Sin da quando era stata una bambina, seduta sulle ginocchia di suo padre ad ascoltare le sue storie nelle scure notte invernali o nelle lente sere estive, il suo aspetto era sempre stato lodato.
Aveva pelle del colore della neve, occhi del colore del metallo liquido od argento (a seconda di chi parlava) e capelli più rossi e scuri del fuoco stesso, se ascoltavi quel che si diceva di lei nel villaggio.
I suoi capelli erano la gioia di sua madre e la donna era capace di passare più di un’ora ogni mattina a passare il pettine di legno tra le ciocche, seduta alle spalle della figlia, prima di intrecciarli con cura.
Cadmus, suo fratello maggiore, la chiamava ‘piccola fiamma’ nel loro linguaggio. Accadeva spesso che le portasse radici gustose da mangiare o pellicce di conigli su cui premere la guancia, prima che venissero vendute. Era la persona che ricordava di più, persino più di sua madre, perché lui l’aveva sempre trattata come una persona speciale, facendola sentire tale più di chiunque altro.
Era il suo protettore, il suo amato fratello maggiore e la persona più furiosa in tutta la famiglia, quando suo padre decise di venderla. L’ira di Cadmus era profonda, sconosciuta ed inquietante, pure, perché lei non aveva alcuna idea di cosa sarebbe successo.
Quello di cui aveva idea, al tempo, era che il raccolto era stato rovinato e la maggior parte degli animali era morta a causa di qualche malattia. C’era la fame nelle loro vite, allora, e ne soffriva quanto chiunque altro attorno a lei anche se, a differenza della maggior parte delle persone nel suo villaggio, lei non era vecchia a sufficienza da ricordare tempi migliori.
Non c’era stato, nella sua memoria, un tempo in cui il suo piatto non fosse mezzo vuoto o peggio né un tempo in cui suo fratello non aveva venduto tutte le pellicce di coniglio e riempito i suoi vestiti come ora non succedeva.
C’erano state altre sorelle prima di lei, tutte sposate e nelle case dei loro mariti, ed un fratello, che era stato preso dai preti, ma nella memoria di Cinàed non c’era niente di loro, se non una vaga consapevolezza della loro esistenza.
Era l’unica bambina rimasta, nella loro famiglia, e la più promettente del villaggio. Bella abbastanza, anche a sei anni d’età, da attrattare l’attenzione di un uomo, mentre accompagnava suo fratello al mercato. Lei non aveva notato lui, naturalmente, ma sarebbe diventata familiare alla sua presenza in breve tempo, anche se ancora non lo sapeva.
Suo fratello ed i suoi genitori ne discussero, abbastanza forte perché lei sentisse anche se non le era stato permesso di restare nella stanza con loro. Sentì suo fratello urlare, protestare, il suono di una baruffa anche e poi Cadmus entrò nella stanza dove dormivano.
L’occhio destro si stava illivendo e dal naso, ora storto, usciva sangue. Ignorando il modo in cui lo guardava ed il suo silenzio spaventato, la sollevò lontano dalla terra e tra le sue braccia forti, prendendola in braccio ed uscendo dalla finestra, portandosela dietro senza alcuna esitazione.
Le urla di loro padre non tardarono a seguire la loro uscita ed, anche se non poteva vederlo, Cinàed si strinse istintivamente al fratello, rannicchiandosi. Non aveva mai avuto tanta paura in vita sua prima di quel momento, portata fuori senza una spiegazione con la voce furiosa del padre che risuonava sempre più lontana.
Cadmus non le disse niente durante la strada, il sangue che gli scivolava lungo il mento e sui capelli di lei dato che le teneva la testolina contro il suo collo, una mano protettivamente appoggiata alla base della sua nuca.
La portò al fiume e si sedette con lei sulla sua roccia preferita. Si trattava di una roccia vicina alla riva, dove l’acqua non era troppo profonda, e nella testa di Cinàed era la roccia di suo fratello e non sarebbe mai stata niente altro.
“Sei la persona che preferisco al mondo, persino più di Belle.” Mormorò Cadmus dopo diversi minuti, che lei aveva passato a respirare ferma e buona contro di lui, e lei lo ascoltò in silenzio. Belle era la ragazza che Cadmus avrebbe sposato, prima o poi, ed era veramente carina secondo le altre ragazze.
Belle era gentile con lei, sorrideva molto ed aveva sempre un’aria gentile che a Cinéad piaceva molto. Non sembrava niente più che carina, neanche con queste qualità, ma erano cose positive, almeno secondo la madre di Cinàed.
“Tu sei la mia.” Gli disse ed era vero, perché non c’era nessun’altro al mondo che avrebbe potuto sperare di compararsi a suo fratello, nel suo cuore. Si preoccupava sempre per lei e non perdeva mai le staffe quando lei era in giro, anche se secondo le persone del villaggio aveva un temperamento molto aggressivo e forte.
“Lo so e voglio che tu mi prometta qualcosa, Cinàed.” Le disse e lei si sentì sollevata ed allontanata di poco da lui, gentilmente. Giusto quel che bastava perché lui la potesse guardare negli occhi mentre le accarezzava i capelli.
Annuì, prendendo la sua frase molto seriamente perché le promesse erano una cosa importante e non doveva mai essere rotte e suo fratello aveva l’aria di un uomo desideroso di prendere un’ascia e tagliare il mondo a pezzi. La spaventava ma poco, perché sapeva che lui non avrebbe mai rivolto quel tipo di rabbia verso di lei.
“Non importa quello che ti faranno fare, non importa quanto dura sarà la tua vita, non importa quando brutte e schifose le cose che ti diranno di fare saranno… tu le farai e le farai meglio che puoi, perchè in questo modo ti tratteranno bene e sarai al sicuro. Me lo prometti?” Le chiese, il viso pallido come se fosse stato sul punto di vomitare se avesse parlato ancora, e lei annuì rapidamente.
“Te lo prometto, fratello, obbedirò e sarò una brava bambina.” Promise, mentre un pensiero terribile le si insinuava nella testa. “Devi andare via?” Mormorò, sentendosi come se il suo cuore fosse stato afferrato e stretto in una mano dura e forte.
La sua domanda sembrò peggiorare il suo stato e lei abbassò lo sguardo. “Mi dispiace, fratello.” La voce le uscì leggermente soffocata e lui le fece alzare il mento, gentilmente, scuotendo la testa quando lei poteva vederlo.
“Io non vado da nessuna parte. Te ne andrai tu, piccola fiamma, e non c’è nulla che possa fare al riguardo.” Spiegò, con una voce bassa ed incrinata da rabbia e dolore, facendola sentire come se l’avesse lasciata cadere nel fiume gelido.
“Io… io non voglio, fratello! Non voglio andare via, non voglio andare via e lasciare te e nostra madre e nostro padre!” Esclamò, gettando le braccia attorno al suo collo e stringendolo stretto. Lui l’abbracciò di rimando, tanto forte da farle quasi provare dolore.
Il suo mento era appiccicoso contro i suoi capelli, a causa del sangue, ed aveva l’odore di stalla ed animali, i pochi che ancora avevano, e di paglia secca. Non avrebbe dimenticato quell’odore, mischiato al proprio, finchè fosse vissuta e persino oltre la morte.
“Neanche io voglio che tu vada via, ma sei speciale. Sei bella, così bella che le persone si fermano tutto il tempo per guardarti anche quando ti hanno già vista in passato. I tuoi sorrisi fanno le persone felici e farebbero qualsiasi cosa per vedertene fare uno.” Le disse e non era niente che non avesse sentito prima ma detto da lui, in quel momento, suonava come qualcosa di preoccupante e brutto.
Non disse nulla, tuttavia, ed aspettò che lui continuasse. Gli ci volle un po’, perché sembrava avere problemi a respirare normalmente. Se non avesse saputo che era assurdo pensare cose del genere riguardo Cadmus, Cinàed avrebbe giurato che il suo forte e coraggioso fratello maggiore stesse piangendo, a giudicare da come i capelli di lei si erano fatti più umidi e dal respiro difficoltoso.
“C’era un uomo, di passaggio per il villaggio, che ti ha notata ed è andato a parlare con nostro padre. Vuole pagare per te, per avere il diritto di portarti via da noi ed in un posto dove mangerai quanto ti pare ed indosserai bei vestiti che ti terranno calda e ti faranno sembrare anche più bella, o così dice nostro padre.” Le disse, dopo diversi minuti, in una voce incrinata che quasi non suonava come la sua.
“Sarà lui a portarti via, se gli piace quello che vede quando nostro padre ti porterà ad incontrarlo questo pomeriggio. Ti dirà come fare cose che non ti piaceranno ma che dovrai fare lo stesso, perché è il modo in cui funzionano le cose. Tu lavori ed ottieni denaro, vestiti e cibo. Non lavori o non lavori bene abbastanza e ti schiaffeggiano o colpiscono molto forte.” Spiegò e la strinse a sé quando le lacrime, che avevano minacciato di uscire già da un po’, iniziarono a scivolarle sul viso e lei non riuscì a fermare il pianto che le era nato dentro.
L’avrebbero portata via da suo fratello, da sua madre, e le avrebbero fatto fare cose che non le piacevano e l’avrebbero colpita se avesse detto di no. Era la cosa più orribile che aveva mai sentito in tutta la sua vita e niente in tutto quello, neanche l’idea che suo padre l’avrebbe data via a qualcuno, era tanto orribile quanto il fatto che Cadmus non sarebbe andato via con lei.
Sarebbe stata portata via da suo fratello, l’avrebbero strappata da lui e nessun bel vestito o piatto pieno di cibo avrebbero potuto consolare il dolore nel suo cuore. Perché le sarebbe dovuto importare di avere lo stomaco pieno quando quello di Cadmus sarebbe stato vuoto come sempre?
Pianse a lungo e forte, finchè le lacrime non smisero di uscire, la testa iniziò a farle male e lei non si sentì debole e vuota. Lui non la consolò né le mormorò parole gentili come aveva fatto quando lei aveva pianto in passato. Rese le cose ancora peggiori, ancora più difficili, perché se Cadmus non la consolava allora non c’era veramente nessuna via d’uscita da quella situazione e lei sarebbe dovuta davvero andare via, con persone che non conosceva a fare cose spiacevoli.
Suo fratello la sollevò con sé, quando si alzò dalla roccia, e lei si rannicchiò nel suo abbraccio, cercando la sua presenza per ancorarcisi. La portò al villaggio, alla loro casa e sulla paglia che condividevano, per dormire assieme un’ultima volta.
Loro padre non era in casa e la madre non disse nulla, guardandoli con occhi che erano arrossati dalle lacrime che lei stessa aveva versato. Li seguì nella stanzetta che i figli condividevano e si stese dal lato opposto rispetto a Cadmus, accarezzando dolcemente i capelli di Cinàed mentre lei si rannicchiava contro alla forma del fratello, cadendo in un sonno senza sogni.