KAME NUMBER ONE capitolo 25

Dec 27, 2011 12:01

La gara contro l'Arashic si avvicina e tutti fanno del loro meglio per sostenere Taisuke. Kame dal canto suo, stressa il suo team con impietosi allenamenti, specialmente il povero Tamamori, da cui si aspetta molto essendo il numero quattro del locale. Come se Tamamori non avesse già i suoi problemi giocando a nascondino con i suoi sentimenti per Miyacchi! Intanto Hasshi ha problemi con sua madre, che dopo più di un anno si fa viva alla porta del ragazzo e decide di fare la tipica madre e disapprovare della sua vita. Hasshi fugge letteralmente tra le braccia di Tottsu, che in realtà aveva già i suoi grattacapi con la sua di madre. Infatti la donna, decisa a non restare senza nipotini, fa di tutto per mettere insieme Shota con Megumi, una ragazza incontrata ad un omiai. Tottsu dal canto suo non ha mai fatto chiarezza sui suoi sentimenti con se stesso, figuriamoci parlarne ad altri. E nel frattempo Taisuke non sa più cosa deve farne della sua lascivia.

I personaggi inventati sono sempre inventati e non hanno alcuna attinenza con la realtà. Dopotutto è un AU.

Capitolo 25

“Insomma, che vuoi?” dice Kame lanciando un’occhiata incredula a Miyata.
“Ehm... te l’ho già detto. Non vedo la necessità di far restare Tama per tutte quelle ore in più tutti i giorni.”
“Ho già capito. Ma non seguirò questo consiglio. Credi forse che io voglia perdere la sfida con l'Arashic per colpa di quella testa di pulcino del tuo ragazzo?”
“Ehm... ma...”
“Senti, tu non lo sai quanto è dura la vita per un host. Specialmente se sei il numero uno. Gli sto insegnando anche un sacco di cose che saranno utili nella sua carriera, dovrebbe ringraziarmi invece di mandarmi te per lamentarsi.”
“Non mi ha mandato lui!”
“Va bene, va bene! Non preoccuparti, te lo farò riavere intero per concludere la serata come meglio vuoi, ok? Ora per favore...”
Kame sventola le mani come per scacciare un insetto fastidioso mentre fa per prendere il suo cambio di vestiti dalla sedia, quando qualcuno bussa alla porta.
“Chi è adesso?”
Una donna entra nel camerino con espressione arcigna.
“Sei tu il capo qui dentro?”
“Sono io.” risponde Kame senza riuscire a celare la sua perplessità.
“Ebbene, non ti vergogni?” la donna ha una voce severa, ma Kame scrolla le spalle.
“Far fare questo lavoro ingrato ad un ragazzo così giovane! Non posso assolutamente perdonare la tua dissolutezza!” continua la donna sempre più infuriata.
“Scusi, ma chi è lei?” domanda Kame.
“Sono la signora Hashimoto. So che mio figlio lavora qui già da un po’. Perché è qui? Ti deve dei soldi? Lo hai costretto con sporchi mezzi?”
“Senta signora, qui l’unico sporco è suo figlio. Io l’ho solo assunto perché mi fido dei miei direttori del personale. Evidentemente ho fatto male anche stavolta.”
“Ma cosa stai dicendo?! Assumiti le tue responsabilità!”
"Hey! CON CHE DIRITTO..." il volto di Kame assume un'espressione irata.
"Mi scusi signora, potrebbe essere più chiara e spiegarci la situazione? Magari potremmo esserle d'aiuto." si intromette Miyata.
"Mio figlio Ryosuke! E' fuggito di casa tempo fa ed ora lo ritrovo qui in questo sordido luogo!"
"Ma... ha provato a parlare con lui?" domanda Miyata con cautela.
"Non vuole saperne di ascoltarmi!" sospira la signora scuotendo la testa.
"Beh, per prima cosa mi permetta dirle che qui, anche se può non sembrare così, è al sicuro. Ha molti amici e..."
"Amici!!!" la signora assume un'espressione disperata. "E tu chi sei comunque? Lavori qui?"
"No... io sarei un cliente." il volto della donna mostra la disapprovazione più totale.
“NON POSSO CREDERCI! SVERGOGNATO! CHE HAI FATTO AL MIO RYOSUKE!?” urla la madre di Hasshi in preda ad una crisi.
“M-ma veramente io...”
“Insomma, che cos'è questo caos? Uno non può neanche dormire in pace nell’altra stanza!” Kitayama spunta con nonchalance dalla porta. “Poi prenderserla con Miyata che forse è proprio l’unico che non ha mai fatto nulla ad Hasshi... ehm, intendo... che non lo ha mai chiamato!”
“Grazie Kitayama! Questa sera chiamerò te!” Miyacchi solleva il pollice e fa un sorriso buffo all’indirizzo di Kitayama che accenna anche lui un sorriso e torna a parlare con la signora.
“Hasshi non aveva un posto dove andare quando è scappato di casa.”
“Non sarebbe dovuto scappare in primo luogo!”
“Ma se non lo avete neanche cercato subito? E comunque non si è mai chiesta che motivo aveva per scappare di casa?” attacca Kitayama.
“Ma come ti permetti giovanotto!”
“Se lo avete trovato adesso potevate anche farlo prima! Quel ragazzo era abbandonato a se stesso quando è arrivato qui!”
“Mi state dicendo che ve ne siete presi cura?! Come avete potuto pensare che metterlo a lavorare qui fosse una buona cosa?!”
“Beh, non lo abbiamo pensato di certo quando non sapeva neanche mettere due parole sensate in fila di fronte ai clienti...” dice Kitayama abbassando il tono della voce.
“Stai dicendo che mio figlio è stupido?!”
“No... non esageriamo... è solo un po’ speciale...” sorride Kitayama imbarazzato.
“Kitayama, ora basta!” Totsuka entra nella stanza.
“Ma cos’è tutta questa clientela nel mio camerino?! E dov’è finita la privacy?!” si lamenta Kame.
“Signora, mi assumo io tutta la responsabilità di aver portato Hasshi qui. Gli altri non hanno colpa.”
“Eh? Chi sei tu?”
“Mi chiamo Totsuka. Come ho già detto, ho portato io Ryosuke qui. Mi perdoni se le ho causato preoccupazioni.”
La signora si ritiene dall'accoglierlo ad urla soltanto per la gentilezza con cui Totsuka espone le cose.
“Però la prego: parli a suo figlio e comprenderà che ama davvero questo lavoro e questo locale. Forse c’è ancora tempo per lui per trovare posto nella società, non sia così severa perché è finito allo Shokura. Qui tutti lo trattano come un amico e lo proteggono. Non ha mai dovuto fare cose che non voleva.”
“... capisco, ma non voglio che lavori più qui. E’ per il suo bene, per il suo futuro!”
Tottsu serra le labbra.
“Io... sono d’accordo che debba pensare al suo futuro...”

“No Tottsu! Io non voglio andare via!” Hasshi entra nella stanza e si aggrappa al braccio di Tottsu.
“Ryosuke! Che stai dicendo!? Vieni qui!”
“NO!”
“Hasshi forse dovreste parlar...” prova a dire Tottsu.
“NO! NO! NO! Non me ne andrò da qui! Non smetterò mai di lavorare qui e non voglio assolutamente separarmi da Tottsu!”
“Ma cosa stai dicendo! Sei ancora minorenne, non hai finito gli studi e...”
“Io non me ne vado. Non tornerò mai a casa! Io ti odio!”
“HASSHI!” Totsu urla improvvisamente. “Stai parlando con tua madre.” 
“Forse se ci calmiamo tutti e ne parliamo seduti...” dice Kitayama.
“Da un’altra parte però, che questo camerino è privato ed io mi devo ancora fare la maschera viso prima di cominciare a lavorare!” interrompe Kame.
“Io non posso crederci! Il mio Ryosuke che parla a questo modo! Se non torni a casa, questo posto rischia grosso!”
“In che senso?” esclama Miyata stupito.
“Chiamerò la polizia e dirò che avete assunto un minorenne.”
“Oh ecco, lo sapevo! Ora Koki mi ammazza!” sbuffa Kame.
“Se domani non sei a casa, farò chiudere questo posto!”
Detto questo la donna esce a passo veloce dalla stanza, non prima di aver lanciato un’occhiataccia a Kitayama per farlo spostare dalla sua traiettoria.
“Può davvero farvi chiudere...?” bisbiglia Miyata.
“Non so...” scrolla le spalle Mitsu.
“E’ tutta colpa mia!” dice Hasshi guardando in basso.
“Quanti problemi che mi create, accidenti a voi tutti!” sbotta Kame. “Tra poco c’è anche la gara con l’Arashic, e voi che fate? Mi lanciate contro una pazza isterica che vuole chiudere il posto!”
“Kame...” Tottsu comincia a parlare, ma Hasshi corre via dalla stanza e Tottsu decide di seguirlo.

“Hasshi...” dice Tottsu mentre ansima per la corsa.
“E’ quasi ora di andare al lavoro, giusto? Dai, torniamo dentro...”
“E’ tutta colpa mia.”
“Ma no, sono sicuro che se provassimo a parlare con tua madre...”
“Tottsu, lo hai visto che non serve a nulla! E poi perché... perché vuoi che io vada via?”
“Hasshi... è per il tuo bene, non penserai di poter restare a lavorare in un host club per tutta la vita!”
“Perché no? Non voglio andarmene, questo è l’unico posto in cui riesco a lavorare e poi è il posto dove posso vedere te!”
“Ma Hasshi... perché non capisci che io voglio il tuo bene?”
“Questo non è il mio bene! Io voglio stare con te, Tottsu! Voglio fare questo lavoro e restare in un posto dove posso vederti!”
“HASSHI! Cosa credi, che io sia felice di mandarti via? Ma un giorno mi ringrazierai.”
Hasshi guarda Tottsu con le sopracciglia aggrottate.
“Se è davvero quello che vuoi...”
“Hasshi, io...”
“Dì a Kame che vado a casa stasera.”
Detto questo, il ragazzo si allontana correndo.
“Aspet...”

“Totsuka!” Kitayama corre verso Tottsu.
“Kitayama...”
“Hasshi è andato via? Sei sicuro che non vuoi seguirlo?”
“No, starà andando a casa. Credo abbia bisogno di pensare.”
Kitayama mette un braccio attorno alle spalle di Tottsu.
“Torniamo indietro allora. Ho un paio di cosette da dirti.”
“Non ricominciare a farmi la predica.”
“Tottsu... perché non lasci quel ragazzo fare quello che vuole? Perché lo forzi verso una direzione che non vuole prendere?”
“Ma Kitayama, è per il suo bene! Come può essere felice di questa vita!”
Lo sguardo di Kitayama si abbassa facendosi serio.
“... non crederai di essere un po’ troppo presuntuoso? Dopotutto è la vita che io e altri ragazzi abbiamo scelto.” dice amaro.
“Io, scusa... non intendevo offendere. E’ solo che non credo sia una vita adatta ad Hasshi...”
“Cos’ha Hasshi più di noi? Se provi qualcosa per lui, questo è davvero il modo sbagliato di dimostrarlo. Non puoi controllare la sua vita, diamine! Per quanto ti sia piaciuto farlo finora!”
“Kitaya...”
“Non guardarci dall’alto in basso solo perché soffocando i tuoi desideri e la tua vera natura sei arrivato in alto! E per l’ennesima volta, cerca di essere un po’ onesto con te stesso!” urla Kitayama ponendosi di fronte al ragazzo. Totsuka lo guarda allibito.
“E se vieni al locale stasera, per favore scegli qualcun altro. Io non sarò lì per una persona che pensa che la nostra vita non sia degna, ma che si diverte comunque con noi.” detto questo Kitayama si allontana a passo veloce verso il locale, lasciando Totsuka a combattere con i suoi pensieri confusi sul marciapiede.

--

Qualche giorno dopo, nessuno ha più notizie di Hasshi né di sua madre. Fujigaya è sulle spine, perché se Hasshi non torna dovrà davvero usare Kiriyama come riserva nel suo team. Manca poco più di una settimana all'evento contro l'Arashic.
Kitayama e Kawai stanno entrambi tentando di calmare Fujjigaya, che è troppo indeciso tra l'essere depresso, disperato e furioso e l'unica cosa che fa è afflosciarsi su una sedia, cercando di non pensare tutto il tempo.
Totsuka si presenta alla porta prima dell'orario d'apertura.
“Vorrei parlare con Kitayama.” annuncia ad un Goseki seccato per essersi dovuto sbrigare ad aprire prima del previsto.
Kitayama si fa avanti ed esce dal locale seguendo Totsuka. Fujigaya sospira.
“Spero che quei due insieme riescano a sistemare tutta questa situazione.” afferma Kawai.
“Non c'è molto che possiamo fare, ti pare?” ribatte Fujigaya nervoso.

“Kitayama, innanzitutto volevo chiederti scusa.”
Kitayama guarda Totsuka dritto negli occhi con sguardo severo. Poi sposta lo sguardo di lato e abbozza un sorriso.
“Non avrei dovuto parlare in quel modo senza pensare ai sentimenti tuoi e degli altri l'altro giorno... mi dispiace!” Totsuka china il busto in avanti per scusarsi. Kitayama si avvicina a lui.
“Non c'è bisogno di inchinarti, scuse accettate. Ora dimmi, hai avuto modo di riflettere su altro?”
Totsuka alza il volto e guarda serio l'altro ragazzo.
“Fermarsi a riflettere non serve Mitsu. Sono andato a casa dei genitori di Hasshi a convincerli a farlo restare almeno fino alla gara e...”
“E?” domanda Mitsu curioso.
“... e hanno detto di sì. Ma solo fino alla gara!”
Kitayama mostra a Tottsu un grande sorriso mentre lo colpisce amichevolmente sulla spalla.
“Ben fatto!”
“Il problema è... che Hasshi non era a casa.”
“Cosa? Ma non è a casa tua?” domanda Mitsu incredulo.
“No. Né a casa mia né a casa dei genitori. E' sparito.”
“COSA?! Dove può essersi cacciato quello scemo... non ha un posto dove andare!”
Totsuka assume un'espressione preoccupata.
“Se gli fosse successo qualcosa, io...”
“Stai tranquillo, non sarà successo niente! Non sembra, ma sa essere in gamba se vuole e...”
Totsuka poggia la sua fronte sulla spalla di Mitsu.
“Sono esausto. L'ho cercato ovunque! E' tutta colpa mia se è sparito...”
Mitsu abbraccia il ragazzo.
“Non è colpa tua. Vedrai che lo troveremo.”
“Scusa Mitsu, scusami tanto.” Totsuka avrebbe voluto dire a Kitayama che pensava lui fosse un vero amico. L'unica persona che aveva il coraggio di parlargli con sincerità, che anche dicendogli cose sgradevoli voleva il suo bene. Ma sperava che ricambiare il suo abbraccio parlasse per lui. Dal canto suo, Kitayama aveva già capito Totsuka molto più di quanto il ragazzo avesse compreso se stesso.

Spero abbiate gradito, i commenti sono sempre apprezzati!<3
Questo capitolo è stato molto #teamtuttiipairing ma che volete farci...

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