(Mi concedi qualche attimo di te?)

Apr 28, 2018 17:50


Lele; Fanfic; PG; Voltron; Shance.



Ci furono attimi di silenzio, poi il più giovane si alzò da tavola e spense i fornelli che stavano cuocendo lentamente la cena. Erano le undici di sera, erano entrambi affamati, ma non fu la cosa più strana che fece. Tornò al suo posto, prese la sedia e la spinse, senza grazia, fino al perimetro delimitato dal muro. Fece la stessa cosa con la tavola, levandola da sotto le braccia di uno Shiro confuso e interrogativo, e proseguì con il mobile che reggeva la televisione e la lampada a piantana, il divanetto, il pouf color cremisi, il vasetto pieno di piante (rigorosamente grasse), il tappeto; uno alla volta, gettò tutti gli oggetti, comprati con il tempo della loro vita, ai margini della stanza. Rimase solo Shiro, seduto sulla sua sedia, solitario in un punto decentrato della stanza, ridisegnata da Lance con una barricata di cose tutt’attorno. L’uomo non capiva. Ma non si sentiva più né stanco, né stressato, solo sorpreso. Come se quella serie di gesti immotivati avesse d’un tratto cancellato, o meglio spinto da una parte, anche tutte le sue ansie e il peso di un lavoro che non gli faceva prendere aria; in una quotidianità resa stantia dalle scarse ore di sonno, di svago, di tempo passato con la persona amata alla quale non sapeva quasi più come rivolgersi e che ora osservava, senza riuscire a dire nulla, mentre armeggiava con un disco e un vecchio stereo, strappato al salotto e sbattuto sul divano, anch’esso gettato contro un muro. Tutto contro i muri. Al centro solo Shiro e Lance, che, dopo aver acceso la musica ad un volume impressionante (era un valzer, Shiro si rese conto di questo), si avvicinò al compagno e gli tese la mano. “Mi concedi questo ballo?”.

“Folle”, pensò Shiro, mentre un sorriso gli si allargava sul volto e una risata strozzata gli grattava la gola. Ci serve un folle per rimanere sani, diceva una canzone che passava spesso per radio prima di sparire completamente. "Anche per rimanere umani", si convinse Shiro.

Calciò via la sedia che ancora ingombrava quella stanza trasformata in pista da ballo. Iniziarono con un valzer, incuranti della fame, incuranti delle cose, incuranti che fosse tardi per tutti per un volume così alto, incuranti del fatto che il giorno dopo la realtà sarebbe stata di nuovo la stessa. Passarono dal valzer al rock’n’roll, si gettarono in un tango, fino a muoversi disarticolati su melodie non coreografate. La musica riempiva ogni cosa e Shiro ballava. Ogni tanto stringeva a sé Lance e gli posava le labbra sulle tempie. Forse il giorno dopo si sarebbe pentito di tutto, ma in quel momento sentiva soltanto Lance e la musica. E allora continuava a ballare.

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