[Recs][Irène Némirovsky - L'affare Kurilov] E chi l'ha detto che le donne scrivono solo smancerie?

Mar 08, 2011 22:15

Bon ~
Buonasera a tutti, gente \o! Come al solito mi faccio viva con un ritardo che manco la fine di X, ma stasera vogliovi parlare di un libro che vale la pena di leggere, complice stupendi piani macchiavelliani della mai troppo amabile harriet_yuuko
Non lo rileggo da un po', ma la mia scelta è caduta su L'affare Kurilov, di Irène Némirovsky.



Siamo a Nizza, nel 1931. Sotto la placida identità del dottor Marcel Legrand, Leon M., ex-militante fra i rivoluzionari russi, vive ciò che rimane della propria esistenza. Nel 1903, a nemmeno vent'anni, il partito gli ha affidato l'incarico di sbarazzarsi di Valerian Aleksandrovič Kurilov, il «Pescecane». Ministro della Pubblica Istruzione sotto il regno di Nicola II, è noto per non avere alcuno scrupolo, anche quando deve costringersi a sparare sugli studenti, o a condannarli in carcere. Compito del giovane terrorista è quello di infiltrarsi nella vita del Ministro per tendergli un attentato sotto le mentite spoglie del dottor Marcel Legrand. Sgusciare nella vita personale del «Pescecane», tuttavia, significa fare da spettatore alla sua quotidianità, e prendere atto di come Kurilov, dipinto dai rivoluzionari come un efferato assassino, viva la propria esistenza con la tranquillità di ogni altro essere umano. È un vecchio fragile e gravemente malato, intabarrato nelle proprie convinzioni, che coltiva sinceramente gli affetti della propria famiglia. Il breve romanzo, che si sviluppa come un flashback, è tutto narrato in prima persona dal protagonista, con uno stile pulito, distaccato, limpido. Il rivoluzionario (e dietro di lui la sua autrice) parla di Kurilov e della quieta mediocrità del suo vivere in un misto di superiorità e malinconia, che ogni tanto si trasformano addirittura in tenerezza. Léon stesso, addirittura, figlio di due terroristi rivoluzionari, cresciuto con l'ideale di una rivoluzione assolutamente necessaria, è un uomo incolore, quasi trascinato nella corrente di quello che succede attorno a lui, fautore eppure estraneo, nel suo essere uomo, come Kurilov, all'interno del tumulto che precederà e seguirà la Rivoluzione Russa.
Lo stile della Némirovsky è di una bellezza incredibile - nitido, preciso, semplice, dà a ogni parola il giusto significato e il giusto peso, rende la generale atmosfera di "indifferenza" con una poesia asciutta ed essenziale, che nasconde, sotto la sua semplicità, una carica di significato notevole, e una capacità insospettabile di sondare l'animo umano.

Ebrea ucraina, figlia di banchieri, la Némirovsky parla russo, inglese e francese, ed è in quest'ultima lingua che scriverà i propri romanzi. Fuggendo dalla Rivoluzione Russa, la sua famiglia si trasferisce a Parigi nel 1919, ed è qui che comincia a scrivere, nel 1924, anno della sua laurea. Sposa l'ingegnere russo Michel Epstein, da cui avrà due bambine. La fama letteraria la raggiunge nel 1929, e tutto prosegue felicemente finché le leggi razziali del 1940, promulgate dal goverbo di Vichy, non le impediscono di pubblicare, e le varranno la deportazione ad Auschwitz, dove morirà nel 1942. Suo marito, che tenta in tutti i modi di liberarla, verrà sterminato lo stesso anno nelle camere a gas. Saranno le loro due bambine a tenere viva la memoria della madre, e a pubblicare negli anni 2000 i manoscritti rimasti inediti.

Davvero, leggetelo, perché per essere una robina di 192 pagine ha descritto la natura esangue e "media" dell'essere umano in modi davvero meravigliosi ♥.

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