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Feb 08, 2011 19:43



Ancora prima di incontrare la Frau, Elise sapeva che non sarebbe stata all’altezza di Byron.

Ne era stata consapevole, che le sarebbe mancato, sin da quando aveva iniziato a notare come il tempo lasciava segni sempre più severi su di lui. Il sangue di Ebio gli donava forza e riflessi superiori a quelli di un umano qualsiasi, anche più giovane di lui, ma non poteva rallentare lo scorrere degli anni.

Byron non sarebbe vissuto in eterno.

Avrebbe potuto, se Ebio avesse deciso di far fermare lo scorrere del tempo definitivamente e trasformarlo.

Avrebbe potuto, se Ebio avesse deciso di far fermare lo scorrere del tempo definitivamente e farlo mordere.

Avebbe potuto, se fosse stato ciò che desiderava e se in lui si fosse nascosta la forza di sopravvivere al cambiamento.

Byron, tuttavia, non era interessato.

Elise aveva chiesto, specificando che non si trattava di alcun tipo di offerta, ancora, e lui le aveva rivolto il suo vago, educato sorriso, scuotendo la testa. Non aveva dato una risposta a parole ed il discorso non era più stato sollevato, ma la simpatia che lui già provava per lei si era approfondita. Non di molto, e non in modi sconvenienti, ma con quella conversazione Elise aveva conquistato una piccola parte di lui, anche se Byron era legato ad Ebio dal sangue.

Era un uomo con un grande cuore, oltre che un polso di acciaio inossidabile nel gestire le faccende di casa, e quando, alla fine, il suo tempo era giunto allo scadere, Elise si era seduta in fondo al suo letto ed aveva assistito.

Ebio era presente, seduta alla testa del letto, ed era stata lei a prendere il libro di poesie dal cassetto della scrivania, porgendolo a lei.

Le proteste di Byron, sull’inapropriatezza della loro presenza nella stanza, erano cadute quando Ebio l’aveva rassicurato che non c’era nessun’altro posto al mondo dove avrebbero voluto trovarsi.

La Padrona, come Byron l’aveva sempre chiamata, poteva essere severa ed esigente e pure implacabile ma era in momenti come quello, quando appoggiava la sua mano scura sulla fronte madida di sudore del suo maggiordomo, che Elise riusciva a vedere la donna che l’aveva salvata nella foresta e la “madre” che aveva imparato ad amare.

Il libro era una vecchia prima edizione di poesie di Walt Whitman ed un numero di pagina era stato mormorato dall’uomo morente.

L’estrema unzione era stata impartita, non vi era alcun sangue estraneo nel suo corpo, e la sua fine era ormai incombente ma c’era pace in lui ed umiltà ad essere in loro presenza, quieto orgoglio nato dal sapere che desideravano essere lì con lui.

Elise aveva sfogliato con immensa delicatezza le pagine ingiallite, fino a trovare quella che le era stata indicata. La voce con cui aveva letto le parole era stata ferma, sicura e pacata ma nei suoi occhi si erano radunate lacrime mentre scorreva lo sguardo sulle parole, per leggerle.

“Nulla è mai veramente perduto, o può essere perduto” Aveva iniziato ed il viso serio di Byron si era incrinato appena in un sorriso, un evento tanto raro che più di ogni altra cosa aveva fatto penetrare in lei la realtà del momento, di quello che stava per avvenire. Un lieve inspirare, imponendosi di continuare senza fargli notare il peso della realizzazione, ed aveva proseguito la lettura.

“Nessuna nascita, forma, identità - nessun oggetto del mondo,
né vita, né forza, né alcuna cosa visibile;” Aveva continuato, avendo cura di leggere la poesia come meritava di essere letta, e lui aveva annuito appena, chiaramente concordando con le parole.

“L’apparenza non deve ingannare, né l’ambito mutato confonderti il cervello.” Una breve pausa e Byron aveva iniziato a rilassarsi sul letto, la sensazione di pace e calma saliente con ogni parola pronunciata.

“Vasti sono il tempo e lo spazio - vasti i campi della Natura.” Un sorriso, ad Ebio, e lei aveva sorriso di rimando. Qualcosa era passato tra di loro, una connessione o forse un ricordo condiviso ma sicuramente qualcosa che era soltanto loro da cogliere e condividere. Elise non si era intromessa, continuando nella lettura.

“Il corpo lento, invecchiato, freddo - le ceneri rimaste dai fuochi di un tempo,
la luce degli occhi divenuta tenue, tornerà puntualmente a risplendere;” Byron aveva spostato lo sguardo su di lei e, nel modo sereno in cui la guardava, lei si era ricordata del suo lieve sorriso e scuotere la testa.

C’era serenità in lui, accettazione del suo destino e felicità, una felicità enorme. Tanta era, quella pacifica felicità, che l’aveva spinta a sorridergli di rimando, sentendosi felice a propria volta per lui, capace di accettare la sua fine con tanta grazia e calma.

“Il sole ora basso ad occidente sorge costante per mattini e meriggi;
alle zolle gale sempre ritorna la legge invisibile della primavera,
con l’erba e i fiori e i frutti estivi e il grano.” Aveva concluso e lui aveva guardato dall’una all’altra, prima di aprirsi in ampio sorriso, come Elise non gliene aveva mai visti fare prima. Gli aveva appoggiato una mano sul ginocchio mentre Ebio prendeva la sua mano tra le proprie.

“E’ stato un onore e la mia più grande gioia.” Erano state le sue ultime parole, prima di chiudere gli occhi e rilassarsi in quello che sarebbe potuto sembrare sonno a qualcuno con un udito meno acuto od occhi meno attenti.

C’erano decine di sottintesi e riferimenti in quelle parole, ed Elise avrebbe passato giorni e giorni a girarsele nella testa, ma in quel momento chiudere con delicatezza il libro e stringere appena il ginocchio sotto le sue dita era stato tutto ciò che aveva potuto fare.

La voce di Ebio era risuonata quasi delicata, mormorando parole che Elise avrebbe in seguito ritrovato nelle stesse pagine che aveva tanto gentilmente sfogliato, cercando i versi che lui aveva desiderato sentire.

“Sussuri di morte celeste odo sommessi,
labiali dicerie della notte, sibilanti corali,
passi che gentilmente salgono, mistiche brezze dall'alito mite e soave,
gorgoglii di fiumi invisibili, flussi d'una corrente che scorre, eternamente
scorre
(o è sciaguattio di lacrime? le smisurate acque delle lacrime umane?).
Vedo, vedo appena verso il cielo, grandi masse di nuvole,
malinconicamente lente ruotano, silenziose si espandono, si fondono
con qualche stella ogni tanto che mesta appare e scompare,
velata, lontanissima.
(o forse un parto, qualche solenne nascita immortale;
ai confini impenetrabili alla vista,
un'anima che passa).”

Il suo sguardo era stato posato sul viso pacifico dell’uomo che l’aveva servita da prima ancora che Elise entrasse nella sua vita, una mano ancora stretta a quella di lui mentre l’altra sfiorava i capelli pettinati con cura.

Era stato un bacio soffice, quello che aveva posato sulla fronte candida e rugosa, ed il suo sorriso era stato assorto e materno, quasi.

La mano sui capelli di Elise, quando Ebio si era alzata per uscire, era stata affettuosa ma non impositiva. Il tocco era stato di breve durata, solo di passaggio, e poi Ebio aveva proseguito, andando a dare la notizia agli altri servitori.

Elise aveva stretto il libro al petto, rannicchiata in fondo al letto di Byron, ed aveva lasciato che le lacrime cadessero.

Ancora prima di incontrare la Frau, Elise sapeva che non sarebbe stata all’altezza di Byron.

Non aveva immaginato, però, quanto ferocemente l’avrebbe odiata, ben oltre il peso del confronto con il suo predecessore.

La prima poesia è Continuità di Walt Whitman, la seconda è Sussurri di morte celeste dello stesso autore.

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