Sera a tutti. Finalmente vi porto un nuovo capitolo. Prima però di lasciarvi leggere, mi scuso con chi devo ancora leggere e per non aver ancora risposto ai commenti del capitolo scorso. Prometto che lo farò! Anche perchè non c'è nulla che mi rende più felice che leggere i vostri commenti <3
Ma ora veniamo a noi... riassumendo abbiamo scoperto che Jun è il capoclan degl'haris e che Sho c'è rimasto piuttosto di stucco, soprattutto perchè Nino sa più cose di Jun di lui. Beh ora scoprirete in questo capitolo dell'altro sul passato di Jun.
È il momento della verità, buona lettura!
Titolo: Love Revenge
Gruppo: Arashi + Kanjani
Genere: AU, Storico (vagamente fantasy)
Rating: R
Pairing: Sakumoto, Ohmiya accennato
Desclaimers: Non sono di mia proprietà, lo è solo la storia di cui mi fanno da protagonisti contro la loro volontà XD
Ringraziamenti: A Harin e Jinny che si sorbiscono i capitoli per mail e che mi aiutano con le ricerche XD
Note: Per una migliore lettura scaricare la
MAPPACapitoli precedenti:
Intro,
Cap.1,
Cap.2,
Cap.3,
Cap.4,
Cap. 5,
Cap.6,
Cap.7,
Cap.8,
Cap.9,
Cap.10,
Cap.11 Capitolo 12
Sho raggiunse le sue stanze in silenzio, dentro di se un misto di rabbia e umiliazione, insieme a tristezza e delusione.
-Masa lasciaci soli- disse poi al servo quando furono tutti e tre nelle sue stanze, il ragazzo si congedò velocemente, l’aria era tesa e non voleva assistere alla discussione che di lì a poco ci sarebbe stata tra i due.
Passarono diversi minuti in cui Sho continuò a camminare su e giù per la stanza senza dire una parola, lo stesso silenzio lo manteneva Jun immobile al centro della stanza, in attesa che Sho parlasse.
-Perché non me l’hai mai detto?- chiese finalmente Sho fermo davanti alla finestra dando le spalle a Jun che non poteva così vedere l’infinita tristezza sul volto del principe.
-Non dovevate saperlo- rispose semplicemente Jun.
-E’ per questo che mio zio ti ha scelto? Perché mi odiavi non è così?- domandò ancora in tono calmo, rimanendo di spalle senza tradire nessuna emozione seppure ne stesse provando tantissime in quel momento e lo facevano stare male.
-Sì- non negò, -Provavo un profondo odio verso la famiglia reale, desideravo vendetta e vostro zio mi stava dando l’opportunità di vendicarmi-
-E allora perché non lo hai fatto subito? Perché non mi hai ucciso appena hai potuto farlo?-
-Avevo un accordo con vostro zio, mi aveva assicurato che avrei avuto la mia vendetta se ti avessi protetto- spiegò.
-Per la prima volta credo che non abbia mentito, ma… dopo tutto il tempo che hai atteso… perché non mi hai ucciso quando è arrivato il momento?- domandò e sta volta si girò, voleva guardare Jun negl’occhi, voleva cercare di capire cosa pensava e quale era veramente la verità.
-Volevo vendetta è vero, l’ho sempre desiderata ma… dopo tanti anni passati a palazzo al vostro fianco, ha cominciato ad attenuarsi, o per la precisione non so ben spiegare perché ma non nutrivo più questo sentimento verso di voi, eravate un bambino come lo ero io e non potevo incolpare voi delle decisioni di vostro padre- cercò di spiegare Jun, ma era qualcosa difficile per lui da esprimere a parole, perché la vendetta era quello che aveva sempre desiderato e desiderava ancora ma… non su Sho, aveva promesso di proteggerlo, nel momento in cui aveva deciso di non ucciderlo aveva deciso lui stesso di proteggerlo e adesso avrebbe portato a termine il suo compito ma per sua scelta.
Sho si sentì felice per le parole di Jun, forse era la speranza di raggiungere finalmente quel rapporto che sempre aveva desiderato, di complicità e amicizia, magari sarebbe stato difficile, però se Jun aveva preso una decisione del genere forse qualche speranza c’era ancora.
-Cosa è successo alla tua famiglia?- chiese timidamente Sho, era una domanda crudele ma ora voleva sapere la verità fino in fondo, compreso quello di cui Jun non voleva parlare.
Jun abbassò lo sguardo, e i ricordi che aveva chiuso in un angolo dentro di se vennero pian piano a galla mentre provava a raccontare quello che era successo quando aveva soltanto 7 anni.
Un grosso contingente militare si era presentato alle porte del villaggio, da sempre gli Haris si erano resi al di fuori delle parti, non volevano sapere della disputa tra i due regni e non avrebbero preso le parti di nessuna delle due fazioni, loro vivevano isolati occupandosi solo di istruire le loro menti e i loro corpi a una disciplina ferrea e delle regole rigide. Ma da tempo il sovrano di Zamìn aveva più volte fatto pressione perché gli Haris si schierassero dalla loro parte, essendo nel territorio di Zamìn dovevano sottostare al volere della famiglia reale.
Il padre di Jun, aveva accettato che fossero sudditi di Zamìn e rispettavano il sovrano, ma non si sarebbero schierati mai in uno scontro che potesse riguardare le due fazioni. Il sovrano continuò a mandare diversi dignitari per convincere il capo villaggio, ma nulla avrebbe fatto cambiare idea all’uomo, loro sarebbero sempre rimasti neutrali.
Quel giorno però fu tutto diverso, non era una semplice missione diplomatica, arrivarono con un esercito ed entrarono nel villaggio con la forza, Jun ricordava ancora benissimo tutto quello che era successo quel giorno, era rimasto indelebile nella sua mente. Lui e suo padre si stavano allenando poco lontano dal villaggio, erano soli, andavano via sempre prima del sorgere del sole, era compito di suo padre allenarlo personalmente tutte le mattine, era stato così fin da poco dopo che Jun aveva compiuto 3 anni. Aveva sostenuto duri allenamenti e all’età di 5 anni aveva già imparato buona parte delle tecniche segrete del suo clan. Sarebbe stato così ogni giorno fin quando Jun non avrebbe preso il posto di suo padre a capo del villaggio. A 5 anni già insegnava nel pomeriggio agl’altri bambini del villaggio, sia più piccoli che più grandi di lui, tutti gli portavano rispetto seppure fosse ancora un bambino, e persino gli adulti con molta più esperienza di lui spesso guardavano le sue lezioni e si allenavano insieme agl’altri bambini.
Quel giorno però un uomo del villaggio interruppe il loro allenamento, arrivò correndo e probabilmente li aveva cercati per un po’ prima di trovarli, stavano infatti facendo un allenamento che si incentrava sulla concentrazione quindi nessun rumore poteva far rivelare la loro presenza, non prima che uno dei due avesse attaccato, fu il padre di Jun ad accorgersi dell’uomo e ad interrompere l’allenamento scendendo in fretta dalla cima dell’albero. Jun sentì quel rumore e per un attimo stava per attaccare, quando capì che qualcosa non andava.
-Jun!- lo chiamò immediatamente il padre ancor prima che toccasse terra, Jun si affrettò a seguirlo e poco dopo lo raggiunse, tornarono al villaggio rapidamente e Jun riuscì a stare dietro ai due uomini senza problemi. Nel villaggio regnava il caos, decine e decine di soldati avevano invaso il villaggio che anche se preso alla sprovvista si stava cercando di difendere dagli attacchi degl’uomini. Diversi soldati avevano preso in ostaggio alcune donne e dei bambini cercando di non farsi così attaccare dagl’uomini, tutti gl’haris erano addestrati a combattere anche le donne e i bambini, ma ovviamente per un esercito ben addestrato farsi scudo su alcuni di quelli che erano i più deboli era sempre la cosa più facile da fare.
-Jun difendi tua madre e tua sorella!- gli ordinò immediatamente il padre appena raggiunsero il villaggio.
-Ma padre io…-
-Non discutere Jun, è il tuo compito!- gli ordinò riportandolo all’ordine e così si divisero.
Jun raggiunse la sua casa e trovò la madre e la sorella intente a difendere insieme ad altre donne i più piccoli.
-Madre!- chiamò Jun raggiungendo le due donne.
-Sta indietro- rispose semplicemente la madre spingendo il figlio con una mano dietro la sua schiena. Sua madre fronteggiava i soldati a testa alta, ed accanto a lei sua sorella faceva lo stesso.
-Arrendetevi sarà meglio per voi- disse uno dei soldati minacciando le donne con la spada, Jun a quella minaccia fece per intervenire, sapeva di poterlo sconfiggere facilmente, non tutti quei soldati, ma quello sbruffone avrebbe fatto una brutta fine; a quel tentativo però sua madre lo trattenne per le vesti tirandolo di nuovo dietro di lei.
-Per quale motivo avete attaccato il villaggio?- chiese la donna severa.
-Per ordine del re-
-Mio padre, mio padre…- il principe non riusciva a credere che suo padre avesse fatto una cosa del genere, aveva sempre pensato che il motivo per cui gli Haris erano stati attaccati e uccisi, era perché avevano fatto qualcosa che aveva minato la sicurezza del regno, così gli avevano sempre raccontato, che erano pericolosi e minacciavano la tranquillità del regno, ma l’unica colpa che avevano era quella di voler vivere in pace per conto loro.
-Cosa successe poi?- trovò infine il coraggio di chiedere.
-Mia madre si arrese, sperando che così i soldati avrebbero lasciato stare i bambini; mia madre, mia sorella ed io fummo portati via, io obbedii a mia madre per quanto non ero d’accordo, avrei preferito morire che arrendermi- spiegò Jun.
-Tuo padre?- domandò ancora Sho.
-Fummo portati al centro del villaggio, nella zona degli allenamenti, dove la battaglia si stava consumando a nostro sfavore, i soldati erano tre volte il nostro numero e per quanto fossimo ben allenati, stavamo perdendo e solo pochi uomini ancora combattevano, tra questi mio padre- Jun fece una pausa, nei suoi occhi Sho poteva vedere l’orgoglio e l’ammirazione che provava per il padre; -Fu lì che mia madre venne uccisa, davanti agl’occhi di mio padre, di mia sorella ed i miei-
Sho rimase pietrificato, non avrebbe mai immaginato tanta crudeltà, lui non aveva ricordi di sua madre e non poteva nemmeno immaginare cosa volesse dire veder morire la propria madre davanti ai propri occhi.
-Quando misero la spada alla gola di mia sorella mio padre si arrese, gettò le armi e io non capii, mi aveva insegnato a non arrendermi mai, a lottare fino alla morte ma a non arrendermi, ma lui si era arreso, non capii perché l’aveva fatto, solo dopo compresi, era per amor nostro che si era arreso, sperando di salvarci la vita, ma non era così. Fu radunato il resto del villaggio, uomini ne erano rimasti pochi e per lo più feriti, a cui non sarebbe stato concesso di sopravvivere se non a quei pochi scelti per addestrare i più piccoli. Era stato deciso che ogni haris, dal più anziano al più piccolo avrebbe dovuto assistere all’esecuzione del capoclan, mio padre venne ucciso davanti all’intero villaggio, ne a me ne a mia sorella sarebbe stato concesso di sopravvivere, eravamo i discendenti diretti e sia io che mia sorella potevamo essere capo villaggio, per quanto come figlio maschio sarebbe spettato a me portare avanti il compito di difendere la mia gente, mia sorella avrebbe potuto prendere il mio posto se io fossi morto, questo lo sapevano anche i soldati e quando l’uomo che aveva appena ucciso mio padre si avvicinò a mia sorella…- Jun fece una pausa di qualche istante ma a Sho sembrò lunghissima, era terribile starlo ad ascoltare, ma allo stesso tempo voleva comprendere quello che tanto aveva nascosto, la tristezza dietro quegl’occhi così freddi.
-Provai a reagire, se dovevo morire sarei morto combattendo come mi era stato insegnato, mi liberai dei due uomini che mi tenevano con più facilità di quanto mi aspettassi, probabilmente non mi vedevano come una minaccia, ero un bambino, piccolo ed esile, ma ero pur sempre figlio di mio padre, l’istinto mi portò a cercare di proteggere mia sorella, ma non ci riuscii, l’uomo la uccise ancor prima che potessi raggiungerla, ed io lo uccisi un istante dopo, era la mia prima volta, ma non provai ne paura ne senso di colpa, lo odiavo, lo odiavo così tanto che continuai a colpirlo più e più volte anche se era già a terra privo di vita, mi tirarono su con la forza mentre mi dimenavo per sfuggire dalla loro presa, sarei stato il prossimo, se non si fosse fatto avanti un uomo-
-Chi era?- domandò Sho con un filo di voce.
-Il consigliere Songa, ordinò di portarmi via e fui rinchiuso per diversi giorni, ero arrabbiato, furioso, una furia talmente implacabile che non riuscivo nemmeno a rendermi conto delle mie azioni, era come se mi guardassi da fuori, mentre sfogavo tutto quello che avevo dentro senza riuscire a fermarmi, finchè non fui esausto e crollai, rassegnato in attesa che uccidessero anche me. Però non accadde, vennero alcune donne del villaggio, mi portarono con loro dove erano tutti i bambini al di sotto dei 10 anni, mi fecero mangiare, mi lavarono e a modo loro tentarono di consolarmi, di dirmi parole dolci, io però volevo solo vendetta, volevo uccidere il re e nient’altro. Quando fui di nuovo in forze, cominciarono a farmi allenare, io da solo armato di bastoni di legno, contro soldati armati di spada, lottavo ogni giorno per sopravvivere e poter avere la mia vendetta- concluse infine Jun.
-Io… mi dispiace Jun, non c’è nulla che possa fare per ridarti la tua famiglia, la tua infanzia, ma… per quel che può valere mi dispiace, mi dispiace davvero!- disse il principe e per la prima volta in vita sua fece un inchino, chiedendo perdono a Jun per tutto quello che suo padre aveva fatto a lui e alla sua famiglia.
-Sono una persona egoista Jun, lo sai- disse poi rialzando la testa tornando a guardarlo negl’occhi, -Ma nonostante tutto, io sono felice che tu sia venuto a palazzo, anche se mi odiavi, anche se desideravi solo uccidermi, tu sei stato tutto per me, ormai sei l’unica persona a cui tengo davvero, quindi ti prego, voglio che tu d’ora in poi non sia più formale con me, io per te non sono ne altezza, ne principe, sono Sho, soltanto Sho, non sei più la mia guardia del corpo, non hai bisogno di rischiare la vita per me, se vuoi puoi anche andartene se preferisci, ma io vorrei tanto che tu decidessi di seguirmi, ma come alleato; con questo non voglio costringerti ad assecondare quello che il re ha chiesto, non ho il diritto di chiedere ne a te ne alla gente di Haris di combattere per me, accetterò qualsiasi tua decisione in merito, ma ti prometto che se riuscirò a riprendere Zamìn tutti gli Haris saranno liberi di condurre la vita che desiderano e sarete liberi da ogni onere nei confronti del regno- voleva cercare in qualche modo di rimediare a tutto il male che era stato fatto sia a Jun che a tutta la sua gente, voleva dimostrare quello che provava a Jun, anche se ovviamente non ci riusciva come avrebbe voluto, perché c’era di più, molto di più da dire, ma era troppo difficile farlo, si sentiva ancora troppo lontano da Jun, ma voleva ad ogni costo ridurre quella distanza che ancora c’era tra loro, perché Jun era l’unica cosa importante che gli era rimasta.