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"Grrr... non sarebbe ora che smettesse di piovere? Siamo in primavera ormai, l'ora X per l'inverno è scattata ieri, allora perché continua a venire giù il cielo?" Hanamichi era appena rientrato da fare la spesa. Miyako si era messa a fare una torta da mangiare dopo cena, ma le mancavano le uova e qualche altro ingrediente e quindi aveva chiesto, con occhi supplici, al nipote di fare un salto al negozio dietro casa.
"Hana! Stai inzaccherando ovunque, se Hina vedesse come distruggi il suo operato... un po' di rispetto, insomma!" lo rimproverò Ayako con le mani sui fianchi, vedendolo che, in punta di piedi, si dirigeva in cucina a consegnare la busta alla zia.
"Grazie, Hana, sei un vero tesoro, come avrei fatto senza di te?" gli sorrise la donna. "Mi spiace che ti sia beccato la pioggia, ma sai come dice il detto, no? 'Marzo pazzerello, esci col sole, porta l'ombrello'!"
Hanamichi, affatto rincuorato dalla filastrocca, le fece comunque un sorriso sghembo e andò a farsi una doccia: avrebbe dovuto usare il bagno della villa ancora per qualche giorno, il guasto nella dependance era stato sistemato, ma la struttura era ancora inagibile.
Si spogliò piano, aprendo il miscelatore, ponendo sotto il getto tiepido la mano, cominciando a entrare con cautela nella vasca.
I muscoli, intorpiditi dal freddo, si scaldarono immediatamente e Hanamichi emise un mugolio di piacere soddisfatto. Si passò piano la spugna su tutto il corpo, massaggiandosi le braccia e le gambe, carezzando i capelli, lasciando che il gettito ritmico dell'acqua lo cullasse, facendolo rilassare.
Si stava sciacquando dalla schiuma profumata quando, d'un tratto, tutto si fece buio nella stanza.
"Ma?"
Chiuse dubbioso l'acqua e si infilò nel suo caldo accappatoio bianco, legandolo stretto in vita, uscendo nel corridoio, per capire cosa fosse successo.
Tutto in casa era buio, sentiva la voce della zia e di Ayako parlottare e la prima, leggermente disperata, lamentarsi sul fatto che, per colpa di questo imprevisto, non avrebbe potuto completare il suo dolce.
"Ahi..."
"Doaho?!"
"Kitsune! Mi sei venuto addosso!" si lamentò Sakuragi, allungando le mani a tentoni per inquadrare la posizione del compagno. Gli posò le mani sul petto, cercando di scansarlo per passare: "Baka kitsune, levati e vai a vedemhp!"
Un paio di labbra morbide si posarono contro quelle del rosso costretto a interrompersi, poi, la voce di Kaede, parlò vicinissima al suo orecchio.
"Doaho... ti pare il caso?" gli disse in un sussurro, spingendolo contro il muro.
"Di fare che?" chiese questi, abbassando anche lui il tono, pur senza capirne il motivo.
"Sei mezzo nudo, mi sei venuto addosso... al buio... lo fai apposta? Non mi sembra il momento" ripeté suadente, scivolando con le labbra sulla sua guancia e sorridendo nell'oscurità.
"Ma di fare cooo... aaah... kitsune! Ma ti sembrano cose da dire?! Volpe maniaca! Io stavo andando di là a vedere cosa è successo!" si giustificò, cercando di superare il cugino per raggiungere la cucina. Stavano ancora lottando, uno per svicolare dall'abbraccio e l'altro per trattenerlo contro di sé, quando una luce opaca li investì in pieno, illuminandoli: Kaede teneva una mano sul fianco del rossino e questi, mosso un passo in avanti, aveva finito per posare la coscia, scoperta dall'accappatoio, contro quella di Rukawa. A una prima e fugace occhiata sembrava una posa piuttosto intima.
"Oh, ragazzi, vi prego... di là c'è la mamma..." li rimproverò Ayako, squadrandoli e fu inutile da parte di Hanamichi cercare di spiegare, ormai la ragazza aveva frainteso e non vi era stato verso di convincerla del contrario.
Sbuffando e guardando storto la volpe, Sakuragi si liberò dalle sue grinfie, avviandosi in cucina dove la zia lo richiamava.
"Hana... ti spiace andare alla dependance? Dovremo aver messo delle vecchie candele in una mensola della cucina, l'unica torcia che abbiamo non sarà sufficiente e non durerà molto la carica" spiegò.
Hanamichi annuì con il capo e scese di corsa le scale esterne: aveva cominciato anche a piovere più forte e questo doveva aver creato un piccolo black out nell'intero quartiere.
Si mosse piano nella stanza, andando per prima cosa a vestirsi, tastando un po' ovunque, alla ricerca del cambio e che aveva gettato sul letto.
In cucina poi trovò una bella scorta di candele e le prese tutte, pensando che qualcuna avrebbe potuto tenerla in serbo per passare una seratina romantica e speciale con la volpe, magari per il loro primo anniversario: cenetta a lume di candela e tante coccole.
"Doaho! Quanto ci vuole?"
La voce di Kaede, che dalla veranda lo richiamava, facendogli dei segnali luminosi a intermittenza, lo riscossero dai suoi pensieri: anche quando non era presente, quella volpe artica riusciva a frantumare i suoi sogni. Sospirò e sorrise, risalendo in casa.
***
"Allora? Che ti hanno detto?" Miyako si rivolse al marito, parlandogli a voce alta affinché capisse dove si trovava e raggiungesse lei e i ragazzi in soggiorno, dove si erano sistemati per cenare. Il camino era acceso ed emanava una luce abbastanza forte unita a quella delle candele accese e sparse sulle mensole.
Avevano deciso di mangiare in salotto, utilizzando il basso tavolino vicino al caminetto come postazione di emergenza.
"Non capiscono da cosa dipenda, forse un sovraccarico, ma non escludono che questo temporale abbia potuto causare dei danni al generatore principale, dicono di portare pazienza" spiegò Haruhiko, cominciando a mangiare.
"Avete visto? Avevo ragione io: se non facesse questo tempo del cavolo..." riprese a lamentarsi Hanamichi.
"Doaho!"
"No, kitsune, è come dico io! È arrivata la primavera, fine del discorso!" si impuntò. A lui non piaceva affatto la pioggia, specie se lo coglieva impreparato mentre era fuori a fare commissioni. In quel caso andava fuori di testa, cominciando a prendersela con il meteo, anche se parlare non serviva poi a migliorare la situazione.
Miyako sorrise e commentò: "Sai Hana? Non hai esattamente preso da tua madre in questo... lei sarebbe stata felice di passeggiare sotto la pioggia!"
"Bah... lo so, lo so" annuì con il capo. "Ma non credere sai, anche lei ha i suoi punti deboli: la pioggia le piace, certo, ma non si può dire lo stesso del rumore del tuono... allora sì, che mi posso prendere la mia rivincita!" rise tra sé e si accorse subito che a quella considerazione aveva attirato l'attenzione dei commensali su di sé.
"Beh... lei mi prende sempre in giro per il fatto che a me non piaccia e poi si spaventa se, però, comincia ad agitarsi il vento che smuove gli alberi e in cielo si scatena un temporale.
Ricordo che una volta abbiamo vissuto più o meno una situazione di questo genere. Ero molto piccolo, ma ricordo benissimo quello che successe..." ripensò con nostalgia, cominciando a raccontare.
"Hana? Hana dove sei?"
"Mamma!"
"Hana! Fermo lì! Dimmi solo dove ti trovi!"
"Mamma!"
"Hana?"
"Mammaaaa!"
"Oh, Hana!" la donna sobbalzò, facendo un passo all'indietro, sentendo qualcuno cozzare contro le sue gambe e un paio di manine aggrapparsi alla gonna lunga. "Ti avevo detto di aspettarmi!" Minako si chinò e prese in braccio il bambino, tornando in salotto, cercando di fare memoria sulla disposizione dei mobili per non andare a sbattere contro qualcosa. Anche se vivevano lì da diversi anni ormai, di tanto in tanto, con la sua mania di spostare spesso la disposizione dell'arredamento, era un po' confusa.
"Mamma, perché tutto buio?" domandò il piccolo Hanamichi, abbracciato al collo della donna. Lei fece sedere il bambino sul divano e si raccomandò di rimanere buono, mentre andava alla ricerca di candele per illuminare la stanza.
"È colpa di questo stupido temporale, Hana!" disse, mentre accendeva un fiammifero e lo avvicinava allo stoppino della candela: fece cadere un po' di cera su un piattino e poi vi fermò la base per tenerla in piedi. Ripeté la stessa operazione con altre due e poi le portò in soggiorno, posandole sul tavolino.
"Mamma... a te piace pioggia!" disse contento il piccolo e un po' confuso per il modo in cui la donna gli aveva risposto: un tono di voce in assoluto contrasto con quello solitamente allegro che aveva quando si accorgeva che fuori tutto si oscurava e cominciava a piovere.
"Sì, a mamma piace la pioggia, ma non il temporale come questo. Non senti questi tuoni forti? Questi non mi piacciono!" disse, guardando il bambino e prendendolo in braccio per parlargli meglio osservandolo in viso.
Sakuragi storse la bocca perplesso e chiese, innocente: "Mamma paura?"
La donna spalancò gli occhi: "Certo che no!" mentì. Non doveva farsi prendere in contropiede o Hanamichi, spaventato, si sarebbe messo a piangere. Ma contrariamente a quest'ultimo pensiero formulato da Minako, il figlio era molto tranquillo invece, e a sua volta, cercò di infonderle coraggio: "Non devi avere paura mamma... ci sono io... il Tensai non ha paura!"
Lei sorrise, carezzandogli la testa rossa e dandogli un bacio sulla fronte: "Lo so, lo so, tu sei il mio ometto... ma dov'è tuo padre?!" domandò poi, osservando un lampo illuminare parte del salotto, restando in attesa del tuono.
"Uff... dimmi tu se doveva sparire in un momento del genere, gli avevo detto di stare un attimo con te... eravamo rimasti d'accordo che sarebbe uscito solo al mio ritorno, ma la signora del piano di sotto mi ha trattenuta più del previsto da lei e lui non mi ha aspettata! Chissà cosa diavolo doveva fare di così importante da non poter rimandare a domani! In più con questo tempaccio... dove può essere andato?" si lamentò un poco, mettendosi in pensiero.
Un frastuono forte arrivò dopo soli sette secondi dal flash del lampo* e la donna si strinse al petto il bambino, cullandolo. Hanamichi rise e le mise le mani sulle spalle, per abbracciarla a sua volta, divertito dal contrasto di sentimenti che sconvolgevano la madre: un abisso tra quello che dichiarava a parole e quello che invece faceva con i gesti.
Passarono diversi minuti in silenzio, in attesa di sentire qualche rumore sospetto, cullati dal rumore insistente e continuo della pioggia che cadeva forte all'esterno e poi si voltarono entrambi in direzione della porta, sentendo la serratura scattare.
Hanamichi spalancò la bocca sorpreso e sorrise apertamente, vedendo comparire a mezz'aria una torta di compleanno con svariate candeline su di essa e, subito dopo, suo padre entrare in casa.
"Papà... sei tornato! Waaa che bella torta!" esclamò felice, trottolando davanti a lui.
Hidetoshi gli sorrise e con un cenno del capo gli chiese di chiudere la porta: Hanamichi annuì contento e la spinse con entrambe le manine, fino a sentirla scattare nuovamente.
"Toshi, ma cosa...?" Minako si era alzata in piedi, sollevata dal ritorno del marito, facendo posto sul tavolo al dolce che questi portava con sé. La torta di compleanno a due piani, di medie dimensioni, era ricoperta di ben trenta candeline rosa che, con la loro luce, infusero alla stanza una calda sensazione di intimità e affetto. La donna osservò il suo sposo con occhi brillanti, commossa, come se avesse ricordato, solo in quel momento che giorno fosse.
"Buon compleanno, tesoro..." disse Hidetoshi, prendendole le mani e sfiorandole le labbra con un bacio.
"Oh cielo... me ne sono scordata completamente!" sospirò Minako, portandosi una mano alla fronte, ridendo della propria dimenticanza e sedendosi nuovamente sul divano. Hanamichi le salì ancora una volta sulle ginocchia, guardando affascinato le candeline emettere quelle strane ondine di fiamma.
"Mamma, sorpresa!" disse il bambino, sorridendo e facendo l'occhiolino al padre. Minako lo osservò e guardò i suoi due ragazzi confusa.
"Mi spiace aver tardato... il temporale non era previsto, ti sarai preoccupata per niente... ma avevo detto ad Hana che uscivo a fare una commissione importante e di non dirti nulla... vero?" chiese complice al figlio che annuì, vigorosamente.
"Io zitto... ma mamma tanta paura!" disse il piccolo Sakuragi, come se fosse un dettaglio importante.
"Hana!" lo riprese la donna arrossendo e negando subito. "Non avevo paura..." disse rivolta al marito che la guardò sollevando un sopracciglio.
"Sì, hai ragione, in effetti non mi sei sembrata spaventata..."
"Ecco vedi..." disse lei, troppo presto per cantar vittoria, però, perché Hidetoshi concluse: "… eri terrorizzata, amore mio!" la prese in giro, allungando un braccio, posandoglielo sulle spalle e attirando moglie e figlio verso di sé.
"Oh... sei... sei... sei odioso!" gli disse lei risentita, non potendo fare a meno di arrossire.
Hanamichi rise, prendendo un poco in giro la donna e poi saltò in braccio al padre, guardando Minako con un sorriso, indicando con un ditino la torta: "Mamma... mamma, soffia, soffia! Ti aiuto?" le chiese, guardandola contento, sperando lo facesse partecipare.
Lei sorrise, guardando il marito, sporgendosi per soffiare e Hanamichi, tenuto per la vita dal padre, per non farlo avvicinare troppo alle fiammelle, fece lo stesso. Madre e figlio presero un bel respiro, pronti a spegnere le candeline, ma un attimo prima vennero interrotti dalla voce dell'uomo che consigliò: "Non dimenticare... esprimi un desiderio prima!"
Minako annuì e chiuse gli occhi, formulando mentalmente il suo desiderio, poi, contò fino a tre e insieme al figlio soffiarono sulle candeline.
Nel momento in cui tutte le fiammelle scomparvero, un istante dopo, la luce del salotto si accese: la corrente era tornata. Hanamichi, seduto in grembo al padre, batté forte le mani e rise contento: "Brava mamma! Hai visto? Il tuo desiderio è stato esaurito! La luce è ritornata, così non hai più paura!" affermò.
Minako e Hidetoshi si guardarono l'un l'altra, prima di scoppiare a ridere: la donna posava la testa sulla spalla dell'uomo e guardava il figlio dolcemente.
"Hana... si dice esaudito... e poi il mio desiderio non era quello!"
"E quale, allora?" chiese curioso.
Lei gli prese la piccola mano nella sua, avvicinandosi a lui, sfregando insieme i loro nasi, facendo ridere Hanamichi, quando gli disse: "Segreto!"
Guardò nuovamente il marito con dolcezza, sorridendo anche a lui e ringraziandolo per quel pensiero con un bacio, prima di accoccolarsi nuovamente sulla sua spalla.
Si stavano godendo quella tranquilla aria di pace, quando Hanamichi era balzato giù dalle gambe del genitore ed era corso alla portafinestra premendo le mani e il naso sulla vetrata, osservando il cielo entusiasta: "Mamma... mamma! Guarda, ha smesso di piovere, adesso esce l'arcobarleno?" chiese.
Il padre si alzò dal divano, andando a recuperare il suo piccolo discolo, riportandolo all'ordine: "No, Hana, è tardi, il cielo è troppo buio, non si vede l'arcobaleno" spiegò.
"Ma c'è? Domani? Io lo voglio vedere!" disse dispiaciuto.
"Forse, se pioverà anche domani sì, ma sai, Hana anche se non lo puoi vedere... anche se domani non apparirà nel cielo, l'arcobaleno c'è sempre. Magari sta giocando a nascondino con le nuvole e il sole o ti spia piano senza che tu te ne renda conto. Non devi dubitare delle cose belle, Hana, anche se non le vedi!" gli disse e Hanamichi ascoltava attento, guardando la madre, come per sapere se anche lei fosse dello stesso parere.
La donna annuì, osservando padre e figlio mentre tagliava la torta a fette e ne disponeva una in ogni piattino.
"Capito, papà!" gli disse Hanamichi, abbracciandolo, prima di scalpitare per scendere: voleva andare a mangiare il suo dolce, aveva già l'acquolina in bocca.
Hanamichi sedeva sul divano, in mezzo ai due adulti e mangiava felice il suo dolce, sporcandosi le labbra di panna e ripulendosi con la lingua un po' goffamente, non facendo altro che spargere ancora di più la spuma bianca sulle guance e sul naso. Minako rideva divertita, voltandosi poi a guardare il marito che osservava entrambi con un sorriso leggero a incurvargli le labbra.
"Che c'è?" gli chiese Minako, mangiando un piccolo pezzo di dolce.
Hidetoshi Sakuragi scosse il capo: "Anche io sono curioso di sapere cosa hai espresso!"
La donna sorrise, facendogli una piccola linguaccia, poi, seriamente, rispose: "Niente... o, meglio, non potrei desiderare niente più di quello che ho per essere felice, l'importante è che voi due siate sempre con me!" disse, tornando a sorridergli e piegando di lato il viso, intrappolando, tra la spalla e la guancia, quella mano calda e gentile che la carezzava.
Finito il racconto, solo dopo che si fu fermato e il silenzio calò nella stanza, Hanamichi si rese conto di aver parlato un po' troppo: era un ricordo un po' malinconico, in effetti.
Inizialmente non voleva andare così oltre, voleva prendersi una piccola rivincita nei confronti della madre, raccontando alla zia qualcosa di cui forse non era a conoscenza e, invece, aveva finito per parlare di suo padre. Oltretutto, neanche ricordava di avere un ricordo così nitido di tutta la vicenda, ma una volta cominciato a raccontare, tutto era traboccato dal suo cuore, lasciando scorrere liberi quei sentimenti.
"Scusate... eheh... non volevo intristirvi..." disse, imbarazzato. Kaede lo guardava e Hanamichi evitava di incontrare i suoi occhi, aveva paura che i propri fossero un po' lucidi.
Miyako allora, prese la parola: "Non è successo nulla, Hana... anzi, è stato un racconto molto bello e poi, a tema! Bene, bene..." aggiunse la donna per sdrammatizzare, "... la prossima volta che Mina mi dirà qualcosa sul mio caratteraccio in relazione al tempo pessimo, avrò di che ribattere. Adesso però, anche io ho un simpatico aneddoto da raccontarvi, lo volete sentire?" propose, posando le spalle al divano dietro di sé.
"Riguarda Kaede..." disse, per destare l'interesse di tutti, aggiungendo, "ed è una cosa che non ho mai raccontato a nessuno!"
Hanamichi si fece subito attento, guardando con occhi brillanti il suo ragazzo e poi la zia:
"Oooh non dirmi che anche la volpe ha paura dei temporali, perché pendo dalle tue labbra" disse, esortandola a parlare.
"Doaho!" lo redarguì Kaede, fulminando, per quando possibile attraverso l'oscurità, sua madre e alzandosi per andare in bagno. Di qualsiasi ricordo si trattasse, non voleva assistere alle battutine del rosso, anche se credeva che non avrebbe perso occasione al suo ritorno: almeno, però, non gli avrebbe visto dipinta sul volto quella faccia da scemo curioso. Gliel'avrebbero pagata, tutti quanti, prima o poi.
"Allora, era più o meno una giornata come quella di oggi, primo pomeriggio, Ayako era al doposcuola e Haruhiko era già andato a lavoro. In casa c'eravamo solo io e Kaede: ero dovuta andare a prenderlo prima dall’asilo perché si era sentito male, aveva qualche lineetta di febbre" cominciò a spiegare ai presenti affinché capissero la situazione.
"Mamma, ma è una cosa vecchissima, non ne sapevamo nulla..." disse Ayako e Miyako sorrise.
"Nhnh" la donna annuì, usando il monosillabo preferito da Rukawa. "Infatti... ci eravamo appena trasferiti in questa casa per vivere tutti insieme e Kaede mi guardava ancora con una certa diffidenza. Non parlava moltissimo neanche allora e con me si ammutoliva sempre di colpo" spiegò, stupendo non poco Hanamichi che non aveva idea che la zia avesse faticato tanto per farsi accettare dal cugino.
"A ogni modo, una volta arrivati a casa lo misi subito a letto, rimboccandogli le coperte. Kaede mi guardava con aria stanca, gli avevo sfiorato la fronte ed era veramente calda. Mi sono affrettata a portare dell'acqua con ghiaccio per cercare di far scendere la temperatura. Era così dolce e indifeso" pensò sorridendo. "Mi faceva molta tenerezza. Non parlava, ma avvertivo che mi stava studiando e, anche se mi stavo prendendo cura di lui, rimaneva sempre un po' perplesso. Aveva gli occhi grandi e ancora più scuri, forse quella fu la prima volta che mi resi conto della loro intensità..."
Miyako seguiva il corso dei propri pensieri, esprimendoli ad alta voce, così come aveva fatto Hanamichi quando era toccato a lui, incurante magari di apparire un'inguaribile romantica. Ma poco le importava in effetti, quel ricordo era uno dei migliori e ai quali era più affezionata; tutti nella sala ascoltavano attenti, senza più interromperla, e anche Kaede, una volta rientrato dal bagno, si era fermato, restando nascosto vicino alla porta, ricordando quell’episodio con nostalgia, rivivendo attraverso le parole della madre quei momenti. Era come diceva lei, a quel tempo ancora non riusciva a lasciarsi andare con Miyako: era la figura materna che tanto gli era mancata e non voleva che, una volta entrata nelle sue grazie potesse stufarsi di lui. O, peggio, crederlo un peso perché gli era venuta la febbre.
Invece, la Miyako dei suoi ricordi si era preoccupata per lui, accudendolo con amore, pronunciando parole rassicuranti, cullandolo, carezzandogli i capelli e cambiando la benda, rinfrescandola ogni qualvolta assorbiva totalmente il suo calore, fino a che, esausto non si era addormentato.
La voce di Miyako raccontava ancora, con tenerezza: "Una volta calmatosi e vinto dalla stanchezza, ho continuato a vegliare su di lui, ma poi sono stata distratta dal suono del campanello... sono dovuta scendere a ritirare una raccomandata che mi serviva per lavoro e ho tardato a risalire. Rientrata in casa, allora, ricordo di aver visto Kaede all'ingresso, in pigiama, che si guardava attorno spaesato, stringeva una mano a pugno lungo il corpicino e si tirava un ciuffo di capelli con l'altra."
"Vedendolo in piedi mi sono spaventata moltissimo, ho posato a terra il pacco e vedevo che aveva l'aria preoccupata. Continuava a guardare alternativamente il cielo grigio fuori della finestra e me. Poi c'è stato un tuono fortissimo che ci ha fatto sussultare entrambi, io mi sono avvicinata piano e lui continuava a stare sulle sue fino a che..."
"Doaho..."
Un sussurro basso, emesso direttamente nell'orecchio di Sakuragi, fece sobbalzare il rosso che gridò, colto di sorpresa. Miyako fu costretta così a fermare il racconto, spaventata da quell'urlo.
"Kitsune, ma sei impazzito?!" l'aveva aggredito Hanamichi, sentendo Kaede sedersi dietro di lui e cingerlo delicatamente: in quel momento le luci nell'intera casa si accesero a intermittenza, prima di rimanere fisse.
Hanamichi strinse un po' gli occhi, abituandoli nuovamente a quella chiara luminescenza, fulminando poi la sua volpe per avergli fatto prendere un colpo.
"Ehi, ehi, dove vai? La storia non è finita!" disse alla zia che si era alzata per controllare che tutti gli impianti elettrici avessero ripreso a funzionare correttamente.
Lei lo guardò con un sorriso, spostando poi lo sguardo verso Kaede: Hanamichi si volse sconvolto e il moretto rispose alla sua muta accusa.
"Non c'è niente da dire, doaho, fine della storia!"
"Come?! Io voglio sapere... cosa ha fatto Kaede come sei rientrata? Zia! Ehi, io ti ho detto della mamma, non puoi fare come vuole la volpaccia!" si impuntò Hanamichi isterico, ma la donna aveva già cominciato a sparecchiare, aiutata da Ayako e dal marito che ridevano sotto i baffi.
"Doaho!" disse ancora Kaede.
"Ti ho detto mille volte di non chiamarmi doaho! Cosa non devo sapere, Kaede? Hai pianto? Hai ammesso che anche il grande Kaede Rukawa ha paura dei temporali? Dimmelo, Kaede, ti giuro che non ti deriderò!" lo pregò insistentemente, ma Rukawa si era limitato solo a stringerlo maggiormente tra le sue braccia e a baciargli piano il collo.
"Mmmmh... kitsuuune... sei ingiusto, ti odio... spostati, lasciami... non voglio che mi tocchi mai più finché non saprò come va a finire la storia..." gli urlò contro facendogli però gli occhi dolci e cercando di liberarsi dalla presa del suo ragazzo. L'unico risultato che ottenne, però, fu che Kaede era riuscito a farlo stendere sotto di sé sul morbido tappeto e continuava a baciarlo un po' ovunque, nonostante le rimostranze di Sakuragi.
***
Miyako, con una tazza di latte caldo, osservava fuori dalla finestra la scena che si presentava alla fine delle scale che davano sul cortile. Hanamichi e Kaede, addossati contro la porta della dependance, si stavano salutando per darsi la buonanotte: il figlio teneva il rossino per la vita, cullandolo leggermente, mentre il nipote circondava il collo del moro e sorrideva, cercando di sfuggire ai baci che l'altro voleva dargli. A quanto pareva, alla fine, Kaede aveva vinto e Hanamichi si era arreso a non sapere come sarebbe andata a finire la storia, ma la donna, sorridendo lievemente, non aveva potuto impedirsi di ricordare.
Soffiò sul liquido bianco e profumato di miele, osservando il cielo scuro e limpido senza neanche una nuvola a decorarlo...
"Kaede, cosa ci fai in piedi?"
La donna si avvicinò di un passo, sovrastando con la sua voce il rumore del tuono.
Il bambino si era voltato a osservare il cielo grigio che non prometteva nulla di buono. Miyako gli si era avvicinata piano, timorosa che Kaede potesse sfuggirle o reagire male. Evidentemente doveva essersi svegliato e, accortosi di essere solo, si era spaventato. Magari aveva pensato che anche lei l'avesse abbandonato poiché stanca di curarlo.
Kaede si era alzato per prendere un bicchiere d'acqua e aveva sentito dei passi vicini all'ingresso: era stato allora che la porta si era aperta e Miyako era rientrata con un grande pacco in mano.
La donna gli sorrise e, quando fu abbastanza vicina da poterlo circondare con le braccia pur senza sfiorarlo, si chinò sulle gambe.
Le tese in avanti e parlò: "Ti sei spaventato? Scusa, Kaede... hanno suonato al cancello e sono dovuta scendere" gli spiegò, di modo che potesse capire che si era dovuta spostare contro la sua volontà.
Il piccolo Kaede, allora, rincuorato dal suo sorriso e percependo con quel suo gesto discreto tutto l'affetto che provava nei suoi confronti, nonostante le sue diffidenze, mosse piano un passo avanti all'altro, entrando nel suo abbraccio e allungando le sue a circondarle il collo, facendosi prendere in braccio, mentre la stringeva.
"Mamma..." le disse, posando la fronte calda contro il suo collo, lasciandosi portare nuovamente a letto, accorgendosi, con stupore, che non era nel proprio che era stato condotto: Miyako era andata nella sua camera, stendendosi con lui nel grande letto matrimoniale rimboccando le coperte a entrambi. Neanche per un solo attimo l'aveva lasciato abbracciandolo forte e con lui si era addormentata, felice. Una lacrima di commozione era intrappolata all'angolo dell'occhio: quella era stata la prima volta che Kaede le aveva parlato spontaneamente, affidandosi alle sue cure e per la prima volta l'aveva chiamata mamma.
La porta del soggiorno si aprì e Miyako tornò al presente, sobbalzando leggermente. Kaede la vide e la guardò confuso: "Ci stavi spiando?" chiese e il suo tono aveva una nota divertita.
"Oh, no, no... quando mai... riflettevo tra me.... finisco di bere questo prima di andare a letto" spiegò con un sorriso.
Rukawa le si avvicinò e, sorprendendo per primo se stesso, si sporse verso di lei a darle un bacio sulla guancia, sussurrando prima di allontanarsi: "Anche questo è un nostro segreto..."
Una volta sull'uscio della porta, si volse ancora e disse: "Buonanotte, mamma."
Miyako sorrise, leggermente emozionata per quel gesto inaspettato e ancora stordita dai ricordi lontani. Sollevò appena la tazza in un cenno di saluto e, solo quando Kaede era già andato via, con voce appena tremante, rispose: "Buonanotte a te, Kaede..."