Peccato di vanità.
Vado a lavorare.
Come tutte le sante mattine vado a lavorare.
Non mi trucco, difficilissimamente metto i tacchi, porto quasi sempre i pantaloni, non mi spaventano le scollature un tantino profonde, non esco senza un foulard o una sciarpetta al collo.
Non uso profumi però ho una crema per il corpo che mi piace molto e che metto spesso.
Tempo fa, forse un paio d'anni, un cliente salendo nella macchina del capo, che regolarmente guido io, mi sorprese dicendomi che nell'auto si sentiva un'aroma particolare e che era certo si trattasse di mirra.
Ho talmente poca stima degli uomini che uno che ti trova pure l'essenza base della crema profumata che hai addosso sa di eccezionale.
Confessai serenamente che era tutta colpa mia e della mia crema per il corpo proprio a base di mirra e dattero.
Oggi sapevo che lo stesso cliente sarebbe tornato a Roma e che lo avremmo accompagnato con la macchina ad una riunione.
La mia crema per il corpo è sempre la stessa e lui viene a Roma almeno una volta al mese.
Però questa mattina non ho resistito alla tentazione di cospargermi abbondantemente della mia cremina profumata.
Arriva. Convenevoli. Usciamo.
Vado avanti che l'auto è parcheggiata un po' lontano e poi preferisco lasciarli soli.
Esco dal parcheggio e li raccolgo per strada, il mio capo si accomoda accanto al lato guida, il cliente dietro.
Nemmeno ha avuto il tempo di chiudere lo sportello che esclama: in quest'auto c'è sempre un buonissimo profumo di mirra.
Sorrido appena, ricambiando lo sguardo dallo specchietto retrovisore, semplicemente e silenziosamente.
Niente di più.
Mai niente di più.
Mentre guido penso ai percorsi neuronali maschili e mi viene da ridere.
Quando se ne va, come sempre, mi stringe con fermezza la mano guardandomi fissa negli occhi.
Naturalmente contraccambio spavaldamente con la stessa esatta fermezza di stretta e di sguardo.
Ma questo da sempre.
Alla mia età son soddisfazioni.