Post Romantic Empire Final Fest (Day II)

Dec 06, 2009 03:33

Post Romantic Empire Final Fest (Day II)
Roma, Init Club
18 Ottobre 2009
Con: Mouse On Mars, Riga, Sieben, Nekromantik, Steven Severin, Fabrizio Modonese Palumbo, Andrew Liles, Paul Beauchamp, Directing Hand, Baby Dee, Ernesto Tomasini, Current 93

Non ce l'ho fatta proprio a rileggere, perdonatemi.

Le foto sono state prese da questo album di flickr: http://www.flickr.com/photos/fabulousmussels/
E anche da questo: http://www.flickr.com/photos/nerciss/
Altra gallery qui: http://www.gothicnetwork.org/foto/pre-final-fest-init-roma

Mouse On Mars (9.50 - 11.50)


Dopo qualcosa come tre ore di sonno sotto la protezione degli affreschi coi puttini, ci prepariamo e usciamo rapidi diretti direttamente all'Init. Con mia grande sorpresa troviamo all'interno ancora un bel po' di gente intenta a ballare, oltre a vari superstiti che nonostante la musica a volumi estremi si sono addormentati direttamente in terra.
Non conoscevo questi Mouse On Mars, e a quanto pare si definiscono autori di musica elettronica/trance/techno "sofisticata" e influenzata dai soliti nomi kraut tipo Kraftwerk e Faust. A essere onesto non mi sembra sia stato davvero stato così per tutta la durata del set, ma devo ammettere che sono rimasto abbastanza soddisfatto della proposta. Se solo li avessero messi in un momento più consono del festival, visto che alle dieci riuscivamo a malapena a reggerci in piedi e capire dove ci trovavamo.
Nota forse superflua, durante i Mouse On Mars c'era gente completamente diversa sia dal momento con Nada sia dal resto. Insomma, alla fine, anche se a orari diversi, sono accorsi proprio tutti i tipi di caso umano.

Riga (12.10 - 13.05)
Momento elettronico che abbiamo deciso di seguire dall'esterno "in pausa". Da quel poco che sono riuscito a sentire mi è sembrata roba abbastanza "tosta" o comunque per i miei gusti un po' noiosetta, ma visto che non ho prestato particolare attenzione il mio commento neanche meriterebbe di essere espresso. A un certo punto è salito sul palco Matt Howden a contribuire con il suo violino, ma la cosa non ha smosso le acque più di tanto. Nel frattempo all'esterno fervono i preparativi del "banchetto" di Dead Lounge. Dato che la parte del cibo gratis è da sempre nella storia dell'uomo il momento che vede la gente perdere ammassarsi e perdere completamente ciò che ha di umano (incluso Baby Dee, in prima linea per il capriolo da ore), sono riuscito a vedere poco, ma pare oltre a pane, frutta e bonus vari, sia stato servito il fantomatico capriolo e una specie di insalata di riso. L'ora a seguire ha quindi visto gente aggirarsi sotto al palco con piatti di riso e carne come alla sagra della salsiccia o giù di lì.

Sieben (13.05 - 13.50)


Progetto di Matt Howden (violinista per Sol Invictus e Of The Wand And The Moon). Sul palco si occupa di tutto Howden stesso, cantando e costruendo dal vivo la base delle canzoni. Se ho ben capito e se riesco a essere abbastanza chiaro, suona in ordine diverse parti di violino (o batte il tempo sullo strumento stesso) che vengono ripetute subito in loop fino a creare diversi strati che vanno insieme a formare l'arrangiamento completo. E' un processo molto affascinante da vedere, e le canzoni in genere sono piuttosto belle, ma capirete bene che con voce e violino in loop si rischia molto facilmente di essere ripetitivi. Dopo un po' le basi iniziano a sembrare tutte uguali, e le linee vocali (a volte un po' alla David Tibet, a volte un po' alla Brendan Perry) non risultano essere particolarmente varie. Cerco solo il pelo nell'uovo, dato che mi sciolgo appena sento due note strimpellate di violino.



Finito (con un certo ritardo) il set di Matt Hodwen schizziamo veloci come la luce a cercare una fermata della metro per raggiungere il lato opposto della città. Siamo matti? No, semplicemente è stato l'unico momento propizio per visitare la mostra su David Tibet organizzata sempre dal PRE al Motel Salieri. La galleria è molto particolare: sembra volutamente una villa fatiscente in attesa di restauro, con cavi che escono dalle pareti, muri scrostati, praticamente niente ad arredare se non le opere e un po' di posto per riposare le chiappe. In vetrina troviamo appesa una delle riconoscibilissime giacche di Tibet, e poco più in là una maglietta/catalogo della mostra, disponibile anche in vendita a prezzi non esattamente accessibili. Questa "Docetica!" non è che la sorella minore della mostra tenutasi all'inizio dell'anno a Londra, ma troviamo una selezione abbastanza interessante. Si tratta di semplici disegni su carta coloratissimi e quasi infantili, in cui vengono proposti gli stessi temi e le stesse immagini sacre/apocalittiche che troviamo anche su disco. Essendo tutto meno che addetto ai lavori parlo da ignorante, ma non credo si tratti di grandi opere d'arte. Ma è comunque molto interessante per chi come me conosce il personaggio di analizzare anche questo suo modo di esprimersi, visti anche gli espliciti legami tra i disegni e le tematiche del nuovo album. Il catalogo di Londra con le foto di diversi disegni costa un occhio della testa, ma penso si riesca a trovare qualche immagine anche cercando su google. Provate.

Nekromantik (15.45 - 17.45)
Othon Mataragas, Mushy, Peter M, Cupio Dissolvi
Purtroppo arriviamo tardi alla proiezione perdendoci tutto il discorso di apertura del regista. Male, ma vista la tabella di marcia siamo stati fortunati a riuscire a vedere quasi tutto il film. Si tratta proprio del cult tedesco ultra casalingo e splatteroso con la donnina che copula con i cadaveri e l'assatanato pene di pongo del protagonista che eiacula nella scena finale. La cosa "esclusiva" della proiezione non è tanto il film in se, reperibile un po' ovunque, ma il fatto che la colonna sonora sia stata rielaborata e proposta dal vivo direttamente sul palco. Il lavoro sulla colonna sonora è stato a mio parere molto buono e di grande effetto, non avendo mai avuto modo da profano di assistere a una cosa del genere. Il film non è proprio il mio preferito, ma all'interno del festival suppongo ci stia abbastanza bene.

Steven Severin (18.15 - 19.00)
Saltato per cenare, visto che il momento migliore stava ormai per avvicinarsi e di momenti di pausa ce ne sarebbero stati pochi. Da quello che ho capito pare ci sia stato Severin (che tutti ricorderanno come bassista negli Siouxsie and the Banshees) al computer intento a riprodurre musica che stia bene sotto a vari video presi da vecchi horror. Insomma, niente di così fondamentale. Trash che appena ho aperto la porta e rivolto lo sguardo verso al palco, tutto è finito ed è comparso sullo schermo "The End".

Fabrizio Modonese Palumbo, Andrew Liles, Paul Beauchamp (19.30 - 20.10)


Dunque Palumbo ce lo siamo visto un po' ovunque durante il festival (e anche fuori, come il prezzemolo), e sono stato molto deluso di non averlo visto nel vestito da ballerina che c'era nel programma. Paul Beauchamp è uno dei suoi collaboratori, occupandosi in genere di ambient/elettronica/drone. Infine, Andrew Liles è collaboratore fisso di Steven Stapledon e lo troviamo anche nel nuovo album dei Current 93. Capirete quindi che non ci si può di certo aspettare qualcosa di brioso o immediato da un trio del genere.
E invece, mi hanno stupito, proponendo addirittura musica allegra e un po' jazzosa, con un Andrew Liles gasatissimo che schitarra con gli occhiali da sole. Non sto dicendo fosse easy listening o davvero "happy", ma vi assicuro che rispetto a quello che mi ero aspettato è stato quasi come un concerto metal. Altro momento "di classe" da annoverare tra i migliori del festival.

Directing Hand (20.30 - 21.05)


Continua la carrellata dei collaboratori di Tibet con il progetto del batterista Alex Neilson, qui aiutato dal soprano Lavinia Blackwall. Non conoscevo niente di questo progetto, ma le canzoni che sono state suonate avevano un non so che si medievaleggiante, anche se spesso e volentieri non si capiva dove volessero arrivare, quasi fossero improvvisate. Ci sono stati momenti in cui il soave gorgheggiar di Lavinia sembrava, oltre che infinito, assolutamente senza senso, e a questo vanno sommati momenti di clero in cui si metteva a strillare e ringhiare come un'invasata. Magari con canzoni non dico più brevi, ma con un minimo di struttura, sarebbe stato più godibile.

Baby Dee (21.20 - 22.05)


Baby Dee è lo svitato pianista e tastierista dei Current 93, che ha collaborato anche con Antony Hegarty e Dresden Dolls oltre a realizzare diversi dischi da solista. Tra quelli che mi è capitato di ascoltare ci sono lentoni piuttosto pizzosi, ma ho gradito particolarmente l'ultimo (bislacchissimo) "Safe Inside The Day", di cui sono stati proposti diversi brani. Purtroppo il piano è stato piazzato sul bordo del palco impedendoci di vedere più di metà della faccia di Baby stesso, e per avere qualcosa da vedere con agio abbiamo dovuto attendere l'ingresso sul palco di Alex Neilson alla batteria. Come sempre in aria e su un altro pianeta, Baby ci ha intrattenuti non solo con le canzoni (molto apprezzata quella con i "naked hippies" nel suo salotto), ma anche con i suoi discorsi incompensibili o ridicolissimi. Purtroppo non è durato davvero 45 minuti, anzi, oserei dire troppo poco.

Ernesto Tomasini (22.25 - 23.25)
+ Fabrizio Modonese Palumbo, Andrew Liles, Paul Beauchamp, Othon Mataragas


Tomasini mi aveva intimorito in anticipo con le descrizioni su myspace che lo vedevano come "Maria Callas posseduta da Satana" o "Il Farinelli moderno". Effettivamente, vederlo salire sul palco con i suoi modi da macchietta (Klaus Nomi?), tutto truccato e con il vestitino nero non ci potevamo aspettare niente di sobrio. In realtà il set è stato molto interessante almeno per metà. Il primo brano ha visto sul palco Tomasini recitare in italiano un testo dei Venom con sottofondo inquietante di Liles, Beauchamp e Palumbo. Poi Liles è scomparso nel nulla, e i restanti tre hanno proposto una bizzarra cover di "Breaking the Law" dei Judas Priest (http://www.youtube.com/watch?v=MKJAo_DDrrA praticamente uguale a questa) seguita da (suppongo) un brano originale niente male, con atmosfere "spaziali" e notevole performance vocale di Tomasini. Successivamente Palumbo e Beauchamp hanno lasciato spazio al tamarrissimo pianista Othon Mataragas, che ha accompagnato (con i guantoni da boxe) Tomasini su canzonette non troppo entusiasmanti e forse altre cover.

Current 93 (23.55 - )


Con estremo ritardo rispetto all'ora che ho scritto qua sopra, arriva il momento che ha spinto la gran parte dei presenti a spendere miliardi per arrivare fino a questo club in mezzo al nulla. In apertura ringraziamenti speciali ai musicisti accorsi nei due giorni, agli organizzatori e collaboratori vari, e il solito inquietante videomessaggio di Robert Englund (l'attore che faceva Freddy Krueger). Poi finalmente i vari musicisti hanno preso posto: Baby Dee al piano e alle tastiere, Andrew Liles all'elettronicume ed effettume vario, Alex Neilson alla batteria, Keith Wood e James Blackshaw con le sue unghie plettranti alla chitarra. Se avete letto questo report con attenzione, ormai sarete sicuramente familiari con gran parte di questi loschi figuri. Manca solo lui, David Tibet, unico membro fisso del collettivo. E' salito sul palco scalzo in una mise leggermente diversa rispetto al giorno precedente, mano nella mano con la tizia russa di cui ho gia scritto. Cosa ci facesse sul palco è tutt'ora un mistero, dato che ha detto qualcosa di assolutamente incomprensibile al microfono e se ne è andata.



La scaletta è stata fondamentalmente il nuovo album sommato a Birth Canal Blues. Per alcuni è stata una scelta sbagliata, ma in realtà fila tutto liscio dato che questi due dischi assieme formano un concept unico che sarebbe assurdo diluire con vecchi successi che, anche musicalmente, sarebbero stati un po' fuori contesto. Quasi tutte le canzoni, nonostante l'album sia fresco di stampa, sono state riarrangiate anche pesantemente, ma rimanendo comunque riconoscibili. Ma a fare la differenza è David Tibet stesso, uno spettacolo da vedere in carne e ossa. Il suo cantato/recitato è più cattivo e tagliente rispetto alle versioni in studio (con anche urla abbastanza spaventose..."murderer!!"), e il suo modo di stare sul palco è assolutamente unico. Non importa se è sdraiato sulle casse, se si sta dimenando come una scimmia ballerina o se è (cosa comunque rara) immobile, è sempre evidentissimo che in quel momento si trova su un altro pianeta, ossia immerso completamente nelle sue stesse canzoni. Contemporaneamente riesce anche a interagire con noi comuni mortali, tant'è che "Black Ships Ate The Sky" (uno dei pochi brani vecchi, insieme a "Coal Blacksmith" e "Niemandswasser") l'ha cantata quasi tutta giù dal palco passeggiando tra il pubblico che lo fissava a dir poco sconvolto. Altro momento di panico è stato credo durante "Suddenly The Living Are Dying", in cui dopo aver cantato gli ultimi versi "My face dissolves in folds / and I disappear" è sbottato letteralmente a piangere accasciandosi sul pavimento. Essendo a due centimetri di distanza, vi assicuro che non è stata una recita pacchianona, e infatti anche gli altri musicisti sono rimasti abbastanza disorientati e indecisi sul da farsi. Fortunatamente dopo un paio di minuti si è ripreso e tutto è continuato come se non fosse successo niente. Insomma, erano in sei su un palco microscopico, ma era comunque impossibile staccargli gli occhi di dosso.
Apprezzo poi lo sforzo di aver preparato delle immagini da proiettare come sfondo, ma visto che il soffitto era bassissimo e le attrezzature altissime, non si è visto quasi niente.
Per il bis è stata suonata "Oh Coal Blacksmith" per i fans di vecchia data (viene da "Swastikas for Noddy" dell'87), arrangiata in modo molto più roccheggiante e brioso con mia somma gioia. Parlo di questa canzone perché ho ancora impresso il momento in cui verso la fine della canzone Tibet si è messo a fare un po' come venivano le imitazioni degli animali del testo. Trash, ma noi lo amiamo anche per questo.

01.Invocation Of Almost
02.On Docetic Mountain
03.Aleph Is The Butterfly Net
04.Not Because The Fox Barks
05.Urshadow
06.Black Ships Ate The Sky
07.I Looked To The South Side Of The Door
08.She Took Us To The Places Where The Sun Sets
09.The Nylon Lion Attacks As Kingdom
10.Suddenly The Living Are Dying
11.Niemandswasser
12.Oh Coal Blacksmith



Conclusosi in modo così intenso il festival, ci è rimasto giusto il tempo necessario per correre alla fermata del bus che ci avrebbe portati in stazione. In realtà arriviamo troppo presto e ovviamente la stazione è chiusa così come tutto ciò che ci circondava. Abbiamo quindi optato per un giro a caso usando gli autobus notturni grazie al quale siamo riusciti a trovare una specie di bar in cui non saremmo morti di freddo. Verso le quattro torniamo in stazione e mi separo dagli altri per andare a prendere la navetta per Ciampino. Da Ciampino a Treviso ho pochi ricordi. So di aver fatto tutto quello che bisognava fare per prendere l'aereo, di aver preso l'aereo e di essere salito sulla navetta per Venezia, ma ricordo solo vagamente averlo fatto. Forse il sonno e lo stesso David Tibet mi aveva spinto in uno stato di semi trance mistica? Boh, l'importante è che sono arrivato sano e salvo a Venezia e non in Burundi. Tra l'altro è stato bellissimo poter dire di essere andato a scuola in aereo. Perché è stato così, sono atterrato a Treviso poco prima delle otto. Alle otto la navetta è partita per Venezia, sono sceso in Piazzale Roma alle nove meno venti e alle nove in punto ero presente a lezione. In che stato ho seguito giapponese? Lasciamo perdere.

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