Ancora secoli fa (agosto tipo X°°D viva i tempi brevi XD) avevo promesso (minacciato?) uno spin off su Ohno da
questa anfiction per la fanfiction excange (tra l'altro ... ho ancora da fillare °___° ARGH)
E finalmente ce l'ho fatta. E' venuto una cacca, ma babbè
TITOLO: Test 300883 - Ohno Spin Off (uau, che titolone >_>)
AUTRICE: Jinny & Il Raffreddore (special guest: l'antibiotico per la faringite)
GENERE: Angst, Au
FANDOM: Arashi
PAIRING: Ohno/OC
RATING: R
NOTE: la fase angst non passerà MAI
DISCLAIMERS: non posseggo nessun Johnny, ne mai ne possiederò uno, amen. Chissà, magari per il compleanno ...
Satoshi aveva sempre saputo di essere diverso dagli altri. Ricordava tutto, fino dai suoi primi giorni di vita, e i suoi genitori, con aria pensosa, gli avevano detto che no, di solito non succedeva. Aveva iniziato a spostare oggetti a distanza, per pura pigrizia, e anche questo non era normale, sua madre lo diceva sempre ridendo. E poi aveva gli occhi ciclamino. Suo padre gli aveva detto che avrebbe dovuto essere ereditario
<< Ma la mutazione prima o poi ha inizio, quindi evidentemente tu sei il primo della nostra famiglia.>>
Quando tanti genitori avevano portato figli come lui negli istituti, spaventati dai loro poteri, i suoi genitori gli avevano comprato le lenti a contatto marroni e l’avevano iscritto a scuola. Satoshi sapeva già controllare perfettamente tutti i propri poteri, all’epoca, ma per precauzione prendeva anche una medicina che gli aveva dato un amico di suo padre, tale Takuya. Era venuto da loro una sera e, davanti ad un Satoshi estatico, aveva fatto volare oggetti, apparire fuoco o acqua dal nulla, aveva creato un piccolo temporale in una sfera che teneva tra le mani. Poi gli aveva fatto vedere che anche lui portava le lenti. Era come lui.
<< E se per caso avessi difficoltà a controllare i poteri, prendi una di queste pastiglie. Li bloccano per qualche ora. Magari a scuola. Stress, compagni fastidiosi, insegnanti incapaci … la scuola è il regno dei poteri che escono senza essere richiamati consapevolmente.>>
Satoshi aveva seguito il suo consiglio alla lettera.
<< Sai, quando sei nato, l’ho subito ricontattato.>> aveva detto suo padre << Al liceo eravamo migliori amici, tanto che mi confidò il suo segreto. Rimase sconvolto quando non corsi a denunciarlo. Poi però cambiò città qualche volta. Ma ci siamo sempre tenuti in contatto. Non l’hanno mai scoperto. Non scopriranno neanche te.>> gli aveva assicurato.
Satoshi era stato felice di avere dei genitori del genere. Era stato fortunato, si diceva sempre.
Si diplomò prima del tempo, saltando un paio di anni di scuola tra medie e superiori, ed entrò all’università, per studiare come ricercatore per gli ibridi. Voleva lavorare in un istituto, aiutare quelli come lui, possibilmente liberarli. Sapeva degli esperimenti, suo padre e Takuya glie ne avevano parlato. Voleva fermarli. Erano solo bambini, accidenti!
Durante il primo anno dell’università, però, qualcosa andò storto.
Una notte Takuya mandò un ragazzo poco più vecchio di lui, molto alto e dall’aria tutt’altro che raccomandabile, a prenderlo al dormitorio. Satoshi avrebbe voluto chiedere perché fosse venuto lui e non Takuya. Avrebbe voluto chiedere perché fossero venuti a prenderlo. Ma qualcosa gli disse che le risposte non gli sarebbero piaciute. Il ragazzo lo scortò fino ad un’auto. Satoshi prese posto sui sedili posteriori, mentre il ragazzo saliva alla guida
<< Sono Tomoya.>> si presentò, solo allora
<< Sei come me?>> chiese semplicemente Satoshi. Quello fece un mezzo sorriso
<< No. Ma so sparare e devo un bel po’ di favori al tuo amico. Se non fosse per lui, sarei in carcere o morto da un bel po’.>> disse, stringendosi nelle spalle. Satoshi rimase in silenzio per tutto il viaggio fino a quello che aveva l’aria di essere un magazzino abbandonato. Scese dall’auto quando Tomoya gli aprì la portiera e lo seguì all’interno del magazzino. Una luce giallina illuminava malamente la grande stanza di cui era composto il magazzino. Poco lontano dalla porta, c’era Takuya, seduto a terra. Aveva il viso in ombra, ma Satoshi poté notare le ferite che, lentamente, si stavano rigenerando. Fece per avvicinarglisi, ma due uomini lo fermarono. Takuya però fece un cenno, ed i due lasciarono passare Satoshi
<< Che è successo?>> chiese il ragazzo. Takuya alzò lo sguardo, poi fece un cenno con il mento verso due forme sotto due lenzuola, poco lontano da dove lui se ne stava accucciato
<< Sono arrivato tardi. >> mormorò, tornando a guardare nel vuoto. Satoshi si avvicinò alle due lenzuola. Alzò il lembo di uno, usando i poteri, ma lo riabbassò subito, sentendo le forze abbandonarlo. Si girò verso Takuya, che aveva affondato il viso tra le mani. Satoshi riconobbe le ferite come ustioni, anche se ormai erano quasi completamente scomparse
<< Che è successo?>> chiese di nuovo, con un filo di voce. Takuya alzò il viso, poi fece un cenno agli uomini e a Tomoya, che uscirono, lasciandoli soli
<< Perché i miei genitori sono li sotto?>> chiese il ragazzo, indicando le due forme a terra. Takuya si alzò, con una certa fatica. Satoshi capì subito che tutta la rabbia che stava provando verso di lui era assolutamente infondata. Quell’uomo si era lanciato tra le fiamme per i suoi genitori. Raccolse le informazioni dai ricordi residui dei due cadaveri. Uomini dell’esercito. Uno in particolare aveva voluto sapere dove lui si trovasse. I suoi avevano taciuto. Vide le fiamme. Vide Takuya arrivare, prendere fuoco, tirarli fuori lo stesso. Troppo tardi. Sentì la morte sopraggiungere. Alzò di nuovo lo sguardo su Takuya
<< Grazie …>> mormorò << Hai tentato di salvarli …>>
<< Troppo tardi!>> gridò l’uomo, scoppiando poi in singhiozzi. Si calmò quasi subito e si avvicinò a Satoshi, prendendogli il viso tra le mani e fissandolo negli occhi
<< Tu non sei mai stato qui. Non mi conosci. E io non ti conosco. >> disse, in un sibilo, dopodiché lo spinse fuori e disse a Tomoya di riaccompagnarlo al campus universitario.
Quando Satoshi arrivò alla sua stanza del dormitorio e si chiuse la porta alle spalle, si trovò a chiedersi perché fosse in piedi in mezzo alla stanza.
La mattina dopo lesse del rogo di casa sua e si chiuse in un silenzio che durò mesi. I suoi genitori erano morti. Sapeva il perché, sapeva che era stata colpa sua. Non avrebbe mai dovuto nascere. Passava i giorni studiando, tenendo tutti alla larga. Le notti le passava ad avere incubi, da cui si svegliava fradicio di sudore e con il cuore a pezzi.
Poi arrivò lei. Gli si sedette di fronte in biblioteca, un mese prima della laurea. Satoshi alzò appena lo sguardo, più che deciso a riabbassarlo immediatamente sul libro, ma rimase invece imbambolato a guardare la ragazza che gli stava davanti. Minuta, un viso dai lineamenti tanto fini e regolari da sembrare una bambola.
<< Posso sedermi qui?>> chiese lei. Satoshi rimase ancora a fissarla, poi annuì appena. Lei sorrise e Satoshi si sentì un po’ meno peggio dopo settimane.
Il giorno dopo, lei gli si sedette accanto in mensa. Satoshi rimase di nuovo imbambolato a guardarla
<< Scusa … è che ti vedo sempre da solo …>> “E a dirla tutta sei carino!”
Satoshi arrossì, captando il pensiero, ma lei parve attribuire il rossore del suo viso al suo essersi seduta senza aspettare il permesso
<< Se ti disturbo, cambio tavolo …>> disse, facendo per alzarsi
<< Oh, no, è solo che … non sono abituato, ecco …>> riuscì a balbettare lui. Fermò i poteri, prima di leggere altro. Non voleva sondare la mente di quella ragazza. Voleva fidarsi. Lo voleva con tutto il proprio cuore.
<< Beh, sono Suenobu Sakura, piacere di conoscerti. Tu sei Ohno, giusto? Scusa, ma tra quelli dell’ultimo anno sei piuttosto famoso. Hai due anni meno di noi e sei praticamente un genio … sto parlando troppo, vero? E’ che sono un po’ emozionata perché ecco … >>
Satoshi spalancò gli occhi e piegò leggermente la testa di lato
<< Posso chiederti di uscire? So che non sono le ragazze di solito a chiedere gli appuntamenti, dovrebbero essere i ragazzi a farlo, ma sono più grande di te quindi …>>
<< Si.>> disse Satoshi in un soffio. Sakura lo guardò per un momento. Poi sorrise
<< Oh …>> mormorò, arrossendo violentemente.
<< Oh …>> disse di nuovo, dopo un attimo, ridendo e portandosi le mani alle guance. Poi guardò di nuovo Satoshi, e lui si sentì riscaldare fino nel profondo da quel sorriso.
Chiacchierarono per tutta la pausa pranzo, e le pause pranzo dei giorni successivi. Il venerdì sera uscirono dal campus per andare al cinema, poi in un locale a bere qualcosa. Nei giorni successivi, passarono insieme ogni momento libero, fino alla laurea.
<< Quindi, dopo la laurea inizierai già a lavorare all’istituto Kitagawa?>> gli chiese lei una sera. Erano nella stanza di lei, cosa vitatissima dal regolamento dei dormitori, anche se si trattava di una pratica piuttosto comune. Era più difficile per una ragazza fuggire dai dormitori maschili in caso di ispezione che non il contrario
<< Mi hanno confermato l’assunzione, si.>> sospirò Satoshi. L’argomento non gli piaceva molto
<< Starai in un dormitorio o dai tuoi?>> chiese lei. Satoshi si morse le labbra. Non aveva mai affrontato l’argomento genitori. Aveva visto le foto dei genitori di Sakura, sapeva che erano morti in un incidente l’anno prima. Ma erano ricchi, e la ragazza aveva ereditato tutto. Stare con lei sarebbe stato estremamente rischioso, per lei. Ma se fosse diventato un ricercatore, avrebbe fugato ogni dubbio …
<< Casa dei miei è bruciata due mesi fa, con loro dentro.>> mormorò dopo un silenzio che sembrò infinito. Sakura scattò a sedere e si voltò a guardarlo. Satoshi rimase supino sul letto, seguendo con le dita il motivo in rilievo del copriletto
<< Non immaginavo …>> mormorò lei. Poi annuì << Ecco perché sembravi capire così bene quando ti ho parlato dell’incidente dei miei … non sembrava, capivi sul serio … piccolo …>>
Satoshi si nascose il viso con le braccia, sospirando
<< Non voglio pensarci …>> mormorò. Si mise a sedere a sua volta ed attirò a sé la ragazza
<< Ho fermato un appartamento, vieni a vivere con me. Sposiamoci. E’ presto, lo so. Sono solo due mesi, ma …>> la voce gli venne meno. Era tutto sbagliato. Non avrebbe dovuto chiederglielo. Non avrebbe dovuto essere così egoista … però …
<< … io ti amo …>> gli uscì in un sussurro tremulo. Sakura si girò leggermente fra le sue braccia, in maniera da guardarlo negli occhi. Aveva il viso rigato di lacrime silenziose, ed un enorme sorriso. Satoshi abbassò il viso
<< In realtà non avrei dovuto chiedertelo. Non dovrei amarti. Non …>>
<< Perché? Anch’io ti amo. Si, è un po’ presto, ma …>>
Satoshi si alzò ed iniziò a camminare avanti ed indietro per la stanza, mentre Sakura lo guardava, i lunghi capelli neri sciolti oltre le spalle.
<< Non ti ho detto nulla di me. Nemmeno che i miei sono morti. Perché dovresti fidarti? Non hai idea di chi io sia e …>>
<> lo fermò lei, alzandosi e raggiungendolo.
<< Sono carina, non stupida, ibrido.>> gli sussurrò in un orecchio. Satoshi sentì il terrore attanagliarlo. Non aveva preso il bloccante, quel giorno. I pensieri di Sakura lo investirono in pieno. Lei era normale, ma la sua gemella era un’ibrida. Un caso rarissimo di gemelli omozigoti in cui solo uno degli embrioni aveva avuto il gene mutato. I suoi genitori erano morti per aver nascosto la bambina. La bambina era stata eliminata perché troppo pericolosa. Sakura era rimasta sola, dopo aver assistito all’ incidente. Era passata da un tutore all’altro e, appena raggiunti i diciotto anni, entrata in possesso dell’eredità, aveva iniziato una collaborazione con un tizio per liberare gli ibridi. Lei non conosceva nemmeno il nome di quell’uomo, ma molti bambini erano tornati alle proprie famiglie. Quelli che non erano stai voluti, erano in una struttura apposita, dove venivano educati a controllare i propri poteri, a convivere con i non ibridi, a non aver paura di essere diversi. Satoshi riuscì a togliere il contatto e si allontanò leggermente
<< Toshi …>> mormorò la ragazza, le lacrime che le rigavano di nuovo il viso
<< Un momento. Devo fare un po’ di ordine … non sono così sveglio come dicono i miei voti …>> mormorò lui, passandosi poi le mani sul viso. Guardò Sakura, in piedi in mezzo alla propria stanza, con addosso un semplice vestito rosa. Gli sembrò così forte. Eppure voleva proteggerla. Aveva già perso tutto. E stava facendo così tanto.
<< Andrò in quell’istituto. Ti aiuterò. Voglio liberarli. >>
<< Ma come farai! Il piombo …>> iniziò lei, improvvisamente spaventata. Satoshi sorrise, poi si tolse una lente a contatto. Sakura spalancò occhi e bocca, mentre Satoshi la rimetteva
<< Il piombo non mi fa nulla.>> sospirò lui, stringendosi nelle spalle
<< Solo i bloccanti che mi ha dato mio padre possono fermare … quello … e solo per qualche ora … e scusami se ho letto … io … scusami, non avrei mai voluto …>>
<< Ti ho spaventato, lo capisco.>> disse lei, sorridendo << Tremavi così forte, piccolo … ma non sapevo come altro fare. E il fatto che tu mi abbia letta, mi risparmierà lunghi racconti pieni di brutti ricordi, quindi meglio così.>> sospirò lei. Satoshi coprì la distanza che li separava e la prese tra le braccia, abbracciandola stretta, affondandole il viso nei capelli, baciandola poi con passione. Fecero l’amore per la prima volta e quella notte Satoshi non tornò nella propria stanza. Dormirono abbracciati.
Nei giorni successivi parlarono di tutto, senza più segreti. Si laurearono insieme. Si trasferirono nell’appartamento che Satoshi aveva fermato. Lui iniziò a lavorare all’istituto, lei gli passava i dati dei ragazzi che dovevano essere liberati perché ne avevano trovato la famiglia, o perché i loro valori vitali erano compromessi.
Dopo circa un anno, si sposarono davvero. Sakura era bellissima, con il kimono bianco ed il copricapo tradizionale. Il tempio era meraviglioso, immerso nel sole di quella mattina di primavera. Satoshi pensò che finalmente la sua vita avesse un senso.
Qualche mese dopo il matrimonio, Satoshi venne promosso a ricercatore capo in una sezione a lui sconosciuta. I tre ragazzi che avrebbe dovuto seguire avevano dei nomignoli, oltre alla sigla di riconoscimento con la data di nascita.
Magneto era quello arrivato da meno tempo. Si trovava in quell’istituto da tre anni. Aveva scoperto tardi i suoi poteri, quando tutta una serie di oggetti e strutture in metallo erano state attirate dal suo corpo. Aveva sentito dire che i suoi genitori erano stati pagati profumatamente per scomparire. Gli esperimenti sul ragazzo consistevano in vere e proprie torture, dato che venivano liberati nella stanza dove stava vari oggetti di metallo. Più di una volta Satoshi aveva fatto fermare esperimenti che comprendevano l’uso di armi, proiettili, attrezzi agricoli. E più di una volta aveva dovuto far chiamare il ragazzo che normalmente divideva la cella con Magneto. Babbo Natale, lo chiamavano, perché era nato la vigilia di Natale. E lo sapevano bene, dato che era figlio di due ricercatori che lavoravano un tempo li. Lui era nato in quell’istituto. Poteva curare qualunque ferita o malattia. Ma aveva anche un animo vendicativo, e varie volte Satoshi si era trovato a sgridarlo per aver fatto ammalare mortalmente qualcuno o aver rotto qualche osso. Allora Babbo Natale, zitto zitto, a distanza, riparava ai danni, ma poi gli teneva il broncio, borbottando che nessuno poteva fare male al suo migliore amico e passarla liscia. Satoshi sospettava che ci fosse un sentimento un pelo più forte, ma il ragazzo, una volta che affrontarono l’argomento, scoppiò in una sonora risata
<< Sei proprio divertente, O-chan!>> gli aveva detto, con uno dei suoi sorrisi enormi.
Poi c’era la principessa. Test 300883. Un ragazzo taciturno. Come Magneto, aveva 3 anni meno di Satoshi. Come Babbo Natale veniva considerato molto importante. Più importante. Viveva in una cella minuscola, da solo. In sala comune, sedeva sempre e solo con Magneto e Babbo Natale. Li chiamava Kazu e Masa. Loro lo chiamavano Jun. Anche lui era nato all’istituto, ma i suoi genitori erano rimasti. E facevano parte della squadra di ricercatori che facevano esperimenti su di lui.
Una sera, Satoshi gli chiese come si sentisse al riguardo.
<< Mi hanno fatto nascere, ma non sono la mia famiglia. Masaki e Kazunari lo sono. Quelli sono solo due dei tanti dottori. Mi mettono le flebo, legano le cinghie, mi parlano in tono freddo. Per loro sono solo la mia data di nascita, come per tutti qui. >> aveva risposto Jun. Aveva lo sguardo tranquillo, mentre lo diceva
<< Non senti proprio il minimo legame con loro?>>
Jun rise, scuotendo la testa
<< Il legame che sento con il pavimento di questa stanza, ne più ne meno. No, in effetti forse qualcosa meno.>>
Satoshi era rimasto un altro po’ a guardarlo, poi era uscito.
Arrivato a casa, ne aveva parlato con Sakura
<< Tu sai che non sono nati così per caso, vero? Alcune ricercatrici, una ventina di anni fa, si fecero iniettare il gene mutato., dopo averlo attentamente isolato. Dei bambini nati, solo due sopravvissero. Uno cura il cancro. L’altro genera energia pari a quella del sole …>>
Satoshi sospirò, e sua moglie gli si avvicinò, abbracciandolo
<< Sacchan …>>
<< Dimmi?>>
<< Che succede se mi affeziono a loro?>> chiese, con un filo di voce. Sakura sospirò, stringendolo forte a sé
<< Niente di buono, amore. Non possiamo liberarli, non per ora, quantomeno … e in quanto al ragazzo dei metalli … per lui sarà dura sopravvivere … mi hai detto come agiscono con lui …>>
<< Chiamo sempre Babbo Natale prima che sia troppo tardi, ma ho le mani legate, non posso essere troppo “frettoloso” come dicono loro, nel chiamarlo. Sono miei subordinati, ma sono il più giovane … è orribile …>> singhiozzò Satoshi
<< Perché non li chiami per nome?>> gli chiese Sakura
<< Se usassi i loro nomi, mi affezionerei … >> mormorò Satoshi. Sapeva che Sakura lo capiva. Avevano perso le loro famiglie. Erano solo loro due, contro tutti. Non poteva permettersi di perdere ancora qualcuno. Probabilmente on avrebbe retto …
Qualche tempo dopo, cominciarono i primi sospetti. Ne parlò con Sakura, ma lei minimizzò la cosa
<< Sono invidiosi di te, nient’altro. Hai fatto carriera in fretta, è solo per quello.>> tentò di rassicurarlo. Ma Satoshi aveva paura. Una paura folle.
Ricominciò a prendere i bloccanti, in maniera che anche Babbo Natale non riuscisse a percepirlo.
Il ragazzo gli lanciò qualche occhiata strana, ma smise ben presto, capendo che doveva esserci qualche motivo. E poi, pensò Satoshi, Babbo Natale era troppo occupato a non morire di qualche malattia incurabile che gli iniettavano per prestare attenzione anche al resto del mondo.
<< So cosa sei.>> gli disse uno dei capi, qualche giorno dopo. Satoshi rabbrividì.
<< Continua ad usare i bloccanti e non succederà niente di male.>> detto questo, l’uomo fece per allontanarsi
<< E’ un accordo!>> gli gridò dietro Satoshi, in preda al panico
<< E’ un accordo.>>
Però “qualcosa di male” successe comunque
Satoshi stava lavorando, quando sentì improvvisamente la sua paura. Corse a casa, ma quando arrivò, trovò solo rovine fumanti.
Sakura era sul vialetto. Aveva tentato di fuggire.
Polizia e pompieri lo tennero lontano, mentre lui gridava il nome di sua moglie, la voce resa acuta dal dolore che stava provando.
Poi, improvvisamente, si calmò. Le persone attorno a lui sembravano improvvisamente avere paura del suo sguardo gelido
<< Non è stato un incidente …>> gli disse, titubante, il capo dei pompieri. Satoshi serrò la mandibola, con uno scatto secco. Due lacrime gli rigarono il volto. Solo due. Le altre erano state asciugate dal troppo dolore.
<< Ohno san, le autorità hanno già iniziato ad indagare …>>
Satoshi annuì appena. Sbrigò le faccende burocratiche in uno stato quasi di trance.
Quando tornò all’istituto sapeva cosa fare, ma qualcuno l’aveva preceduto. Quando piombò nel laboratorio dove di solito conducevano gli esperimenti su Babbo Natale e Magneto, non aveva ancora deciso bene come agire. Solo quando un pigolante ricercatore gli disse dove li avevano portati si rese conto di avergli quasi spezzato un braccio. E di star bloccando gli altri solo con la forza della mente
<< Questa scena non è mai avvenuta. E’ stata una bella chiacchierata però.>> disse Satoshi, subito prima di uscire.
Dovette aspettare, per recuperare i due “sospetti”.
Magneto imparò quel giorno a controllare i propri poteri. E Babbo Natale approfittò per vendicarsi sui ricercatori. Satoshi sentì il rumore delle ossa che si spezzavano e le urla di agonia dei ricercatori. Ma la cosa che gli fece più paura fu lo sguardo di Babbo Natale in quel momento. Fuggì, davanti a quello sguardo. Poi però si rese conto di non dover fuggire. Quando tornò indietro non gli sfuggì lo sguardo ferito dei due.
Li nascose nella stanza segreta all’interno del proprio ufficio e, una volta che li ebbe messi al sicuro salì agli uffici dei capi.
Fece pensare a tutti quelli che incontrava che fosse stato convocato, ed entrò nell’ufficio dell’uomo che l’aveva “messo in guardia”.
Chiuse la porta alle sue spalle, senza sfiorarla
<< Il bloccante …>> squittì quello, vedendo lo sguardo furioso di Satoshi
<< L’accordo pare sia saltato. Qualcuno ha incendiato casa mia. E mia moglie … ne sai niente?>>
L’uomo farfugliò qualcosa su testimoni scomodi. Satoshi si limitò a guardarlo negli occhi. L’uomo si accasciò a terra, morto.
Satoshi inspirò profondamente, appoggiandosi con la schiena al muro. Scivolò fino a sedersi a terra e si tirò le ginocchia al petto, iniziando a singhiozzare forte.
Quando smise, era già mattina, e qualcuno aveva tentato di fuggire.
Uscì dall’ufficio, convincendo tutti quelli che incontrava a non entrare.
Quando arrivò a chiedere dell’allarme era troppo tardi. Uno dei ragazzi arrivati da poco aveva tentato la fuga. L’avevano preso e l’avevano terminato. Satoshi rabbrividì e tornò al proprio ufficio. Li non c’era piombo. Si materializzò nella stanza segreta, sotto lo sguardo sbigottito di Magneto e Babbo Natale.
Ebbe il tempo per dare loro le spiegazioni essenziali, prima che entrassero la principessa ed un’altra presenza.
Improvvisamente Satoshi si ricordò di Takuya .
Seppe esattamente cosa fare. Trascinò i due più giovani con sé, liberò i piccoli, entrò nelle menti dei ricercatori, facendo loro vedere esattamente quello che voleva vedessero. Raggiunsero Takuya e la principessa ed uscirono. Ma qualcosa andò storto.
Il macchinario che era stato messo a punto per prendere l’energia della principessa si era attivato. Dovevano aver cambiato qualcosa. E così due dei ragazzi erano rimasti dentro,e Satoshi si era trovato a stringere a sé un Kazunari terrorizzato, che avrebbe voluto fermare Masaki.
Si trovò a sperare che andasse tutto per il meglio, che quei ragazzi non soffiassero come stava soffrendo lui. E si trovò a ringraziare per non esserci stato. Aver perso Sakura era orrendo, ma non avrebbe retto se avesse visto …
Jun e Masaki uscirono illesi.
Tutti i ragazzi vennero restituiti alle proprie famiglie.
Solo quella sera, una volta sistemate anche le ultime cose, Satoshi si permise di pensare di nuovo a Sakura.
Chiuso in una stanza, pianse di nuovo fino ad addormentarsi.
Quando si svegliò, ricominciò a piangere.
Continuò finchè le lacrime non smisero di scendere. Solo allora uscì.
Osservò Kazunari, Jun e Masaki ricominciare a vivere una vita normale dopo essere stati considerati solo dei test per tutta la vita, e si chiese se anche lui avrebbe potuto ricominciare …