TITOLO: Paura del buio.
AUTORE: StoryGirl.
GENERE: LongFiction. Au. Angst. Malinconica. Romantica. Pwp. Presenza di scene violente. Non consensuale. Role-play. Crossover. Crossdressing.
RATINGS: NC17.
DISCLAIMERS: Nessun personaggio mi appartiene, purtroppo.
PAIRING: Choi Minho, Lee Jinki { MinEw } ; Kim Kibum, Kim Jonghyun { JjongKey } ; Jung Yonghwa, Lee Hongki { YonKi } ; Lee Changsun, Bang Cheolyong { JoonMir } ; Park Hyojin, So Ga-In { NarIn } ; Cho Kyuhyun, Lee Sungmin { KyuMin } ; Choi Siwon, Kim Heechul { SiChul } ; So Ga-In, OC ; Lee Changsun, Lee Jinki { LeEe } .
RIASSUNTO: La SM TOWN sembrava un edificio come tutti gli altri, ma in verità al suo interno vi si nascondeva una realtà terribile sotto tutti i punti di vista. La prosituzione, lì, sconfinava in modo pazzesco e temibile. Con questo storia potremo vedere da vicino questa realtà e le vite dei personaggi che la compongono.
NOTE: Questa fanfiction, di nuovo, tratta di un tema delicato. C'è un po' di violenza. Non leggetela se non siete preparati.
THANKS: A
yuya_lovah che mi ha incoraggiata durante la scrittura.
A
mauve_amethyst, perchè l'ha betata.
PAROLE: Per questo capitolo: 2019, con il conteggio di word.
CAPITOLI PRECEDENTI:
Prologue - Anche i dannati amano ;
Chapter #01 - Lo sapevo che sarebbe stato un errore venire quaggiù Chapter #02 - I still live!
"Te la ricordi ancora?"
"La notte in cui siamo scappati via? Certo"
"Credevo che stessimo facendo la cosa giusta. Lo credevo davvero, ma forse siamo finiti in un incubo ben peggiore"
"No, non credo. E' vero, qui fa tutto schifo e noi siamo venduti come merce al macello, ma là, là non potevamo neppure stare insieme"
"Neppure qua in teoria potremmo"
"Ma in pratica... in pratica qua è tutto diverso, no?"
"Se ci scoprissero..."
"Non lo faranno, non devi averne paura, lo sai che io ti proteggerò sempre, mmh?"
"Lo so, ma..."
"Avresti preferito rimanere là ed essere bruciato?"
"No... ovvio che no"
Di solito certi dialoghi, certi sentimenti, mi fanno venire il mal di mare, ma altre volte tutto acquista più senso.
E questa, è una di quelle volte.
Ve l'ho già detto, io so tutto di questi ragazzi, compreso ciò che li ha costretti a rifugiarsi in questo posto dimenticato da Dio, compresi i loro più infimi segreti.
Io so tutto e forse è anche per questo che voglio raccontarvi la loro storia.
Oh, non sarà divertente stavolta, perché qui non vi è una morale, qui non vi è un principe azzurro che salva la bella addormentata.
Qui c'è solo dolore.
Kim Kibum era sempre stato, fin da quando era piccolo, bellissimo.
La sua famiglia aveva fatto festa quando era nato, convinti che fosse un regalo donatogli dal cielo.
Ovviamente però, una così grande fortuna può suscitare anche invidia, e rancore: sentimenti che difficilmente rimangono nascosti in fondo al cuore di chi li possiede.
Questi sentimenti erano sgorgati come l'acqua in un pozzo nei cuori dei capitribù di quel clan.
La famiglia Kim faceva parte di un clan aristocratico ed era sempre stata una delle più considerate.
Il problema era che un'altra famiglia, con lo stesso cognome di Kibum, era invidiosa di loro.
Essa sarebbe dovuta essere quella che governava l'intero clan, ma da quando era nato quel bambino l'attenzione del resto del popolo era stata calamitata da esso.
Più cresceva, più Kim Kibum diventava bellissimo.
Anche l'altra famiglia aveva un bambino, un maschietto, bello, anche lui di una bellezza sconvolgente, ma non la stessa di Kibum.
La bellezza di Jonghyun, così si chiamava il bambino, era passata in secondo-piano, perché quella di Kibum, a detta di tutti, era mille volte superiore.
Ovviamente la famiglia di Jonghyun non avrebbe mai osato fare qualcosa che avrebbe potuto compromettere la sottile linea di rispetto che le due famiglie si portavano.
Certo, non avrebbero mai fatto niente di male se non avessero sentito quelle voci: le voci di un'insubordinazione, di una guerra civile, le voci che vedevano la famiglia di Kibum prendere il potere, uccidendo l'altra.
Solo per questo, per la paura di poter perdere qualsiasi cosa avevano iniziato a far circolare voci maligne riguardanti Kim Kibum e che lo vedevano ritratto come il figlio del Demonio.
Un ragazzino non può essere così bello. Non può possedere certi lineamenti. Questa non è opera di Dio, è opera del diavolo. La sua famiglia ha stretto un patto con esso, ecco cosa ha fatto!
La famiglia di Kibum venne messa al rogo, venne bruciata perché considerata malefica e se non fosse stato per Jonghyun, anche Kibum sarebbe bruciato con essa.
Eppure loro, i figli delle famiglie che tanto si stavano scontrando sul piano polito come su quello fisico, si erano innamorati.
A Jonghyun era stato proibito di giocare insieme all'altro ragazzino, ma lui ovviamente aveva deciso di ribellarsi all'autorità paterna.
Quando aveva visto Kibum era rimasto a bocca aperta, il pallone da calcio ancora tra le sue mani.
Kibum gli si era avvicinato, curioso: non aveva mai visto quel ragazzino e gli aveva tolto il pallone.
Jonghyun aveva deglutito prima di fargli un sorriso e quando Kibum l'aveva ricambiato, si sentì perso.
"Sei tanto bello"
Glielo aveva detto senza farsi troppi problemi, a quell'età era fin troppo normale non pensare a certi risvolti di situazione.
Aveva solo otto anni, Kibum sette, cosa potevano saperne loro di quello che si doveva e non doveva fare?
Da quel giorno erano diventati inseparabili, anche se i loro genitori non ne sapevano nulla.
"Jonghyun, posso venire a casa tua?"
"No... i miei genitori non vogliono che io ti veda"
"Allora come facciamo?"
"Facciamo che è il nostro segreto?"
"Il nostro segreto, Jonghyun? In che senso?"
"Io non dico ai miei che ti vedo. E tu fai lo stesso con i tuoi"
"Ma non si devono dire le bugie ai propri genitori!"
"Però... Kibum, se loro lo venissero a sapere non ci farebbero più incontrare. E io non voglio. Ti voglio bene"
"Anche io ti voglio bene"
"Allora sarà il nostro segreto?"
"Sì, Jonghyun, sarà il nostro piccolo grande segreto"
Nonostante l'età erano scaltri e nessuno si era accorto di niente.
Più scorreva il tempo e più il loro legame si rafforzava come se dei fili invisibili avessero decretato il loro destino, e forse era proprio così.
Non lo avevano capito neppure loro, ma si erano innamorati.
Non sapevano quando fosse successo, come o perché, sapevano solo che si erano innamorati e che ormai niente e nessuno avrebbe potuto cambiare le cose.
Jonghyun aveva quattordici anni, Kibum tredici, quando lo capirono.
Precoci? Forse.
Fatto sta che a ben vedere loro erano innamorati già da molti anni prima, più precisamente da quando si erano visti la prima volta, a soli otto anni.
"Kibum... hai mai baciato qualcuno?"
"Certo che no! Ma che idee malate ti vengono in testa? Lo sai che se l'avessi fatto sarei corso a dirtelo"
"Già..."
"E tu, Jonghyun? Dalle voci di corridoio sembrerebbe che tu vada forte con le ragazze, mmh?"
"Nah. Gli piaccio solo perché sono il figlio di uno dei capi di questo villaggio, tutto qua. Se no, non farebbero neppure caso a me"
"Non dire così... io ti trovo davvero affascinante. Anzi, direi quasi irresistibile"
"Kibum... non... non dire certe cose"
"E perché? E' solo la verità, ciò che penso davvero"
"Perché se le dici ancora... io... io potrei baciarti"
"E perché non lo fai?"
Ovvio, no, ciò che è successo dopo?
Ok, ok, ve lo racconto.
Jonghyun lo aveva baciato, delicatamente: le mani posate sopra le sue spalle, gli occhi chiusi, il petto contro quello dell'altro.
Lo aveva racchiuso tra le sue braccia sospirando dolcemente al contatto con quelle labbra dal sapore di pesca.
Si erano baciati a lungo, innocentemente finché Jonghyun non decise che era ora di approfondire il contatto.
Chiese il permesso di entrare nella bocca calda dell'altro per poi far scorrere la lingua sul suo palato, accarezzando quella dell'altro subito dopo, gemendo a bassa voce.
Dopo quel bacio i due avevano capito di amarsi e questo amore non era mai cambiato.
Quando i genitori di Kibum vennero bruciati, Jonghyun aveva appena compiuto vent'anni e stava per succedere al padre, Kibum aveva un anno in meno e presto avrebbe dovuto sposare una ragazza e preservare così il buon nome della famiglia.
Jonghyun aveva ascoltato per caso uno dei discorsi dei propri genitori e quel caso si era trasformato in ciò che gli aveva permesso di salvare l'amore della sua vita da una fine orribile.
"Caro, ne sei sicuro?"
"Già. Il capo di quella fazione mi ha riferito che domani, all'alba, entreranno nella casa dei Kim, li cattureranno e poi li bruceranno davanti a tutti"
"Ma... tu lo sai bene che le voci su di loro sono fasulle"
"Lo so, le ho messe in giro io quelle voci, ma non posso di certo permettere che quella famiglia prenda il nostro posto. Jonghyun deve diventare il capo. E' il suo destino. E' ciò che ho sognato per lui da tutta una vita"
Jonghyun non avrebbe mai potuto immaginare che il proprio padre potesse essere così spietato, ma la cosa alla fin fine non lo sorprendeva neppure più di tanto.
Era da tempo che sospettava che quelle voci su Kibum provenissero proprio da lui che, ogni giorno, non perdeva occasione per lamentarsi di quel ragazzino la cui bellezza era troppo superiore a quella di chiunque altro.
Non ci volle molto a Jonghyun per comprendere cosa fare: uscì di casa, arrivò velocemente in quella di Kibum e riuscì a svegliarlo appena in tempo: lo portò fuori da quella casa usando la porta sul retro mentre gli uomini di suo padre entravano dall'ingresso.
Kibum aveva urlato quel giorno, voleva tornare indietro, gli aveva urlato che era uno stronzo, che doveva salvare anche i suoi genitori, ma poi si era calmato e lo aveva ringraziato.
Quella notte avevano fatto l'amore sotto le stelle per la prima volta nella loro vita decidendo che per il bene dei loro sentimenti sarebbero dovuti partire per un lungo viaggio e non si sarebbero mai fermati finchè non avessero trovato un posto che poteva donar loro un poco di protezione.
"Non permetterò mai a nessuno di farti del male, Kibum"
"Lo so... So che mi proteggerai sempre perché mi ami, non devi ripetermelo in continuazione, sai?"
"Ma io voglio ripetertelo. Voglio che tu ne sia cosciente. Sacrificherei volentieri la mia vita per la tua"
"Non dirlo mai più!"
"Co- Cosa? Perché?"
"Perché senza di te la mia vita non sarebbe più vita. Preferirei morire piuttosto che vivere senza colui che mi dona la felicità"
"Oh... Kibum"
"Ti amo, Jonghyun, non scordarlo"
Sapete, sono stata io a scoprirli, a proporgli di seguirmi dicendogli che tutto sarebbe andato bene al mio fianco e che nessuno avrebbe più fatto del male a Kibum.
Ho mantenuto la mia promessa?
Perché credete il contrario? L'ho mantenuta sul serio.
Kim Kibum, ovvero Key, è l'unica doll di questo posto che non deve far sesso violento con i clienti. E a cui non ammetto vengano fatti giochini pericolosi.
Tutti i suoi clienti sono persone che hanno sottoscritto un atto di fiducia nei miei confronti: se osano alzare un dito sulla doll, io alzerò un pugno su di loro.
Forse non l'ho mantenuta come loro avrebbero voluto, ma una casetta di marzapane dove farli vivere felici non era ancora a mia disposizione.
"Però, voi vi amate? O state insieme? Date questa impressione... Ma se fosse così non potreste seguirmi, perché sapete, se così fosse non potreste rimanere qui. E' vietato l'amore tra il personale di questo posto"
"Noi?! No, non ci amiamo! Stia tranquilla, non avrà rogne a causa nostra"
Quella volta era stato Jonghyun a parlare: avrebbe mandato a puttante persino la sua vita per permettere a Kibum di vivere come avrebbe dovuto fare da molto tempo.
Non sapeva quale lavoro stavano andando a fare, ma ormai avevano sottoscritto un contratto: si erano fidati dopo settimane che camminavano senza meta.
Si erano fidati di una donna che gli aveva sorriso porgendogli una mano.
Quando avevano compreso dove erano finiti, non potevano più tirarsi indietro, ma dopo essersi guardati in faccia avevano riso.
"Questo è comunque meglio di quello che ci è capitato la settimana scorsa, vero Jonghyun?"
"Parli di quando abbiamo dovuto lottare con quel cane per quel pezzo di carne nella spazzatura?"
"No, non parlo di quello"
"Oh, allora di quando abbiamo dovuto dormire in mezzo ad un parco e la mattina dopo ci siamo ritrovati coperti di neve e quasi morti assiderati?"
"Ecco, sì, parlavo proprio di quello"
"Hai ragione... sempre meglio che morire da soli in un posto dimenticato da Dio"
Loro hanno accettato di vivere questa vita perché avevano paura della morte, senza sapere che a lungo andare questo ciclo di disperazione sarebbe stato anche peggio.
Forse sono una stronza, forse avrei dovuto dirgli tutto fin dall'inizio, ma chi sono io per impormi sulle scelte altrui?
No, non è vero che lo faccio in continuazione quando obbligo le doll a fare ciò che voglio.
E' il loro lavoro ed è la stessa cosa quando il vostro capo vi dice di pensare alle fatture, o a qualunque altra cosa.
Non credete che sia un pò ipocrita pensare che ciò che faccio io sia più sbagliato di ciò che fanno tutti gli altri datori di lavoro di questo mondo?
Io non sono peggiore di loro, o più cattiva, io faccio solamente ciò che devo fare.
E loro fanno ciò che hanno sottoscritto di fare.
Scusate se la scorsa settimana non ho aggiornato.
Stavo male U.U E sto male anche ora, perciò lode a me che ho aggiornato lo stesso!