Titolo : Un po’ di sollievo per un amico
Fandom : ‘Una stagione selvaggia’
Raiting : nc-17
Conteggio parole: 982
Disclaimers: appartiene tutto a Joe R. Lansdale. Amatelo!
Me ne stavo seduto con la testa tra le ginocchia nella cucina di Leonard, aspettando che il mondo smettesse di girare. Leonard, dopo avermi usato come sacco per il suo allenamento mattutino, mi aveva trascinato in casa, aveva messo su un disco di Patsy Cline e ora mi stava preparando la colazione. Che angelo. Cosa si può chiedere di più a un’amicizia? Anche se a me Patsy Cline non piaceva e ne avrei fatto volentieri a meno.
Leonard mise in tavola le uova. -Serviti, uomo bianco. Non sarà il povero negro qui presente a riempirti il piatto.-
-In realtà dovresti. Sei il padrone di casa.-
-Zitto e mangia. E mostra un po’ di gratitudine.- disse.
In effetti era proprio quello che ero venuto a fare. Leonard mi aveva tirato fuori da tanti casini e rimesso in carreggiata quando pensavo che l’unica cosa rimasta da fare fosse gettarmi in un fiume. Leonard era come un grosso post-it, il mio personale post-it nero che diceva: ‘Cazzo, Hap Collins, sai nuotare, no? Muoviti.’
Così ero venuto a coinvolgerlo in un affare che avrebbe dovuto fruttare a entrambi un bel po’ di quattrini. Sempre che tutto andasse bene. Forse la botta in testa mi aveva fatto meglio del previsto, perché improvvisamente mi sentivo scettico riguardo a tutta la faccenda, e il mio desiderio di trascinare dentro Leonard mi si svelava come la meschina intenzione di avere a fianco il mio galleggiante preferito quando tutto sarebbe andato inevitabilmente al diavolo. Quindi non stavo affatto mostrando gratitudine. Ero un egoista figlio di puttana. Guardai Leonard mangiare, i denti bianchi che balenavano tra le labbra come fulmini su un cielo nero come la fine del mondo. Quando finì si alzò per portare i piatti al lavandino e lavarli subito. Io li avrei lasciati riposare ancora un po’ sul tavolo, ma Leonard è ordinato e non sopporta la sporcizia. Deve avere a che fare col fatto che è gay. Ne avevamo parlato poco prima, nel capanno, prima che cominciassimo ad allenarci e io finissi a terra come un sacco di iuta. Improvvisamente mi fu chiaro come mostrare gratitudine, non solo per le uova, intendiamoci, ma anche per tutte le volte che Leonard era stato lì per consolarmi dell’ennesima donna che mi aveva piantato. Mi alzai in piedi (la testa non mi girava più) e lo raggiunsi al lavandino, abbracciandolo da dietro. Leonard si irrigidì e io potei sentire tutti i fasci di muscoli della sua schiena. Non c’era da meravigliarsi che mi battesse sempre quando lottavamo. O che mi piacesse così tanto fissarlo quando faceva sputare sabbia a quel povero sacco, per il quale provavo ora una tremenda simpatia.
-Hap? Ti ho colpito così forte da mandare in pappa quel poco di cervello sopravvissuto agli anni ’60?
-Ripensavo a quello che hai detto nel capanno, sul ‘po’ di sollievo per un amico’ e sulla gratitudine. Insomma, quelle uova erano speciali. Varranno bene una sega.- mentre parlavo infilai le dita sotto la sua camicia cercando l’orlo dei pantaloni.
-Oh, sarei un idiota a lamentarmi: con tutta la pratica che fai, questa sarà probabilmente la sega migliore del mondo. Dì, Hap, ma che cazzo ti prende? Prima ho accennato a una cosa del genere e ti sei irrigidito, ho dovuto specificare che scherzavo!
-Ora sono più vecchio e più saggio- gli abbassai pantaloni e mutande per rivelare il suo membro che cominciava a reagire. Leonard è molto più alto di me e facevo fatica a sbirciare da sopra la sua spalla, ma be’, ero impressionato.
-Rifatti gli occhi. Ma non fare paragoni con quello stecchino che chiami uccello, o ti deprimi.- disse Leonard. Teneva gli occhi chiusi e le mani appoggiate al lavandino. Aveva il respiro un po’ accelerato. Pensai tra me che Freud era un coglione. Non provavo invidia. Al massimo un po’ di vergogna e senso di colpa, ma andiamo, sono nato in Texas, ero cresciuto sentendomi ripetere che gli omosessuali sono dei pervertiti e stavo per fare una sega al mio migliore amico. Forse la psicanalisi non funziona, se sei del Texas.
Lo presi in mano, stringendo la dita sulla carne calda, accarezzandolo dalla base alla punta, sentendo la pressione del sangue nelle vene. Leonard mugolò piano.
Vedere la mia mano bianca su quel cazzo nero fu quasi uno shock. La parte di me che aveva problemi con quello che stavo facendo e cercava di convincermi che quello che stringevo era il mio, di arnese, falliva miseramente. Mi sentii la bocca secca e dovetti deglutire. Scesi ad afferrare i testicoli e Leonard sobbalzò. Li accarezzai, li strattonai e poi tornai ad avvolgere l’asta, sfregando la cappella umida con il pollice.
-Porca puttana, Hap, vuoi darti una mossa?- disse Leonard tra un respiro affannato e l’altro. Ora si aggrappava alla ceramica con una certa forza. -Sì, badrone.- risposi e cominciai a masturbarlo senza fretta, come vendetta, perché non c’era mai verso di vincere una discussione con lui.
Leonard avvolse una delle sue manone sulla mia e mi diede il ritmo, spingendosi verso di me e rovesciando indietro la testa sulla mia spalla in una maniera che mi riempiva di orgoglio. Appoggiai la guancia e la tempia al suo collo per ascoltare i battiti del suo cuore mentre acceleravamo i movimenti, Leonard prossimo a venire. Sentii la sua mano lasciare la mia e il suo cazzo svuotarsi. Rimanemmo immobili. -Allora, è stata la migliore sega del mondo?
-Continua ad allenarti. Magari qualche sessione la puoi fare qui.
-Ho ancora fame. Non puoi fare altre uova?
-Prima devo pulire questo casino.- il suo sperma colava dal bordo del lavandino sull’armadietto dei detersivi. In effetti faceva un po’ schifo.
-Fai. Mangerò un toast freddo- mi avviai al tavolo.
-Non provare nemmeno a toccare le mie posate con quelle mani. Vai a lavarti. E, Hap?
-Sì?
-Fai qualcosa per l’erezione che mi hai strofinato tra le chiappe finora.
Mai vinto una discussione con Leonard.