The Hell's Spot 11 - End

Nov 11, 2008 14:55


Tutte pronte?
Qui ad attendervi c'è l'ultimo capitolo di HS, per chi ha avuto il *ehm* coraggio di seguirla fino alla fine XDDD
E non solo: è completo anche di epilogo mentre il capitolo extra che, mente scrivevo, Vampiretta mi ha "consigliato" di scrivere sarà postato in seguito U__U

Se cmq qualcuna di voi si sta chiedendo che sta facendo la sottoscritta della sua vita da quando ha finito HS... beh, vi posso solo dire che sto lavorando a qualcosina di connesso al questa AU. Ma per ora non ne sono molto soddisfatta, quindi non assicuro nulla U____U
Ma, senza indugiare oltre...
DOUZO!

.
Capitolo 11.

Per due giorni, Ohno lo costrinse a non lasciare casa.

Fece addirittura in modo che Toma passasse per l’ufficio a ritirare la posta e pulire, piuttosto che permettergli di alzarsi dal letto.

Diceva che lo vedeva stanco, che il fatto che svenisse così frequentemente non era normale, e che era inutile cercare di evitare il discorso.

-Ci stai addirittura rimettendo la salute, per questo caso…- protestava l’artista.

Kazunari non rispondeva, si limitava a fissare il telefono, con il numero del dottore scritto su un post-it sullo stesso comodino. Proprio quando stava per arrivare alla soluzione… proprio quando…

-Perché i casi per te sono sempre qualcosa di personale?- chiese Satoshi, sedendosi sul letto. Era preoccupato, lo vedeva benissimo… ma…

-Non puoi capire, amore…- mormorò.

Satoshi abbassò lo sguardo.

-Già, non posso. Ma mi dici come proteggerti, allora? Ritorni a casa a orari improponibili, sei sempre in giro, e l’altro giorno uno sconosciuto ti ha riportato a casa alle 7 del mattino privo di coscienza! Come posso continuare a permettere che ti succeda questo? Non ce l’eravamo promessi?- disse Ohno, la voce lieve e stanca.

Nino lo avvicinò a sé, tirandosi a sedere sul letto e lo baciò dolcemente, accarezzandogli i capelli. Restarono abbracciati a lungo, senza parlare.

-Non voglio più che tu ti debba preoccupare. Ma non posso neanche rinunciare, ora che sono così vicino alla soluzione…- spiegò.

Satoshi sospirò, e fu costretto a baciarlo ancora.

-Questo caso non è più un caso qualunque… io ne sono coinvolto, capisci? Una persona, un mio amico… è morto. Per colpa mia. Per questo non posso rinunciare. Ti chiedo di fidarti di me, ancora per una volta- disse, accarezzandolo dolcemente sul viso.

-Ti amo, Toshino. Senza di te non ce la farei… non farmi rinunciare, perché… sai che per te… potrei farlo. Ma non voglio, ora…-.

Ohno sospirò ancora, poi sorrise e gli diede un dolcissimo bacio sulla fronte.

-Il mio piccolo detective…- sussurrò.

Nino ricambiò il sorriso, poi tornò serio e chiese: -Ti fidi di me, amore?-.

Ohno annuì convinto, appoggiando poi la testa sulla sua spalla.

Pioveva.

Come il mattino di maggio che fu rinvenuto il corpo di Lilith… come il giorno che ebbe inizio questo caso. Pioveva.

Le finestre del salotto erano rigate dallo scorrere della pioggia battente su di esse, il giardino era pieno zeppo di pozze larghissime, sulle quali cadevano con forza le gocce. Il silenzio che regnava in casa, gli permetteva di sentirne il rumore continuo.

La stanza, seppure silenziosa, era piena: Kazunari e Ohno sedevano sulle poltrone, Masaki e Toma sul divano.

Una strana, stranissima riunione, a quell’ora. Erano quasi le 3 del mattino.
Allo squillo del campanello, Ohno corse ad aprire.

-Entri, prego…- mormorò ad Arashi, facendosi porgere l’ombrello.

Sho sorrise all’artista e fece un lieve inchino di saluto. Entrò nella stanza e porse una cartelletta nera a Kazunari.

-Tutto ciò che sono riuscito a recuperare da quello che Haruko aveva lasciato nell’archivio. Non c’è niente di importante, ma può sempre servirti…- spiegò, sedendosi sulla terza poltrona.

-Haruko?- chiese piano Masaki.

-La donna morta allo Sheraton- spiegò in breve Toma.

Ohno tornò seduto, sorridendo a Nino.

Il detective sospirò. Avrebbe preferito ricevere ognuno dei presenti in separata sede, magari al suo ufficio. Mary si sarebbe data da fare a prendere gli appuntamenti in modo che non si sovrapponessero e a presentare ciascuno al suo arrivo, dietro la porta dal vetro smerigliato.

Ma non poteva fare questo a Satoshi… gli aveva promesso che non gli avrebbe nascosto nulla e che, cosa ben più fastidiosa, non si sarebbe mosso per una settimana.

-Ingrasserai, se starai sempre su quella poltrona- aveva scherzato Toma, qualche giorno prima.

-Crepa- era stata la risposta.

Voleva agire, voleva portare a termine quel caso.

-…e per farlo ho bisogno del vostro aiuto. Dovete dirmi tutto quello che sapete- esordì il detective, guardandoli uno ad uno.

Toma stava appoggiato al bracciolo e portava una camicia a mezzemaniche bianca, su dei pantaloni marroni. Studiava attento le sue espressioni e, se ne accorse subito, quelle di Arashi.

Masaki era seduto ritto con la schiena e si torturava le mani in grembo. Portava una polo rossa dai bordi blu e dei calzoncini neri, pieni di tasche. Sembrava molto nervoso, ma lo vedeva anche concentrato e deciso, in modo sincero. Come solo lui poteva essere.

Satoshi stava fissando il tavolino, con la sua maglietta preferita, ricoperta di schizzi di colore e dei semplici pantaloni di jeans. Aveva ancora la punta del naso sporca di azzurro, ricordo del pannello che stava ridipingendo quella mattina, ma era tanto bello con quel particolare in più che Nino si era volontariamente dimenticato di dirgli di pulirsi.

Infine Sho. Vestito completamente di nero, come faceva Kage. Portava una semplice maglietta di cotone e dei pantaloni molto eleganti. Lo guardava sorridendo, come sempre.

-Vi racconterò tutto quello che è successo l’altra sera, all’Hell’ Spot…- disse piano Nino.

-Ero arrivato in anticipo e avevo chiesto a Notte e Dark…-

-Chi sono?- chiese Satoshi, alzando lo sguardo dal tavolino.

-I due baristi…- disse Masaki, e si trattenne dal continuare. La frase restò, per via del tono di voce usato, in sospeso. Cosa avrebbe aggiunto? “i due baristi… rimasti”?

Nino annuì, poi continuò.

-…avevo chiesto loro di farmi ispezionare la stanza e il bancone. Così ho iniziato a fare gli stessi movimenti che faceva Kage e… all’improvviso ho sentito… ho vissuto qualche istante di quella sera, la sera prima della sua morte. E’ difficile da spiegare, ma era come se fossi svenuto. Ed è successo più volte, facendo le stesse cose che aveva fatto Kage-.

Nessuno disse nulla e Masaki smise di torturarsi le mani per passare alla maglietta, che iniziò a stropicciare mentre teneva sempre lo sguardo fisso su Nino.

-Ho capito che Jun aveva bevuto un bicchiere contenente una strana droga, probabilmente che blocca i movimenti per qualche tempo… e che sapeva cosa stesse facendo e, quindi, chi gli aveva mandato quel bicchiere. E ho sentito che poi è stato portato nella stanza dalla porta verde…- aggiunse, sospirando.

Le immagini già sfocate impresse nei suoi ricordi gli disturbavano i pensieri. Erano veloci e imprecise.

-Così…- prese la parola Sho, quasi a dargli il cambio -Nino ha provato a toccare la porta verde dell’Hell’ Spot, e a quel punto è svenuto-.

Nino annuì, e chiuse forte gli occhi.

Quelle orribili immagini e quelle sensazioni tornarono in superficie, mentre ricordava.

-Jun è stato ucciso dalla stessa persona che ha ucciso Lilith, e per lo stesso motivo. E c’entra con la prostituzione. Oltre non ho scoperto, ma… l’assassino è l’uomo della stanza dalla porta verde, non ci sono dubbi- affermò.

-Masaki, per caso… sai chi è?- chiese Nino.

Al sentire il suo nome, Aiba si scosse un po’ e annuì piano.

-Koko mi ha parlato di lui, una volta… il suo nickname è “Boss”. Non si fa mai vedere al locale, ma sembra una persona molto influente e… misteriosa. Tutti i clienti di un certo livello lo conoscono per questioni di debiti o di lavori sporchi. Lui ne è specialista- disse piano.

Sho scosse la testa e sospirò.

-Cosa poteva avere contro due persone che si prostituivano? E poi, in fondo… sia Lilith che Kage avevano smesso di…- poi ebbe un sussulto, e Nino lo stesso.

-E se fosse stato un loro cliente? Può essersi vendicato della fine improvvisa della loro “attività”…- mormorò il detective, pensoso.

Toma si morse un labbro e disse: -Mi sembra un’ipotesi possibile, anche se non credo che mi convinca a pieno… si può sapere la lista dei clienti dei due?-.

-No, purtroppo…- sospirò ancora Nino -Da Kage non ho trovato nulla e…- indicò la cartelletta -Neppure Lilith segnava i nomi o almeno i nickname-.

Ci fu una pausa, poi Sho schioccò le dita.

-Ma certo! Jun sapeva cosa sarebbe successo se avesse bevuto dal bicchiere, no? Probabilmente era la prassi per ogni incontro con Boss… questa può essere una prova che fosse un suo cliente!- esclamò.

-E per Lilith? Non ne siamo del tutto sicuri…- mormorò Toma, scettico.

Tornò il silenzio e, fuori dalle finestre, continuò la pioggia.

-Se io…- mormorò poi Ohno, a testa bassa -Se io fossi… fossi stato in Jun… non avrei bevuto da quel bicchiere-.

Toma sorrise e annuì, come per dire che la cosa era più che ovvia, ma Nino… Nino rimase su a rifletterci. Non avrebbe bevuto. Non avrebbe… dovuto farlo.

In quel momento squillò il cellulare del detective, che rispose.

-Pronto? …sì… cosa??? Certo, arrivo subito. State fermi!- esclamò, alzandosi di scatto.

Ohno fece altrettanto, spaventato. Poi lo guardò con aria di rimprovero.

-Erano Notte e Dark, hanno trovato lo stesso bicchiere dell’altra volta sul bancone… pieno. Sho, Masa… dobbiamo andare- spiegò Nino, prendendo l’ombrello.

-Kazu! Mi avevi promesso che…- iniziò Ohno, ma il detective lo zittì con un veloce bacio che fece sussultare i presenti.

-Scusa, amore mio. E’ vero, avevo promesso. Ma questa volta, vedrai… risolverò tutto. E dopo avremo una settimana o anche più per potercene stare da soli a coccolarci, ci stai?- chiese, sorridendo.

Ohno sospirò, poi annuì, baciandolo ancora.

-Ricorda…- gli sussurrò poi ad un orecchio -Io non avrei bevuto…-.

Presero l’auto e Toma li seguì fino alla prima stazione, poi si separarono.

-Mi raccomando, non fare mosse azzardate. Ci vediamo dopo- disse, facendo l’occhiolino.

-Dopo?- chiese Masaki, stupito.

-E’ il piano… ora vi dico tutto…- fece Nino, sorridendo.

Aiba scese alla fermata della metro successiva.

Mancavano dieci minuti alle 4 e le strade erano deserte. Sho guidava attento, mentre i tergicristalli spazzavano via dal vetro le ultime gocce di pioggia. Il temporale stava finendo.

-Posso… posso farti una domanda?- fece Arashi all’improvviso.

-Certo- acconsentì Kazunari, con un sorriso.

-Ecco, cosa… cos’hai visto, di preciso… nella stanza verde?- chiese piano il giornalista.

Nino sospirò. Se l’aspettava.

Appoggiò la mano sulla spalla del giornalista e lo guardò.

Sho capì subito, sospirando.

-Quel lurido bastardo…- sibilò.

Nino annuì -Sì. E adesso… andiamo a vendicare Jun-.

Appena entrati al locale trovarono la luce spenta e la porta dello sgabuzzino aperta, ad illuminare il bancone. Dark e Notte aspettavano dietro ad esso e sospirarono non appena li videro arrivare.

Nino, nel vedere quella scena, sentì di nuovo la sensazione provata nei vividi ricordi di qualche sera prima… quello che Jun aveva provato.

-Dov’è stato lasciato?- chiese Nino.

-Su un tavolo, l’ho ritrovato mentre sistemavo, dopo la chiusura- spiegò Jin.

Indicò il tavolo in fondo, contro la parete. Ora il bicchiere, identico a quello di Kage, era sul bancone.

Sho gli mise una mano sulla spalla per farlo girare verso di sé: -Cosa pensi di fare?-.

-Non lo so…- disse piano Nino -Se è qui… vuol dire che qualcuno ha un appuntamento con Boss… ma chi?- si chiese.

Guardò i due baristi che ricambiarono lo sguardo incerto.

-Si può sapere di cosa state parlando?- domandò poi Notte, incrociando le braccia sul petto.

Non potevano essere loro. Ma, dopotutto, chi? Chi sapeva che il bicchiere si trovava lì? Era possibile che uno dei clienti, la persona veramente desiderata da Boss, avesse dimenticato lì il bicchiere? No, ipotesi da scartare…

-Notte, Dark. Andate pure a casa- disse poi, sorridendo ai due.

I camerieri presero le loro cose e se ne andarono, mentre Sho e Nino avevano portato il bicchiere nello stanzino. La luce al neon, la panchina, gli armadietti. Altri ricordi, ricordi di un’altra persona.

-Qualcuno deve pur entrare, nella porta verde…- mormorò, sovrappensiero.

Sho scosse la testa.

-A parte il fatto che non puoi fare questo al tuo compagno. E’ pericoloso, ok? Per tutto quello che potrebbe farti. E poi non sappiamo a chi era destinato il bicchiere… come fa a sapere che ci siamo noi qui, ora? Che collegamenti abbiamo con lui?- domandò Arashi.

-Beh, ormai ci siamo. E, come ho già detto, si aspetta che qualcuno entri, in quella stanza. E io ho bisogno di farlo, per concludere il caso- disse Nino.

Sho era pronto a controbattere, ma il detective lo fermò.

-Sai il piano, no? non hai tempo da perdere, qui. Devi andare-.

-Non me ne vado! Secondo te ti lascio solo a bere questa roba?- protestò il giornalista.

Nino sorrise e annuì.

-Sì, è il piano. Ora vai a prendere gli altri. Rispettate i tempi, mi raccomando- disse.

-Kazunari…- tentò di rimproverarlo Sho, ma non ci riuscì.

Una volta rimasto solo nello stanzino, con l’intero Hell’ Spot, immerso nel buio più cupo, alle sue spalle… si sedette sulla panchina, esattamente come aveva fatto poche sere prima.

Prese tra le mani il bicchiere, lo soppesò e fissò per un po’ il liquido muoversi al suo interno.

“Si rischia di mettersi contro chi fa il gioco”.

Chiuse gli occhi.

“Se io fossi… fossi stato in Jun… non avrei bevuto da quel bicchiere”.

Certo… ora capiva.

“Non avrei bevuto…”.

Riaprì gli occhi e si ritrovò sdraiato, in una stanza completamente buia.

Un brivido gli salì per la schiena, nel realizzare che stanza fosse. La porta verde…

Non vedeva molto, l’unica fonte di luce era molto lontana da lui, e non sapeva esattamente cosa fosse… era una striscia di colore giallognolo, molto probabilmente proiettata su un muro.

L’aria non aveva alcun odore ed era stranamente molto fredda.

Gli sembrava di essere solo, ma… non poteva giurarlo.

E così non era, infatti.

-Ti sei svegliato?- si sentì domandare.

La voce proveniva dalla sua destra, abbastanza vicino. La riconosceva.

Non poteva muoversi né rispondere, ovviamente.

-Finalmente ci incontriamo, Ninomiya Kazunari…- disse ancora quella voce, con ironia.

Sentì il suono di alcuni passi sul pavimento, poi una luce si accese nella stanza. Molto tenue, ma gli permetteva di vedere l’uomo che aveva parlato, e che ora si avvicinava al letto.

-Dato che non ci siamo mai presentati eppure io so il tuo nome, mi sembra d’obbligo che mi presenti: Kitagawa. O, per meglio dire… Boss-.

Nino non disse nulla, rimase a fissarlo, senza espressione.

-Hai molto sangue freddo, nonostante la tua attuale situazione non sia delle migliori. I miei complimenti- sorrise l’uomo, in modo orribile -Ed ora, passiamo alle spiegazioni-.

Boss si sedette sul letto, al suo fianco destro.

-So tutto quello che sei riuscito a scoprire di me, e so perfettamente che sei un detective e che lavori al caso di Lilith. E’ giusto rispondere ad alcune domande che però sono rimaste senza risposta, vero? Dunque… Lilith e Kage sono morti per lo stesso motivo, ma allo stesso tempo, per motivi diversi… Lilith doveva. Kage no, ma mi serviva. A cosa?- chiese sempre con quel sorriso sulle labbra.

Nino iniziava a capire.

-Ma per arrivare a te, ovvio. Entrambi avevano condotto la loro vita con una morale a dir poco scandalosa, e per questo avevano bisogno di una punizione. All’interno del locale, io sono la legge. E io decido chi lavora e chi no. La loro decisione di smettere le loro attività per futili ambizioni, da semplici persone del loro tipo, non mi era di nessun gradimento. Lilith è morta per disubbidienza e perché fosse un monito alle altre persone che, come lei, tentassero di uscire dalla loro “classe”… Kage perché ormai tu eri al locale e ti servivi di lui. Metterlo a tacere e, allo stesso tempo, lasciarti le tracce necessarie per arrivare fino a me. E’ stato divertente- disse.

Fece una lieve risata.

Nino non si mosse, nonostante quelle parole lo disgustassero.

Tutto quello che Jun aveva dovuto subire, per colpa sua… se solo l’avesse capito prima…

-In poche parole, chi nasce feccia muore feccia. E quelli come te, insieme a tutti i poliziotti tuoi amici, sono feccia. Quindi non ti dispiacerà morire, no?- aggiunse ancora Kitagawa, alzandosi e girando attorno al letto. Gli si fermò di fronte.

-Dopotutto, ora che sai tutto… desidererai morire. E’ colpa tua se è successo tutto questo. E il fatto che tu sia davvero, davvero stupido… è dimostrato dalle tue azioni più recenti: nonostante sapessi, hai bevuto da quel bicchiere- disse, ridendo.

-Sei un fallito, come detective- sussurrò piano, sporgendosi in avanti.

Nino lo guardò divertito e ricambiò il sorriso.

Si sentì un click molto forte, nel silenzio della stanza.

Kitagawa spalancò gli occhi e trattenne il respiro.

-E tu…- sorrise Nino, puntando la pistola contro il petto dell’uomo -Sei troppo sicuro di te, vecchio mio-.

La porta si spalancò in quell’istante e i poliziotti irruppero nella stanza, insieme a Toma e Sho.

Kitagawa venne immobilizzato, mentre fissava incredulo la punta della pistola di Nino.

-Come… ?-

-Sembro più stupido di quanto sono, si direbbe. Non ho bevuto da nessun bicchiere. E Kage è vendicato- spiegò il detective con un sorriso, alzandosi dal letto.

-Bang!- esclamò poi, muovendo la pistola nella mano.

I poliziotti portarono via il colpevole e finirono di ispezionare la stanza. Toma tornò in centrale e lasciò Jocker, Cute e Arashi da soli, al locale. Le luci elettriche erano accese e quel posto non sembrava più tanto sinistro e misterioso.

-Sarà la fine del locale, tu credi?- chiese Sho.

-Credo di sì…- sospirò Nino -Dopo aver saputo che la polizia è entrata qui dentro, non vorrà più frequentarlo nessuno. Un po’ mi dispiace per Notte e Dark… ma forse è meglio così-.

-Fossi in te, non mi preoccuperei tanto…- mormorò Aiba, con uno strano sorriso sulle labbra, da finta innocenza.

Nino scosse la testa e sorrise.

Il caso era risolto.

Ora poteva tornare dalla sua principessa e portarla fuori a festeggiare.

  
Epilogo.

Dear Jocker,

In seguito a recenti avvenimenti, si è deciso di chiudere il locale “Hell’ Spot”, del quale Voi eravate stimato e apprezzato cliente.

In sostituzione di esso, si è già provveduto ad aprire il nuovo “Hell’ Spot”.

Augurandoci che la Vostra scelta sia di continuare ad essere nostro cliente, alleghiamo alla lettera le istruzioni per raggiungerci.

L’inaugurazione è fissata in data ***.

Cordiali saluti.

Ovviamente, nessuna firma nella lettera che aveva ricevuto.

Sorrise, appoggiandola sulla scrivania del suo ufficio. Il suo solito ufficio, con la porta dal vetro smerigliato.

Erano passati due mesi, dalla conclusione del caso.

Si accese una sigaretta e ne offrì una al suo ospite, che però rifiutò.

-Cosa credi di fare?- chiese poi Sho, alzandosi per raggiungere la finestra e tentare, inutilmente, di aprirla.

-Riguardo all’Hell’ Spot, dici?- fece lui.

Sho annuì, lasciando perdere la finestra.

-Cute e Koko hanno deciso di riaprirlo e Dark e Notte hanno già accettato di esserne i baristi. Ho sbirciato le preparazioni e, ti dirò… è uguale al precedente. A parte il fatto che ora… è nascosto meglio- spiegò Nino.

-Intendevo… ci andrai?- domandò ancora Sho, risiedendosi alla sua poltrona.

Nino si appoggiò contro lo schienale e alzò lo sguardo al soffitto.

Ci sarebbe tornato?

Non era cambiato poi molto da prima: aveva il suo ufficio, aveva il suo artista smemorato, aveva la sua auto e le sue sigarette, pensava ancora di avere una segretaria, Mary.

Toma gli passava i casi, che però ultimamente erano molto, troppo noiosi.

Arashi o, per meglio dire, Sakurai Sho era diventato suo amico e aveva ripreso i contatti con il suo compagno delle medie Aiba Masaki, Cute.

Il sabato si fermava a comprare dei bellissimi fiori bianchi e li portava al cimitero, sulle tombe di Haruko e Jun. Loro, lo sapeva… rappresentavano ancora una ferita che faticava a rimarginarsi. Nonostante il colpevole fosse stato arrestato con tutti i suoi uomini, Kazunari non era mai riuscito a capire se era davvero riuscito, in quel modo, ad espiare tutte le sue colpe.

-Smettila di tormentarti…- lo rimproverò Sho, togliendosi gli occhiali.

Occhiali che un tempo… appartenevano a Jun.

-Non hai mai avuto nessuna colpa. Se continui a pensarci, fai il gioco di Boss- disse il giornalista.

Nino sussultò e guardò sorpreso l’amico, poi sorrise.

-Non vedo perché dovrei tornare all’Hell’ Spot, dopotutto… il caso è risolto da tempo…- mormorò.

Sho si alzò e fece per andarsene.

-Se ti invitassi?- chiese.

-Accetterei volentieri- rispose lui. Sho rise.

-Porta anche Satoshi… si possono invitare esterni- disse Arashi, prima di uscire.

Kazunari sorrise ancora.

Rivide nella mente i fiori bianchi sul marmo lucido della tomba di Kage.

Non smetterò mai di cercarti… perché siamo amici.

Spense la sigaretta e attese la prossima telefonata.

Fine.

Bai Bai HS ç__ç/

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