Vi dichiaro ufficialmente amico e amica (3/5)

Jul 07, 2012 18:04



Capitolo 3



Silenzio.

Wes non riusciva ancora a crederci e tutto ciò che era in grado di fare consisteva nello strofinarsi gli occhi ripetutamente.

Nessun grido spezzato, nessuna risata scomposta e lancinante per il suo povero udito; il Lan Party a domicilio - così preferivano piaceva chiamarlo, lui e i suoi amici - quel pomeriggio era riempito soltanto dal ticchettio di un orologio da muro e il picchiettare delle dita di Wes contro la tastiera.

Semplicemente, silenzio.

Ed era strano; era raro, più che altro, e Wes cercò di nuovo di guardarsi intorno, puntando le varie porte della casa: Nick, quel giorno, non c’era. Però dalla sua camera si poteva sentire un brusio leggero di sottofondo che, a giudicare dal vociare sommesso, ricollegò immediatamente a qualche film poliziesco che tanto amava Jeff.

Blaine, invece, se ne stava in camera con Kurt. Scosse la testa di fronte ad un pensiero che gli attraversò la mente, veloce quanto imbarazzante: pensò che fosse meglio non sapere cosa stessero facendo, soprattutto vista l’assenza totale di risatine o chiacchiericcio.

Così, facendo un rapido calcolo con le dita, non restava che controllare Emily.

Ma questa sbucò da chissà dove - davvero, non l’aveva vista arrivare - nel momento in cui si sentì il suono del campanello riecheggiare per tutta casa, seguito da uno squillante e concitato: “Arrivo, arrivo!”

Non l’aveva mai vista così esaltata.

“Che c’è, il tuo giapponese preferito è arrivato a salutarti?” La punzecchiò riferendosi a tutti i suoi cantanti j-rock che riempivano l’angolo di camera sua, ma lei era troppo felice perfino per considerarlo, si affrettò ad aprire la porta e saltellare sul posto entusiasta. I suoi occhi nocciola si posarono su quello che a Wes sembrava un innocuo e del tutto anonimo fattorino che si stava trascinando dietro una lastra di plastica... o qualcosa del genere.

“Oh che bello, grazie signore, grazie mille, arigatoo gozaimasu!”

“Che diavolo...?” Mormorò alzandosi in piedi e rivolgendo un’occhiata alla coinquilina, mentre questa veniva letteralmente assalita da quella lastra e per poco non finì a terra.

“Faccia attenzione”, fu l’unico avviso del postino, che con un cenno del capo e sfiorandosi il cappellino salutò i due ragazzi e richiuse la porta da solo.

“Emily - balbettò Wes, un po’ incerto - ma che... che diavolo è questa cosa?”

“E’ wonderflex!” Cinguettò lei.

“Wonderflex”, ripetè. Gli sembrava il nome di qualche sostanza allucinogena, ma era quasi del tutto certo che quella lastra grigia e opacizzata non avesse quella funzione.

“Mi serve per un cosplay”, spiegò lei, e lui in risposta inarcò un sopracciglio, ancora più scandalizzato.

“Un cosplay?”

“Non hai mai sentito parlare di cosplay?”

“No, mi dispiace, sono una persona sana di mente, io.”

“Come no”, borbottò trai denti, per poi avvicinarsi al ragazzo e lasciargli la lastra in mano; stava già per protestare, immaginandosi l’ingente peso di quella cosa. Invece, era leggera: era molto leggera, in effetti, e questo era ancora più strano.

“I cosplay - esordì lei - sono i travestimenti da personaggi di manga, anime o videogiochi. Saresti stupito da quante persone si vestono come i personaggi di Warcraft, o tutte le cose a cui giochi tu.”

“Ho capito.” Commentò Wes, calmo e risoluto. Emily si sentì quasi felice per quella cosa; Wes aveva capito. Non la stava giudicando. Aveva parlato di uno dei suoi interessi più bizzarri, e non a una persona qualunque, ma... lui.

Tutto ad un tratto, si domandò perchè gli interessasse così tanto avere il suo appoggio. Tuttavia, non riuscì a contenere un tono estasiato quando chiese: “davvero?”, con una punta di speranza che, forse, era pericoloso avere.

Wes spostò la lastra per guardarla dritto negli occhi. Erano così scuri, così intensi; Emily sentì il suo cuore accelerare di colpo.

E poi si fermò.

“Sì. In pratica è una carnevalata!”

Niente e nessuno l’avrebbe preparata per una cosa simile.

Lo guardò, e desiderò con tutto il suo cuore che almeno un decimo dell’odio che stava covando in quel momento gli arrivasse attraverso il suo sguardo fisso; dopodichè, girò su se stessa e si chiuse in bagno, facendo battere le suole di legno delle sue scarpette per tutto il parquet e attirando l’attenzione dei coinquilini: Jeff uscì dalla sua camera con delle cuffie in mano e l’aria perplessa, e un secondo dopo fecero capolino dalla porta di fronte Blaine e Kurt, con gli occhi sgranati e i respiri pesanti.

“Emily?”, la chiamò Jeff, cauto.

Il tonfo della porta del bagno che veniva sbattuta fu la sua unica risposta.

E Kurt e Blaine si guardarono, facendo una smorfia; perchè non appena lanciarono un’occhiataccia a Wes, vedendolo con quell’insolita lastra di plastica in mano e l’aspetto vagamente colpevole, nonostante i suoi tentativi di “non ho fatto niente!” e “perchè mi guardate così!?”, intuirono subito che fosse stata colpa sua.

“Ragazzi”, aveva esordito Jeff dopo aver aperto e richiuso il frigorifero, con un grande sospiro. I presenti si voltarono verso di lui, tranne Kurt e Blaine, troppo presi a guardare chissà quale telefilm dal pc portatile del secondo.

“Sul serio, da quant’è che non facciamo la spesa?”

“Abbiamo mai fatto la spesa?” Domandò Nick tutto ad un tratto, distogliendo lo sguardo dal suo monaco full-gold di Diablo. Wes scosse la testa, decidendo per il bene suo e della comunità di ignorare quell’ultimo commento e continuare a studiare la sintesi degli aldeidi. Fare finta di niente, quello era il trucco in casa Warbler: ignorare di esistere e nessuno verrà mai a disturbarti. A meno che quel qualcuno non si chiami Jeff Sterling.

“Wes, che ne dici di andare a fare la spesa?”

Ma perchè. Questo fu il primo pensiero del povero master; perchè, tra tutte le persone presenti in quella stanza, aveva dovuto importunare proprio lui!?

Emily rise sotto ai baffi, cercando di nascondere tutta la sua contentezza di fronte a quella mera sconfitta.

“Che hai da ridere, otaku!?”

“E questa sarebbe una provocazione? Chiamarmi Otaku? Davvero, sono ferita a morte, Wesley”, ribattè lei con una punta di malizia, sprofondando un po’ di più nel suo angolino di divano e godendosi il sapore della bella risposta.

Kurt e Blaine, come usciti dalla loro piccola bolla di sapone, si guardarono in modo eloquente, prima di pregarli quasi all’unisono di non ricominciare la solita scenata.

“Io non comncio niente, è lei che ride.”

“E’ lui che si offende per tutto!”

“Sapete che vi dico? Andate voi.”

Di fronte a quella dichiarazione di Jeff, tutti i presenti rimasero alquanto sconvolti.

“Dico sul serio, andate a fare la spesa. E fatela bene, per favore. Non spendete tutti i soldi della cassa comune in riviste di manga o videogiochi come l’ultima volta.”

Beh, non aveva tutti i torti; l’unico problema, era che nessuno dei due avesse nessuna voglia di andare a fare la spesa in compagnia dell’altro. Ma prima che potessero controbattere dicendo qualsiasi cosa, Nick sollevò di peso la ragazza, dandole in mano una lista di cose da comprare e una manciata di soldi. E poi sorrise, come se il discorso fosse concluso: “Tornate vincitori.”

“Sì, certo”, mormorarono entrambi, afferrando i rispettivi cappotti.

Altro che vincitori, com’è che si diceva in quei casi? Ne sarebbe tornato solo uno.

“Quale latte prendiamo?”

Emily era ferma di fronte al reparto latticini da almeno un quarto d’ora, con gli occhi che vagavano da un cartone all’altro e Wes che ogni tanto passava di lì, giusto per controllare che fosse ancora viva. “Questo è più economico...però scade prima...e quest’altro è parzialmente scremato...c’è qualcuno intollerante a casa nostra? Forse Kurt, anche se non è di casa, beh è come se lo fosse...”

“Ok perfetto possiamo andare.”

Emily si voltò giusto in tempo per scorgere una sorta di ombra, una figura di pochi colori, sfrecciarle dietro con il carrello pieno e la lista accartocciata in una mano. Incredula, sbattè le palpebre un paio di volte: “Hai...hai già fatto la spesa?”

“Abbiamo fatto la spesa - la corresse lui con un tono quasi gentile - mi è piaciuto il nostro lavoro di squadra.”

“Ma non sono passati nemmeno venti minuti...”

“Così tanto? Accidenti, devo perfezionare la mia tempistica.”

A giudicare dal volto improvvisamente crucciato della ragazza, intuì subito di aver sbagliato risposta.

“No, no e poi no Wesley, non va bene.” Borbottò cominciando a togliere tutta la roba presente sul carrello, mettendola sugli scaffali in modo confuso e ovviamente errato.

E no, non era possibile. Wes stentò quasi a crederci: che diavolo stava facendo?

“Tu - scandì bene lei, come un’insegnante pronta a dare una lezione di vita al proprio allievo - sei uno Svizzero.”

La guardò: “In realtà credevo di essere asiatico.”

“No no, sei decisamente uno svizzero. Devi rilassarti Wes, devi prendere la vita con più relax. Non è tutta una corsa contro il tempo, non è tutto un calcolo o una sfida; ecco, vieni qui.”

Con delicatezza, lo prese per mano, conducendolo davanti al bancone del latte e mostrandogli tutti i vari tipi di scelta. Così, raggiante, come se gli stesse mostrando il nuovo Disney World, esultò: “Il sacro rito della selezione.”

E Wes non riusciva ancora a seguire del tutto la mente folle di quella ragazza, così si limitò a fissarla ancora più cinico e domandare: “Ma hai cambiato pusher per caso?”

“Molto divertente, guarda che il latte è molto importante.”

“Assolutamente.”

“E’ il primo pasto della giornata!”

“Non lo metto in dubbio.”

“Oh insomma Wes, perchè non riesci a capire? E’ il fatto di avere tutto il tempo del mondo per poter fare quello che ti pare, come scegliere cosa bere al mattino, fare colazione è un modo per assicurarti di iniziare nel modo giusto, perchè sarai contento di trovare quel latte che ti piace tanto e che hai scelto in un bel momento della tua giornata.”

E Wes la fissò, come non aveva mai fatto fino ad allora; l’ascoltò, e per la prima volta si ritrovò con nient’altro da dire.

“Intero.”

Fu Emily adesso ad essere confusa, si voltò verso di lui spalancando gli occhi, le ciglia folte ed evidenziate dal mascara che sfiorarono la pelle candida.

“Mi piace...lo preferisco intero. Sa più di latte, e poi con i biscotti ci sta bene.”

E con grande stupore di entrambi, Emily sorrise. Fu un sorriso sincero, spontaneo: racchiuse tutta la soddisfazione di essere riuscita a parlare con Wes, e la consapevolezza di essersi avvicinati un po’ di più.

“Vada per il latte intero allora.”

Il ragazzo lo prese con un poco di esitazione, riponendolo dentro al carrello facendo attenzione a non danneggiarlo. Si sentiva strano, quasi...vulnerabile.

E poi, si sentiva anche troppo osservato.

“Però adesso riprendiamo tutto ciò che hai tolto e andiamo a pagare.”

“Buonanotte Wes.”

Emily passò dalla cucina con lo spazzolino trai denti, il suo immancabile pigiama blu con sopra delle pecorelle che saltano la panca e i suoi capelli lunghi arruffati che cadevano liberamente sulle spalle.

Il ragazzo la guardò con la coda dell’occhio, il libro di anatomia era ancora davanti a lui dalle sei di quella mattina: “Sì beh, io non dormo, però buonanotte Emily.”

E no, un momento. Quella frase paralizzò completamente la ragazza: “Come sarebbe a dire che non dormi?”

“Il giorno prima di un esame non dormo mai. Non ho sonno, preferisco ripassare le ultime cose, sai...”

Non era possibile. “Non è possibile”, ripetè infatti, quasi incredula di essere riuscito a dirlo ad alta voce: era praticamente certa che anche il suo cervello si fosse congelato.

Certo, lei non frequentava l’università, nè tantomeno quella di medicina, ma c’erano dei limiti tra lo studiare con impegno e il degenerare completamente; Wes aveva varcato quel sottile confine già da un bel pezzo ormai, a giudicare dalle sue occhiaie, dal suo tono risoluto e dai suoi mille post-it sparsi sul tavolo.

“Tranquilla, è normale - continuò a dire lui, cercando di essere convincente - voglio dire, i ragazzi si sono abituati già da un po’, forse dovresti farlo anche tu.”

Sperò che quel gentile invito fosse andato a buon fine, dal momento che conteneva come sottotesto: vattene subito, sto morendo dall’ansia, ho i nervi a fior di pelle e tu sei un fattore molto minaccioso per la mia incolumità mentale. Ma no, ovvio che no: Emily non era mai stata molto attenta alle sue parole; o forse sì: ecco perchè prontamente faceva sempre tutto il contrario.

“Ma neanche per sogno” la sentì dire infatti nemmeno due secondi dopo aver sputato il dentifricio nel lavandino, vedendola sedersi accanto a lui e sfilandogli il pesante libro da sotto le mani.

“Che diavolo vuoi fare? Fermati, lasciami studiare!”

“Stammi bene a sentire Wesley: adesso io e te ci sediamo, ci facciamo un bel caffè, e mi ripeterai il programma fino a quando non sarai abbastanza tranquillo per dormire.”

E il ragazzo, per un secondo, fu quasi colpito dalle sue parole: perchè beh, era un buon piano. Era un ottimo piano; nessuno aveva mai fatto niente di simile per lui, rinunciare a preziose ore di sonno per... per cosa poi?

“Perchè mi stai aiutando?”

Quella domanda arrivò talmente a bruciapelo che Emily fu costretta al silenzio per una manciata di secondi, non sapendo bene che cosa dire; Wes la stava fissando come se dovesse trovare la soluzione ad un complicatissimo caso clinico.

“Perchè ci tengo a te.” Rispose allora, sincera, senza porsi troppi pensieri o preoccupazioni.

Non si era accorta di come lo sguardo del ragazzo fosse mutato di colpo.

“Allora -incitò lei picchiettando le unghie perfettamente curate contro la copertina - questo ripasso? Dovrai essere molto paziente con me, anche perchè per la metà del tempo sarò impegnata a seguire il filo del discorso e per l’altra metà sarò incantata dalle figure.”

“Non so se riuscirò a dare questo esame”, ammise infine. Era la prima volta che lo diceva a qualcuno; certo, il suo fidato personaggio di Diablo non contava.

Ed Emily, semplicemente, gli strinse per un secondo il braccio, trasmettendogli tutta la sua convinzione: “Ma certo che lo darai, sei un genio. In realtà sei anche un po’ pazzo, visto che fai le notti in bianco per lo studio, però i geni sono sempre incompresi no?”

Sorrise. Che strano, si ritrovava a farlo più spesso, ultimamente.

Quando Emily lasciò la presa, il suo braccio ebbe una reazione molto strana, contrariamente a quanto si era aspettato: in teoria, doveva essere più leggero. Adesso, era come vuoto e pesante.

Quando sia Wes che Emily si svegliarono, non riuscirono a capire immediatamente perchè la loro faccia sembrava come incollata a qualcosa di duro, o come mai intorno a loro si sentiva uno strano brusio di sottofondo: nessuno dei due, in realtà, aveva capito come e quando si fossero addormentati sui libri ad un certo punto della notte. L’unica cosa certa era che Blaine li stava fissando, Jeff aveva scattato una quantità incalcolabile di foto, Nick li stava punzecchiando con il retro di un cucchiaio e tra mezz’ora Wes aveva l’esame.

Scattò in piedi come un cane alla vista di uno scoiattolo.

“ESAME! Oh Dio Emily, ho l’esame!”

“Mhm papà ti prego cinque minuti...”

“NON abbiamo cinque minuti, io devo prepararmi, devo vestirmi e - perchè diavolo non mi avete svegliato!?”

“Pensavamo fosse un tuo nuovo rituale”, cercò di discolparsi Nick. Blaine sviò lo sguardo a terra, come colpevole: non poteva dire che aveva una certa paura di Wes appena sveglio.

“Tracolla, libri, caffè, bagno vestiti.” Wes stava ripetendo quella sorta di mantra da almeno un quarto d’ora, svolgendo tutte le mansioni secondo l’ordine. Emily nel frattempo si era alzata, aveva dato il buongiorno a tutti, si era preparata un buon caffè e aveva addentato un plumcake al cioccolato, conversando con Blaine e informandosi sulle ultime news della vita di Kurt.

Quando Wes era tornato in cucina, vestito di tutto punto, per poco non gli cadde la mascella nel trovarla esattamente come l’aveva lasciata.

“Wesley gradisci un po’ di caffè?”

“Vi prego.”

“Vi prego cosa?” Domandò Blaine, sentendosi minacciosamente tirato in causa - cosa che non voleva assolutamente.

“Vi prego, vestitevi, dobbiamo andare.”

“Ma andare dove?”

“A vedere il mio esame, no?”

E fu in quel momento che tutti quanti si bloccarono. Perchè Wes non aveva mai voluto nessuno ad assistere a qualche suo esame: non aveva mai raccontato dei suoi voti, o della sua vita in generale.

Emily lo guardò sfoggiando un enorme sorriso, per poi spronare Blaine e tirarlo verso la camera prendendolo per un braccio.

“Cinque minuti e arriviamo Wes, non temere!”

“Oh Dio”, si limitò a sussurrare.

Sapeva benissimo che i cinque minuti di Emily equivalevano a trenta di una persona normale.

“E così questa è la tua facoltà!”

“Jeff ti prego, non siamo ad un museo, non comportarti come un bambino” cercò di ammonirlo il ragazzo, ma con scarsi risultati: il diretto interessato scosse la testa cominciando ad accarezzarsi il mento e guardandosi intorno.

“Sarà, fatto sta che io vedo un sacco di cose vecchie e noiose qui.”

“Sei nervoso?” Chiese Emily seduta accanto a lui, cercando di distrarlo dal distruggersi le maniche della camicia. Si strinse nelle spalle, mordendosi appena il labbro inferiore: “Un po’. Spero di sapere quasi tutto.”

“Buongiorno Wesley”, sentì dire da una ragazza arrivata in quel momento, bionda, molto carina, di media altezza ma con un viso delicato e l’aria intellettuale; stringeva i libri al petto, con una postura eretta e allo stesso tempo naturale. I capelli biondi erano raccolti da una passata raffinata che richiamava il colore del suo maglioncino di cotone.

Wes la salutò con un cenno del capo, sforzandosi di sorridere: “Buongiorno Caroline.”

“Siamo i prossimi, non è così?”

Gli Warblers ed Emily immagazzinarono quelle informazioni come degli agenti segreti: dunque erano coetanei e studiavano insieme.  Ma anche Caroline stava analizzando la ragazza, squadrando il suo vestito fatto di pizzo e trine come se stesse ammirando una casa degli orrori.

Emily prese un bel respiro, perchè lei era una persona buona e paziente. E poi, la vide storcere il naso. Il naso. Il suo maledettissimo naso perfetto a bottoncino. Come aveva osato storcere il naso a lei? Come aveva osato nasarla!?

“Già - Wes la distrasse dalla sua polemica interiore, perchè lui e Caroline stavano ancora conversando - Insomma come sei messa?”

“Oh, non così male. Pensavo che questo esame fosse più difficile.”

Emily stava quasi per alzarsi in piedi soltanto per poter fare la scenetta di svenirle davanti in preda ad un infarto: che diavolo stava dicendo quella!? Infatti subito dopo Wes deglutì, contenendo il suo sudare freddo: “Già, eh, sicuramente.”

“La parte più noiosa è stata sicuramente quella dei microscopi.”

Qualcosa scattò dentro di lui, costringendolo ad alzare la testa di scatto per guardarla con fare preoccupato: “M-microscopi?”

“Sì, sai, tutte le informazioni tecniche e dettagli. Non riuscivo proprio a finire di leggerlo.”

Microscopi. Ottimo. Non aveva minimamente studiato i microscopi.

In quei due minuti di tempo rimasti afferrò il manuale e cominciò a sfogliarlo freneticamente, Caroline che sfoggiò una smorfia piuttosto irritante di fronte a lui e Emily che fu trattenuta di peso da Blaine dal metterle le mani addosso.

“Non mi piace quella lì”, sussurrò all’amico, una volta che furono lontani con la scusa di prendere una bibita al distributore.

“Non deve piacerti per forza, è solo un’amica di Wes.”

“Ma come diavolo fa a essere amica di quella snob?”

“Ma dai, nemmeno la conosci.”

Emily non riuscì a trattenersi dal rivolgergli un’occhiata praticamente omicida.

“Oh Blaine, tu queste cose non le capisci. Io e lei ci siamo già scannerizzate.”

“Scannerizzate?”

“Sì, come se ci fossimo rivelate l’una all’altra. Sono abilità da donne, queste.”

Blaine continuò a guardarla sembrando sempre più perplesso. Non è che aveva capito molto quel discorso dello scan: per lui lo scan era una magia usata a Final Fantasy IX.

“Beh, c’è un motivo se mi piacciono gli uomini”, rimuginò tra sè e sè, ed Emily gli diede una gomitata annunciandogli di essersi offesa.

Nel momento in cui arrivarono, Wes stava per entrare dal professore, seguito a ruota da Nick e Jeff e ottenendo un sorriso di incoraggiamento da parte di Caroline: oh certo pensò Emily, perchè prima nasava, adesso sorrideva.

“E’ più irritante di Kagome.”

“Come hai detto?”

“Niente”, tagliò corto, di fronte all’insistenza di Blaine.

Il professore era seduto alla sua grandissima e costosissima scrivania, accogliendo l’esaminando con un saluto molto rigoroso e professionale.

“Sono...suoi colleghi?” Domandò incerto di fronte alla folla di persone dietro di Wes, sedute accuratamente in fila sulle sedie del suo ufficio. Il ragazzò arrossì appena, mormorando a denti stretti: “Sono i miei coinquilini.”

“Ah. Capisco. Bene allora. Mi vuole parlare di un argomento a piacere?”

Come. Cosa?

“A piacere?” Esitò lui, la voce divenuta un tremante sussurro.

“Certo. Ci sarà pure un argomento che la preme molto.”

Ed Emily strinse forte la mano di Blaine, perchè l’ansia in quel momento rischiava di ucciderla; quest’ultimo chiuse gli occhi come di fronte ad una scena horror che non voleva assolutamente vedere e Nick e Jeff rimasero con gli occhi incollati sulla schiena del loro amico, tenendo il fiato sospeso.

Chissà cosa avrebbe risposto. Avrebbe risposto, non era vero? Oh, stava andando proprio nel panico.

E poi, dopo un attimo di silenzio, ancora in un mezzo stato di trance, Wes parlò.

“I microscopi.”

“Eh ma allora sei un genio.”

“Mi scusi, lei laggiù? Faccia silenzio.”

Nick ricevette un’occhiataccia da tutti gli altri ragazzi, e si limitò ad incrociare le braccia sprofondando ancora di più nella sedia.

Certo che, in effetti, non aveva tutti i torti: Emily si era nascosta il viso con le mani, sperava solo che quell’agonia finisse in fretta.

E poi, con grande sorpresa di tutti ma, soprattutto, con grande sorpresa sua, Wes cominciò a parlare di quell’argomento, ripetendo a memoria le cose che aveva letto esattamente un minuto prima.

E l’esame cominciò.

Quella sera avrebbero fatto una doppia sessione di lan party, per festeggiare la mente idiota di Wes e quell’assurdo miracolo.

Angolo di Fra:

Dedico questo capitolo al "mio" Wes.

Perchè probabilmente adesso stai leggendo e mi stai pure insultando.

;)

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