Chi c'era stato prima di me aveva ragione: non ci sono parole per far capire a fondo l'Africa. L'Africa è in tutto ciò che ti circonda, quando ci sei, ma è anche negli occhi e nel sorriso della gente, e nella tua gola, come un nodo stretto stretto, quando solo ci pensi dopo il ritorno. E' pianto e riso insieme, in una unione così intima da sembrare surreale.
Il primo volo, per Parigi, è partito con quasi due ore di ritardo affinchè la nostra compagnia di bandiera rendesse onore alla sua sigla "Always Late In Travel Always Late In Arrive": in meno di un'ora sono riuscito ad attraversare il "Charles De Gaulle" dal terminal 2 al terminal 1 con una specie di metro-navetta, effettuare registrazione alla South African, superare il controllo passaporti e saltare sull'aereo per Johannesburg; la mia valigia ovviamente non poteva essere tanto veloce, porca troia... E infatti alla fine del terzo volo, a Blantyre, non ho potuto che constatarne l'assenza: è arrivata una settimana dopo. Da Blantyre, che non è la capitale politica ma è la città più grande ed economicamente importante del Malawi, sono stato portato in auto fino a Balaka da Giacomo, l'odontotecnico responsabile del progetto "Dental Clinic" che mi aveva atteso all'aeroporto; in quei 120 chilometri, naturalmente contromano (maledetti inglesi!), l'Africa inizia ad entrarti nel corpo attraverso il paesaggio e i richiami di chi, lungo la strada, cerca di vendere frutta o spiedini di topi lessi.
Questa in realtà non è la strada che collega Balaka a Blantyre, ma è quella che proviene dalla capitale, Lilongwe, e in questo tratto segna il confine con il Mozambico (alla vostra destra, siorre e siorri); il paesaggio comunque è sempre quello, fra interminabili saliscendi, odore di legna bruciata, gente, gente e ancora gente, case, capanne e ancora case: il Malawi è il secondo stato dell'Africa, dopo la Nigeria, quanto a densità di popolazione, soprattutto nelle campagne.
Arrivato a Balaka ho preso possesso della mia camera alla Nanchombe House, che è questa casa qui,
dove ho conosciuto il "capo". Posso dirlo da vorace mangiapreti: Padre Mario Pacifici è un uomo eccezionale! Trent'anni in Malawi per costruire piano piano ("pang'ono pang'ono" in chechewa) una piccola città nella città dove la gente può imparare a scavare pozzi, a riparare auto, camion e macchinari, e/o reinserirsi socialmente dopo il carcere, o molto, molto altro ancora; e il tutto nel pieno rispetto di ogni tendenza culturale o religiosa della gente del posto e di tutti i volontari.
Ma con Giacomo e p. Mario, oltre al suo collaboratore don Cesare che ringrazio per il "pronto soccorso Autan", gli incontri con persone che poi si riveleranno speciali erano solo all'inizio: verso sera, infatti, ho conosciuto il mio collega Giuseppe, che vive e lavora a Roma, Mimma e Tiziana.
La Dental Clinic di Balaka è un piccolo studio di due "poltrone" (le poltrone dei dentisti si chiamano "riuniti", in realtà, ma poi mi dite che parlo difficile...) con annesso laboratorio odontotecnico e scuola per odontotecnici. La giornata lavorativa si presenta meno faticosa e stressante che da noi, anche perchè nello spirito di tutte le strutture della missione il vero scopo della nostra presenza è fornire un'adeguata preparazione al personale locale.
Ed eccoci infatti in un attimo di pausa con Lowrence, il dentista "ufficiale" dalla capacità di apprendimento decisamente fuori dal comune.
Qui invece sono alle prese con una paziente di tre anni. La quantità e l'aggressività delle carie nei bambini del Malawi sono qualcosa di impressionante, complici l'alimentazione zuccherina e la scarsa conoscenza dell'igiene orale; i bambini, all'inizio terrorizzati e piangenti dopo notti in bianco per il dolore, a fine seduta venivano ad abbracciarmi con un sorriso che riempiva le loro bocche e gli occhi non ancora del tutto asciutti. "...In quei sorrisi ed in quegli occhi vedo voi..." scrivevo qualche sera dopo in un sms ai miei figli.
A proposito di bambini, i bambini africani sono soliti "adottarsi" una persona dalla pelle bianca afferrandogli la mano e non mollandola più.
Ed ecco Tiziana e me, presi d'assalto da questi cacciatori di magliette e caramelle.
Una volta che uno o due di questi si sono impadroniti del "loro" bianco, oltretutto, impediscono agli altri bambini, anche in malo modo, di avvicinarlo.
Altre foto e il seguito nelle prossime puntate, che adesso mi viene la malinconia.