dolcemente e Kaede l'aveva sorpreso a rabbrividire, mentre si portava una mano tra i ciuffi più lunghi che gli ricadevano sul viso, scostandoli; e lui avrebbe tanto voluto poter essere il protagonista di quei gesti. Per un momento, si immaginò accanto a lui, seduto al suo fianco e mentre il rosso parlava con i loro amici, dolcemente lo faceva posare contro di sé accarezzandogli i capelli per fargli sentire la sua presenza, perché sapesse che lui ci sarebbe stato, in qualsiasi circostanza.
L'immagine da sogno venne mandata in pezzi da una presenza anomala e indesiderata che si era avvicinata a Sakuragi: l'Akagi gli aveva portato una fetta di torta e, per attirare la sua attenzione gli aveva posato una mano sulla spalla. Hanamichi, che stava ridendo per qualcosa dettagli da Fujima, si era voltato verso di lei con quel bellissimo sorriso e la ragazza era arrossita, spalancando impercettibilmente gli occhi, sicuramente colpita da quel gesto, così come era rimasto colpito Kaede. La mano della ragazza che reggeva il piattino aveva tremolato un po' e la posata, in bilico sul bordo del piatto, era caduta sui suoi pantaloni scuri, sporcandoli di zucchero a velo. Rukawa l'aveva sentita scusarsi e, imbarazzata, cercare di aiutarlo a pulirsi. Hanamichi l'aveva tranquillizzata, spolverandosi i pantaloni: in effetti il danno non era grave, ma Kaede aveva osservato la scena con rabbia, trattenendosi con tutte le sue forze dal correre lì tra i due e separarli.
Sendo aveva osservato l'amico da lontano e aveva dato un leggero pizzicotto al fianco del compagno che subito si concentrò anche lui sulla scena, pensieroso. Si sporse verso Akira sussurrandogli all'orecchio, malizioso: "Spero per te che sia pronto a pagare pegno, tesoro" calcò sul nomignolo, solleticandogli il padiglione con le labbra, mentre gli parlava. "Perché secondo me sarai tu a perdere la nostra piccola scommessa. Hai ancora poche ore di tempo, poi sarai mio..." gli disse, allontanandosi da lui e guardandolo con un sorriso malizioso e gli occhi accesi di una strana luce.
Akira scoppiò a ridere e lo attirò a sé per la vita: "Staremo a vedere, amore mio!" disse scherzoso, stampandogli un bacio rapido sulle labbra.
Hanamichi, che a sentire Sendo ridere si era voltato verso di loro, li aveva ammoniti come al solito sconvolto: "Ehi, ehi... voi due... che modi!" li riprese arrossendo e voltando il viso fintamente indignato. Nel farlo, allora, incontrò lo sguardo di Rukawa fisso su di sé. Rimasero a guardarsi per lunghissimi secondi poi, Hanamichi sollevò appena la forchettina con un pezzo di torta e, prima di gustare il dolce, gli sorrise lievemente muovendo le labbra: "Auguri!"
Rukawa rimase sorpreso da quel gesto, davvero non se l'aspettava: erano stati gli auguri più graditi e piacevoli che avesse mai ricevuto. Allora lo sapeva che fosse il suo compleanno, eppure, quando era arrivato, non aveva detto nulla, non l'aveva guardato, non gli aveva detto niente.
Perché?
Perché continuava a confonderlo?
***
I ragazzi rimasero insieme ancora per un'ora e poi, pian piano, se ne andarono tutti, rincasando.
I tre cugini si fecero dare un passaggio da Akira e Mitsui e poi lasciarono soli i due piccioncini, per continuare a festeggiare per conto loro. Ayako e Kaede presero la scala principale, mentre Hanamichi passò dal cortile per arrivare alla dependance.
"A domani, Hana... mi racconterai tutto dei giorni che hai passato con tua mamma..." disse la ragazza, mentre lo salutava con la mano, Rukawa l'aveva già preceduta in casa.
Sakuragi attese che la ragazza salisse e, facendo attenzione a non essere visto, mentre risaliva a uno a uno i gradini interni del cortile, controllò le sue mosse, spiandola dall'esterno.
Non poteva più aspettare! L'aveva promesso a Yohei e l'aveva imposto a se stesso: doveva agire quella notte!
Con cautela, silenzioso come un gatto, Hanamichi aprì la porta del soggiorno, richiudendola piano e, in punta di piedi, con indosso solo le calze per fare meno rumore possibile, attraversò il corridoio raggiungendo la camera di Rukawa. Aveva bussato piano, con il cuore che di nuovo aveva accelerato i suoi battiti e poi la porta si era aperta lentamente, lasciando intravedere la figura di Rukawa palesemente confuso.
Quando aveva sentito quel lieve bussare, Kaede, che si stava cambiando cominciando a slacciare la camicia candida e i polsini, credette di aver sognato, ma era andato comunque a controllare. E, infatti, si era trovato davanti Hanamichi che gli sorrideva titubante, quasi si stesse scusando per quell'improvvisata.
"Che fai qui, doaho? Ti sei perso?" gli chiese in un sussurro.
Hanamichi si mise un dito sulle labbra, guardandosi intorno con circospezione, prima di sussurrare a sua volta: "Mi fai entrare?"
Rukawa scostò di più la porta e Sakuragi entrò nella stanza, illuminata solo dalla debole luce dell'abat-jour.
Quando lo sentì richiudere, il rosso si voltò verso il cugino, vedendo che Rukawa lo osservava in silenzio.
"Ecco... ehm... ti puoi sedere?" gli disse Hanamichi indicando il letto.
Rukawa obbedì, sedendosi e rimanendo in attesa. Hanamichi lo osservò per un attimo cercando di non arrossire e di non emozionarsi più di quanto non fosse già. Dopo tanto tempo, si ritrovava per la prima volta da solo con il moro e di nuovo in quella stanza. Rukawa sembrava non aver fatto caso a questo, né dava l'impressione che stesse pensando la medesima cosa.
Forse, si preoccupò Hanamichi, forse aveva rinunciato? Il tarlo del dubbio si insinuò in lui, ma il rosso fu molto abile a scacciarlo. Fece un impercettibile sospiro per darsi coraggio e continuò: "Ti starai chiedendo perché sono qui..." sorrise imbarazzato e Rukawa lo guardò, annuendo con il capo.
Sakuragi continuò: "Ho... una cosa per te: un... un regalo..." sussurrò piano e fece un passo in avanti raggiungendo il moro che dovette alzare un poco il viso per osservarlo.
"Un regalo? Per me?" chiese, sinceramente sorpreso, non sapeva proprio cosa pensare.
"Sì... eheh, stupida volpe, è ancora il tuo compleanno, no?" gli sorrise. "Chiudi gli occhi!" disse Hanamichi, facendo ancora un passo in avanti.
Rukawa lo guardò sollevando un sopracciglio, un po' scettico. Hanamichi ridacchiò lievemente della sua espressione: "Dai... fidati, chiudi gli occhi..." lo esortò ad accontentarlo usando un tono dolce che gli venne talmente naturale che non se ne accorse neanche, ma lo stesso non fu per Rukawa che iniziò a sentirsi inquieto.
"E, mi raccomando, non aprirli qualsiasi cosa succeda, ok? Fino a che... fino a che non te lo dico io..." chiarì.
Rukawa attese un attimo ancora e poi fece come gli venne chiesto: era proprio curioso di sapere cosa il doaho avesse in mente. Un senso di aspettativa e felicità si fece largo in lui... sperava solo che non si stesse illudendo di nuovo.
"Bene!" parlò ancora Hanamichi. "Ora, dammi le mani..."
Rukawa eseguì, sollevando le braccia e lasciando le mani nel vuoto, i palmi rivolti verso l'alto, in attesa di qualcosa, qualcosa che venisse posato su di esse: Hanamichi aveva detto che aveva un regalo e si aspettava qualcosa di materiale. Invece, il rossino prese le mani tra le sue, intrecciando appena le loro dita, prima di tirare i palmi verso di sé, avvicinandosi ancora a lui per sistemandosi in piedi tra le gambe di Rukawa. Kaede avrebbe tanto voluto aprire gli occhi per capire cosa stesse succedendo, per assicurarsi che stesse davvero avvenendo quello che i suoi sensi riuscivano a percepire, ma si trattenne. Hanamichi gli aveva detto di fidarsi e tutto di lui, dal suo cuore al suo cervello, gli urlavano di stare fermo e lasciarlo fare.
Hanamichi si portò le mani sulla vita, tenendole ferme con le proprie, facendo in modo che Rukawa capisse che lì le doveva lasciare, e, lentamente, si chinò verso di lui, verso il suo viso, fermandosi un secondo a osservarlo. Kaede aveva gli occhi chiusi e le labbra un poco aperte, respirava piano, sembrava aspettarlo e Hanamichi non volle più farlo attendere: azzerò completamente la distanza tra i loro fiati, quello di Rukawa che gli solleticava le labbra, posando dapprima un leggero e impalpabile bacio su di esse. Teneramente le mosse, forse anche un po' inesperto, sfregandole su quelle morbide del moro, prima di schiudere la bocca, per far capire a Rukawa che poteva permettersi di andare oltre, per fargli capire che voleva che lo baciasse. Kaede schiuse le labbra e Hanamichi, con un sospiro, chiuse gli occhi imitando i movimenti che sentiva su di sé, lasciandosi guidare dall'istinto e dai suoi sentimenti, lasciando libero quel cuore che batteva furioso e gli risuonava nelle orecchie.
Fu un bacio dolce e lento, senza pretese, uno sfioramento di labbra delicato, come la prima volta, ma era anche più intenso: Rukawa aveva fatto scivolare le mani in avanti, cingendo con le braccia completamente la vita del rosso e posandogliele sulla schiena, lasciandole vagare lente alla base di essa.
Quando Rukawa aprì gli occhi, allontanandosi e interrompendo il bacio, Hanamichi era ancora vicino a lui e teneva le mani sulle sue spalle. Non era scappato e lo guardava in viso stavolta sorridendogli, mentre, forse senza accorgersene, portava indentro le labbra per ricercare tracce del suo sapore, tracce del suo calore.
"Cos'era?" domandò Rukawa, fissandolo.
Hanamichi sorrise piano, ridacchiando: "Beh... tu cosa pensi che fosse?" chiese a sua volta.
"Hai detto che mi avresti dato un regalo... era questo il mio regalo?" aveva titubato un momento, perché, sebbene l'avesse desiderato tanto, non voleva che fosse solo quello il suo regalo. Non aveva intenzione di accontentarsi di un bacio, le sue intenzioni erano serie e andavano al di là della pura e semplice attrazione fisica, per cui non voleva illudersi, non era disposto a far finta di dimenticare un'altra volta, non gli sarebbe bastato, non gli avrebbe permesso di andarsene o prendersi gioco di lui.
Nonostante quei pensieri, che non avrebbe voluto fare, ma che, per la paura di perderlo, non poteva non tenere in considerazione. Una parte di sé, quella innamorata di Hanamichi, del ragazzo dolce, pasticcione e un po' doaho, urlando forte, superando i battiti veloci del suo cuore, tutto in lui, ancora una volta, gli urlava di fidarsi e lasciare che fosse Hanamichi a rassicurarlo.
Sakuragi sembrò comprendere il suo turbamento e sorrise, ancora una volta, dolcemente, spostando una mano per portarla sul suo viso a scostargli i capelli dalla fronte che gli adombravano lo sguardo.
"No, scemo, io... io sono il tuo regalo, quello era solo un anticipo" gli disse arrossendo. "Il Tensai ti fa il prezioso dono di stare insieme a te!"
Rukawa si prese del tempo per assimilare quanto Hanamichi gli stava dicendo e non rispose subito: senza che il rosso fosse preparato, l'aveva attirato contro di sé, facendolo capitolare sul letto, stendendosi poi su di lui, senza gravargli completamente addosso, intrecciando le loro gambe e tenendolo fermo per la vita. Hanamichi, seppur sconvolto per quella mossa, teneva ancora le mani sulle sue spalle, circondandogliele, tenendosi un polso con la mano, incatenandosi a lui.
"Doaho, ti avverto: non è mia abitudine cambiare i regali dopo averli ricevuti, sei sicuro?" gli chiese Rukawa, pur conoscendo già la risposta, ma senza voler perdere quel loro strano rapporto di amore-odio.
"Sicurissimo... e poi non ti converrebbe, perché mi è stato detto che non si accettano resi e gli articoli non si cambiano" altro sorriso.
Rukawa, lentamente, si era chinato sulle sue labbra, sussurrando un doaho il cui suono si perse e si confuse nel sapore di un bacio.
***
"Kaede... grazie..." sussurrò Hanamichi, con la testa posata sulla spalla del cugino guardandolo da sotto in su. Rukawa lo osservò a sua volta perplesso, mentre gli carezzava i capelli. Erano rimasti diversi minuti in silenzio cullati solo dal soffio leggero dei loro respiri, stando sempre vicini.
Hanamichi arrossì e sollevò la testa, spostandosi per girarsi ma restando poggiato al corpo del moro sotto di sé. Spostò una mano e sfiorò lo scollo della camicia con le dita, solleticando con il polpastrello la pelle calda.
"Per avermi aspettato... io non so se avrei avuto tutta la tua pazienza" ammise.
"Doaho, sono allenato, il basket infonde una grande disciplina e poi... il fine valeva tutta l'attesa del mondo, te l'ho detto" gli disse dolcemente e Sakuragi si chinò a sfiorargli le labbra con le sue. Rukawa le intrappolò con le proprie, succhiandole piano, prima una, poi l'altra, mentre Hanamichi schiudeva la bocca perché esigeva un bacio completo. Rukawa lasciò scivolare la mano sulla schiena del rosso, fino a infilarsi tra i suoi morbidi capelli e premendo leggermente sulla testa per avvicinarlo a sé. Allungò la punta della lingua segnando il contorno perfetto di quelle labbra piene che sapevano di lui e cercò la gemella che, subito, gli andò incontro cercandolo e ricambiando il bacio. I loro sapori si mischiavano dolcemente e i due si persero in quel momento solo loro. Quando si separarono, Hanamichi aprì piano gli occhi, posando la fronte su quella di Rukawa e gli sorrise.
Kaede si sporse a rubare quel sorriso con un bacio che risuonò con un sonoro schiocco nell'aria.
Hanamichi tornò a stendersi su di lui, abbracciandolo come meglio poté, stringendoselo contro. Si sentiva stanco e sarebbe tanto voluto restare a dormire con lui, per tutta la notte, stretto contro il suo corpo, ma non poteva.
Si mosse un poco, a disagio, senza riuscire a esprimere a Kaede i propri sentimenti e dubbi.
"Hana, che c'è?" sussurrò allora il moro, scostandolo da sé e mettendosi dritto a sedere, mentre Sakuragi, scivolava steso supino.
"Ecco... io stavo pensando che devo andare... è tardi" disse, guardando l'orologio: segnava quasi le quattro del mattino e credeva proprio che non sarebbe riuscito ad alzarsi tanto presto il giorno dopo.
"Perché non resti qui?" aveva, invece, domandato Kaede. Hanamichi si mise anche lui a sedere, posando i piedi sul pavimento.
"Mh... davvero, mi piacerebbe ma... ecco... penso che... una cosa di cui non abbiamo parlato ancora sia..."
"I miei genitori..." concluse Rukawa, facendogli intendere che capiva il suo disagio.
"Non ci sono legami di sangue tra noi, lo sai... e in casa sanno che mi piacciono i ragazzi... non credo sia..." ma fu interrotto.
"Lo so... lo so, davvero e... non questo il punto... non è vero, forse un po' è così" concesse. "Per quanto riguarda la questione della parentela tra me e te, ormai l'ho superato, ma..." cercò di spiegare allungando una mano a sfiorargli il fianco, stringendogli la camicia per avere un contatto con lui.
"Vorrei tenere questa cosa per noi, Kaede... almeno per ora... voglio che sia una cosa solo nostra" disse e accennò un sorriso.
"E con i ragazzi?" pose un nuovo dubbio il moro, attirandolo a sé per la vita per abbracciarlo.
"Anche con loro!" disse deciso il rosso, annuendo con la testa.
Rukawa allora arcuò un sopracciglio scettico: "E secondo te ce la possiamo fare? Quelli lo capiranno subito!" disse, se conosceva bene Akira e Mitsui alla prima uscita li avrebbero sicuramente scoperti.
"Ma no, basterà fingere che tra noi non sia cambiato niente..." lo contraddisse Sakuragi, sicurissimo del fatto suo.
Rukawa si arrese: non voleva cominciare l'anno litigando con lui dopo appena un ora che stavano insieme. Annuì e si alzò dal letto, accompagnandolo alla porta.
Hanamichi si preparò per uscire, ma prima si voltò verso Kaede e gli sorrise alzando le braccia per cingergli il collo e cercandolo in un bacio.
"Così abbiamo sostituito il ricordo di me che scappo terrorizzato da questa stanza..." disse, sperando in quel modo che capisse che gli stava chiedendo, ancora una volta, scusa per il proprio comportamento passato.
"Vai, scemo di un doaho... o non ti farò più uscire da qui!" gli rispose il moretto, baciandolo un'ultima volta e lasciandolo libero di andare.
Kaede rimase solo nella stanza e, come uno stupido, si poggiò contro la porta chiusa, le mani dietro di sé a pensare: quando si rese conto di stare per mettersi a sorridere come un doaho si allontanò, tornando serio e scuotendo la testa. Non si sarebbe rincitrullito tutto in una volta, non era una cosa che si addiceva a Kaede Rukawa!*
Stava per cambiarsi per andare a dormire, quando, d'un tratto, un dubbio lo colse e Kaede si avvicinò alla finestra, scostando le tende chiare, cercando di guardare di sotto. Scosse il capo, lasciandosi scappare un sorriso: 'doaho' mormorò, mentre alzava una mano e salutava qualcuno al di là della finestra, prima di allontanarsi nuovamente e prepararsi seriamente a dormire.
Di sotto, un felice Hanamichi stava rientrando alla dependance con un sorriso che gli illuminava tutto il volto: si era precipitato giù dalle scale e si era fermato a osservare la luce accesa della stanza della volpe, come per accertarsi che non fosse un sogno: aveva sperato che si affacciasse e il moro l'aveva fatto. E l'aveva anche salutato, certo, l'aveva anche offeso, ma che importava? Anche lui era un doaho se era andato alla finestra, poteva anche non farlo! Si disse Hanamichi non trattenendo un sorriso.
Si spogliò velocemente, indossando il pigiama, e infilandosi sotto le coperte, tirandole fin sul naso. Non aveva sonno e si sentiva stranamente sveglio adesso: l'adrenalina e l'eccitazione ancora scorrevano nel suo corpo, impedendogli di prendere sonno. Allungò una mano sul comodino prendendo il telefono e scrisse un messaggio. Lo rimise a posto e si voltò su un fianco chiudendo gli occhi, facendo profondi respiri per calmarsi, lasciandosi cullare dal battito veloce del proprio cuore che, pian piano, si regolarizzava e Hanamichi scivolava nel mondo dei sogni.
***
Ti... ti...
L'avviso di un messaggio di posta in arrivo aveva destato il ragazzo che era in fase di dormiveglia: era tornato da poco a casa, dopo aver festeggiato tutta la notte e cercava di prendere sonno.
Recuperò il cellulare e aprì il messaggio.
Lo lesse: "… sono stato un vero doaho, ma me ne sono accorto giusto in tempo... grazie di tutto, adesso sono felice... H."
E Yohei sorrise.