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Un giorno, per casoUn incontro, assolutamente casuale. E la ruota del destino comincia inesorabilmente a girare.
La doverosa introduzione penso che dica tutto riguardo ai motivi per cui nella mia mente bacata io abbia creato una simile storia:
Salve a tutti. Quella che vi apprestate a leggere è una fanfiction. Non nel senso che ci sono personaggi creati da altri (altrimenti non starebbe in questa sezione, no?), ma una storia fantastica che non ha alcuna pretesa se non quella di far sognare me e tutti coloro che come me, amano il Sol Levante e sognano di incontrare il proprio attore/cantante con gli occhi a mandorla preferito. Sì perché, mi sono accorta, di Notting Hill et similia ce ne sono tanti, ma pochi pensano a noi che abbiamo gusti un po’ più particolari.
Ed è da questo presupposto che nasce questa storia. Probabilmente, non avrà chissà che spunti originali e infatti non vuol certo essere un’opera con sì alte pretese; l’unico mio desiderio è che questa storia possa divertire voi, lettori, come ha divertito me, mentre la scrivevo.
Se avete visto il film da cui ho tratto il titolo, state tranquilli: con quell’opera, non c’entra assolutamente niente; anzi, io non l’ho nemmeno mai visto! XD Quindi se trovate qualche riferimento è assolutamente casuale e non voluto. Il perché l’ho scelto, non posso dirvelo però: leggete e capirete. ^^
Ah, un’ultima cosa, prima di smetterla di scocciarvi: i luoghi qui presenti, le materie qui insegnate esistono veramente; non però i personaggi, che non c’entrano assolutamente nulla con quelli reali. Quindi, non prendetevela con me, se ritrovate qualcuno che conoscete sul serio, ok? XD
Non ricordo precisamente dove stessi andando, quel giorno. Ero sicuramente su un pullman, per una di quelle gite organizzate a cui partecipiamo spesso, anche se non mi ricordo bene la meta. Stavo guardando fuori dal finestrino e mi stavo ponendo mille domande sul mio futuro, sul fatto che, laureata, sarei dovuta andare a Roma per la specialistica. E pensai a quanti giapponesi ci siano lì, a quanti avrei potuto beccarne per caso. Ricordai che Fuyumi Soryo, per scrivere Cesare, ha fatto più di una capatina a Firenze e mi chiesi se un giorno avrei potuto incontrare anche io un personaggio famoso giapponese, magari di cui ero pure fan.
Ed allora mi venne in mente che, se nella realtà sarebbe stato praticamente impossibile, sulla carta no. E allora, perché no?
Roma, dunque. Un luogo certo più consono, magari mentre qualche attore stava girando un dorama ambientato qui da noi (si sa quanto i giapponesi amino il nostro Paese...); magari tra i due si instaura un certo rapporto proprio perché vivono una situazione simile.Magari lui deve impersonare un figlio che ama molto suo padre e invece lui lo odia per qualche motivo; magari lei invece vuole sfondare nel mondo del teatro e non ci riesce e lui l'aiuta...
Ovviamente, la mia paura maggiore è stata quella di creare un giapponese che poco fosse tale. Del resto, io i giapponesi li conosco solo tramite manga e anime, quindi non potrei dir molto. Così, è nata l'idea di un italogiapponese: avendo caratteristiche miste sarebbe stato più facile gestirlo (o meglio, se avesse avuto qualcosa di italiano non sarebbe stato un danno); la cosa è stata anche utile per creare il famoso problema con il genitore: lui/lei era italiano, magari l'aveva abbandonato e giustamente adesso lui era leggermente incazzato; magari il suddetto genitore insegnava giapponese all'uni di Roma, così avrei trovato anche il motivo giusto per spedirlo in Giappone, sposarsi e avere figli. Questo risolveva anche il problema della lingua: avrebbero parlato tutti italiano, così saremmo stati più felici tutti.
Quel giorno, in quel pullman, scrissi fino all'incontro con Marcello sulle scale: mi venne fuori spontaneo, senza neanche rendermene conto.
Poi passarono mesi di vuoto totale.
Poi, un giorno, ero di ritorno da Firenze, nel periodo del Lucca comics del 2008; Ste e Gra stavano conversando tra loro, io, invece, che adoro i treni, mi immaginai Mara che prendeva la metropolitana o un pullman cittadino ma, per una serie di coincidenze non arrivava idove desiderava, perché succedeva qualcosa: siccome a me era capitato davvero che il treno si fermasse per vari motivi (guasti, una persona finita sottoil treno...), trovare un motivo è stato facile, anche perché proprio quei giorni Maki aveva detto che a Roma, per il concerto dei TH era tutto bloccato. E scrissi il pezzo del treno; poche righe, in effetti, ma che mi sbloccarono.
Tutto sempre a Roma.
Tuttavia, visto che non ero più partita, ambientare una storia in una città che conoscevo ma non così bene, sarebbe stato un suicidio, quindi tanto valeva spostare tutto a Bari. certo, un attore giapponese a Bari non è che viene a girare un film, quindi, magari, veniva qui per altre ragioni. Anche il fatto che fosse un attore non andava poi tanto bene: troppo famoso, mi sono detta, e io preferivo qualcosa di più tranquillo; magari un doppiatore, che di norma nessuno calcola mai (a parte me e pochi malati XD). Siccome poi dovevo conoscere anche la sua faccia, e dei doppiatori non sempre è facile reperirla, o comunque non sempre tutti si interessano ad essa, l'ho reso anche cantante; del resto, conosco doppiatori che sono anche cantanti (come Toshihiko Seki)
La prima cosa che ho fatto, dunque, è stato decidere il passato di Hiroshi: senza quello, la storia non avrebbe potuto proseguire.
Ne ho girate parecchie di idee, possibilmente plausibili; poi, girando per blog di italiani trapiantati in Giappone, mi è venuta l'idea attuale; per il nuovo marito della moglie, ho usato l'idea vecchia del prof - magari di lingue, sia perché da noi corsi universitari di giapponese non ci sono, sia perché mi sono ricordata di un prof di inglese di mia sorella che è andato ad insegnare in Giappone). Da lì, è stato tutto più facile, perché l'ateneo è come una casa, per me.
L'idea che lei volesse diventare una scrittrice è nata per caso, perché è il mio sogno e, in fondo, Mara sono io, per certi versi. Fa giornalismo perché io amo scrivere, anche se odio il giornalismo. Il fatto che lei poi conosca il prof di letteratura per l'infanzia, invece, è nato dal fatto che una mia amica ha fatto la tesi con lui e mi disse che "scrive libri per ragazzi con racconti. Se ti va, posso usare il tuo racconto per la tesi? Magari poi te lo pubblica!". Ovviamente, poi non successe niente del genere, ma l'idea rimase.
Ilaria è il personaggio che è nato meno pensato,devo dire; in effetti non ha molto da fare, lei, e un po' mi spiace. Forse un giorno creerò qualcosa solo per lei, chissà.
Enrico e Luca sono, forse, i personaggi migliori che abbia mai creato.
Enrico doveva essere un amico un po' strano, eccentrico e particolare. poi, un giorno, stavo vedendo Tutti pazzi per amore, proprio la puntata in cui si scopre che l'ex marito della protagonista è gay. "Gay. Perché no?" mi chiesi. Enrico non si fece alcun problema, ma mi pose una condizione: voglio un compagno.
Luca mi uscì naturale: era il migliore amico di Mara e il ragazzo di cui si innamora Enrico; io sono per la teoria che gli opposti si attraggano, mentre nell'amicizia è più facile essere simili: ecco che lui si è fomrato così. Diciamo pure che è il migliore amico che mi piacerebbe avere.
Ilaria è così legata a Enrico proprio per lo stesso ragionamento.
Il signor Marcello è nato anch'egli per caso. Quando andai a Roma con Ale, c'era, nel palazzo dove avevamo l'appartamento, una postazione per un portiere. In quello stesso palazzo, la mattina del nostro arrivo, vedemmo una ragazza rientrare nell'appartamento accanto al nostro. Non so perché, mi convinsi che vivesse da sola. Penso che l'amicizia tra i due sia nata proprio da questi due ricordi sovrapposti.
Poi, beh, il resto è trama. Lascio libertà estrema ai personaggi, e loro agiscono da sé. Il titolo viene proprio da questo: il caso ha guidato tutti, loro e me che scrivevo. Non ho pianificato io che il patrigno di Hiroshi aiutasse Mara senza accorgersene, non ho pianificato il litigio fra Enrico e Luca, la malattia della signora Lucia... è nato tutto mentre scrivevo, come se il destino di loro tutti mi si mostrasse mentre vivevano.
Quei giorni non facevo che scrivere quello che la mia testa vedeva, come una veggente a cui piano piano appare davanti il fato delle persone che vanno da lei. La mia testa ha unito esperienze viste, sentite, sognate e ha creato tutto questo.
I luoghi sono veri: esiste il bar Catullo (anche se non c'è nessuna Ilaria imparentata), il ristorante cinese (anche se la padrona si chiama in un altro modo); esiste il cinema in cui vedono il film palloso (idea nata lì, in un momento in cui pensavo ai film italiani come una grande palla) e la norcineria di Giovinazzo; non esiste il negozietto all'inizio della storia, o meglio non l'ho identificato con nessuno di preciso.
I nomi se li sono scelti i personaggi, tranne Hiroshi. Perché questo è un nome che amo, ed è anche il nome di Tamaki Hiroshi, attore e cantante di cui, in quei giorni, ascoltavo molto le canzoni. Come da note, anche il nome Shin'ichi Matsumoto non è casuale: Shin'ichi è un nome che amo (oltre ad essere anche quello di Kudo in detective Conan - nel dorama interpretato dal mio amato Shun Oguri e Chiaki di Nodame Cantabile, nel dorama interpretato proprio da Tamaki!), mentre Masumoto è il nome di Jun, attore e cantante deigli Arashi; Matsuda, il cognome vero è un omaggio all'attore Matsuda Shota (Hana Yori Dango, Liar Game).
Ad oggi, credo che ci siano alcune cose che modificherei nella storia, se mai un giorno dovessi mandarla davvero ad una casa editrice, anche se niente di fondamentale. Ho amato tutti loro in modo indicibile, ho sofferto, ho gioito con tutti... Quando ho messo la parola fine, mi è sembrato di salutare per sempre amici che avevo tantissimo. Forse, il finale che non avevo pensato di scrivere, ma che poi si è creato da sé, è un regalo dei protagonisti stessi per me. Perché la speranza che qualcosa del genere possa accadere anche a una persona semplice, come me, come voi, non tramonti mai.
Bene, Gra, spero di essere stata chiara. XD