Titolo: Don’t worry kids - it’s not real
Fandom: DC Comics, Titans
Personaggi: Roy Harper, Dick Grayson, Donna Troy, Wally West, Garth.
Rating: PG13
Avvertimenti: Linguaggio colorito. SPOILER, ma solo nei presupposti, per Cry for Justice, Rise and Fall e tutto quel troiaio lì. La storia effettiva ha i richiami canon più forti in Titans v.2, Graduation Day e Outsiders v.3, nonchè Teen Titans e New Teen Titans, ovviamente... =)
Prompt: Roy Harper, Dick Grayson, Donna Troy, Wally West, Garth @
Comics Tabs,
Tabella a Scelta Riassunto: Sto sognando. O almeno questo è quello che dicono.
Sto sognando e vi vedo, ma non assomigliate molto al modo in cui dovrei sognarvi, e mi sento troppo padrone di quello che sogno per credergli veramente. Ma è normale che dentro il mio sogno, ci siate proprio voi.
I. Garth
Nei miei ricordi nitidi, Garth ha sempre qualche motivo per essere corrucciato, e di solito quel motivo sono io. Anche in questo qui, mi guarda di sottecchi, con la fronte corrugata dall’insofferenza e i suoi grandi occhi scuri che mi evitano per evitarsi l’umiliazione consapevole della loro necessità di mostrarsi offesi, anche al di là della muraglia ridicola di una pila di bastoncini di pesce che, realisticamente, non riuscirò mai a finire senza farmi ricoverare d’urgenza con il fegato spappolato per sempre.
Nello specifico, è arrabbiato con me perché, oltre ai bastoncini di pesce, ho tirato di nuovo fuori la storia del considerarlo debole.
- Non avevamo già chiarito? - borbotta, infilzando rancoroso con il suo tridente a forma di forchetta una patatina che si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato.
- Tu che mi dai del razzista e io che ti pianto lì mandandoti al diavolo in navajo non è quello che definirei chiarire, ma se la metti così…
Con Garth è meglio far finta di arrendersi, perché ci casca sempre. Non importa quante volte giurerai di non infastidirlo più, non smetterà mai di illudersi che sia la volta buona; se vuoi discutere di qualcosa, ma non vuoi sentirti rinfacciare di essere sempre il solito attaccabrighe, meglio far finta di voler abbandonare l’argomento e sarà lui ad insistere.
Non mi delude.
- E’ inutile che neghi, o che ci scherzi sopra, è vero che mi consideri debole.
Ha un’ingenuita che mi stupisce, a volte, Garth. Come se fosse davvero convinto che una cosa come l’essere fisicamente inadattato alla terraferma, una cosa così, né buona né cattiva, faccia davvero una qualche differenza, che possa farla per me. Come se fosse davvero convinto, e una parte di me si augura che sia vero, che una cosa così, né buona né cattiva, sia l’unica a fare la differenza per lui.
Mi riempio la bocca con un altro bastoncino di pesce e decido, una volta per tutte, di dirgli quello che veramente penso di lui.
- In realtà, io ti invidio Garth, sai?
Mi guarda come uno che non ha la più pallida idea di dove voglio andare a parare. Sorrido. E i bastoncini sono meglio di come mi aspettavo.
- Sì, ti invidio. Almeno tu hai una scusa più che buona per sentirti sempre fuori posto qui.
* * *
II. Wally
Garth si sbagliava, si è sempre sbagliato.
Se c’è qualcuno che non ho mai stimato abbastanza, che ho sempre considerato debole, vulnerabile, quello era Wally.
Wally.
Quando eravamo ragazzini, Dick voleva sposarle tutte, io cercavo di farmele tutte e Wally si innamorava di tutte. Non mi è mai sembrata una cosa sana. Si innamorava troppo e si innamorava sempre di gente che gli avrebbe fatto il cuore a pezzi.
E invece Wally è stato l’unico di noi, un po’ per fortuna, e un po’ per merito suo, in grado di costruire qualcosa di duraturo con un’altra persona; l’unico capace di innamorarsi nel modo e nel momento giusto, l’unico che ha capito come fare, a quanto pare.
Non ho mai creduto davvero in lui, e non ho mai creduto che Wally avesse abbastanza coglioni e abbastanza spina dorsale da reggere la vita che si era scelto, e l’ho pensato anche quando Wally ha dovuto prendere il posto di Barry, ed è stato di fatto il primo di noi ad essere promosso eroe di prima categoria.
Ho sempre irrazionalmente pensato che Wally sarebbe stato il primo a crollare, quello che avrebbe avuto più difficoltà ad andare avanti, a diventare grande.
E invece il tempo passava, e senza che ce ne accorgessimo del tutto, Wally ci lasciava indietro. Quando ci guardo adesso, Wally è l’unico che si assomiglia davvero, con le sue lentiggini sotto le guance, il suo sguardo trasparente, ma al tempo stesso è l’unico che sembra diventato davvero l’uomo che voleva.
Vorrei dirglielo adesso, in un’ammissione di colpa tardiva - Dio, l’ho sempre saputo che mi sbagliavo su tutto, su di te - ma Wally mi sembra lontano, inarrivabile, lui che è così veloce, sulla linea di un altro orizzonte, e se una parte di me sente che in un modo distorto gli manca, l’altra è sollevata e vorrebbe solo dirgli
Vai avanti non ti fermare non voltarti non farti prendere dal dubbio di aver perso cose per la strada di aver lasciato indietro il vecchio te di aver lasciato indietro noi vai avanti perché tu sei l’unico di noi che è davvero riuscito a
Crescere.
Che è ben diverso dal limitarsi ad invecchiare dentro i propri limiti.
* * *
III. Donna
Sarebbe troppo facile raccontare a tutti come ti ho amata.
Finirei per parlare di cose troppo prevedibili, di come sei stata la prima cosa bella che ho toccato con mano, la prima cosa bella che ho pensato fosse mia, e mia soltanto; parlerei di come eri dolce e sorpresa di fronte a tutte le cose che scopri da ragazzino, quando l’amore si regala arbitrariamente e senza averne davvero paura, parlerei del capogiro che mi dava la tua pelle e del sonno che ho perso a causa del tuo seno e di un tuo sorriso che non ero riuscito a interpretare, né come un sì né come un no.
E tutto questo è facile spiegarlo, è la storia di tutti e del loro primo amore, che quando finisce lascia un alone di nostalgia, sempre migliore dei momenti che hai vissuto veramente; lascia cose facili da raccontare, lascia un amore di cui nessuno si pente mai.
Io non mi pento di te, ma non perché sei stata la prima, non solo. E’ soprattutto per le cose difficili da spiegare, Wondie, che non mi pento di nulla di ciò che abbiamo condiviso, e so che per te è lo stesso.
Ho la presunzione, ed è davvero l’unica, di affermare che con me sei sempre stata sincera, anche quando tu per prima eri convinta del contrario; ho la presunzione di averti tenuto da parte un angolo del mondo, della mia stanza e della mia vita, in cui tu, che ti sei vista disassemblare e rimettere insieme la tua più volte di quanto chiunque sarebbe disposto a tollerare, potessi sentirti a casa. Un terrazzo dove respirare davvero, un posto dove appoggiare le tue cose e prendere fiato quando ne avevi bisogno, un cuscino su cui addormentarsi e poter fare qualunque genere di sogno. Una Terra di Nessuno. Solo tua, piccola.
Non era abbastanza per amarsi per sempre, ma ci ha tenuto insieme, insieme davvero, ci tiene insieme anche adesso, perché è cambiato tutto, ma non abbastanza da rendere irriconoscibile il punto di partenza, perché c’è ancora un angolo della mia vita in cui puoi costruire la tua tana, e lì seduta sei meno svestita di quanto mi aspetterei da me stesso, ma ti assomigli sempre.
Sei diventata con gli anni uno spirito domestico di questa casa della mia anima, e so dove trovarti anche quando tu credi di esserti perduta, e sei ancora dolce e sorpresa di scoprirti ogni volta così indispensabile per tutti noi, ma tieni da parte per tutti, anche per me, quella dose d'amore che è l'unica cosa a cui potersi aggrappare quando il cuore va in riserva, e sei solo nel mezzo del niente.
Sarebbe troppo facile raccontare a tutti che ti ho amato perché non ho mai avuto una madre, sarebbe davvero troppo banale.
Ma ti ho amato. E ti ho amato meglio quando ho smesso di farlo, Donna, ti ho amato meglio quando non te l’ho detto, quando non ti ho chiesto niente, quando ho cercato di cambiare discorso - le volte che ci sono riuscito e quelle invece in cui non sono riuscito a non innamorarmi di nuovo di te, anche solo per cinque minuti. Ti ho amato più sinceramente in quei momenti difficili da spiegare, in cui non c’è nemmeno una definizione banale che tenga per raccontare quello che ci lega. Siamo compagni di strada, ma tu sei troppo elegante per un termine che puzza così di sudore, polvere e birra ghiacciata - e la birra nemmeno ti piace.
E’ che mi è più facile guardarti al di qua dei desideri del mio cuore, adesso, vedere i tuoi sorrisi, soprattutto quelli tristi, e pensare con più chiarezza quello che ho sempre, per ogni giorno della nostra vita che abbiamo condiviso, desiderato. Ti volevo con me, ma non ti ho mai voluta per me.
Volevo solo che tu fossi felice.
* * *
IV. Dick
Sopravvivere.
E’ il pensiero che ho messo al primo posto tutte le volte che ho pensato di essere arrivato a un punto di non ritorno.
Sopravvivere è la cosa che sappiamo fare meglio.
L’ho pensato ogni volta che qualcosa ci si è abbattutto addosso con una forza che poteva distruggerci.
Noi sopravviveremo.
E Donna era sempre stata lì per ricordarcelo quando ne avevamo bisogno. Era il nostro punto di equilibrio, la nostra colla, la nostra memoria, lei, la sua macchina fotografica e tutti i suoi album, era lo sguardo che si posa dove deve e che magari non sa cosa dire, ma sa indovinare il momento in cui dire qualcosa.
Quando l’ho vista tra le braccia di Dick, con gli occhi spalancati al cielo che non vedevano più niente, quando lui si è voltato verso di me con quel silenzio irreparabile negli occhi, ho capito che sarebbe andato tutto a puttane.
Le ho chiuso le palpebre ancora prima di realizzare che la avevamo davvero persa, ed ho capito che sarebbe andato tutto a puttane.
Per Dick ho fatto cose che non avrei mai pensato di fare per nessun altro. Si è preso il meglio della mia pazienza, sì, ma anche il peggio delle mie bugie. Si è preso tutto quello che sono riuscito ad inventare per non perderlo di vista, ma lasciargli abbastanza spazio da dargli l’illusione dell’isolamento radicale di cui pensava di avere bisogno.
Come tutti i tossici, credo di essere bravissimo a mentire, e mi sopravvaluto. Ma Dick si è lasciato ingannare da me per stanchezza, e ora siamo qui, anche se avrei dovuto capire subito che giocare a fare l’equilibrista con uno che è cresciuto attaccato ad un trapezio non può essere una buona idea.
Con ogni probabilità, Donna non avrebbe approvato il mio piano.
Non esiste nessun altra ragione per l’esistenza di questa squadra che non costringere Dick a sopravvivere, e dare a me una scusa per essere lì quando cercherà di farsi davvero male la prossima volta. Gli coprirò le spalle, indossando la mia indifferenza migliore e giocando con lui a chi se ne frega di più, solo così posso tenerlo accanto per il tempo necessario ad assicurarmi che, sì, noi…
Noi sopravviveremo.
Sputando sangue e imprecando contro tutto ciò che fino all’altro ieri ci ha protetto, sopravviveremo.
Mordendo e graffiando, portandoci a letto le nostre paure e fottendole come piace a loro più che a noi, senza riguardi, facendosi male ad ogni spinta e godendo dello staccarsene più che dello stringersele contro. Anche loro sopravviveranno, e saranno ancora qui domani, perché le nostre paure dicono di più di noi di quanto non lo facciano i nostri pensirei felici, e siamo troppo insicuri per farne a meno, per fidarci di quello che saremmo senza. Solo così sappiamo sperare di sopravvivere, noi.
[…]
Era una promessa, una promessa a te, Wondie, perché volevo che tu non dovesssi mai vergognarti di noi, di me, mai più, perché non volevo perderti del tutto, e non volevo che Dick si perdesse mentre si dimenticava, in tua assenza, di sopravvivere alla nostra maniera.
Sono passati anni, a volte sembrano troppi, a volte sembrano troppo pochi, è tutta una questione di prospettiva, ma le scelte sbagliate sono sempre lì ad aspettarci senza fretta, ad aspettare il momento giusto, il momento perfetto per farsi scegliere, e così è stato, di nuovo.
Quando Dick ha abbandonato Batman per i Titans si era sentito in dovere di tradire le aspettative di quell’uomo che lo stava soffocando. Adesso, rannicchiato in fondo al mantello, si sente in dovere di tradire l’uomo che è diventato per quello che voleva impedirgli di diventare un uomo diverso da lui, e così ha abbandonato noi.
Non so come sia successo, se sia stato l’abbandono di Dick o cos’altro, ma qualcosa ha cominciato ad andare in pezzi. So che Dick in fondo al cuore non riesce a fare a meno di sentirsi un traditore, anche se nulla di tutto questo è colpa sua. Ma mi viene da chiedermi se lui se ne sia accorto, se ci sia stato un momento in cui Dick ha capito che sarebbe andato tutto a puttane.
Mi chiedo se ora è lui, fuori da questo sogno, a pensare con tutte le sue forze che noi sopravviveremo, e quale piano ha in mente, il bat-boy, per salvarmi da me.
* * *
V. Io
Dicono che sto sognando, ma io non ne sono del tutto convinto.
Ci sono momenti in cui mi fermo e penso a quante volte tutto ciò che conosco è stato sul punto di finire.
Faccio presto a perdere il conto, ma la cosa che mi è rimasta conficcata con più forza nella pelle di tutte le apocalissi ipotetiche che mi sono passate sotto il naso, è la nostalgia del futuro. Quella malinconia che ti prende alla gola quando capisci che ti manca davvero l’ottimismo di immaginarne uno, anche uno solo, possibile. Il mondo cade in pezzi, e prima del pensiero della morte, ti amareggia l’idea di tutto quello che doveva ancora accadere, e che forse valeva davvero la pena vivere.
Ma è una tristezza da pescatori davanti al letto del fiume secco, qualcosa di pacificamente ineluttabile, qualcosa che ti uccide dandoti tutto il tempo di pensare al come e al perché, e perché no, di riconciliarti anche con la morte.
Non mi ricordo bene, tra un buco d’ago e uno di pistola, che cosa si prova invece a pensare di essere sul punto di morire da soli, ma assomiglia a quello che sento adesso.
Prima della paura, arriva il sentirsi inadeguatamente preparati a qualcosa che, per una volta, riguarda solo ed esclusivamente te.
Presentarsi al proprio matrimonio in mutande e senza essersi fatto la barba, è così morire quando non te l’aspetti. Solo dopo che hai realizzato di non essere affatto pronto cominci ad avere paura.
In mutande e con la barba incolta, metti da parte la dignità più velocemente che puoi, perché non hai più secondi da spendere per lei, e li usi tutti per supplicare la tua sposa, rancorosa come la vita, di non fuggire via da te anche se avrebbe degli ottimi motivi per farlo, e di concederti una seconda possibilità, a qualunque costo.
Per questo, quando ho sentito le palpebre sollevarsi, ho davvero pensato che, per l’ennesima volta, mi era andata bene.
* * *
Note: Ora diventerò verbosa, ma finire questa cosa è stato letteralmente sfilarsi un ombrellone da mostra dell'artiginato dal retto. Lo stile non mi lascia per niente soddisfatta, se non in alcuni punti, ma da un certo punto in poi, questa catena di pezzi è diventata un tormento. Sì, perchè avevo completamente sottovalutato l’effetto distruttivo che le tragedie annunciate del canon potevano avere su questo claim, sull’idea di base che lo reggeva - tutto si svolge, infatti, anche se è una cosa che serve solo a me per prendere la prospettiva, più che ai fini di comprensione della storia, dentro la testa di Roy nella parentesi che va dalla fine di Cry for Justice al momento del suo risveglio in Rise of Arsenal. Non riuscivo, fino all’altro ieri, a sbloccarmi dal punto in cui mi ero bloccata quando il canon si è fatto davvero trito, e mi ci è voluto un calcio nel culo dalla mia bella gattina per rimettermi in moto - e anche avere un po’ più di tempo libero non ha guastato, ma c’era davvero un blocco creativo sotto. La storia è dedicata a lei, a Jo e Ino, che anche quando non gliel’ho detto, erano al posto giusto nel momento giusto; nonché alle mie pupe da comic preferite, punti di luce di questo fandomcaccola meraviglioso che da solo basta a compensare tutta la merda che il canon ti manda incontro con lo sparaneve.
A Nami, Linda, Sara e Izzie.
Sopravviveremo! XD;