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In quell'ultimo giorno di gita a Okinawa, i ragazzi sfruttarono tutta la mattinata a favore di partite e scontri continui, così gli allenatori avevano deciso di lasciare loro libero il pomeriggio per organizzare i bagagli e riposarsi un po' prima del rientro: il volo era previsto nella seconda parte della serata, se tutto fosse andato per il meglio e senza ritardi, sarebbero stati a Tokyo prima delle nove di sera.
Quella mattina, Hanamichi, nonostante le poche ore di sonno, aveva dato il meglio di sé in campo, mettendo in pratica i consigli dei compagni e degli allenatori, riuscendo a concludere con successo tre incontri su cinque, portando anche un discreto apporto di punti alla sua squadra, prima di farsi espellere. Forse la stanchezza e la troppa euforia del successo ottenuto avevano avuto la meglio, distraendolo e facendogli compiere diverse imprecisioni. Ma come era accaduto il primo giorno, il rosso non si era indispettito, anzi, adottando un comportamento maturo, era uscito silenziosamente dal campo, incoraggiando i suoi compagni a dare il meglio anche per lui, sedendosi sulla panca: un asciugamano gettato in testa, si era fermato a riprendere fiato, prima di concentrarsi sul gioco come spettatore.
All'ora di pranzo i ragazzi si erano riuniti insieme con gli allenatori, ed erano andati a mangiare in un ristorante importante della zona vicina all'albergo: avevano scherzato tra di loro, parlato di argomenti di vario genere, ricevendo notizie degli ex alunni ed ex giocatori di ciascuna squadra, dai compagni con i quali questi erano rimasti in contatto, lasciando che il tempo scivolasse in tutta tranquillità. Hanamichi aveva anche avuto modo di farsi conoscere meglio parlando ai ragazzi delle differenze che aveva avvertito nel passare dal vivere in un piccolo paesino vicino al mare alla grande metropoli. Tutti erano rimasti affascinati dalla descrizione e dal modo che il rosso aveva di raccontare le sue vicende, imparando a conoscerlo non solo come un compagno di squadra e avversario, il giocatore novellino e un po' sbruffone, ma anche come Hanamichi Sakuragi l'amico: un buon amico.
Molti dei ragazzi, a fine spuntino, avevano deciso di esplorare ancora un po' la città, facendo il giro dei negozi, aperti a orario continuato, mentre altri si erano ritirati per riposare: Hanamichi e alcuni dei suoi compagni di avventura della notte precedente avevano optato per questa seconda scelta.
***
"Mmmm..." Sakuragi emise un mugugno sommesso, premendo la guancia contro il cuscino, voltandosi di fianco per continuare a dormire in quella posizione.
Sentiva qualcosa accanto a sé e, attratto da quel calore avvolgente e gradevole per i suoi sensi stanchi e intorpiditi, allungò le braccia cingendo un corpo solido e inspirando sonoramente contro un torace ampio.
"Mmmm..."
"Doaho!" quella voce bassa, pronunciata in un soffio impalpabile al suo orecchio, lo svegliò di colpo e, spostando la testa, Hanamichi, confuso, esclamò: "Kitsune! Cosa diavolo...?"
Fu, però, interrotto: "Niente scuse, doaho! Tu abbracci così chiunque si intrufoli nel tuo letto? E se fosse stato Sendo?" disse, guardandolo con rimprovero.
Hanamichi lo osservò colpito, senza sapere cosa rispondere: lo stava forse accusando di qualcosa che non aveva compiuto? E poi era stato lui a infilarsi nel suo letto! Lui stava dormendo così bene!
"A cosa stavi pensando?" il tono dolce e basso con il quale Rukawa gli aveva posto quella domanda, placò l'animo del rosso, desideroso di battibeccare con la volpe per ricevere le sue scuse, ma non capì subito quell'interrogativo. Rukawa lo abbracciò, accarezzandogli la schiena: "Avevi un'espressione pacifica e rilassata... cosa stavi sognando?"
Sakuragi sorrise: "Mmm... qualcosa di bello, suppongo!" disse vago, divertito dall'espressione che comparve sul volto del moretto. "Mi ricordo..." cominciò, strascicando lento le parole, soppesandole, per creare suspance, "… vediamo, ricordo un gradevole odore di menta che mi avvolgeva e stavo volando alto..." avvicinò il viso a quello del suo ragazzo e, guardando verso il soffitto, come se stesse cercando di ricordare e afferrare qualcosa che gli sfuggiva, portò indietro il labbro inferiore tirandolo con i denti.
"Poi c'era qualcuno con me, ma non ricordo bene... penso fosse un ragazzo... sì, un ragazzo..."
"Nh... e poi... parlami di questo ragazzo..." chiese Kaede, baciandogli la fronte e scendendo sullo zigomo e la guancia, mentre le mani, da sole, si infilavano sotto la maglietta nera che Sakuragi indossava. Il ragazzo dai capelli rossi riprese a parlare, tentando di non farsi distrarre da quelle dita errabonde che segnavano sul suo fianco cerchi concentrici, solleticandogli la pelle e facendolo rabbrividire.
"… mmm, beh... non ricordo molto, ma aveva dei bellissimi e morbidi capelli color dell'ebano..." e con una mano sfiorò quel mare di seta scura che erano i capelli della sua volpe, "… dei profondi occhi scuri... blu... blu come il mare di notte" continuò fissandolo intensamente, annegando nel suo sguardo, in quelle iridi belle come non le aveva mai viste in tutta la sua vita e che non si sarebbe mai stancato di osservare, per leggervi dentro ogni più piccolo segreto.
"Nh-nh..." annuiva Kaede contro il suo collo, mordendone appena la cute e curandola con delle piccole lappate, depositandovi poi un bacio.
"Kaede..." sospirò Hanamichi, mandando indietro la testa, esponendo alla mercé del compagno il pomo d'Adamo e la giugulare pulsante: sentiva il proprio sangue cominciare a scorrere impazzito, assecondando il ritmo del proprio cuore.
"Mh?" Kaede alzò il volto per guardarlo e Hanamichi, con occhi lucidi, ricambiò, deglutendo, non volendo ancora cedere. Cercò di riprendere un po' di contegno e abbozzando un sorriso, lasciando scorrere le mani sulle braccia del moro, infilò un ginocchio tra le gambe di Rukawa che accolse quel suo gesto con un sogghigno malizioso, lasciando che le cosce di entrambi sfregassero insieme.
"Kaede... mi pare fosse questo il nome con il quale l'ho chiamato, ma... potrei sempre sbagliarmi..." concluse con la descrizione del proprio sogno, venendo premiato con un bacio umido e caldo.
Hanamichi si stese sulla schiena, assecondando la pressione che Rukawa aveva fatto sul suo corpo e ora il moro si ritrovava padrone della situazione, con le mani che vagavano libere e dispettose sul petto del compagno, sfiorando i capezzoli, prendendo tra due dita la punta morbida, stuzzicandola, stringendola appena e tirandola. Sakuragi aveva allargato le gambe, solo per spostarsi e, puntando i piedi sul materasso, stringere con le cosce i fianchi del moro, facendo in modo che i loro corpi aderissero completamente l'uno all'altro.
Rukawa lo accontentò, stendendosi completamente su di lui, facendo scivolare le mani sui fianchi, rallentando l'intensità delle carezze: per quanto gli piacesse, e non poco, la piega che aveva preso la situazione, non potevano permettersi di superare un certo limite; a momenti anche il secondo occupante della stanza sarebbe tornato per prendere le sue cose e avrebbero dovuto lasciare l'albergo.
Sospirando, si separò dalla bocca di Hanamichi, allontanandosi da lui, stringendo tra le labbra quello superiore del compagno, osservando la testa del rosso sollevarsi dal cuscino per non doverlo lasciare.
"Mmmm..." si lamentò infatti, "ti preferivo quando eri un sogno... almeno non eri così dispettoso!" gli disse, riaprendo gli occhi e rubandogli un altro bacio veloce, posando di nuovo la testa sul cuscino.
"Doaho! Dobbiamo andare..." disse, sollevandosi da lui e stendendosi al suo fianco.
"Lo so, però... restiamo ancora un attimo così... finché non torna Akira" chiese il rosso e Kaede, abbracciandolo di nuovo, lasciò le loro gambe intrecciate l'una all'altra, ma senza secondi fini, aspettando insieme che arrivasse l'ora di partire.
***
"Hanamichi! Kaede! Siete tornati!" Ayako era andata a prendere i suoi due ragazzi nel piazzale della scuola. Nonostante le avessero detto di non preoccuparsi e non volessero che uscisse di casa solo per quello, lei non aveva resistito: gli erano mancati e non vedeva l'ora di rivederli.
La ragazza saltò al collo di Hanamichi dandogli un bacio sulla guancia, prima di fare lo stesso con il fratello che, però, a differenza del rosso la guardò un po' male.
"Vedo che sei sempre il solito acido, fratellino!" lo accolse con un sorriso, affatto offesa per quel saluto molto poco affettuoso.
"Nh" fu il mugugno di risposta e Ayako sorrise: eh sì, gli erano proprio mancati.
La ragazza volle subito sapere i dettagli di quella loro gita, come avessero trovato il posto, se si fossero divertiti, i progressi di Hanamichi nel basket, ma nonostante il rosso rispondesse a tutte le sue domande, Ayako si accorse che qualcosa non andava, specialmente in quest'ultimo. Kaede, anche se come al solito rimaneva in silenzio, era strano a sua volta, come se entrambi stessero pensando a qualcosa che li tormentava. Immediatamente si preoccupò e chiese: "Ragazzi, come siete mogi, ma è successo qualcosa?"
"No, no, non ti preoccupare Ayako... siamo solo stanchi dal viaggio eheh!" rise un po' troppo forzatamente il rosso, non convincendo neppure se stesso. E sinceramente, non è che avesse così tanta voglia di fingere, non dopo quei meravigliosi giorni che aveva passato con Kaede. Anche se erano stati solo pochi momenti, erano stati molto intensi e lui si era sentito bene, pensare che, adesso, una volta tornati a casa avrebbero dovuto riprendere a fingere e fare attenzione a non scoprirsi, gli lasciava in corpo una strana sensazione.
Rimasero in silenzio per un bel tratto di strada, poi, prima di giungere a casa, a metà cammino, la riccia sconvolse quell'atmosfera calma con una domanda: "Quando avete intenzione di dirglielo?"
Entrambi i ragazzi si voltarono verso di lei, che camminava tra loro, e Ayako sorrise: "A mamma e papà!" disse, guardando Kaede. Il moro osservò Hanamichi e così fece anche la riccia.
"Hana, non ti fidi di loro? Guarda che sanno che Kaede..." ma il cugino non le diede modo di continuare.
"Lo so... lo so, Ayako e... non è per mancanza di fiducia, ma mi sembra una cosa... strana da dire... non è facile" disse, stringendosi nelle spalle.
"Mah... secondo me qualcosa l'hanno già capita" rivelò la riccia, rimanendo sul vago.
"Nh?" chiese il fratello e anche Hanamichi rimase in ascolto.
"Una volta, per sbaglio, ovviamente, non è stato intenzionale" specificò dato lo sguardo che le lanciarono i due ragazzi.
"Ho sentito la mamma parlare al telefono con la zia" si rivolse ad Hanamichi e cercò di ricordare, sintetizzando. "Mi pare le abbia confidato qualcosa tipo: 'qui va tutto bene, Hanamichi è tornato carico dal vostro incontro, gli ha fatto bene, non far passare altri mesi senza che vi vediate sorellina, ha bisogno di te... anche se... credo che abbia trovato una persona speciale alla quale dedicare tutto il suo affetto... eheh... anche Haruiko l'ha notato, quindi puoi capire che non è frutto della mia fantasia... no... certo che non te lo dirò! … Ah, sì? Allora dimmelo! No, io lo so sei tu che... Minako non fare la solita, dimmelo! Oh, beh, allora per capire dovrai venire a trovarci, anche a me manchi, Mina...' una cosa così" concluse e Hanamichi arcuò un sopracciglio.
"E così non hai ascoltato niente, vero? Ayako, sei una pettegola!" le disse ridendo, spostandosi da lei, quando, rossa in viso, la ragazza tentò di colpirlo per quella puntualizzazione poco carina.
"E io che mi preoccupavo per voi... spero proprio che vi smascherino e vi facciano anche una lavata di capo!" disse risentita.
"Ma se hai appena detto che ormai l'hanno praticamente capito!" rise Hanamichi, guardando divertito la sua volpe.
"Umpf..." fece lei offesa, senza sapere cosa ribattere e raggiungendo per prima la casa, lasciandoli indietro, facendo ad Hanamichi la linguaccia.
***
Qualcuno aveva bussato alla porta della dependance e Hanamichi era andato svelto ad aprire: erano tornati da poco e si sentiva stanchissimo, adesso che finalmente era tornato a casa aveva una fame da lupi e non vedeva l'ora di andare a riposare. Aveva bisogno di una dormita rigenerante, in modo da recuperare il suo solito buon umore: si era perso un po' troppo spesso nei suoi pensieri, ritrovandosi a riflettere seriamente sulle parole di Ayako circa la sua situazione con Kaede e adesso era definitivamente esausto anche mentalmente.
Quando aprì la porta, però, davanti a sé vide il suo ragazzo. Confuso, lo fece passare, perché, dalla sua espressione, aveva capito che volesse parlargli.
"Kitsune?" domandò, osservandolo dirigersi verso il divano. Rukawa gli fece cenno di avvicinarsi e Hanamichi lo raggiunse per sedersi accanto a lui, ma Kaede lo trattenne per un polso, facendolo fermare tra le proprie gambe, invitandolo a sedersi su di sé.
Sakuragi era sempre più confuso, ma seguì il suo istinto, soddisfacendo quella richiesta, sedendosi cavalcioni su di lui. Gli posò le mani sulle spalle e Rukawa lo abbracciò in vita, sollevando il volto e richiedendolo per un bacio.
"Kaede?" sussurrò il rosso, sempre più perplesso, sulle sue labbra, dopo averlo accontentato.
"Mi sono stufato!" gli disse Rukawa, serissimo.
Hanamichi spalancò gli occhi spaventato, allontanandosi da lui, lasciando cadere inermi le braccia ai lati delle loro cosce: "Co... cosa? Credo di non aver capito?" disse, dubbioso.
Stava sicuramente fraintendendo, doveva aver preso un gigantesco granchio, perché Rukawa non si stava riferendo a loro due; quello non poteva essere un... bacio d'addio.
"Sono stufo di questa situazione, non voglio più continuare!" disse ancora sibillino il cugino.
"Kaede..." Hanamichi fece una piccola risata nervosa, adesso sì che stava iniziando ad avere seriamente paura. "Kaede, stai cominciando a spaventarmi e... come sai non posso leggerti nella mente, quindi ti dispiacerebbe spiegarmi che stai dicendo?" decise di chiedere prima di entrare nel panico più totale.
"Sto parlando di questo... di noi che ci nascondiamo!"
Hanamichi capì subito che non si stesse riferendo al loro rapporto giunto a conclusione, ma, come lui, anche Kaede aveva pensato alle parole di Ayako e si tranquillizzò un poco.
"Pensi che sia vero quello che ci ha raccontato tua sorella? Che i tuoi sappiano?" chiese, spostandosi da lui e sedendosi sul divano, ma lasciando le gambe di traverso su quelle di Rukawa, intrecciandole insieme. Il moro si posò contro la spalliera ed espresse i suoi pensieri: "Non lo so, ma questo non c'entra... non voglio mettere in mostra quello che c'è tra noi, davanti a loro..." Hanamichi annuì, comprendendo il senso del suo discorso, lasciando che proseguisse.
"Ma non voglio dovermi trattenere se voglio guardarmi un film con te sul divano dopo cena, se voglio abbracciarti o essere gentile" spiegò, vedendo il volto del rosso illuminarsi alla prospettiva di essere riempito di coccole dalla sua volpetta glaciale.
"Calmo, doaho, vola basso!" lo smontò di contro il moro. "Sono solo supposizioni!"
Hanamichi incrociò le braccia al petto, mettendo su il broncio: ecco, mai che lo accontentasse o si sciogliesse un po'.
Rukawa sollevò gli occhi al cielo, esasperato.
"Non voglio nascondermi più... è vero, sanno che ho avuto un ragazzo e quale sia la mia scelta di vita... e ti adorano... sanno che tra noi non c'è alcun tipo di legame, per cui..."
"… il problema sono io, vero?" concluse il rosso per lui.
Rukawa non disse nulla, ma quello era il concetto: lui era il problema, perché, ancora una volta era lui che stava precludendo a entrambi la possibilità di essere felici.
Hanamichi allungò le mani posandole sulle guance della sua volpe e gli disse: "Va bene, Kaede... in effetti, anche a me viene sempre più difficile continuare a fingere. A volte ho delle reazioni troppo naturali verso di te che sono difficili da controllare e per non impazzire in sedi meno opportune, in casa meglio essere sinceri" gli sorrise.
Rukawa stesso incurvò leggermente le labbra e, con un movimento veloce, fece stendere il rosso sotto di sé, imprigionandolo con il proprio corpo, bloccandogli i movimenti e chinandosi per baciarlo. Hanamichi sorrise allegro, stando al gioco, lasciando che il moretto si sistemasse comodamente su di lui, abbracciandolo.
"Quindi... come pensi di affrontare la cosa?" chiese Hanamichi. "Io direi di andare per gradi e magari studiare un discorso da fare... andare per punti, che so, per esempio..."
Rukawa lo guardò senza espressione e, senza parlare, non ascoltandolo neanche più, si alzò da lui e lo attirò in piedi prendendolo per mano. Sakuragi sbarrò gli occhi non comprendendo, si sentì trascinare fuori dalla porta e, senza neanche dargli il tempo di indossare le pantofole, Kaede risalì le scale saltando i gradini a due a due.
"Ka... Kaede? Aspetta! Cosa vuoi fare? Eh? Kitsune!" gli urlò dietro, vedendo la vetrata del soggiorno sempre più vicina, immaginando cosa sarebbe successo di lì a poco.
"Io non sono preparato adesso, non vorrai mica...?" non terminò la domanda che si ritrovò nel soggiorno.
Kaede lo guardò un attimo, annuendo con la testa e camminando spedito in cucina dove tutta la famiglia era riunita per la cena.
Miyako, con in mano la pentola, li guardò allegra: "Oh bene, stavo per chiamarvi, Hanamichi ma cosa hai fatto? Sei tutto rosso in faccia!" chiese lei con preoccupazione. Lo zio, invece, osservava il volto del figlio, con quell'espressione di determinazione fiera che riconosceva assomigliarli moltissimo e fece cadere lo sguardo sulle mani dei due ragazzi strette l'una all'altra.
"Cara, siediti, credo che ci debbano parlare..." disse l'uomo.
Hanamichi, se possibile, divenne ancora più rosso, perché sapeva che ormai la cosa era diventata più che ufficiale, osservando la zia, ancora un po' confusa sedersi piano.
Ayako rise, portandosi una mano alla bocca e poi sentì il fratello sorprendere tutti: "Io e il doaho stiamo insieme! Da quasi due mesi..." disse conciso, tirando avanti il rosso che era rimasto un passo dietro di lui, immobile sul posto. "Per favore, ditegli anche voi che la cosa non vi crea problemi, così la smette di tremare" continuò il moretto.
Nella stanza cadde per alcuni istanti un silenzio assoluto, nel quale Hanamichi ponderò bene l'idea di scappare dalla porta principale e non fare più ritorno o prendere a testate la sua adorata volpetta che aveva avuto la stupidissima idea di esercitare le proprie corde vocali per fare una confessione di quel genere.
Poi, fu la zia a dare al rosso il permesso di tornare a respirare, prima che potesse svenire per mancanza d'aria: senza accorgersene aveva cominciato anche a trattenere il fiato.
Videro la donna allungare una mano, con il palmo rivolto verso l'alto, in direzione del marito, facendogli cenno con due dita: "Hai perso, paga!" gli disse semplicemente, mentre l'uomo, sconsolato, metteva mano al portafoglio ed estraeva una banconota di grande taglio.
Miyako sorrise a lui e ai ragazzi che la guardavano sconvolti: avevano davvero scommesso su di loro?
Ma prima di chiedere delucidazioni a riguardo, sentirono la voce di Ayako parlare: "Mamma..." disse, facendo esattamente la stessa mossa che Miyako aveva fatto al marito.
La zia di Hanamichi sbuffò e diede a lei quanto appena guadagnato, più un altro biglietto anche quello di grande valore.
"Grazie..." disse la figlia, contando la sua 'vincita' tutta contenta.
"Umpf!" fu il mugugno di Rukawa, mentre lasciava andare la mano di Hanamichi e si sedeva al tavolo. Il rosso era, invece, rimasto in piedi, sconvolto: non credeva ai suoi occhi, era impossibile! Che razza di famiglia era quella? Doveva sedersi!
"Hai visto, doaho? E tu che ti facevi tanti problemi" gli disse Rukawa, mentre si serviva e passava al suo ufficialmente dichiarato ragazzo la padella con la cena, anche se Hanamichi al momento non è che avesse proprio tanto appetito. Per lo spavento e poi lo shock nel sapere che quelli che avrebbero dovuto essere 'gli adulti e i maturi genitori' avevano scommesso su di loro, come fossero degli adolescenti, gli avevano fatto passare la fame.
"Stupida volpe! Io credevo che questa fosse una famiglia normale! Ma mi sbagliavo... avrei dovuto capirlo subito.... e posso sapere cosa avete scommesso?" chiese, tanto valeva sapere fino in fondo quali fossero le condizioni.
Miyako fu lieta di rispondere: "Una volta, parlando con tuo zio avevo esposto dei dubbi su di voi... avevo notato un certo cambiamento in Kaede e tu stesso, Hana, ti comportavi in modo... come dire... timoroso e imbarazzato a volte con lui, quindi ho avuto dei sospetti. Ma qualcuno... " alluse, "… diceva che erano solo scherzi da ragazzi che la mia fantasia era troppo fervida e che stavo confondendo i vostri battibecchi volendo vedere cose che non c'erano. Invece, avevo ragione... erano litigi da innamorati e quella di Kaede pura, semplice, e per nulla fraintendibile, gelosia verso di te! Per non parlare di quella volta che vi ho sorpresi rincasare insieme tutti infradiciati! Sapevo già di aver vinto, ma Haru non mi avrebbe mai creduto se non gli avessi portato prove certe. Era una scommessa seria, sapete!" assicurò.
Il moro emise un piccolo mugugno affatto contento, anche se era la verità, continuando a mangiare. Ayako riprese a spiegare le sue motivazioni: "Quando, per sbaglio, poi, io ho sentito la telefonata che tu hai fatto alla zia riguardo il patto fatto con papà, ero arcisicura che voi aveste già risolto le vostre incomprensioni, ma agivate in modo molto attento e io non avevo certezze. Ho comunque barato e avevo ragione!" Si rivolse poi alla madre: "Ai tempi in cui tu e la zia aveste quella conversazione loro si erano dichiarati da qualche giorno, per cui avevo vinto su tutta la linea, te l'avevo detto che erano già diventati una coppia" gongolò ancora, divertita.
Hanamichi si batté una mano sulla fronte, ancora incredulo nel sentire quella confessione: "Aspetta... non dirmi che mia madre..." volle sapere, anche se temeva già la risposta.
Ayako rise: "Lei aveva già capito tutto dopo che le hai chiesto di rientrare prima a Capodanno. Domani le spedirò una confezione di dolci, quella è la sua vincita!"
Hanamichi sospirò: tradito anche dalla sua stessa madre, sangue del suo sangue!
Oh, ma l'avrebbe sentito! Eccome! Scommettere su di lui in cambio di una scatola di dolci?
Non voleva crederci. Neanche Takamiya sarebbe arrivato a tanto... forse.
Cominciò a mangiare, ascoltando distrattamente i parenti che parlavano e discutevano di vari argomenti, come se niente fosse successo, percependo accanto a sé la presenza rassicurante e calda di Kaede che, da sotto il tavolo, aveva sfiorato con la propria la sua gamba. Hanamichi sorrise.
Adesso era tutto perfetto e nulla avrebbe potuto intaccare quella felicità.
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Quella mattina, Kaede Rukawa si era svegliato costretto da bisogni fisiologici impellenti e che non era più riuscito a trattenere. Ancora a occhi più o meno chiusi, aveva percorso il lungo corridoio che dalla sua camera lo separava dal bagno, entrando sicuro nella toilette e chiudendosi, come sempre, la porta alle spalle, dando un giro di chiave.
Sbadigliando, aveva eseguito le richieste del proprio corpo e si era avvicinato al lavabo per sciacquarsi le mani e la faccia: era inutile rimettersi a dormire, oramai, ma non perché non sarebbe riuscito a prendere nuovamente sonno, figurarsi se fosse stato tutto lì il problema, più che altro perché, se si fosse riaddormentato, il risveglio da parte della madre o della sorella sarebbe stato molto più traumatico e voleva evitare di cominciare male la giornata.
Si lavò il viso con l'acqua fresca che immediatamente gli portò un po' di ristoro, liberandolo da quella sensazione di torpore nella quale ancora si crogiolava: lui odiava svegliarsi, lo odiava con tutte le sue forze e niente sarebbe riuscito a fargli cambiare in meglio la giornata.
Prese l'asciugamano, appeso alla sua destra, e si guardò allo specchio, ma non vide nulla: il suo viso non si rifletteva, una strana nebbia opaca copriva il vetro e Kaede allungò una mano, passandola sulla superficie liscia, liberando il proprio riflesso da quella prigionia di fumo. Quando riuscì a specchiarsi, si accorse, solo in quel momento, della condensa di vapore che permeava la stanza da bagno.
'Nh?' si chiese, senza comprendere.
Leggermente più attento a quanto lo circondava, si accorse del suono, simile a una cantilena stonata, che risuonava nell'aria. Poi, risvegliando tutti i suoi sensi, percepì un dolce profumo di vaniglia e miele che gli ricordava tanto qualcosa... qualcuno.
Completamente sveglio e cosciente, volse lo sguardo verso la grande vasca da bagno e vide che le tende erano tirate, sentendo poi, chiaro e distinto, lo scrosciare sinuoso dell'acqua della doccia.
Sorrise e si avvicinò piano: adesso riusciva a comprendere cosa fosse quella melodia indistinta; era molto simile alla suoneria che più volte aveva sentito quando squillava il cellulare del suo ragazzo: la canzoncina del Tensai! E c'era solo una persona che poteva conoscerne a memoria il motivo, tanto da cantarlo, a labbra serrate, sotto la doccia.
Di colpo, l'acqua smise di scrosciare e una mano abbronzata tirò via la tenda di plastica, rivelando una figura ancora avvolta nel vapore caldo.
"Doaho!"
"Aaaah!" l'urlo mezzo soffocato di Hanamichi fu il buongiorno che ricevette Kaede quella mattina dal suo ragazzo. "Kitsune, ma sei impazzito? Cosa diavolo ci fai qui? Non vedi che è occupato?"
Sakuragi, con l'asciugamano scompostamente tenuto a coprire la propria nudità, era rimasto fermo immobile con un piede sul bordo della vasca, nel tentativo di uscire, non riuscendo però a proseguire data la presenza del moretto che gli bloccava il passaggio.
Il suo corpo era ricoperto di un lucido strato d'acqua che, in curiose goccioline, gli accarezzavano il corpo e, a contatto con l'aria della stanza, freddandosi, fecero rabbrividire il rosso. I capezzoli rosei si inturgidirono e Kaede venne attratto da quel particolare, tanto che il proprio corpo si mosse da solo in avanti, come a voler sfiorare quello del compagno.
Ma la voce di Hanamichi, confusa e imbarazzata, con una punta sottile di irritazione, lo fecero nuovamente concentrare sulla sua persona: "Allora, stupida volpaccia! Stai dormendo in piedi?" gli chiese, muovendo la gamba, posandola sul morbido tappeto vicino alla vasca rimanendo davanti al cugino, sistemandosi meglio l'asciugamano in vita.
I capelli rossi, impregnati d'acqua, schiacciati sulla testa, gli gocciolavano sulle spalle come una fitta pioggerella primaverile. Gli occhi erano leggermente arrossati per l'acqua e probabilmente dalla schiuma che doveva essere accidentalmente entrata a contatto con essi, le labbra rosse, morbide e calde: Rukawa non riusciva a concentrarsi su altro che non fossero quei dettagli.
Quando avvertì, vicinissimo ma non abbastanza, il calore del corpo di Hanamichi a pochi passi da sé, si decise a rispondere: "Doaho... la porta era aperta, se non volevi essere disturbato, potevi almeno chiudere a chiave!" lo rimproverò.
"Oh, sì, beh... me ne sarò dimenticato... non ci sono abituato!" si scusò imbarazzato.
Lui non aveva mai vissuto in una casa tanto affollata come quella degli zii: a Kanagawa, sebbene vivessero in tre, era abitudine bussare, prima di entrare in una stanza, specie se questa era il bagno e non avevano mai avuto necessità di barricarvisi dentro. Anche quando era ospite da Yohei facevano così.
"Potevi bussare!" gli disse subito di rimando, che fosse chiusa a chiave o meno, era, comunque, buona educazione farlo prima di entrare in una stanza.
"Nh... che ci fai qui?" domandò ancora il moro.
"Aaah, sei impossibile..." disse Hanamichi, passandosi una mano tra i capelli, portando i ciuffi della frangia all'indietro, scuotendoli dall'acqua. "A volte penso che tu dorma in piedi, kitsune... è un gran brutto vizio il tuo. Ieri sera, se ricordi, le tubature del bagno della dependance sono esplose... cioè, non proprio esplose, ma perdono e, finché non saranno aggiustate, dovrò usare questo bagno. Abbiamo anche fatto i turni per la scuola, non ti ricordi?" gli disse, facendo per sorpassarlo e continuando il suo discorso. "Quindi, se non ti dispiace, vai, così finisco di prepararmi che tra un po' tocca ad Ayako... tu sei ultimo. Proprio perché dormi tanto abbiamo pensato a quest’ordine... forza, sciò!" gli disse, avvicinandosi alla porta apprestandosi ad aprire, ma nel momento in cui abbassò la maniglia, si accorse che era chiusa.
Guardò confuso il cugino e questi spiegò: "Io chiudo sempre a chiave quando entro in bagno!"
Hanamichi arrossì, data l'occhiata che ricevette dal compagno, e si avvicinò al lavabo, specchiandosi e aprendo l'armadietto sopra di esso per prendere qualcosa, cercando di apparire tranquillo, mentre tentava di articolare, cosa di preciso non lo sapeva, una specie di discorso: "Oh... beh... allora... ehm..."
"E comunque mi dispiace..." disse Kaede in un sussurro.
Hanamichi, lì per lì, non comprese, non era sicuro che il moro si stesse scusando, era cosa rara che Kaede dicesse quelle due paroline magiche, ma per come l'aveva detto, era sicuro che lui stesse fraintendendo.
Infatti, Rukawa spiegò: "Prima hai detto, 'se non ti dispiace, esci', beh a me dispiace... uscire..." aveva detto suadente, avvicinandosi a lui e portandosi alle sue spalle, osservando l'espressione sconvolta del suo viso attraverso il riflesso del grande specchio.
"Ka... kitsune... io non credo che sia..."
Kaede non l'ascoltava: si era avvicinato a lui e, posandogli le mani sui fianchi, accarezzando con le dita la stoffa morbida della spugna, aveva portato le labbra a lambire il collo, ancora leggermente bagnato, asciugandogli la pelle con la bocca.
Hanamichi, stuzzicato da tutta quella situazione, sebbene sapesse che non dovevano assolutamente farlo, si lasciò andare contro il corpo dietro di sé, reclinando la testa sulla spalla del moro; alzando un braccio, lo portò a cingere il collo di Kaede, assecondando i movimenti della testa mora che si spostava in perlustrazione del suo collo.
Hanamichi sospirò, sentendo una mano sul proprio addome muoversi in una carezza lenta verso l'alto e l'altra infilarsi maliziosa oltre la piega dell'asciugamano, sparendo tra le sue gambe.
Rukawa, spostandosi con le labbra dietro la nuca, depositando numerosi baci sulle sue spalle e le scapole, sentiva Hanamichi ansimare e abbandonarsi a lui. Mentre, finalmente, tornava a sentire i capezzoli indurirsi, stavolta sotto le sue cure, con l'altra mano, più audace, aveva raggiunto il sesso del rosso, cominciando ad accarezzarlo. Le sensazioni erano ancora troppo tenui, troppo delicate e dolci: sentiva che Hanamichi non era ancora completamente in sua balìa.
Con le dita giocherellò piano con la punta del suo membro, accarezzandone l'asta, scendendo verso i testicoli: li soppesò con le dita e fece scendere anche l'altra mano verso il basso, allentando il nodo già di per sé inutile dell'asciugamano, lasciando che questo divenisse un cumulo di stoffa morbida sul pavimento.
Adesso, le mani sul corpo del rosso, su una specifica parte del suo corpo, erano due e Hanamichi sentiva crescere un forte calore dentro di sé per concentrarsi tutto verso il basso.
Con un braccio cingeva ancora il collo di Kaede e, mugugnando, muovendo il viso all'indietro, incurante del leggero fastidio che quella posa comportava, pretese da Kaede un bacio.
Rukawa schiuse le labbra, prendendo tra esse quelle del compagno e percependo la lingua di Hanamichi rincorrere la sua, dispettoso le sfuggì. Senza accontentarlo, la catturò tra i denti, succhiandola forte, mentre stringeva nel palmo della mano il sesso del rosso e con l'altra riservava lo stesso trattamento a testicoli, senza però esagerare nella presa.
"Mngnh!" nelle sue intenzioni, Sakuragi voleva chiamare il nome del moro, ma Kaede non gli lasciava tregua, né per implorarlo, né per respirare.
Senza controllo, la volpe, eccitato a sua volta dalla situazione, aveva spinto il rosso in avanti, facendolo poggiare al bordo del lavandino dove la consistenza fredda della porcellana contro il corpo accaldato fecero ansimare forte Sakuragi. Rukawa spinse il bacino a contatto con il sedere nudo del rosso e il suo sesso premette sui glutei sodi del ragazzo che emise un leggero ansimo di stupore.
Hanamichi socchiuse gli occhi per guardare il compagno e attraverso essi gli chiese clemenza.
Rukawa sorrise, liberandogli la bocca, solo per unirsi a lui nuovamente in un bacio vero: si divorarono l'un l'altro, assaporandosi, mischiando i loro sapori e mordendo labbra su labbra. Hanamichi nascose il volto contro il collo del volpino, sentendolo muoversi a tratti contro di sé, aumentando a volte il ritmo, facendo sbattere la sua nudità contro il lavandino.
Nella sua mente, anche se avrebbe voluto prolungare quel momento all'infinito, perché quella tortura sarebbe stato disposto a sopportarla per sempre, sapeva che non avevano tempo: presto Ayako o gli zii si sarebbero svegliati e loro sarebbero stati interrotti e scoperti, quindi, allontanandosi da collo del volpino che aveva cominciato a suggere, lo chiamò: "Kaede... Kaede fammi venire!"
E se fosse stato un poco più in sé, non si sarebbe perso l'espressione di puro stupore e piacere che comparve sul volto dell’amante nel sentire quella richiesta.
Rukawa non avrebbe mai immaginato che Hanamichi potesse parlargli in quel modo: aveva un animo passionale, questo lo sapeva, e aveva dimostrato più volte che teneva al loro rapporto, anche per quanto riguardava la sfera intima, ma non si sarebbe davvero mai aspettato una simile frase dal suo timido, dolce e ingenuo ragazzo.
Sorrise e, parlandogli vicino all'orecchio, con voce roca e impastata dal piacere sempre crescente mormorò: "Hana... apri gli occhi, guarda!"
Hanamichi non capì: che cosa doveva guardare? Era troppo preso dalla situazione che non riusciva assolutamente a comandare azioni al proprio cervello: la voce di Kaede, così sensuale, gli rimbombava nella testa stordendolo ancora di più.
A fatica, riuscì comunque a schiudere le palpebre e, guardando davanti a sé, osservò il proprio riflesso.
"Oh, cielo!" esclamò senza fiato: era nudo, in piedi davanti a un gigantesco specchio, con Kaede alle sue spalle che si muoveva sinuoso contro di lui, mentre con entrambe le mani lo accarezzava in modo frenetico.
Con un movimento veloce dei fianchi, con la propria erezione ancora coperta dal pigiama, Kaede aveva cominciato a spingere a un ritmo sempre più veloce contro il suo corpo, mentre continuava a masturbare velocemente il compagno che ne assecondava i movimenti: la punta del membro di Hanamichi a contatto con la superficie fredda del lavandino e la mano di Kaede che, stretta attorno alla sua asta, lo stimolava ebbero un effetto esplosivo sul rosso che venne prepotentemente, con un mugolio roco trattenuto in gola, per non essere udito al di fuori di quella stanza la cui aria era diventata incandescente.
Si lasciò andare in avanti, posando i gomiti sul lavabo e, chino su di esso, muoveva indietro il bacino, assecondando i movimenti della volpe che, per il semplice sfregamento dei loro corpi, venne immediatamente dopo il suo ragazzo: per trattenere un urlo di piacere, morse forte il collo del compagno nel punto nascosto dietro il collo vicino alla nuca.
***
"Ops, scusami, Hana!" Ayako, entrata nel bagno senza bussare, aveva trovato Hanamichi chino sul lavello che si lavava i denti e questi l'aveva guardata con un sorriso, sciacquandosi la bocca e cedendole il posto. "Ho finito, non ti preoccupare, ma credo che dovrai comunque aspettare... oggi qualcuno ha deciso che doveva rompere le scatole e si è alzato di buon ora!" disse, facendo un cenno del capo alla doccia dietro di sé. Ayako sentì l'acqua scorrere e vide spuntare dal bordo alto della tenda le gambe di un paio di pantaloni di pigiama a righe bianche e blu.
"Comunque, vedo che è un vizio di famiglia, entrare nei bagni senza bussare!" disse il rosso, uscendo insieme alla riccia, che dovette attendere che il fratello avesse finito di lavarsi per poter rispettare il turno.
"Oh, beh, Hana, tu potevi chiuderti a chiave!" rispose lei, piccata.
"Sì... mi è stato detto... la prossima volta farò così!" asserì Hanamichi, salutando la cugina, per andare nuovamente nella sua stanza a cambiarsi.
Alle otto, i tre ragazzi uscirono di casa per andare a scuola tutti insieme, anche Kaede, stranamente aveva lasciato la sua bici per fare la strada insieme alla sorella e al suo ragazzo.
"Hana?" domandò la riccia, colpita da un particolare. "Perché ti sei infilato quella?" disse, indicando il leggero dolcevita che il rosso aveva indossato e il cui collo alto sbucava da sotto lo scollo della camicia.
Sakuragi arrossì pericolosamente e balbettò qualche frase incomprensibile, facendo scoppiare a ridere la ragazza. "Ok... ok... non agitarti, non chiedo più... anzi, riformulo la domanda!" si volse verso il fratello e disse innocentemente: "Kaede, cosa gli hai fatto?"
Per poco Hanamichi non inciampò sui suoi stessi passi e il moro lo guardò senza capire, poi si rivolse alla sorella: "Che c'entro io?"
Lei si strinse nelle spalle e lasciò cadere il discorso, mentre Rukawa guardava sospettoso Hanamichi che gli sembrava molto più doaho del dovuto: stava sicuramente tramando qualcosa e se Ayako credeva che c'entrasse lui, allora doveva essere qualcosa di veramente interessante. Doveva indagare e capire, non gli piaceva stare fuori dal mondo, specie su qualcosa che riguardava Hanamichi.
Contro ogni sua aspettativa, però, il moretto non era riuscito a restare solo con il suo ragazzo per chiedergli spiegazioni e qualcosa gli diceva che il rosso lo stava evitando di proposito. La cosa poi era sempre più sospetta, specie quando, anche agli allenamenti, sotto la divisa, il rossino aveva persistito nell'indossare quell'assurda magliettina che, anche tra i suoi compagni, non era passata inosservata.
Preoccupati, alcuni ragazzi si erano avvicinati ad Hanamichi, compresa la loro seconda manager, curiosi di sapere il perché di quell'abbigliamento.
"Hana..." lo chiamò Haruko, "stai male?" domandò.
Il rosso, vedendo come fosse in pensiero per lui, si affrettò a rispondere, imbarazzato, portandosi una mano tra i capelli, cercando di inventare una scusa plausibile.
"Ehm... Haruko-chan... sto bene, ecco, ho solo un lieve pizzicorio alla gola e sai, con il movimento si suda e poi qualche spiffero di freddo, non vorrei rischiare di ammalarmi seriamente!" inventò, soddisfatto di se stesso, poi continuò nella sua sceneggiata: "Il Tensai è un elemento troppo importante nella squadra per rischiare di non giocare a causa di una piccola influenza, quindi come dice il detto 'prevenire è meglio che curare', no?" terminò il tutto con una grossa risata sguaiata.
Ayako, per quella sparata, si armò del suo ventaglio e riportò in carreggiata il suo scalmanato cugino, spedendolo a fare riscaldamento insieme agli altri. Il rosso, però, contrariamente al solito, non si era affiancato a Rukawa nella corsa, ma si era messo a chiacchierare con Mitsui e altri ragazzi.
Rukawa, allora, non ci vide proprio più: lo stava evitando e non fingeva neanche bene! Con un accelerazione della corsa, raggiunse il gruppetto che stava avanti a lui e, senza essere visto, fece lo sgambetto ad Hanamichi facendolo ruzzolare a terra: lui stesso, con un'abile finta, si lasciò cadere sul parquet, proprio accanto al rosso.
I ragazzi vicini a loro, nell'assistere alla scena, si erano fermati accanto ai due aiutandoli a rialzarsi. Rukawa pareva illeso, mentre Sakuragi si era graffiato un ginocchio, il mister chiese a Kakuta di accompagnare il rosso in spogliatoio, ma Kaede lo precedette: "Mi scusi mister, lo accompagno io... è caduto a causa mia, non guardavo dove stavo andando."
E, senza aspettare alcun cenno da parte del paffuto ometto che, semplicemente, sorrise, sollevò di peso Hanamichi e, presolo per un braccio, sparì con lui in spogliatoio.
Rimasti soli, Kaede lo lasciò andare malamente su una panca, sedendosi a sua volta a cavalcioni su di essa, di fronte al rosso: braccia conserte al petto e sguardo indagatore.
Hanamichi era sconvolto: come osava trattarlo con così poco rispetto?!
"L'hai fatto apposta!" lo accusò, ma Rukawa senza scomporsi rispose: "Ovvio, doaho! Era l'unico modo!" disse, alzandosi un momento per prendere la cassetta del pronto soccorso e con disinfettante e cotone medicare la piccola escoriazione.
"Eh? Sei impazzito? Io non so cosa ti sia preso oggi, Rukawa!" disse sconvolto e il moretto alzò perplesso un sopracciglio per il modo in cui era stato apostrofato.
"Almeno così non mi eviti!" disse, guardandolo bieco.
"Io non..." ma l'occhiata del moro lo fece tacere e Hanamichi sospirò. "Uffa, e va bene! Ti sto evitando, contento? Ma io sono arrabbiato con te, kitsune, e ho capito che, più ti sto lontano, meglio sto!" disse risentito, osservando con quanta cura Rukawa gli medicava il ginocchio.
A quella, Kaede lo guardò confuso.
"E cosa, di grazia, ti ha fatto giungere a tale conclusione?" chiese, mentre sentiva l'irritazione salire, per quel tono accusatorio e strafottente con il quale gli si era rivolto.
"Andava tutto bene tra noi, stamattina" sottolineò, guardandolo per osservare la sua reazione.
"Oh, sì, certo! Andava tutto bene, prima di questo!" disse, indicando il collo alto della maglia scura che portava.
"Ecco: spiega perché ti sei messo quella..." e mentre domandava, Hanamichi, sbuffando, allentò con due dita lo scollo del colletto, voltandosi leggermente. Rukawa non finì di parlare e sorrise in modo malizioso: "Interessante!" disse avvicinandosi a lui, sporgendo in avanti il busto.
"No!" disse il rosso, lasciando andare la stoffa, smettendo si tirarla. "Non lo è affatto, né bello, né interessante, né lo trovo divertente, kitsune! E stai lontano da me!" ripeté, facendo scivolare indietro il sedere per allontanarsi, ma Rukawa gli mise le mani sulle cosce, fermandolo.
"Doaho... vieni qui... non ti faccio niente!" gli disse, allungando le braccia e, cingendolo per la vita, lo costrinse a tornare vicino a lui. "Ti fa male?" gli chiese, infilando due dita nello scollo della maglia, sfiorando il segno rosso che Hanamichi gli aveva mostrato.
"No, baka, ma... è imbarazzante... ho dovuto fare qualcosa per nasconderlo!" gli disse, spostando un po' il capo e liberando il collo, cosicché Rukawa potesse osservare meglio il danno.
Il moro sorrise e si sporse, intenzionato a posare le labbra sul punto incriminato.
"Ehi, fermo, che fai?" si mise Hanamichi sulla difensiva.
"Hana, siamo qui per medicarti... e visto che non solo il tuo ginocchio ha bisogno di cure..." lasciò in sospeso, tendendosi verso di lui.
"Kaede..." piagnucolò il rossino, perché non ascoltava mai quello che gli diceva? Ma nonostante fosse pronto al peggio, Hanamichi rimase sorpreso quando sentì le labbra di Kaede posarsi leggere sulla sua pelle e depositare dei piccoli, veloci, tocchi senza fare nient'altro che baciarlo in quel modo strano e particolare.
"Ahahah" ridacchiò appena quando, dopo una ripetuta serie di baci, cominciò a sentire la pelle solleticare. Mise le mani sulla spalle del ragazzo e si scostò da lui, guardandolo con ancora dell'ilarità nello sguardo.
"Sono perdonato?" gli chiese il moro e Hanamichi annuì.
"Mh... sì, ma questo non vuol dire che puoi permetterti di fare di me quello che vuoi, chiaro?" gli disse, mezzo serio e mezzo divertito.
Si alzarono dalla panca e Kaede andò a rimettere a posto la cassetta del pronto soccorso, osservando Hanamichi che si sistemava meglio la maglia, facendo aderire la stoffa al collo, controllandosi allo specchio.
"Doaho!" lo richiamò. "Smettila!"
"La fai facile tu... così penseranno male!"
"Lo pensano già, Hana... secondo me hanno capito benissimo!" lo disilluse.
"No, no... loro pensano... loro forse sono sulla buona strada, ma credono che sia... un... che sia un succhiotto e..."
"Allora, anche tu ti rendi conto che sei ridicolo!"
"No! È qui che ti sbagli, Kaede... un succhiotto è... è una cosa... ma..." si torse le dita, cercando di spiegare dove volesse andare a parare. "Ma... un morso... ecco quello è... vorrebbe dire che...." stava pasticciando con le parole come uno scemo, ma sebbene per lui ci fosse una sostanziale differenza tra le due cose, non riusciva a spiegarlo a Kaede.
Il moro, vedendolo in difficoltà, si avvicinò a lui e lo tacitò con un bacio: "Ho capito, doaho! So dove vuoi arrivare e, forse, hai ragione" gli disse, aprendo la porta dello spogliatoio.
"Adesso andiamo!" e insieme rientrarono in palestra per proseguire l'allenamento.
***
Un vento sottile soffiava calmo per le stradine, smuovendo le fronde degli alberi e sollevando da terra le foglie secche che dagli stessi erano cadute al suolo. Era un tranquillo pomeriggio come tanti e nel piazzale principale del quartiere di Shibuya c'era fermento: diversi uomini stavano trafficando con del materiale edile, cavi elettrici e strutture di ferro; la piazza era sottosopra, transennata per evitare a passanti curiosi o eventuali disturbatori di intralciare i lavori.
Delle roulotte erano appostate ai lati della strada e cabine bianche di diverse dimensioni venivano montante dietro quello che aveva tutta l'aria di essere un palco per un qualche spettacolo.
"Sensei, posso allontanarmi un attimo?" una ragazza, che non doveva avere più di trentacinque anni, facendo capolino dalla porta del suo camerino, aveva chiesto il permesso di spostarsi.
"Sì... ragazze, avete tutte un'ora di pausa, poi dobbiamo assolutamente provare ancora, prima che faccia buio."
"Nacchan, vieni con noi? Andiamo a fare shopping!"
La ragazza dai lunghi boccoli neri sorrise alle sue colleghe, declinando gentilmente l'invito: "Mi spiace, magari domani, adesso ho un impegno!"
Le altre le sorrisero e la più spigliata tra loro rispose: "Sì, certo... sappiamo che impegni gravosi ti impediscono di passare del tempo con noi: vai a caccia di maschietti, vero? E dire che siamo amiche, non ce ne presenti mai nessuno!" si imbronciò una ragazza dai capelli biondo miele, ovviamente tinti, per una giovane dai tratti fisionomici di una giapponese: lei apparteneva alla categoria delle ragazze gals e andava molto fiera della sua indipendenza caratteriale.
La prima ragazza sorrise alle amiche, scuotendo la testa e infilandosi un impermeabile bianco, rivestito di morbida felpa per proteggersi dal freddo, sollevando il cappuccio con il bordo in pelliccia* bianca. Inforcati un paio di occhiali scuri dalla forma a goccia, un po' fuori moda ma sempre a effetto, si era dileguata tra la folla.
Camminò svelta, rumoreggiando a ogni passo nei suoi stivali con il tacco alto, procedendo spedita per quelle strade e vicoli che conosceva così bene, nonostante abitasse da diversi anni dall'altra parte dell'oceano. Le faceva sempre uno strano effetto tornare al suo Paese natio, nella città protagonista della sua infanzia: ricordava quei luoghi con nostalgia, confrontando come poco fossero cambiati rispetto ai suoi ricordi.
In breve tempo giunse nel luogo che si era prefissa e si fermò una volta arrivata davanti a una scuola superiore: osservò il delicato orologio d'acciaio dal piccolo quadrante rotondo al suo polso e constatò che era arrivata giusto in tempo.
Si fermò a osservare i grandi alberi di ciliegio, non ancora fioriti per quella stagione, e attese che diversi studenti uscissero, non lasciandosi sfuggire nessuno di quei visi, per individuare la persona che stava cercando.
D'un tratto, una voce si estese al di sopra delle tante chiacchiere, seguita da una risata che la fece voltare curiosa, ma rimanendo sempre cauta.
Si voltò di tre quarti, sporgendo parte del viso oltre la spalla, osservando, con la coda dell'occhio, un particolare trio di ragazzi: erano due maschi e una bella ragazza dai capelli ricci. Uno dei due aveva dei bizzarri capelli rossi e una corporatura massiccia, la carnagione leggermente abbronzata e un sorriso solare, e camminava scompostamente in mezzo agli altri due. Notò, invece, in questi ultimi una certa somiglianza tra loro, entrambi avevano la pelle chiara e i capelli neri, così come i loro occhi: blu.
Il cuore della giovane donna mancò un battito e un delicato sorriso le incurvò le labbra.
I tre ragazzi, incuranti del suo sguardo, oltrepassarono la figura ferma accanto al muro di cinta del giardino scolastico e Hanamichi parlò: "Brr... cavoli che gelo! Si può sapere quando si deciderà a migliorare? Io sono stufo del freddo... è quasi primavera e io mi sto congelando!" si lamentò.
"Doaho!" fu il richiamo di Rukawa.
"Grrr... kitsune antipatica&glaciale, io lo so che questo clima ti è congeniale, ma potresti anche avere un po' più di riguardo nei miei confronti... se non mi posso neanche lamentare, scusa, non mi passerà più!"
"Anche se ti lamenti, doaho, il tempo non cambierà come per magia, sai!" ci tenne a precisare Kaede.
Hanamichi avrebbe tanto voluto ribattere, ma Ayako rise, rimettendoli in riga: "Andiamo ragazzi, piantatela... a casa ci siederemo davanti al camino e preparerò della cioccolata calda, che dite?" propose per placare gli animi.
"Uuuh sìì, Ayako ti adoro... sei la sorella che non ho mai avuto!" gongolò Hanamichi facendole gli occhi dolci.
"Tzè..." fu il commento del fratello della riccia e Ayako rise di nuovo.
La figura vestita di bianco, una volta che i tre l'ebbero superata, si era voltata e li osservò allontanarsi assistendo, spettatrice silenziosa, a quel piccolo scambio di battute.
Sorrise ancora, stavolta distendendo maggiormente le labbra e, con una mezza giravolta, tornò a incamminarsi nella direzione dalla quale era venuta.
'Kaede...' pensò, il suo viso disteso di felicità.
Rukawa si fermò in mezzo alla strada, colto da un brivido improvviso che gli era partito dalla nuca, pungendogli la schiena, lasciandolo interdetto.
"Kaede, che hai?" Hanamichi, sentendo la mancanza del volpino accanto a sé, si era fermato e anche Ayako, pochi passi dietro di loro, lo osservava che scrutava serio in direzione della scuola.
Hanamichi osservò anche lui lo stesso punto, ma non vide niente, guardò la cugina perplesso e poi si avvicinò al suo ragazzo scuotendolo: "Kit..." gli mise una mano sulla guancia e Rukawa si volse verso di lui.
Preoccupato per quello sguardo vacuo che gli aveva rivolto, domandò in silenzio spiegazioni.
Kaede scosse la testa, riprendendo a camminare, lasciando che il suo braccio scontrasse quello di Hanamichi nel momento in cui gli passò di lato.
Sakuragi tornò a guardarsi alle spalle, ma continuava a non capire.
"Hana... ti lasciamo qui, sai!" la voce di Ayako lo riportò al presente e vedendo i cugini molto più avanti di lui, chiedendo loro di aspettarlo, cominciò a correre.
Non capiva cosa fosse successo, ma quello sicuramente non era il momento adatto per pensarci, aveva una cioccolata calda ad attenderlo a casa e, magari, se fosse stato fortunato, qualche coccola alla sua volpe non gliel'avrebbe tolta nessuno.