Meet me in the sky

Feb 09, 2014 10:34

Titolo: Meet me in the sky
Fandom: Kpop: GOT7
Personaggi/Pairing: Mark, Bambam, Jackson || MarkBam
Rating: Verde
Conteggio Parole: 2.108
Avvertimenti: fluff, slash, sort of (light) angst, AU
Note: ... sì, ecco, prendentevela con la nuova canzone di Lily Allen per questa. Dovevo buttarla fuori. Urgentemente. Ma tanto ne ho anche tante altre da buttare fuori. *inserire risata isterisca*


Mark guardò il libro che aveva davanti per qualche istante, in cui si assicurò di aver svolto correttamente tutti gli esercizi marcati da una “x” di lato. Una volta fatto ciò, chiuse il libro e lo poggiò sulla montagnetta di suoi simili che doveva portare a scuola il giorno successivo. Ordinò i libri per dimensione, mettendo prima quello dell’ora precedente se la dimensione era la stessa, chiuse la borsa e si sdraiò sul letto, attento a non scostare troppo le coperte dal loro posto. Mark guardò la parete piena di premi ottenuti in competizioni di ogni genere: arti marziali, corsa, matematica, scienze, lingue… eppure, vedere quella parete che i suoi genitori adoravano tanto non gli dava nessuna sensazione. Era solo una parete bianca con dei premi sopra.
Aveva cercato per tutta la vita di raggiungere la perfezione e, secondo i suoi genitori, quella parete era la prova di come fosse il figlio perfetto, l’esempio da seguire per tutti. Eppure, lui sentiva ancora lontana quella perfezione che desiderava, qualcosa che non riusciva a raggiungere non importava quanto faticasse.
Chiuse gli occhi e, per la prima volta nella sua vita, Mark si addormentò di pomeriggio.

“Sveglia~ guarda che facciamo tardi, eh! Io devo partire!”
Mark aprì gli occhi, guardando il proprietario di quella voce che sentiva per la prima volta. Era un ragazzino, vestito con una maglietta azzurra più grande di almeno tre taglie e con dei ridicoli capelli in parte castani ed in parte rosa.
“Chi sei?” fu la prima domanda che Mark riuscì a fargli dopo qualche istante di stupore. I suoi genitori non avrebbero mai permesso ad una persona simile anche solo di mettere piede in casa loro, figurarsi di fargli disturbare il loro amato figliolo.
Il ragazzo sembrò offeso e mise il broncio per qualche istante, ma poi scoppiò a ridere e tirò Mark verso la finestra.
“Smemorato! Non appena ti ricorderai devi chiedermi scusa o mi offendo davvero, sai?”
Mark lo guardò incredulo e lo fu ancora di più quando il ragazzo riuscì a tirarlo fuori dalla finestra. Aveva già chiuso gli occhi, aspettandosi una lunga caduta e poi un forte “crack” dovuto alla rottura delle ossa del suo cranio, ma invece atterrò sul morbido e sentì tantissima aria calda circondarlo. Il ragazzo che l’aveva tirato fuori era già in piedi e guardava contento il gas che alimentava la mongolfiera su cui si trovavano. Mark lo guardò incredulo, appoggiandosi spaventato al cesto della mongolfiera, che era pieno di coperte e morbidi cuscini. Si voltò ed osservò il suo quartiere, vedendolo farsi sempre più piccolo, mentre la mongolfiera si alzava in volo.
“Fammi scendere!” urlò verso il ragazzo, che scoppiò a ridere.
“Ma come, abbiamo appena iniziato il nostro viaggetto! Siediti e mettiti comodo! Ti ho messo anche i cuscini!”
Mark perse colore, certo di trovarsi con un pazzo di qualche genere. Deglutì e cercò di mantenere la calma.
“Senti… cosa vuoi da me? Possiamo parlarne, sai? Dimmi quello che vuoi ed io te lo darò, ma portami giù.”
Lo sguardo del ragazzino si abbassò un po’, come se fosse triste, e poi sospirò.
“Non ricordi davvero nulla? Io e te ci conosciamo da tanto tempo…”
Mark ebbe forti dubbi a riguardo. Tanto per cominciare, lui non aveva mai frequentato nessuno al di fuori della cerchia che i suoi genitori avevano selezionato per lui, ed era certo che nessun ragazzino dal viso buffo e dai capelli strambi, perché i capelli che quel ragazzo aveva erano strambi indipendentemente dal colore, facesse parte della categoria.
“Io non ti ricordo.”
Il ragazzino sospirò nuovamente, ancora più triste di prima, ma subito dopo si buttò fra le braccia di Mark, stringendolo forte, come se per lui fosse un fratello da cui era stato separato per anni. Mark rimase immobile per un po’, ma poi scostò il ragazzo da sé.
“Non spostare il peso tutto da un lato. È da pazzi.”
“Vedi che ricordi ancora come funziona una mongolfiera? Oh, Mark, che bello!”
Il ragazzino rise ed ignorò del tutto le altre lamentele che uscirono dalle labbra di Mark, almeno fino a quando il ragazzo non lo spinse a terra per mettersi in modo da distribuire il peso della mongolfiera.
“Sei un pazzo.”
Il ragazzino guardò Mark, ancora sorridente.
“Siamo sul mare ora, lo sai, Mark? Ti piace ancora il mare?”
Mark si sporse ed osservò la distesa cristallina che aveva davanti e poi le spiagge, prive di turisti, ma che riconobbe come quelle che frequentava sempre da bambino. Si morse le labbra, cercando di ricordare l’ultima volta che le aveva calpestate, che era salito sugli scogli, che aveva nuotato trai pesci, che aveva urlato perché un’alga si era stretta alla sua caviglia.
Solo quando il ragazzino lo abbracciò da dietro e, con difficoltà, baciò una sua guancia, si accorse di averle bagnate di lacrime.
“Vuoi scendere?”
Mark lo guardò per qualche istante ed annuì. Il ragazzino si staccò da lui e sorrise, iniziando ad abbassare piano il calore della fiamma ed a regolare i pesi. Atterrarono sulla spiaggia.
Il ragazzino scavalcò la cesta ed entro coi piedi nell’acqua, senza curarsi di aver bagnato i propri pantaloni. Rise e tese le mani verso Mark, che lo guardò incredulo.
“Non siamo venuti qui solo per farti vedere il mare e fartene sentire l’odore, sai?”
Mark lo guardò incredulo e poi scosse la testa, senza riuscire a trattenere un sorriso di fronte a tanta allegria.
“Non posso bagnarmi i vestiti o sporcarmi.”
Il ragazzino sbuffò e corse fuori dall’acqua, prendendo Mark per mano e buttandolo in acqua senza fare troppi complimenti. Si buttò anche lui sopra Mark subito dopo, ridendo, e sedendosi sopra di lui. Mark, di fronte a quelle azioni, era rimasto sconvolto e con la bocca aperta.
“Cosa. Stai. Facendo?”
Il ragazzino alzò le spalle e rise, stringendo Mark in un abbraccio, tanto pieno d’affetto che Mark si sentì di ricambiarlo.
“Dai, Mark, ora sei bagnato, no? Possiamo fare quello che vogliamo!” Il ragazzino sembrò pensare per qualche istante, poi scattò in piedi ed iniziò a correre verso gli scogli. “L’ultimo che arriva agli scogli è un pollo!”
Mark guardò il ragazzino, chiedendosi se avesse due anni e non i quattordici/quindici che sembrava dimostrare, ma per amor proprio scattò in piedi anche lui e cercò di raggiungerlo, ma il suo corpo, per quanto allenato nella corsa,  non era in grado di stare dietro alla vampata di energia che sembrava percorrere ogni centimetro di quello dell’altro ragazzo.
“Mark è un pollo! Mark è un pollo!” Il ragazzino stava saltellando sul posto, tanto era felice di aver vinto quella stupida corsa fatta tanto per, che Mark non riuscì a resistere alla tentazione di tirargli la sabbia bagnata che avevano sotto i piedi. Il ragazzino sembrò prenderla come un’altra sfida ed iniziò a tirarne quante più poteva a Mark, colpendo i suoi vestiti in più punti.
“Bambam, basta! Io te ne ho tirata solo una!”
Il ragazzino si fermò e guardo Mark, per poi scoppiare a ridere e saltargli addosso, atterrandolo.
“Mark, hai ricordato! Hai ricordato!”
Mark strinse nuovamente il ragazzino, di cui ora almeno ricordava il nome, Bambam; quel nome strano, che sembrava uscito dalla mente di un bambino, ma che per qualche ragione scaldò il suo cuore.
Bambam si tirò su e rise, porgendo la mano a Mark, e per qualche secondo gli sembrò di intravedere uno sguardo appena più triste in quegli occhi scuri.
“Un ultimo bagno?”
Mark non si fermò a riflettere sul significato di quelle parole e spinse Bambam in acqua, stringendosi a lui e ridendo. La sensazione di libertà che provava in quei momenti era qualcosa che, ne era certo, partiva da un ricordo lontano, un ricordo che era legato anche a Bambam, ma che non riusciva ad identificare. Di una cosa, però, era certo: quel ricordo era perfetto, era la perfezione che cercava, ma per qualche ragione non riuscì a trovare le parole adatte per chiedere a Bambam di raccontargliene qualche dettaglio.

Solo quando il sole iniziò a calare ed il cielo a tingersi di rosa, Mark si fermò e guardò Bambam, sentendo l’euforia che aveva accompagnato quella giornata scomparire anche da lui. Bambam sospirò e strinse la sua mano.
“Dobbiamo andare.”
Mark sentì il dolore che si celava nel suo tono di voce e strinse appena più forte la sua mano.
“Va bene. Non fare così, ci rivedremo… no?”
Bambam lo guardò e socchiuse gli occhi, baciandogli una guancia.
“Certo!”
Mark gli sorrise, senza avere il coraggio di dirgli che non sapeva mentire.

Il viaggio di ritorno lo passarono in silenzio, stretti l’uno all’altro, e Mark si chiese chi altro avesse mai fatto battere il suo cuore così velocemente, l’avesse riempito di tanta vita. Nessun volto, nemmeno quello delle persone che sentiva più care, apparve nella sua mente. La mongolfiera si fermò e Bambam si alzò dal suo posto, facendo scendere la mongolfiera.
“Eccoci qui. Sei a casa.”
Mark poteva vedere il dolore sul suo volto ed era certo che l’espressione sul suo non fosse molto diversa. Si avvicinò a Bambam e gli prese il volto fra le mani.
“Stavolta non ti dimenticherò.”
Bambam chiuse gli occhi e sospirò.
“L’avevi già detto. Ed io non potrò più tornare da te per farti ricordare.”
Mark si sentì male a quelle parole e chiuse gli occhi, scuotendo la testa.
“Stavolta lo farò sul serio. Credimi.”
Bambam lo guardò e si strinse alla sua maglietta bagnata, singhiozzando. Mark gli alzò il viso e poggiò le labbra sulle sue. Quando si separarono, il sorriso di Mark era più largo di quanto non fosse mai stato, tanto che le guance gli facevano male, sentiva il viso arrossato e gli occhi pizzicare. Gli occhi di Bambam erano altrettanto lucidi ed il suo viso rosso, ma il ragazzo si fece forza e si sistemò sullo stipite della finestra.
“Promettimelo.”
“Ti prometto che non ti dimenticherò mai più.”
Sia Bambam che Mark lasciarono andare le lacrime, mentre la mongolfiera iniziò a salire sempre più in alto fino a quando Mark non la vide più.

“Mark? Tesoro?”
Mark aprì gli occhi ed incontrò lo sguardo di sua madre, che gli sorrideva tranquilla.
“Il saggio di arti marziali di ieri deve averti proprio stancato. Ma eri così bravo! Sei molto portato, lo sai? Sei stato impressionante, parlavano tutti di te!”
Mark rise con la donna e si tirò su, cercando di non farle vedere il turbamento. Tutte quelle emozioni, tutto quel divertimento… era stato solo un sogno e niente di più.
“Sai, Mark… oggi ho trovato questa. Ci sono cose di quanto eri bambino.”
La donna aprì la scatola, piena di fogli scritti in modo a dir poco imbarazzante per il Mark attuale e disegni.
“Quand’eri piccolo… scrivevi e disegnavi spesso delle tue avventure con il tuo amico immaginario.” Le sue dita sfogliarono alcuni fogli. “Ah, ecco il nome! Si chiamava Bambam, sì. Sai, lo disegnavi in modo davvero strano… e dicevi sempre che l’avresti sposato da grande.”
Mark guardò la madre incredulo e non ascoltò nemmeno le parole che seguirono quelle frasi, in cui sua gli spiegava di non doveva imbarazzarsi per una cosa simile. Nella sua mente, i ricordi perfetti che quel pomeriggio aveva richiamato avevano finalmente preso forma.

“La settimana prossima esce l’ultimo libro della tua triologia… non puoi farlo leggere a me ed ai miei amici in anteprima? Sono il tuo coinquilino! Ho diritto ad avere qualche piccolo vantaggio!”
Mark finse di guardare Jackson malissimo e scosse la testa, sorridendo.
“Non se ne parla. Devi aspettare come ogni mio fan.”
“Ma io non sono un tuo fan! Sono il tuo coinquilino e ti scarozzo in giro tutti i giorni! Dai, voglio sapere se alla fine trovano l’erede!”
Mark sospirò e poggiò sul tavolo la tazzina di caffè, scuotendo la testa. Jackson sapeva essere insistente, oltre che rumoroso oltre ogni limite. Doveva trovare il modo di accontentarlo senza rovinargli troppo il proprio libro.
“Ti posso dire le ultime parole.”
Jackson rimase finalmente in silenzio, guardando il proprio coinquilino con uno sguardo supplichevole che su di lui faceva quasi senso.
Nella mente di Mark si distese l’immagine della mongolfiera in volo e dell’azzurro più inteso che aveva usato per l’ultimo disegno che era in quella scatola, la sua ultima opera da bambino che, con qualche modifica ai personaggi, era diventata la sua prima opera fantasy. Ricordava da anni ogni dettaglio l’ultima avventura dell’eroe e del suo migliore amico, il cui finale era stato aggiunto negli anni della sua adolescenza dopo il pomeriggio più strano della sua vita, ma in cui aveva finalmente deciso cosa fare da adulto, pur senza comunicarlo a nessuno.
“Alza lo sguardo… e se mi vedi, vieni ad incontrami nel cielo.”

fandom: got7, paring: mark x bambam

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