[Slam Dunk] Our life is gonna change (25)

Feb 01, 2015 17:18

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Hanamichi si era svegliato tardi quella mattina: era domenica e, finalmente, dopo tante giornate di vento e gelo, cominciava a sentirsi profumo di sole e l'aria era calda. La prima settimana di Marzo era cominciata nel migliore dei modi.

Ancora in pigiama, il rosso era salito a fare colazione, trovando Ayako, anche lei in tenuta casalinga, intenta a sorseggiare il suo the. La riccia gli fece segno di sedersi accanto a lei e Hanamichi venne servito dalla cugina che gli versò il restante contenuto della teiera in una tazza.

"Grazie!" le sorrise, spruzzando qualche goccia di limone per rischiarare il liquido. Due zollette di zucchero e qualche biscotto addolcirono la sua giornata.

"Programmi per oggi?" chiese la riccia, sorseggiando con cautela la propria colazione, scaldandosi le mani a contatto con la porcellana tiepida della tazza.

"Non lo so, pensavo di scendere a giocare e magari, quando la volpe si sveglia, gli chiedo se facciamo un incontro..." buttò lì vago.

"Oh..." esclamò la ragazza sorpresa, "ma Kaede è già alzato!" lo sconvolse con quella notizia e Hanamichi per poco non si strozzò con il the.

"Scherzi?!" domandò, dopo aver finito di tossicchiare per riprendersi.

"Affatto! È sembrato strano anche a me, ma magari sta semplicemente cambiando abitudini!" spiegò, fiduciosa in un improvviso maturamento da parte del fratello.

"Naaa... Ayako, non lo sai? Le volpi perdono il pelo, ma non il vizio!" disse, ridendo per quella sua geniale trovata.

La riccia sorrise e scosse il capo. Finirono insieme di fare colazione poi gli propose: "Se non avete impegni, stasera potremo uscire insieme. Ho sentito anche Akira e i ragazzi, sono disposti ad andare tutti insieme alla festa che c'è in centro. Potremo mangiare qualcosa lì per non arrivare troppo tardi e poi rientrare con l'ultima metro, che dici?" propose e Hanamichi, entusiasta, accettò.

Era da parecchio che non uscivano tutti insieme e avevano bisogno di svagarsi: sarebbe stata una buona cosa anche per il suo ragazzo che, da qualche giorno, aveva notato essere particolarmente nervoso e scostante anche con lui. I momento intimi tra loro o anche semplicemente lo stare insieme a guardare una partita di basket in tv, seduti insieme sul divano, si erano ridotti al minimo e Hanamichi non se ne spiegava il motivo.

Forse, la sua suscettibile volpe aveva preso alla lettera le sue parole sullo stargli lontano, ma lui scherzava! Se fosse stato così, allora non capiva proprio niente!

Si preparò in un lampo e scese in palestra, raggiungendo il moro che giocava da solo, improvvisando una partita con avversari immaginari.

Attese che Rukawa finisse la sua azione con schiacciata e poi palesò la sua presenza: "Ciao, kitsune!" salutò allegro. "Oggi sei pieno di energie vedo... bene, perché volevo sfidarti!" gli disse baldanzoso, ma Kaede si limitò a guardarlo e ad annuire.

Hanamichi mise il broncio: cos'era quell'espressione? Voleva forse fargli intendere che non gli interessasse o non ne valesse la pena?

Cominciò a riscaldarsi e poi si portò al centro del campo pronto a cominciare la sfida e, già da subito, non ci fu partita. Rukawa era passato, anzi, per meglio dire, aveva cominciato subito con un attacco serrato, non permettendo ad Hanamichi di toccare palla, tanto che, dopo i primi tre quarti di gioco, Sakuragi era rimasto fermo al centro del campo a guardare Kaede continuare a giocare, incurante di lui.

Solo dopo diverso tempo, la volpe parve accorgersi che mancasse qualcosa e si fermò cercando il compagno con lo sguardo.

"Oh, beh, vedo che, anche se tardi, ti sei accorto che esisto anche io!" disse piccato, sedendosi sulla panca.

"Non giochi più?" domandò Kaede avvicinandosi a lui e restando in piedi.

Hanamichi lo guardò malissimo: "Perché finora me l'hai permesso? Va bene che io non sono ancora al tuo livello o a quello di Sendo, ma riesco a toccare palla e a fare delle azioni. Però, con te che sei così... io resto fuori!" gli disse, incurante del fatto che avesse ammesso di non essere ancora un giocatore completo, ma adesso questo era passato in secondo piano: la cosa era seria.

"Che hai?" chiese il rosso, quando il compagno si sedette accanto a lui sulla panca, detergendosi il sudore con la spugna e la palla abbandonata tra le gambe distese.

"Niente..." rispose senza troppa convinzione il moro, sforzandosi di guardarlo per dare più valore a quella sua risposta.

"Oh, beh!" rispose sarcasticamente il rosso, roteando gli occhi verso l'alto: non gli credeva per niente.

"Nh!" fece risoluto Kaede, posando la testa sulla spalla del compagno, restando in silenzio.

Era vero, non aveva niente in quel momento, perché non sapeva spiegare come si sentisse: non era successo nulla, né a scuola, né in casa, né che c'entrasse con il basket, ma qualcosa c'era; però non voleva che anche Sakuragi si preoccupasse per sensazioni che neanche lui sapeva descrivere. Semplicemente, si sentiva inquieto e nervoso, come se fosse costantemente sotto esame, ma nel momento in cui si fermava a riflettere e ricercava la fonte delle sue preoccupazioni, era circondato dal nulla.

E non avere la situazione sotto controllo lo infastidiva.

"Kaede... parlami..." chiese Hanamichi, lasciando scivolare un braccio dietro la sua schiena per cingerlo e posando la testa sulla sua.

"Nh..." ripeté il moro e il cugino sospirò esasperato.

"E basta con questi nh!" si allontanò, ponendosi in piedi di fronte a lui, pugni chiusi posati sui fianchi e gambe larghe, facendo in modo che lo guardasse.

"Quando fai così non ti sopporto!" gli disse senza indugio e Rukawa, abbozzando un sorrisino, allungò le braccia, facendo scivolare le mani sulla vita del rosso, avvicinandolo a sé. Hanamichi si mosse, sempre mantenendo la sua linea d'accusa, camminando a papera verso di lui, sedendosi poi sulla coscia del moro quando Rukawa gli premette le mani sulla vita facendolo abbassare.

"Non ci provare, stupida volpe! Non ho intenzione di cedere alle moine..." lo mise in guardia, rilassando le braccia, ma lasciandole inermi lungo il torace. "Sei uno stupido, Kaede Rukawa!" esordì dopo un po’ e Kaede fu sorpreso di sentirlo rivolgersi a lui in quel modo, sembrava veramente preoccupato. "Mi hai trattato malissimo in questi giorni, lo sai? E bada bene che non sono una ragazzina che vuole sempre essere coccolata e cose del genere!" puntualizzò.

"Ah, no?!" fece vago il moretto, perché sapeva che spesso Hanamichi era più zuccheroso delle protagoniste di certi shojo manga.

"No, nossignore!" ripeté il rosso. "Ma mi infastidisce quando sei troppo freddo! Ecco! Te lo dovevo dire, Kaede, mi dispiace!" ripeté, scuotendo la testa in modo serio, lasciando Rukawa assolutamente spiazzato da quel comportamento.

Hanamichi sbirciò la sua reazione, ma non ne fu soddisfatto, e incrociò le braccia al petto: "Oh, insomma, non ti smuove niente?" chiese. "Io ti sto a dire che sono arrabbiato e tu mi guardi come se non capissi!"

"Non capisco, infatti!"

"Oh, sei un ragazzo impossibile!" gli mise le mani sulle spalle e gli diede una piccola ma discreta testata che fece risuonare un sonoro 'tonk' in tutta la palestra quando le loro fronti vennero a contatto.

"Non capisci che sono preoccupato? E se tu non mi parli e mi dici cosa ti rende così pensieroso, io ci resto male!" gli disse, guardandolo con occhi dolci. "O non vorrai farmi credere che ha ragione Ayako e che stai improvvisamente maturando?" gli disse, accennando un sorriso. Rukawa lasciò scivolare le braccia dietro la sua schiena, abbracciandolo: "Doaho... ti preoccupi troppo... sto bene... e comunque io sono già maturo!" puntualizzò.

Hanamichi non fu molto soddisfatto della risposta che ottenne, ma quel mezzo sorriso era un traguardo che lo faceva essere fiero di se stesso.

"Sì, l'importante è esserne convinti!" lo prese in giro, mentre si chinava a sfiorargli le labbra con le sue. Kaede si sporse per baciarlo, ma il rosso si allontanò, lasciando un soffio impalpabile tra loro, sfregando i loro nasi, senza accontentare le richieste del compagno.

"Se dovessi avere qualche problema me lo diresti, eh, Kaede?"

"Nhnh" annuì la volpe, volendo ancora baciarlo, ma Hanamichi gli sfuggì di nuovo.

"Promettimelo!" volle sapere.

"Doaho!" Rukawa lo guardò da sotto in su.

"Volpaccia, non svicolare!" gli disse, avvicinandosi a lui, ma senza baciarlo ancora, esigeva delle risposte e le avrebbe ottenute, sapeva che avrebbe vinto lui alla fine.

"Te lo prometto! Ora stai fermo, però!" capitolò il moro e Sakuragi, con un sorriso, si lasciò baciare: in fondo, anche lui non aspettava altro.

***

"Caspita, quanta gente! Come faremo a incontrarci con gli altri?" Hanamichi, Ayako e Rukawa erano appena arrivati nella piazza centrale di Shibuya dove si erano dati appuntamento con il solito gruppo di amici e il rossino cominciava seriamente a pensare che non si sarebbero trovati.

La piazza, da che lui aveva cominciato a diventarne assiduo frequentatore, non era mai stata così piena. Il centro, solitamente già caotico di suo, era una vera baraonda di gente, stand, bancarelle e svariati turisti. Al centro della piazza, un grande palco con passerella e sullo sfondo un tendaggio di colore rosso porpora facevano intendere che sul tardi sarebbe avvenuta una sorta di rappresentazione teatrale o qualcosa di simile. Lungo il corridoio centrale ai lati di esso erano stati disposti tanti piccoli faretti colorati sui quali alcuni ragazzi in tuta, con la scritta 'staff' sulla schiena, stavano lavorando, probabilmente per assicurarsi che fosse tutto apposto al momento giusto.

Hanamichi osservò curioso tutta la particolare struttura che somigliava molto a un palco per concerti e cominciò a pensare che magari, a insaputa del pubblico, sarebbe venuto a onorare la serata qualche ospite importante. L'aria che si sprigionava da quei dettagli, l'euforia della gente e il tram-tram generale lo rendevano allegro e lo caricavano. Ayako, in testa davanti a lui, osservava curiosa e, di tanto in tanto, si sollevava sulle punte dei piedi per ricercare visi conosciuti, mentre Rukawa, alle sue spalle, sembrava alquanto spazientito.

Senza dare nell'occhio, e chi mai in effetti avrebbe potuto fare caso a loro in tutto quel trambusto, Sakuragi sfiorò la mano del compagno, prendendo tra le sue indice e medio e si avvicinò per sussurrargli all'orecchio: "Kitsune, mi dispiace..." prima di mettersi a ridacchiare, ma senza cattive intenzioni.

"Smettila, non è divertente!" gli disse duro il moro, allontanando la mano dalla sua e guardandolo duro.

"Ma Kaede!"

Il rosso ci rimase male, dovette ammetterlo: sapeva quanto al suo ragazzo tutta quella confusione non facesse altro che dargli ai nervi e non voleva offenderlo mettendosi a ridere di lui, ma Kaede non aveva capito.

"Sapevate che sarebbe stato così e mi ci avete trascinato comunque, lo sapevo che non dovevo venire!" ribadì il concetto che più volte aveva espresso a casa, dicendo ai due di andare senza di lui, ma né la sorella né, tanto meno, il suo ragazzo parevano capire i suoi bisogni.

"Sei sempre il solito... io stavo scherzando... a questo punto sarebbe stato meglio che te ne fossi rimasto a casa sul serio!" ribatté a suo modo Sakuragi, alzando il tono di voce, dal momento che aveva messo un po' di spazio tra di loro, per riuscire a tenere il passo di Ayako, per non perderla di vista in tutto quel caos di gente.

"Vorrei capire, poi, perché mi tratti sempre male!" puntualizzò.

Nonostante le sue raccomandazioni e le rassicurazioni che Kaede aveva pensato di propinargli, il moro se la prendeva e scattava su per ogni piccola cosa e Sakuragi non riusciva a capire.

Kaede fece finta di non averlo sentito: non aveva voglia di discutere con lui, sempre sulle stesse cose, poi, quella sensazione di disagio che lo sorprendeva quando camminava per strada, andava a scuola e a volte anche mentre giocava da solo in palestra o in qualche campetto si era fatta sempre più forte e non riusciva a venirne a capo.

Era addirittura arrivato a pensare di essere diventato paranoico, ma lui non era mai stato tipo da lasciarsi intimorire facilmente, molte sue fan spesso lo seguivano a casa di nascosto, ma lui non vi aveva mai dato peso, convinto, giustamente come poi era successo, che si sarebbero presto scocciate di seguirlo ovunque andasse, ma quella situazione era diversa.

E Hanamichi con il suo smisurato egocentrismo, credendo che, per forza, lui dovesse c'entrare qualcosa con il suo malumore non lo aiutava affatto. Certo, lui avrebbe potuto parlargli, ma per dirgli cosa? Aveva pensato tante volte di farlo, ma poi si ripeteva che era meglio che ne stesse fuori, non era il caso di far uscire di testa anche lui. Per questo motivo sarebbe voluto rimanere a casa quella sera: troppa gente intorno, troppi occhi che avrebbero potuto fissarlo mescolandosi tra la folla, corpi accalcati l'uno all'altro, chiacchiere, urla, sapeva che la serata non sarebbe finita bene.

Ma Ayako aveva insistito tanto, era stata più pressante del solito e Kaede aveva capito che doveva esserci un motivo specifico se si era comportata così.

"Oh, eccolo" la voce allegra della sorella aveva interrotto il corso dei suoi pensieri e, nell'alzare lo sguardo davanti a sé, aveva immediatamente capito il perché di tanta insistenza.

"E questo chi è?" era stato Hanamichi a porre il quesito, in modo veramente molto poco educato, puntando il dito verso un nuovo ragazzo: alto, anche se non quanto loro due, fisico asciutto, capelli scuri come gli occhi e un sorriso simpatico. Un tipo apposto insomma, dovette ammettere Kaede, anche se non gli andava molto a genio il suo ruolo in tutta la faccenda.

"Hana, che modi! Sii educato... lui è Ken... Ken Suzuki... e si dà il caso che sia il mio ragazzo!" glielo presentò tutta contenta la riccia.

Hanamichi strabuzzò gli occhi, guardando alternativamente i due ragazzi che si erano salutati con un bacio a fior di labbra e poi si erano presi per mano: sembravano una vera coppietta!

"Oh... ehm... ciao, scusa io non volevo offenderti..." si scusò, presentandosi, lasciando che fosse Ayako a parlare.

"Scusalo, Ken. Hanamichi, spesso, non pensa prima di parlare. Kaede lo conosci già, no?"

"Nh!" salutò il moretto, stringendo la mano che l'altro educatamente gli tendeva.

Così la ragazza voleva presentarlo ufficialmente ad Hanamichi e formalizzare il loro rapporto con quella uscita: adesso capiva perché ci tenesse tanto ed era sicuro che, se la sorella non fosse stata certa del fatto suo, non l'avrebbe fatto.

Il prossimo passo sarebbe stato un simpatico pranzo in famiglia, ne era sicuro, ormai la conosceva troppo bene.

"Bene, adesso che l'ho presentato anche a te, Hana... possiamo raggiungere gli altri e, per non disperderci inutilmente, abbiamo deciso di vederci in pizzeria, i primi che arrivano entrano e aspettano" aveva spiegato, organizzata, Ayako.

La coppietta felice precedeva Hanamichi e Kaede e il rosso, dimentico del suo momentaneo battibecco con la volpe, si era accostato a lui domandando: "Tu lo sapevi? No, perché io non me lo aspettavo... è per questo che sei arrabbiato?" domandò ancora. "Mi sembra un tipo apposto!" disse la sua, prendendosi pensieroso il mento tra due dita.

Kaede non gli rispose, per evitare di essere sgarbato e mentalmente ringraziò che, una volta arrivati al locale, alcuni dei ragazzi fossero già seduti al tavolo: così, forse, Hanamichi si sarebbe dimenticato di lui e non avrebbero dovuto litigare.

Presero posto anche loro, dividendosi, come erano soliti fare, a coppie e ordinarono qualcosa da bere, in attesa che arrivassero anche gli altri. Quando anche Sendo e Mitsui, arrivati tardi a causa del traffico, giunsero al ristorante, la numerosa compagnia poté finalmente godersi la cena e Kaede riuscì ad avere un po' di pace, isolandosi da tutto e tutti, cercando di rilassarsi e mangiare qualcosa nonostante il nodo allo stomaco che gli toglieva l'appetito.

Hanamichi, dall'altro lato del tavolo, osservava di nascosto il suo compagno, guardandolo con espressione triste e preoccupata: c'era sicuramente qualcosa che non gli tornava nel suo volpino e questo andava al di là del loro rapporto, ma Kaede non si confidava e lo teneva a distanza. Come faceva a non capire che se faceva così, lui si preoccupava il doppio? Era proprio una volpe scema!

Durante la gita, lo stesso Kaede si era fatto promettere di essere sincero con lui, di parlargli dei suoi problemi e renderlo partecipe dei suoi pensieri, però il moro non faceva altrettanto. E che non pensasse di essere migliore di lui a fingere! Certo non aveva problemi ad accumulare e tenersi tutto dentro, in quello era un maestro, ma, che a Rukawa piacesse o no, il suo viso era particolarmente aperto alla comunicazione e Hanamichi riusciva benissimo a leggervi dentro.

'Quella stupida volpe!' pensò Sakuragi irritato.

Poi si voltò alla sua destra guardando confuso colui che gli aveva schioccato un sonoro bacio sulla guancia: Sendo lo osservava con un sorriso e, dopo avergli posato un braccio sulla spalla, aveva indicato con la mano Kaede.

"Non ha fatto una piega!" constatò l'amico più grande.

Lo stesso Hanamichi guardò il suo ragazzo, poi Sendo: "Te ne sei accorto..." gli disse, bevendo un sorso della sua bibita.

"Avete litigato?" aveva chiesto il sempai.

"Che io sappia no!" rispose sincero Sakuragi stringendosi nelle spalle.

Sendo rise: "Ma dai!"

"No, davvero, io non lo so, non mi pare di avergli fatto niente... è giorni che sta così... e io mi sento uno schifo..." Sendo gli sfiorò la spalla con la mano e gli fece cenno di seguirlo fuori.

Mitsui li osservò confuso e il suo ragazzo si portò l'indice alle labbra, sorridendogli che andasse tutto bene.

"Allora, dimmi tutto!" chiese Akira, una volta che furono lontani da orecchie indiscrete.

"Non lo so, non c'è niente da dire... semplicemente io non lo capisco! So per certo che qualcosa lo tormenta, ma non me ne parla e se chiedo qualcosa sembra che stia facendo chissà quale crimine. Ma io voglio sapere! Il suo silenzio non mi terrà tranquillo, non l'ha mai fatto neanche quando non stavamo insieme e non funziona adesso."

"Dai..." cercò di tirarlo su il castano, "magari semplicemente non aveva voglia di uscire... hai visto quanta gente c'è? Per uno come lui..." Hanamichi lo interruppe, l'ultima cosa di cui aveva bisogno adesso era che Akira gli facesse presente che anche lui conosceva benissimo Kaede, anzi che lo conoscesse meglio di lui: questo non lo aiutava di certo a tirarsi su!

"Lo so! Lo so che non vorrebbe essere qui... Ayako ce l'ha trascinato per ufficializzare il suo legame con quel Ken, ma non è questo!" disse, sicuro.

Infilò le mani nelle tasche dei jeans in un atteggiamento di resa e Sendo si intenerì, limitandosi a dargli una pacca d'incoraggiamento sulla spalla.

"Oh, bene, eccovi! Credevamo foste al bagno, andiamo!" Ayako, allegra, aveva interrotto i due e Hanamichi scorse tra gli altri ragazzi Rukawa che li osservava, ma stavolta non riuscì a leggere nulla sul suo volto, né gelosia o fastidio, né alcun tipo di reazione e questo lo ferì molto.

Si incamminò insieme al resto del gruppo, decidendo di lasciare che la sua volpe sbollisse, qualsiasi cosa avesse per la mente, pensando che, magari, non standogli così appiccicato rinsavisse e tornasse da lui.

Il numeroso gruppetto di ragazzi, sgomitando un po' tra la folla e infilandosi qua e là nei varchi aperti dalla gente ferma a chiacchierare, riuscì a guadagnare una posizione favorevole per osservare il palco senza essere disturbati: i problemi li avrebbero avuti coloro che dovevano stare dietro quei giganti e massicci giocatori di basket.

"Uh, che bello, sta per cominciare!" Ayako era entusiasta e, ben presto, dalla voce del presentatore che, con il microfono in mano, aveva percorso la passerella principale, avevano appreso che avrebbero presto assistito a una sfilata di moda.

Ai ragazzi, che sinceramente avrebbero preferito qualcosa di diverso come un piccolo concerto o anche degli sketch comici all'aperto, l'idea di una sfilata non appassionò granché, ma rimasero comunque a dare un'occhiata.

Le luci del palco si accesero, una musica lenta di sottofondo cominciò a vibrare nell'aria, espandendosi dalle grandi casse poste ai piedi del palco e pian piano, dal tendone di velluto scuro una per una delle graziose ragazze fecero il loro defilé: un passo avanti l'altro, mostrando i nuovi capi di abbigliamento dalle varie forme, colori e design innovativo.

Hanamichi si volse a cercare con lo sguardo Kaede. Il ragazzo pareva assolutamente disinteressato e perso nei suoi pensieri, quando, d'improvviso, nel momento in cui la musica cambiava e le luci diventavano più soffuse, la sua espressione mutò: i suoi occhi scuri si spalancarono e Kaede schiuse la bocca sconvolto.

Hanamichi riportò la sua attenzione sul palco e vide avanzare, in un lungo abito di seta scura, una giovane donna, molto bella, alta, dalle forme dolci e di corporatura esile che sorrideva al pubblico, puntando i suoi penetranti e bellissimi occhi color del mare sugli spettatori più vicini al palco. La vide mutare il suo sorriso e gli sembrò quasi che stesse guardando proprio verso di loro: con la coda dell'occhio Hanamichi vide Ayako portare una mano sul viso del suo ragazzo per impedirgli molto probabilmente di osservare ancora così attentamente la modella, ma non se ne curò, seguendo la traiettoria delle iridi della ragazza sul palco.

Si era fermata al centro della passerella e Hanamichi fu sicurissimo che, per un solo, intenso istante, avesse guardato Kaede.

Con una strana sensazione di disagio che gli permeava in corpo, Hanamichi si mosse per raggiungere, preoccupato, la sua volpe, ma si fermò all'istante, quando vide le sue labbra muoversi senza suono e su di esse lesse: 'Mamma...'

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Il continuo parlare della folla, le risate dei suoi amici, i fischi e gli applausi di apprezzamento nei confronti della sfilata andavano via via affievolendosi alle orecchie di Kaede. La folla che lo circondava svaniva, le luci del palco si spensero, la passerella sotto ai piedi della modella scomparve e tutto attorno a lui divenne nero. In quello spazio vuoto e asettico percepiva solo la propria presenza e davanti a sé, come se si ergesse su di un invisibile piedistallo, sospesa nel buio, lei: sua madre.

I capelli neri come la pece, alti e vaporosi resi tali dall'acconciatura, incorniciavano quel bellissimo volto dalla forma ovale, le labbra sottili, il naso perfetto, un poco a punta, e due occhi azzurri come le profondità marine, scuri, come i suoi.

Kaede fissava la figura davanti a sé restando in piedi, rigido, le forze sembravano essergli venute a mancare, ma comunque riusciva a reggersi sulle gambe come se solo quel contatto visivo con la donna riuscisse a tenerlo legato a essa e lo sorreggesse.

"Kyyyaaaa, Nacchan sei bellissima!" l'urlo di una ragazza dietro di sé lo catapultò nuovamente al presente e Kaede vide la modella sorridere e fare un cenno della testa verso quella che, molto probabilmente, era una sua fan. Poi la donna tornò indietro, ripercorrendo al contrario la passerella per lasciare spazio alla successiva modella, scomparendo al di là delle pesanti tende decorative.

Rukawa si volse di scatto per fuggire via il più velocemente possibile: la calca di gente, però, ostruiva il suo cammino, più volte dovette scontrarsi con altre braccia, inciampare quasi per non pestare piedi, tapparsi le orecchie per isolare quei suoni forti che lo infastidivano.

Hanamichi, che era rimasto immobile a osservare da lontano le reazioni del moro, si era mosso velocemente verso di lui, quando l'aveva visto scappare via: cosa era successo? Che cosa era riuscito a spaventare tanto Kaede? Non voleva davvero pensare di aver letto sulle sue labbra quella parola: era una cosa impossibile, era assurdo! Quella ragazza, quella modella dal sorriso solare, così aggraziata ed elegante, non poteva essere la madre di Rukawa.

Spinto dalla folla, anche Hanamichi cercava di raggiungere presto uno sbocco, si muoveva a fatica, ostacolato dalla gente che si spostava per osservare da una prospettiva migliore la sfilata, cercando di non perdere di vista quel puntino nero che era la testa scura della sua volpe.

Il cuore gli batteva veloce, non sapeva cosa l'avrebbe atteso una volta raggiuntolo, ma non poteva permettersi di lasciarlo da solo: ancora pochi metri e sarebbe stato con lui.

Quando finalmente Rukawa era riuscito a uscire si era voltato per un solo istante indietro e Hanamichi l'aveva visto sospirare. Con uno scatto, prima che il piccolo varco creato da Kaede si richiudesse, Sakuragi, inciampando su qualche gamba, era riuscito a sua volta a liberarsi. Imbronciato per tutta quella situazione, non aveva perso tempo e in due grandi falcate aveva raggiunto il suo ragazzo fermandolo, prendendolo per il gomito, facendolo voltare verso di sé: "Kaede!"

Il moro, nell'udire quella voce conosciuta, si calmò un poco e, voltandosi, vide il volto preoccupato di Hanamichi: aveva il respiro accelerato e negli occhi leggeva ansia e anche paura. Osservò la sua mano che gli stringeva il braccio e con un movimento secco si allontanò da lui.

Sakuragi lo guardò senza comprendere e lo chiamò di nuovo: "Kaede, cos...?"

"Torno a casa!" gli disse il moro, riprendendo a camminare.

Hanamichi rimase per un momento a bocca aperta e poi gli si parò davanti: "Perché?" chiese soltanto.

"Non mi sento bene!" rispose, mentre neanche lo guardava negli occhi e lo sorpassava di lato.

"Vengo con te, allora!" disse il rosso, senza riflettere, affiancandolo e Kaede si fermò di nuovo.

"No... tu stai qui e divertiti!" disse, ma senza alcuna inclinazione nella voce. Inoltre, si capiva perfettamente che non vedeva l'ora di rimanere da solo e liberarsi di lui.

"Ma se hai detto che stai male e poi non mi interessa..." cercò di farlo ragionare.

"Ho detto che me ne vado. Da solo" chiarì Rukawa e quello era un ordine. Un ordine che aveva specificato guardandolo finalmente negli occhi, ma Hanamichi comprese che quello non era stato un buon segno. Non vi era nulla nel suo sguardo, la sua voce era dura e Sakuragi non riuscì a fare altro se non guardarlo confuso e rimanere immobile mentre Rukawa lo superava nuovamente e tornava sulla via di casa.

***

Un bussare leggero contro il legno della porta distolse Haruiko dai suoi calcoli e, alzando il volto, con un mugugno appena percettibile, diede il permesso di entrare.

"Kaede?" si sorprese nel vedere il figlio nel suo studio, ricordava che fosse uscito con la sorella e il cugino e, dando uno sguardo veloce all'orologio da tavolo, si accorse che era troppo presto poiché fossero già di ritorno.

"Papà, disturbo?" chiese Kaede, chiudendo la porta dietro di sé, rimanendovi poggiato contro.

"No" Haruiko lo osservò al di sopra delle lenti quadrate degli occhiali che usava per leggere e gli fece cenno di sedersi in una delle sedie poste davanti alla scrivania.

"Vieni pure, che c'è?" si informò, mentre controllava le cifre sulla calcolatrice e scribacchiava qualcosa in un foglio.

"Ti devo parlare" disse serio Kaede, ma l'uomo pareva più concentrato ai suoi affari per captare l'urgenza che, nonostante la calma, traspariva dalla sua voce.

"Sì, solo un secondo che finisco..."

"Ho visto la mamma."

Kaede decise di arrivare dritto al punto e l'uomo fermò il movimento della propria mano, lasciando cadere la penna stilografica sul foglio, sfilandosi lentamente gli occhiali per osservare il figlio.

La piccola lampada da scrivania non illuminava abbastanza l'ambiente e questo, in qualche modo, rendeva quella conversazione ancora più pesante di come si preannunciava.

Il signor Kuroda si sedette meglio, posando la schiena contro la spalliera della poltrona prestando la massima attenzione al figlio. Kaede non disse ancora niente, vide il padre sospirare e chiudere per un momento gli occhi.

"Dove?" chiese l'uomo semplicemente.

"In centro... stava sfilando su di un palco..."

"Come fai a sapere che fosse lei, Kaede... non... non abbiamo più avuto contatti da quando
se n'è andata e tu eri troppo piccolo per..."

"Ho visto delle vecchie foto... sono sicuro che fosse lei, papà..."

"Capisco..." disse l'uomo, portandosi due dita a stringersi il setto nasale, nel punto più alto vicino alla fronte. Sentiva che il mal di testa che stava covando da una mezz'ora buona, dopo quella conversazione, sarebbe esploso in tutta la sua intensità.

"Sapevi che sarebbe tornata? Non mi sembri... molto sorpreso..." chiese Kaede, la reazione del padre era stata fin troppo tranquilla.

"No, io... non lo sapevo, ma ho avuto un presentimento..."

Kaede sussultò, forse era lo stesso che aveva avvertito lui?

Haruiko spiegò: "La festa alla quale avete assistito, tutte le attrazioni e l'organizzazione, sono in parte sponsorizzate dall'industria per cui lavoro. Ho dovuto approvare io i manifesti prima che potessero venire affissi per le strade e... ho letto che ci sarebbe stata una sfilata, una rappresentazione teatrale e un concerto... non sapevo in che giorni si sarebbe svolta ciascuna manifestazione, ma nel momento in cui ho visto quel settore" disse, riferendosi appunto a quello della moda, "ho pensato a Yuna... non lo so perché... non dovevo lasciarvi andare..." disse incoerentemente.

"Non è colpa tua..." lo rassicurò Kaede, "… nessuno poteva sapere... a parte lei... sono sicuro che mi abbia riconosciuto... lei sa... mi ha guardato" spiegò. "Penso anche che, da qualche giorno, mi stesse seguendo" buttò fuori, consapevole adesso di riuscire a metter in fila tutte quelle strane sensazioni di timore, paura e nervosismo che negli ultimi giorni avevano fatto da padrone sul suo animo.

"Che dici, Kaede? Lei ha tentato di avvicinarti? Le hai parlato? Ha fatto del male a te o ai tuoi amici?" chiese l'uomo velocemente, colto da improvvisa preoccupazione.

"No... non ha fatto nulla... per il momento" aggiunse il moro, ben consapevole che la situazione non presentava facile soluzione e che quel loro incontro non era stato casuale.

"E poi, fino a oggi, non pensavo seriamente di dovermi preoccupare, credevo la mia fosse solo immaginazione o..." stavolta fu Haruiko a interromperlo.

"Dovevi parlarmene... parlare con qualcuno, Kaede... non devi stare solo!" lo mise in guardia.

Kaede lo scrutò attentamente, sì, forse avrebbe dovuto farlo, parlare con lui o Hanamichi, ma credeva che fossero solo sue fantasie, piccoli turbamenti legati alla stanchezza tra scuola e basket, piccole manie che tutti gli adolescenti probabilmente hanno. Sebbene il suo istinto gli gridasse di stare attento, pur riconoscendone i sintomi, non lo aveva fatto.

"Senti, Kaede..." il padre lo scosse da quei ragionamenti, "… è possibile che lei, adesso, intenda rintracciarti. Dubito che si farà viva con me per incontrarti normalmente, perciò ti chiedo solo di stare attento. Io non voglio metterti contro di lei, la nostra storia la sai, ma, forse, lei vorrà parlarti per spiegarti le sue ragioni, il motivo per cui si è comportata come ha fatto. Io ammetto di non sapere cosa abbia in mente, ma, nonostante questo, lei è tua madre e io non posso mettermi in mezzo. Se vorrà parlarti l'unico che potrà decidere se incontrarla o meno sei tu. L'unica persona ad avere voce in capitolo sei soltanto tu, figlio mio. Lo sai, non ho mai cercato di metterti contro di lei, non ne ho mai parlato male proprio per questo, sapevo che prima o poi sarebbe tornata, per te. Miyako stessa ha sempre vissuto con la paura che un giorno potesse presentarsi da noi e portarti via, i primi anni della tua infanzia sono stati duri anche per lei" gli confidò, ma senza che vi fosse ragione apparente. Era giusto che il figlio sapesse cosa aveva, e avrebbe sempre avuto, e quello a cui sarebbe andando incontro nel momento in cui avesse deciso di parlare con Yuna.

"Non fraintendere il motivo per cui te ne parlo, Kaede: lei ti vuole bene, noi siamo una famiglia e qualsiasi cosa debba succedere, noi siamo qui per sostenerti e starti vicino. So che sei un ragazzo forte, non per niente ci somigliamo per moltissime cose, ma se hai bisogno di qualsiasi cosa noi siamo qui" lo rassicurò.

"Sì, papà!" Rukawa annuì con il capo, comprendendo bene quel lungo e sentito discorso. Sicuramente suo padre avrebbe voluto dirgli di lasciarla perdere, di fare di tutto per non parlarle, rivolgersi anche alle autorità se necessario, ma sarebbe stato impossibile. L'uomo aveva ragione, lei era sua madre e non aveva fatto nulla di male, era un suo diritto vedere il proprio figlio e, nel caso, cercare di aggiustare e, per quanto possibile, salvare il loro rapporto.

"Ti chiedo solo una cosa..." disse ancora l'uomo, "stai attento, Kaede."

Rukawa annuì e si alzò dalla sedia, mentre il padre inforcava nuovamente gli occhiali e tornava a far di conto. Kaede, però, si accorse della mano che, riprendendo la penna, tremò.

"Ah... papà..." Rukawa si fermò davanti alla porta prima di aprirla. Sapendo di avere la sua attenzione, pur senza voltarsi, disse: "… non dire nulla alla mamma e ad Ayako... e ad Hanamichi..."

Haruiko sorrise, indeciso, poi annuì: "Nh" disse e Kaede uscì dal suo studio, lasciando l'uomo solo con i propri pensieri.

***

"Kaede!"

Il mattino dopo, Ayako era decisamente alterata: aveva aspettato per parlargli solo perché la madre l'aveva fermata, impedendole di andare a svegliarlo e innervosirlo di prima mattina. Ma la sorella era furiosa e, visto che Kaede era già vestito di tutto punto e stava scendendo per andare a giocare in palestra, gli corse incontro aggredendolo quasi, senza lasciargli tempo di parlare.

"Sono molto delusa da te!" aveva esordito. "Io, veramente, non so cosa devo fare... che ti ho fatto di male e che ti ha fatto di male Ken? Capisco che sia geloso di me, ma questo è troppo! Andartene via senza salutare accampando una banalissima scusa... sai che non hai convinto neanche Hanamichi? E per colpa tua, anche lui ieri era tutto stralunato. Senti..." gli disse, sbuffando, facendo ondeggiare i ciuffi ricci e muovendo platealmente le braccia, "… abbiamo tanto faticato per voi due e non ti puoi comportare così. Se hai problemi con lui, devi parlarne ed evitare di farmi fare brutte figure. Io voglio davvero bene a questo ragazzo, mi conosci, non dimenticare che io sono diversa da quelle sceme che ti cadono ai piedi, chiaro? Che ti piaccia o no questo è quanto e presto lo inviterò qui per presentarlo a mamma e papà, intesi?" disse, frapponendosi fra lui e la porta: non l'avrebbe lasciato andare se non le avesse risposto, Kaede questo lo sapeva.

"Chiaro!" disse il fratello.

"Bene!" fece eco la riccia.

"Devi dire altro?" le chiese atono, come se quella sfuriata non l'avesse toccato. In quel momento voleva solo andare a giocare per scaricare i nervi, non gli interessava quello che la sorella, erroneamente poi, pensava di lui, si facesse tutti i viaggi che le piacevano, ma che non lo mettesse in mezzo.

"No!" rispose la sorella.

"Posso andare?" le chiese serio.

"Sì, vai!" Ayako si spostò di lato, rispondendo a quel veloce scambio di battute, senza pensare alla intrinseca comicità di quel dialogo.

"Grazie!"

"Prego!"

E solo dopo che il fratello fu uscito dalla porta Ayako si rese conto di quanto successo. Mise il broncio e, incrociando le braccia al petto, sedendosi stancamente sul divano, sbuffò: "Stupida volpe!"

***

"Kitsune!"

Rukawa si immobilizzò a metà scala, posando quasi a rallentatore il piede sul gradino inferiore a quello in cui stava.

Anche l'interrogatorio del doaho non l'avrebbe sopportato. Non aveva voglia di parlare e inventare scuse sul perché se ne fosse andato in quel modo: sapeva di averlo trattato male, e magari si sarebbe anche dovuto scusare, parlargli, come aveva detto suo padre.
Hanamichi l'avrebbe capito, anche lui non aveva una facile situazione familiare, ma in quel momento non era in grado di affrontare un discorso, sentire pareri e consigli, voleva solo giocare e dimenticare tutto.

Lo guardò impassibile, sperando che capisse che non era aria, ma Hanamichi, che stava salendo le scale, proprio per andare da lui, lo raggiunse e gli disse: "Senti, Kaede... se non hai niente da fare, ora... volevo sapere se ti andava di allenarti con me. È una bella giornata e speravo che potessimo andare a giocare all'aperto, sempre che..." aggiunse, notando il suo abbigliamento, "… sempre che tu non abbia già preso programmi di vederti con Akira, allora non importa..." aveva parlato velocemente per far sapere subito a Kaede che non fosse andato da lui con intenzioni bellicose, ma che ci tenesse davvero a giocare insieme.

Attese, guardandolo con un mezzo sorriso, aspettando la risposta e il moro, sollevato e intenerito, scese i gradini che lo separavano dal ragazzo e gli prese due dita tra le sue, parlando a voce bassa: "Prendi la tua palla fortunata, doaho... perché ne avrai bisogno... e tanta!" lo provocò, scendendo le scale e sorridendo tra sé. Aveva visto il sorriso che era comparso sul volto del rosso, quando aveva capito che non era arrabbiato.

La volpe seguì il compagno in giardino e insieme si diressero in un campetto vicino al parco giochi: era una zona abbastanza tranquilla e ad Hanamichi piaceva molto, perché gli ricordava la sua infanzia, i primi periodi in cui lui e la volpe, ancora piccoli, si frequentavano più o meno assiduamente.

Sakuragi teneva sulla spalla la borsa da basket in cui aveva messo anche la roba del cugino e riempiva il moretto di chiacchiere, discorrendo di vari argomenti, sfidandolo per prepararsi alla sua imminente sconfitta, come se tra loro non vi fosse nulla di lasciato in sospeso.

In realtà, Hanamichi non è che si fosse arreso e avesse deciso di accantonare il problema, al contrario, aspettava solo il momento giusto per riprendere il discorso con Kaede e avrebbe voluto delle risposte. Non poteva continuare a chiudersi in se stesso e lasciarlo fuori dai suoi problemi che, per il modo in cui lui si comportava, dovevano essere veramente importanti: se avesse intuito che si fosse trattato di semplice malumore dovuto al suo carattere o fastidio verso qualcosa di preciso e concreto, avrebbe aspettato che gli passasse, ma sapeva che non era così.

Voleva, però, aspettare il momento giusto, se Kaede avesse sospettato il suo piano, sarebbe rimasto sulla difensiva e avrebbe fatto passare lui dalla parte del torto e di sicuro Hanamichi non era uno sciocco da incorrere volutamente in uno scontro con lui. Per questo aveva deciso di 'passare momentaneamente dalla parte del nemico' e poi partire al contrattacco.

Il suo era un piano perfetto!

"Allora, volpaccia, vediamo un po' di cominciare..." Hanamichi posò a terra, accanto all'entrata della recinzione, la sacca da basket estraendone la palla per iniziare a giocare.
Rukawa si tolse la felpa, restando con una maglietta leggera, e l'inseparabile fascetta nera al braccio. Hanamichi sfiorò quella che portava lui stesso, sorridendo birichino. Rukawa lo guardò arcuando un sopracciglio e si preparò in posizione di difesa per cominciare lo scontro.

Hanamichi si portò palleggiando baldanzoso fino a lui, sfidandolo a rubargli la palla, guardandolo negli occhi e, quando Rukawa scattò in avanti, con un movimento veloce del braccio, Hanamichi passò la palla da una mano all'altra, superando l'avversario che rimase perplesso.

'Ehehe' ghignò soddisfatto tra sé Sakuragi, correndo verso il canestro avversario, osservando con la coda dell'occhio il moretto riprendersi subito e raggiungerlo: sorrideva, quel sorriso di sfida che solo rare volte Hanamichi era riuscito a cogliere sul suo viso, ma mai durante un loro scontro. Un sorriso di aspettativa e divertimento che Rukawa, forse senza neanche saperlo, sfoderava ogni volta che disputava un incontro a due con Sendo o una partita ufficiale con i ragazzi delle altre squadre. Forte di questo e orgoglioso di se stesso, Hanamichi tornò a concentrarsi sul gioco, pronto a tutto per far vedere alla sua volpe con chi avesse a che fare e che non dovesse sottovalutarlo più.

"C'è mancato proprio poco, un tanto così!" fece Hanamichi, portando sotto il naso del moretto due dita e allargandole leggermente per mostrare al ragazzo la quantità che intendesse.

"Doaho! Ammetto, però, che mi hai sorpreso!"

"Eheh, kitsune di poca fede! Tu continua a sottovalutare in questo modo le meravigliose doti di apprendimento del Tensai: un giorno, mio caro, ti sconfiggerò e tu non avrai neanche il tempo di fermarti a pensare in che modo ci sia riuscito!" disse contento, mentre entrambi, seduti per terra al centro del campo, la palla tra loro due, riprendevano fiato.

Hanamichi osservò il compagno che guardava un punto lontano davanti a sé e uno strano silenzio era sceso su di loro: Sakuragi rifletté per un attimo se fosse consigliabile o meno parlargli adesso e soprattutto sul come iniziare il discorso. Non voleva commettere gli stessi errori delle altre volte facendo sentire Kaede accusato di qualcosa, ma non gli veniva in mente nulla che non fosse una domanda diretta per non tergiversare oltre.

"Ehm... kitsune?" attirò prima di tutto la sua attenzione. Kaede si volse a guardarlo e Hanamichi gli fece un piccolo sorriso sghembo che Kaede non comprese, rimanendo a fissarlo cercando di capire il motivo di tutta quella titubanza.

Hanamichi, d'un tratto, si alzò velocemente in piedi e, piegandosi un attimo sulle ginocchia, molleggiando sulle gambe, disse sbrigativo: "Io... vado a prendere qualcosa da bere alla macchinetta in fondo alla strada... tu vuoi qualcosa?" chiese.

Kaede ci pensò un attimo, poi, rispose semplicemente: "Un integratore... se lo trovi."

Hanamichi annuì e fece per andarsene, poi ritornò sui suoi passi e gli disse: "Ah... ecco... dopo ti devo dire una cosa!" e gli fece cenno con la mano assicurando che sarebbe tornato presto. Rukawa non comprese, vide Hanamichi allontanarsi di corsa e si risollevò in piedi: il doaho era strano, sembrava che volesse dirgli qualcosa, ma avesse paura.

Rifletté su questo e qualcosa parve capire; sospirò, prendendo la palla cominciando a farla rimbalzare sul terreno mentre muoveva qualche passo in avanti: forse cominciava a comprendere il senso di quell'uscita, Hanamichi voleva ancora delle spiegazioni sul suo comportamento.
Si passò una mano tra i capelli e pensò seriamente di confidarsi con lui: non aveva senso continuare a nascondergli qualcosa che, adesso sapeva, avesse una motivazione così importante. Non erano più solo sensazioni le sue e non voleva mentirgli, altrimenti fra loro si sarebbe creata una crepa considerevole e non voleva costruire il loro rapporto su delle basi non solide: doveva cercare di aprirsi con lui, in fondo, non aveva voluto forse la stessa cosa da Sakuragi?

Palleggiò con maggiore vigore e spiccò un salto verso il canestro, schiacciandovi dentro la palla.

Un applauso entusiasta diede merito a quell'azione, Rukawa si voltò con un sorrisino soddisfatto sul volto, credendo che Hanamichi fosse già tornato e avesse assistito, ma il suo viso rimase congelato con quell'espressione.

La palla rotolò dispettosa fino ai piedi della nuova presenza che, con un sorriso, avanzava lenta verso il moro.

Questa raccolse la sfera e la tese al ragazzo, allungando le braccia: "Complimenti, Kaede, sei davvero bravo come si dice in giro!"

Rukawa, spinto da una forza riflessa, prese tra le mani la palla, ma non disse nulla, limitandosi a guardare con occhi sorpresi la donna che aveva di fronte.

"Beh... non mi dici niente? Allora come stai?" chiese lei, inclinando di lato la testa, lasciando scivolare un boccolo sul viso candido e perfetto, prima di riportarlo dietro l'orecchio con due dita, in un gesto delicato e casuale.

Passarono altri minuti di tensione: Rukawa non sapeva che pensare, aveva la testa vuota e il suo cuore, stranamente, batteva a un ritmo normale, come se quell'incontro inaspettato non l'avesse sconvolto.

"Ahahah" la donna rise e poi guardò il ragazzo con espressione che sembrò quasi dolce, molto probabilmente colpita dalla sua mancanza di reazione: il suo Kaede, continuava a fissarla, senza dire una parola.

"Spero tanto che questo sia un buon segno... voglio dire, non dici nulla perché sei piacevolmente sorpreso di rincontrarmi?" domandò retoricamente, ma non aspettò risposta.

"Mi sei mancato, Kaede..." disse, allungando una mano con l'intento di sfiorarlo e Kaede indietreggiò con il busto, ma l'azione fu talmente veloce che lei neanche se ne accorse, distratta immediatamente dalla voce lontana che sentiva cantare uno strano motivetto e che, pian piano, si avvicinava a loro.

Si volse e rimase in ascolto: "Non sapevo fossi in compagnia, forse è meglio che vada... ma mi piacerebbe rivederti con più calma, per poter parlare" si avviò verso l'uscita e si fermò prima di varcare la soglia. Prese qualcosa dalla borsetta a tracolla e si chinò, infilando un foglietto di carta nella sacca da basket.

"Questo è il mio numero... chiamami ti prego... resterò in città solo fino a domenica, poi lascerò Tokyo... ci conto, Kaede" si rivolse nuovamente a lui e uscì, sparendo rapida dietro l'angolo, nel momento in cui Hanamichi, fischiettando e intonando la sua canzoncina, tornava nel campetto, imbracciando diverse bottigliette di succhi e bevande: aveva preso un po' di tutto pensando che alla sua volpe facesse piacere.

"Kiiitsuuuuneeee!" lo chiamò, cantilenando sulle vocali, vedendolo al centro del campo, il pallone tra le mani. Kaede lo fissava, ma senza vederlo in realtà.
Sakuragi lo chiamò più volte, ma Rukawa pareva essersi estraniato completamente dal mondo, sconvolto dall'incontro avuto poco prima.

Non provava niente, non riusciva a pensare a nulla, la sua mente gli ripeteva in sequenza tutte le frasi che quella donna gli aveva rivolto e rivedeva se stesso che non era riuscito a ribattere. Avrebbe dovuto... avrebbe voluto dire qualcosa, ma per la prima volta, la paura, l'incertezza, la sua stessa natura gli avevano impedito di fare alcuna azione logica. Aveva perso. Per la prima volta si sentiva veramente sconfitto e ogni volta che lei, con un sorriso, gli si era rivolta chiamandolo per nome, Kaede non aveva provato nulla. Anzi, l'unica cosa che era riuscito a pensare era stata che non aveva alcun diritto di parlargli con tanta confidenza. E aveva anche cercato di sfiorarlo in un contatto più azzardato!

"Kaede..." la voce morbida e preoccupata di Hanamichi che lo scuoteva toccandogli un braccio, fece immediatamente riprendere il moro che reagì d'istinto, ancora avvolto e avvinto da tutte quelle sensazioni negative. Allontanò quella mano calda con un colpo secco del dorso, spintonandolo, scostandosi allarmato e guardando malissimo Sakuragi.

Il rosso venne sbilanciato da quella mossa e lasciò cadere a terra le bottiglie che teneva in mano, impreparato assolutamente a quel gesto. Osservò il compagno sconvolto, mentre questi riacquistava un minimo di lucidità: Rukawa riconobbe solo dopo la figura di Hanamichi e si rese conto di quello che aveva appena fatto. Una bottiglietta di plastica dal liquido di colore verde sbatté sulla punta della sua scarpa e Kaede osservò le numerose confezioni rotolare sparse sull'asfalto.

Riportò l’attenzione su Hanamichi e parlò, finalmente, dopo un silenzio che gli era sembrato durato anni, pronunciando il suo nome: "Hana..." ma il rosso non lo voleva ascoltare.

"Che cosa ti sta succedendo, Kaede?" lo aggredì. "Io non capisco, kitsune: cosa c'è di sbagliato in te? O in me. Io mi sono allontanato un attimo, ti ho lasciato che eri normale" si aiutò con le mani, enfatizzando il termine scelto, muovendo le braccia.

"Io..." tentò di parlare Rukawa, ma Hanamichi non lo voleva sentire, si era stancato.

"Io non ne posso più, Kaede, dei tuoi silenzi e i tuoi segreti. Accetto tutto di te, lo sai, mi sono innamorato di te sapendo come sei fatto e non mi pento di questo, ma qui c'è qualcosa che non va. Tu pretendi da me cose che per primo non riesci a concedermi: fiducia, Kaede. È così difficile lasciarti andare con me? Il tuo orgoglio si sentirebbe davvero minacciato dalla mia presenza se solo ti confidassi e mi spiegassi ogni tanto? Io non so se posso esserti d'aiuto, non so se potrò avere la soluzione a qualsiasi cosa tu abbia in testa, ma se non me ne parli, io... io non..." non riuscì a concludere, non riuscendo a trovare le parole per far capire a quella stupida volpe cosa intendesse.

E a che scopo?

Tanto Kaede non gli avrebbe parlato, cosa ci provava a fare? Aveva capito, ormai, che il moro si era trincerato dietro la sua barriera di mutismo e niente avrebbe potuto scalfirla, neanche lui... e la cosa lo faceva stare male, male davvero. Perché lui l'amava, se n'era accorto da subito, ma, forse, nonostante quello che gli dicevano tutti, ripetendogli che con lui Kaede era diverso, forse neanche coloro che gli erano più vicini, avevano capito realmente: si erano sbagliati.

Sakuragi si lasciò andare a un sospiro, incurvando le spalle, schiacciato dal peso della consapevolezza che forse lui non era veramente importante, né utile a Kaede.

La volpe ascoltò basito il suo discorso e non comprendeva il motivo di quelle parole: perché pensava quelle cose? Era stato lui a fargli credere di non valere abbastanza da meritarsi la sua fiducia? Come avrebbe mai potuto rimediare?

Vide Hanamichi allontanarsi e lasciarlo solo: doveva fare qualcosa, spiegare che non era come lui aveva pensato.

"Hana, mi disp-"

"Non dirlo!" senza girarsi verso di lui, posando una mano sulla ringhiera e stringendo le dita su di essa, cercando di mantenere la calma, Hanamichi lo interruppe.

"Non farlo, Kaede. Perché in questo momento anche un'espressione di scusa da parte tua, e Dio solo sa quanto io sappia quanto ti costi un atto del genere, adesso non avrebbe alcun senso. Non chiedermi scusa, perché quella parola non ha alcun significato, Rukawa".

genere: romantico, fanfiction: slam dunk, long fiction, genere: fluff, genere: epic, genere: erotico, pairing: ruhana, slam dunk, genere: au, warning: yaoi

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