Fandom: Kingsman
Pairing: Harry/Eggsy
Avvertimenti: D/s (lieve)
Rating: NSFW
Wordcount: 1797
Cosa sto per leggere: a Harry piace dare ordini, quando è necessario. A Eggsy, ogni tanto, piace obbedire.
Scritta per la prima settimana delle Badwrong Weeks di
maridichallenge.
Harry non ha smesso di fissarlo per un attimo da quando sono entrati nel suo ufficio. Si è seduto dietro la scrivania, ha ruotato di poco la sedia e poi ha accavallato le gambe, tenendo gli occhi su di lui per tutto il tempo. Alla fine gli ha detto: “Avvicinati”, e lui ha obbedito, mordendosi la lingua per costringersi a rimanere in silenzio. Gli si è fermato di fronte, ha abbassato gli occhi nei suoi ed ha aspettato ancora, interi minuti, fino ad ora. Poi non ha resistito più.
“Merlin non ha mai tirato in ballo il gioco nel silenzio nel programma di addestramento, mi pare”, stringe le spalle e si infila le mani in tasca, sposta il peso del corpo sulla gamba sinistra, piegando le labbra.
“Maniere, Eggsy”, lo ammonisce Harry, senza battere ciglio.
Eggsy ispira a lungo, roteando gli occhi. “Sissignore”, cantilena, riportando le mani lungo i fianchi e drizzando le spalle, come si conviene ad un vero gentiluomo, solo con un pizzico di drammaticità in più. “Tutto qui? Posso andare? Vuoi che ti faccia un the? Che ti stiri la camicia?”
“Non penso ne saresti in grado.”
Eggsy ride. “E io penso che potrei sorprenderti, vecchio.”
“Oh”, le labbra di Harry si dividono, dura un istante soltanto; Eggsy quasi non riesce a sentire il suono che ne sfugge. Inarca le sopracciglia e china il capo di lato, con sguardo interrogativo, ma Harry lo precede. “Di nuovo quella parola”, gli dice.
“Quale parola?”
Harry non risponde. Tiene gli occhi nei suoi per un attimo ancora e poi li lascia scivolare più in basso, con lentezza quasi calcolata, fino al proprio ginocchio, ed è un po’ come se volesse passargli il testimone perché ora è questo che inizia a tendersi, spingendo senza fretta la punta della scarpa contro un polpaccio di Eggsy, percorrendolo verso l’altro, fino all’interno della coscia, rubandogli un brivido che non sa bene da dove sia nato. “ ‘E io penso che potrei sorprenderti’ ”, Harry inizia a ripetere, con calma, spingendo la gamba un poco più in su, tornando a guardarlo negli occhi. “ ‘Vecchio’.”
Eggsy si perde in quell’attimo breve in cui gli angoli delle labbra di Harry si sollevano, prima di tornare ad allinearsi. E’ sicuro di voler dire qualcosa, probabilmente per prendersi gioco di lui, ma in qualche modo le sue gambe accavallate in mezzo alle proprie lo distraggono abbastanza da fargli dimenticare le parole. E’ sicuro che Harry ne sia compiaciuto, e solo per questo non gli dà fastidio.
“Aiutami a ricordare cosa si prova ad avere ancora la tua età.”
Eggsy si lascia sfuggire un ghigno, eppure sa bene che nella sua posizione - nella posizione di chi non trova la forza di fare un passo indietro per sottrarsi ad una così bassa provocazione - non ha davvero il diritto di dire nulla. Quindi tace.
Ed ora è Harry a sorridere.
“Con il tuo permesso”, soffia, sporgendosi verso di lui ed allungando entrambe le mani ad afferrare il bottone dei pantaloni della sua divisa da addestramento. Si ferma per un istante solamente, guardandolo negli occhi, e vi trova solo silenzio, quindi continua. Dita agili lo liberano della costrizione dei calzoni, e senza accorgersene Eggsy si ritrova con il respiro incastrato in gola, che non vuole uscire né tornare indietro, come se fare rumore adesso fosse peccato mortale (o forse solo ammissione di complicità, o entrambe, più probabilmente).
Non guarda nemmeno quando Harry trascina la cintola dei pantaloni, assieme all’orlo dei boxer, lungo le cosce e giù per i polpacci. Non guarda, ma sente il rumore minuscolo del suo sorriso appena fiatato. Sente le sue dita scivolargli sulla pelle, e sa che Harry lo sta facendo apposta per lasciarlo impazzire, per dargli tutto il tempo di pensare, e poi di pentirsi, e poi di implorare.
Ma un gentiluomo non deve implorare. Un gentiluomo ordina, se gli è concesso, e se non può ordinare domanda con garbo ed ottiene comunque quello che vuole.
Eggsy, invece, sospira, sospira e basta, e un po’ gli viene da ridere. “Cos’è, sei rimasto senza parole? Non ti ricordi che l’hai già visto altre volte, il mio cazzo?”
Harry lo fissa per attimi interi, in silenzio, prima di adagiare di nuovo la schiena contro la sedia. “Eggsy, chi sono io?”
Eggsy stringe le spalle. “Cosa vuol dire? Sei Harry.”
“Si, ma chi sono io nei tuoi confronti?”
“Sempre Harry?”, la voce che si fa un po’ più piccola e più incerta.
Harry sospira, a lungo. “Toccati”, gli dice.
Non c’è sorpresa negli occhi di Eggsy, non arrivati a questo punto. No, sorride invece, lasciando che a curvargli le labbra sia quella stessa cruda sfacciataggine che l’ha portato fin qui, e che probabilmente Harry apprezza più delle sue buone maniere. “Oppure cosa?”
“Oppure chinati, tirati su i pantaloni ed esci da questo ufficio.”
“E se decido di non fare nemmeno questo?”
“Troverò modi più efficaci di convincerti, nessuno dei quali implica che sia io a toccarti. Avanti, non ho tutto il tempo del mondo, ragazzo.”
Eggsy non ha smesso un attimo di sorridere, nemmeno quando la pelle lucida della scarpa di Harry ha ripreso ad accarezzargli il polpaccio distrattamente. “Sissignore. Come desidera, Signore. Ai suoi ordini, Signore.” Avanza di un passo, piccolo ma privo d’incertezza, e divarica le gambe finché la costrizione dei pantaloni attorno alle caviglie glielo permette. “Tutto quello che vuole lei, Signore”, si passa i denti sulle labbra inarcate ed inizia a toccarsi.
Non lo fa con gentilezza e nemmeno con buone maniere, un po’ perché non crede esista davvero un modo per masturbarsi elegantemente di fronte a qualcuno, e un po’ perché, se Harry vuole vederlo comportarsi da uomo per bene, dovrà almeno prendersi la briga di chiederglielo. Lui gioca con le sue regole, come ha sempre fatto.
“Non hai risposto alla mia domanda”, interviene Harry a un certo punto.
Eggsy inizia a sentire i primi segni d’erezione sotto le dita e nel basso ventre, eppure riesce ancora a mantenere un certo decoro nel rispondergli. “Quale domanda?”
“Chi sono io nei tuoi confronti, Eggsy.”
“Ah”, gli sfugge una risata che non emette rumore, solo respiro. “Sei un vecchio pervertito, ecco cosa sei”, ed inizia a masturbarsi più velocemente.
Harry continua a fissarlo, Eggsy gli sorride, si cattura un labbro fra i denti, cerca di controllare il respiro che altrimenti sarebbe già sconnesso e privo di ritmo.
“Dillo”, lo esorta di nuovo Harry, il viso immobile, gli occhi nei suoi. Ad Eggsy piace che lui lo guardi, che non riesca a spostare lo sguardo altrove, nemmeno per constatare quanto sia già duro fra le sue stesse dita, quanto poco gli sia bastato per fargli sollevare il petto ad ogni respiro come se fosse l’ultimo.
Ma Eggsy non si lascia andare. Si lecca le labbra, passa il pollice sulla punta dell’erezione e subito se ne pente, quando si ritrova un gemito intrappolato in gola.
“Dillo”, ripete Harry.
Fra loro c’è solo il rumore bagnato di sesso consumato solo a metà.
“Dillo.”
Eggsy sorride, anche se non ci riesce più, anche se sono ben altri i suoni che sente il bisogno di fargli sentire.
“Dillo.”
E non ce la fa più, ormai.
“Sei il mio mentore”, soffia, l’aria che gli rimane incastrata prima di raggiungere i polmoni, lasciandolo senza fiato per affrontare il formicolio che inizia a sentire nel basso ventre.
“Ti ascolto”, dice Harry.
“Sei - ah - il mio superiore. Sei la ragione per cui sono qui. Sei -“
“Troppo vecchio per te?”
Gli viene da ridere. Sta per venire e gli viene da ridere e da piangere assieme, e se potesse si lascerebbe cadere addosso ad Harry per raggiungere l’orgasmo mentre gli è a cavalcioni sulle gambe, ma non è questo il gioco a cui vuole giocare l’altro, quindi non può. Però, se ne avesse il fiato, ora si metterebbe a ridere - e un po’, fra un sorriso storpiato ed un gemito trattenuto a metà, gli riesce di farlo. “No, solo il mio vecchio preferito.”
Harry sorride piano, ma non come se non volesse farsi sentire - è solo il suo modo di fare le cose, con garbo, senza esagerare se non quando si tratta di uccidere. Anche quando si alza dalla sedia lo fa senza fretta, e gira attorno ad Eggsy come se non volesse disturbarlo, fermandosi alle sue spalle.
Tanto vicino che lo sente premere fra le natiche, duro. Che avverte il suo respiro pizzicargli la punta di un orecchio.
“Con permesso”, soffia, ed allunga una mano sopra la sua. Eggsy capisce senza che ci sia bisogno di altre parole. Lascia andare l’erezione e butta indietro la testa quando Harry la prende in mano al posto suo, iniziando a masturbarlo lentamente.
“Ti prego, Harry”, ansima.
“E io ti ascolto, Eggsy.”
Ride verso il soffitto, chiude gli occhi ed aggrappa le dita all’orlo della giacca di Harry. Decide che non vuole trattenersi più, ed Harry lo premia con un bacio alla base del collo quando lo sente gemere per la prima volta.
Non ha nemmeno bisogno di avvertirlo quando sta per venire, lascia che siano i propri versi a parlare parole che non sarebbe altrimenti in grado di spendere. Spinge il bacino ed affonda nella mano di Harry, gli tremano talmente le gambe che ha bisogno che l’altro gli circondi i fianchi con un braccio per rimanere in piedi - chiama il suo nome talmente tante volte che a un certo punto smette di avere senso e si tramuta in altri gemiti addolciti da piccoli baci sull’incavo delle spalle e dietro le orecchie.
Spende il suo orgasmo nel palmo di Harry, come sempre, per non sporcare. E anche quando l’orgasmo si è ormai spento, lui non smette di far rumore mentre respira.
Harry lo tiene stretto a sé, gli sfiora la nuca con la punta del naso e gli affonda le labbra fra i capelli senza baciarlo. Alla fine gli porge un fazzoletto di seta, ed Eggsy lo riconosce subito: è quello che tiene nel taschino. Ride e lo afferra, si ripulisce e fa lo stesso con le mani dell’altro, poi, senza ancora voltarsi, si libera dal suo abbraccio e si china per tirarsi su i pantaloni. “Resti un pervertito, sai?”, gli dice quando si rialza.
Un minuscolo sorriso compiaciuto si affila sulle labbra di Harry. “Devi imparare a rivolgerti come si deve ad un tuo superiore.”
“E questa punizione dovrebbe convincermi a smettere di darti del vecchio?”
“Eggsy.”
“Si, Signore?”, il sorriso s’impunta da un lato, richiamandone un altro più piccolo fra le guance di Harry.
“Puoi andare.”
Eggsy non si oppone né prova a lamentarsi. C’è sempre questa notte, si dice. La notte che appartiene solo a loro. La notte in cui non servono domande, in cui nessuno pretende risposte. La notte è il suo segreto preferito.