Capitolo 1 - Visioni
Il primissimo capitolo della storia, è stato modificato innumerevoli volte, ma questa è la stesura finale! Spero sia di vostro gradimento!
Peter Price, 25 enne, stava pensando. La penna in bocca cercando di riordinare le idee.
Doveva farsi venire in fretta un'idea per il seguito del suo romanzo se avesse voluto mantenere il contratto con la casa editrice.
Roteava sulla sedia della sua scrivania con la mente completamente in confusione. Era da qualche tempo che non riusciva più a trovare l'ispirazione per nulla. Non che prima la situazione fosse molto migliore, era riuscito a scrivere un solo libro fino ad ora, composto da 68 pagine e una critica scadente.
La sensazione che la sua vita fosse in un punto morto, proprio come il suo futuro romanzo ormai era un chiodo fisso nella mente del mingherlino ragazzo.
Il protagonista del suo libro avrebbe dovuto scoprire un universo alternativo, ma come dargli un'impressione reale? Come poter creare una situazione che sembrasse verossimile e non forzata?
Dopo mezz'ora, e innumerevoli palline di fogli ammucchiate dentro e fuori il cestino, Peter si alzò stizzito e cominciò a vagare senza meta nel suo appartamento. Le cose di Cindy, la sua fidanzata, erano sparse dappertutto, a differenza delle sue, tutte ordinatamente riposte in cassetti e armadi.
Una divertente inversione, nella quale è l'uomo quello ordinato e preciso e la donna quella disordinata.
Sentendosi stretto e claustrofobico in quel mini appartamento in affitto decise di fare un salto al bar, magari una o due aranciate gli avrebbero schiarito le idee.
-DIN DING-
Il consueto suono del campanellino lo accompagnò mentre entrava nel bar, e un'odore di birra e di salsedine lo investì; ma anche quell'odore faceva parte delle sue abitudini.
Nel bar c'erano 4 persone, quello messo peggio era l'unico seduto al bancone; nonostante fosse ancora pomeriggio sembrava già ubriaco fradicio. Aveva la testa abbandonata tra le braccia, una birra mezza vuota in mano e innumerevoli bicchieri vuoti intorno.
- Ullallà! Ma guardate chi ci ha degnato della sua presenza! - Esclamò l'uomo dietro il bar con la sua voce tonante.
Stava pulendo un boccale di birra con un panno, ma aprì le braccia in segno di saluto quando il mingherlino Peter entrò.
- Sono proprio io Jed! Come te la passi? - Rispose Peter ammiccando.
- Non mi posso lamentare, siamo sommersi dai clienti! - Continuò lanciando un'occhiata eloquente alla sala semi deserta.
Peter rise di gusto e si sedette qualche posto più lontano dell'uomo ubriaco, guardandolo curiosamente.
- Ehy, Jed, questo è nuovo vero? Non ricordo di aver mai visto bazzicare qui, un tatuaggio simile. - Sussurrò Peter al barista indicando il vistoso tatuaggio che aveva il cliente sull'avambraccio.
Jed gli porse l'aranciata che era solito prendere quando andava al bar, e lanciò anch'esso un'occhiata al tatuaggio dello sconosciuto.
- Io ho attaccato 5 minuti fa, dovresti chiedere a Daisy che ha fatto la mattina. - Rispose il barista con un'alzata di spalle.
- Sei andato avanti con il tuo romanzo Rick? - chiese curioso Jed, mentre Peter beveva una generosa sorsata dal suo bicchiere.
- Proprio per nulla! Ho perso l'ispirazione completamente. - Rispose lui abbattuto. In realtà l'ispirazione non l'aveva mai avuta, ma era un particolare trascurabile ai fini della conversazione...
- Preparati a dovermi offrire un posto di lavoro qui da te! - Continuò sistemandosi gli occhiali sul naso. L'amico si aprì in una grossa risata.
- Ok ok! Preparati TU; ti farò pulire tutti i cessi per bene! - Lo punzecchiò l'uomo prima di dirigersi nel retrobottega.
- Ah-ah - Gli urlò dietro Peter sicuro che, però, Jed non lo potesse più sentire.
Sorseggiò con calma la sua aranciata per parecchi minuti, prima di accorgersi di avere uno sguardo addosso.
Si guardò intorno e intercettò lo sguardo del suo ammiratore.
Era l'uomo ubriaco con il tatuaggio che era svenuto poco prima. Le voci lo avevano svegliato. La cosa che più sconvolse Peter fu che la sua immagine riflessa lo stava fissando a bocca aperta.
Sgranò gli occhi, non poteva crederci, se stesso, o perlomeno un uomo che era identico a lui continuava a fissarlo agghiacciato.
Aprì la bocca per dire qualcosa, ma non sapeva cosa si dicesse esattamente in queste situazioni; non che capitassero frequentemente.
Sembrava di guardare dentro uno specchio, ma uno specchio difettoso, perché lo specchio dentro cui stava guardando Peter non gli rimandava gli stessi movimenti, anche se l'espressione incredula era la stessa.
Infine il suo clone parlò:
- Tu sei me? - Chiese. Aveva anche la stessa voce, notò Peter come se potesse stupirsi ancora di più.
E poi, che domanda era "Tu sei me" ovvio che erano 2 persone diverse, ma come era possibile che una cosa simile fosse reale?
- Usciamo. - Rispose Peter senza voce. Si sentiva la gola più arida del deserto. E aveva bisogno urgentemente di aria fresca per riprendersi dallo Shock.
Mentre l'uomo identico a lui si dirigeva barcollando verso l'uscita, lui tracannava velocemente quel che restava della sua fresca aranciata per poi seguirlo.