TITOLO: Paura del buio.
AUTORE: StoryGirl.
GENERE: LongFiction. Au. Angst. Malinconica. Romantica. Pwp. Presenza di scene violente. Non consensuale. Role-play. Crossover. Crossdressing.
RATINGS: NC17.
DISCLAIMERS: Nessun personaggio mi appartiene, purtroppo.
PAIRING: Choi Minho, Lee Jinki { MinEw } ; Kim Kibum, Kim Jonghyun { JjongKey } ; Jung Yonghwa, Lee Hongki { YonKi } ; Lee Changsun, Bang Cheolyong { JoonMir } ; Park Hyojin, So Ga-In { NarIn } ; Cho Kyuhyun, Lee Sungmin { KyuMin } ; Choi Siwon, Kim Heechul { SiChul } ; So Ga-In, OC ; Lee Changsun, Lee Jinki { LeEe } .
RIASSUNTO: La SM TOWN sembrava un edificio come tutti gli altri, ma in verità al suo interno vi si nascondeva una realtà terribile sotto tutti i punti di vista. La prosituzione, lì, sconfinava in modo pazzesco e temibile. Con questo storia potremo vedere da vicino questa realtà e le vite dei personaggi che la compongono.
NOTE: Questa fanfiction, di nuovo, tratta di un tema delicato. C'è un po' di violenza. Non leggetela se non siete preparati.
THANKS: A
yuya_lovah che mi ha incoraggiata durante la scrittura.
A
mauve_amethyst, perchè l'ha betata.
PAROLE: Per questo capitolo: 1991, con il conteggio di word.
CAPITOLI PRECEDENTI:
Prologue - Anche i dannati amano ;
Chapter #01 - Lo sapevo che sarebbe stato un errore venire quaggiù ;
Chapter #02 - I still live! ;
Chapter #03 - L'illusione che i tempi passati erano migliori di quelli attuali ;
Chapter #04 - La felicità è amore, nient'altro. Felice è chi sa amare ;
Chapter #05 - La verità è una coperta che lascia scoperti i piediChapter #06 - L'ignoranza è la palpebra dell'anima. La cali e puoi dormire
Non avrei mai pensato che potesse fare una cosa del genere: sapevo che fosse un sadico bastardo, ma non avrei mai creduto si sarebbe spinto fino a quel punto.
Aveva giocato altre volte con Lee Jinki, ma non gli aveva mai fatto provare così tanto dolore, così tanta sottomissione tutte in una volta, era come se Lee Chansun fosse improvvisamente impazzito.
Forse perché aveva visto Jinki insieme ad un altro ragazzo prima che toccasse a lui, forse perché per la prima volta nella sua dannata vita stava iniziando ad essere geloso di qualcuno considerandolo alla stregua di una sua proprietà.
Questo non mi è dato saperlo, so solo che quel giorno ho assistito ad una violenza gratuita.
Stavo per intervenire quando è arrivato, nuovamente, il paladino della giustizia, il principe bianco che sembrava voler reclamare il cuore di Jinki.
”E così ti diverti, vero? Ti diverti con gli altri ragazzi… Jinki-ah? Sanno scoparti bene? Sanno allargarti quanto faccio io? Sanno farti piangere dal dolore? O forse sono carini e gentili con te? Ti piacciono i ragazzi dolci che mentre vengono dentro di te ti dicono che ti amano? Che stupido che sei”
“Lui non mi ha scopato razza di bastardo. Lui è una doll tale e quale a me… una delle poche che comprende come sto. Tu sei un idiota. Hai pagato così tanto per me che ormai solo a te è concesso scoparmi. Cosa c’è ti diverte la cosa? Smettila di ridere, bastardo!”
“Perché dovrei smettere? Sei divertente. Sei talmente idiota da non aver ancora capito che ormai tu sei solo una puttana. Devi riuscire a comprenderlo Jinki-ah, o poi potresti trovarti ferito da tutto ciò”
Non so cosa gli fosse preso, so solo che voleva far comprendere a Jinki il suo ruolo, come se quest’ultimo non lo sapesse già da solo.
Joon era impazzito, totalmente.
Era convinto che il ragazzo che stava con Jinki, Bang Cheolyong, fosse un suo rivale in quel gioco sadico che stava costruendo attorno a sé.
Era pazzo.
Lo prese per le braccia, lo strinse contro di sé e lo lasciò solamente per poterlo buttare contro ad uno specchio che stava in mezzo alla stanza.
La superficie scricchiolò, ma Joon non si scompose, sapeva che quello specchio era stato fissato accuratamente al terreno ed al soffitto.
Jinki non si ribellò, si limitò a guardarsi nello specchio, la guancia livida per la botta appena ricevuta.
Il problema fu che Joon quel giorno non sembrava in sé, e non si fermò, continuò ad attaccarlo, come se volesse fargli più male del previsto.
Questo non era nell'accordo, ma non avevo idea di come poterlo aiutare.
Per questo mi sono limitata a guardare, l'ansia nel cuore, pronta ad intervenire se fosse successo realmente qualcosa di così grave da poter giustificare una mia entrata in scena.
Joon lo bloccò contro il vetro, freddo, e Jinki sentì qualcosa all'altezza del petto, conficcato lì in mezzo.
Forse era un dolore al cuore.
"Allora, come ci si sente ad essere trattati per ciò che si è? Nel tuo caso solo una lurida puttana"
Non commentò, Jinki, ormai aveva capito che era del tutto inutile: avrebbe potuto elencare a memoria tutti i motivi per il quale lui non poteva essere considerato una puttana, ma per Joon non sarebbe cambiato nulla.
Quel ragazzo era un mostro oltre che uno psicopatico.
Lo sentì armeggiare con i suoi pantaloni, sfilarsi la cintura, stringere più forte i suoi pugni.
Ormai era quasi diventata una routine, non sentiva più nulla, sapeva ciò che stava arrivando e lo accettava in silenzio.
Non che gli piacesse o si fosse abituato a tutto ciò, solo non aveva voglia di sprecare le sue energie a dimenarsi per qualcosa che, volente o nolente, sarebbe comunque successa.
Era inutile, oltre che infinitamente patetico.
Perciò quando Joon entrò dentro di lui non urlò, solo cercò di pensare ad altro, ma il cazzo dell'altro ben piantato nel suo culo non aiutava di certo il suo povero cervello.
Sospirò sentendolo andare su e giù, su e giù, in un'altalena di emozioni.
"Sei solo una vacca pronta per la monta Jinki. Guardati! Guardati alla specchio. Vedi come sei caduto in basso? Sei fatto solo per essere scopato. Guardati... Guardati..."
E Jinki si guardava, ma ciò che vedeva attraverso lo specchio non era un ragazzo buono solo a farsi violentare, vedeva un ragazzo che negli occhi aveva la sete di vendetta perché sì, gliel'avrebbe fatta pagare a quello che ancora si faceva chiamare padre.
Joon lo violentò a lungo quella volta: riuscì a durare più dei giorni precedenti.
Forse perché quel gioco iniziava a piacergli, o forse perché, semplicemente, quel giorno aveva più voglia.
Jinki non lo sapeva e neppure desiderava saperlo.
Quando Joon lo lasciò solo era ricoperto di sperma, a terra, contro lo specchio che, magicamente, si reggeva ancora in piedi e non si era rotto in mille pezzi nonostante tutti i colpi che si era preso.
Guardandolo mi sentii persa, perché gli occhi di Jinki stavano iniziando a trasformarsi: la sete di vendetta che li aveva adornati fino a quel giorno sembrava sparire lentamente, sempre di più.
Colui che lo trovò in quelle condizioni fu, come ho già detto prima, colui che ormai si era attribuito la carica di suo principe azzurro senza macchia e senza paura: Choi Minho.
"Ehi, Jinki, questa volta ci è andato giù pesante, vero?"
Jinki annuì debolmente mentre l'altro si prendeva cura di lui facendolo stendere sul letto, curandogli le ferite.
"Jinki... allora, un po’ di tempo fa mi avevi detto che volevi la vendetta, vero? La vuoi ancora, Jinki?"
Jinki aveva annuito, di nuovo, ma sembrava perso in un mondo tutto suo e Minho non aveva insistito quel giorno.
Era semplicemente rimasto con lui, stringendolo al suo petto, accarezzandogli la schiena, proteggendolo dal nero che gli stava entrando nel cuore.
Ho sempre pensato che l'amore a prima vista non esistesse veramente, ma da quando avevo trovato lavoro in quel posto mi stavo ricredendo sempre più velocemente.
L'amore a prima vista esisteva perché era determinato dall'intenzione di proteggere qualcuno, dalla voglia di essere l'unico.
L'unico in grado di aiutarlo, l'unico in grado di difenderlo, l'unico in grado di farlo sorridere.
Semplicemente l'unico per lui.
Erano in tanti a voler provare questo sentimento, in tanti a cercarlo in varie parti del mondo ed alcuni, come avevo potuto osservare riuscivano persino a trovarlo.
Quella notte, quando Minho se ne andò lasciando Jinki da solo, nella sua camera, successe qualcosa di inaspettato, di imprevisto persino per me.
Le doll non avevano mai fatto conoscenza, non amavano avvicinarsi l'una all'altra eppure quella notte in molte si riunirono nella stanza di Lee Jinki.
In troppe a mio parere, ma era così divertente l'intera faccenda che non ebbi il cuore di farle tornare nei loro dormitori.
Mi stuzzicava l'idea che potessero fare comunella, che per una volta riuscissero ad aiutarsi l'un l'altro.
"Jinki... non devi lasciarti andare così. Anche io ho ricevuto la visita di quel Changsun una volta. Non devi lasciarlo vincere o sarà la fine"
Colui che aveva parlato era Hongki.
Mi ricordavo anche io di quel giorno, era stato tremendo: Joon era così preso da sé stesso che solo alla fine si era accorto che il ragazzo che si era scopato era cieco.
Lo aveva lasciato lì, nudo, con il culo esposto alla mercé di chiunque e se ne era andato senza nemmeno dirglielo.
Hongki era stato portato in camera dalla sua guardia che, non capendo il motivo per il quale non uscisse dopo che il cliente sembrava aver già finito, lo aveva trovato sul letto, che continuava a chiamare il nome dello sconosciuto, legato con le mani alla tastiera.
Non l'aveva sentito andarsene perché era mezzo svenuto e non si poteva muovere.
Da quel giorno la guardia stessa si era rifiutata di darlo un'altra volta a quel cliente, così assurdo, da non aver nemmeno notato una questione basilare del corpo della doll di cui doveva occuparsi.
Inutile dire che io ero favorevole al suo volere.
Assolutamente e completamente favorevole a non darlo più in mano di quello squilibrato.
"Non mi sto per niente lasciando andare! Perché siete venuti da me? Provate pena? Pensate che io sia un povero ragazzo sperduto che deve essere commiserato? Bhè, vi sbagliate di grosso!"
Il ragazzo che si era avvicinato a lui e lo aveva costretto a sedersi sul letto era Jonghyun.
"Stai zitto. Non siamo qui per questo, non io per lo meno. Io sono stato costretto da Bummie, ma non è questo il punto. Ti stiamo solamente dicendo che se ti lasci andare, se ti arrendi inizierai a non fidarti più di nessuno. Te stesso compreso e finirai come Choding. Tsk, di lui non sappiamo assolutamente niente. Si è rinchiuso in un mutismo tutto suo da quando è arrivato qua dentro. Solo, non vogliamo che tu diventi uguale a lui. Sembri essere intelligente, non buttarti via così"
Jinki lo aveva guardato negli occhi, come per sfidarlo a dire un'altra parola e poi aveva fatto un discorso che mi aveva lasciato perplessa.
Già allora sapeva come sarebbero andate le cose, già allora era a conoscenza del fatto che lui e Jinki sarebbero stati gli eroi.
Non so come facesse ad esserne così sicuro, non so come potesse riuscire a non impazzire dopo tutto ciò che gli era successo, ma lo ammiravo per questo.
Intensamente.
"Sapete, io riesco ad occuparmi benissimo di me stesso. Non ho idea del motivo per il quale mio padre mi abbia fatto tutto questo. Non voglio assolutamente che voi pensiate di dovermi proteggere. Non mi serve il vostro aiuto, semmai è il contrario. Io ho una possibilità di farcela. Sapete, studiavo per diventare un avvocato, anzi praticamente ho finito di dare gli esami e sono un avvocato vero e proprio. Solo che mi manca l'attestato perché non sono ancora riuscito ad andare a prenderlo, ma state certi che questo non mi fermerà. Io vi farò uscire da qui, riuscirò a far crollare questo impero. Ridurrò mio padre ad un uomo in lacrime che prega in ginocchio per il mio aiuto. Io riuscirò a riscattarmi"
Erano rimasti tutti zitti: Kibum, Jeremy, persino Jonghyun che di solito aveva sempre qualcosa da dire.
Tutti erano rimasti in silenzio a guardarlo, solo Mir aveva avuto il coraggio di prendere la parola.
"Spero proprio che sia come dici tu perché anche io all'inizio coltivavo un sogno simile, ma l'ho perso, letteralmente. E' andato in frantumi quando ho capito che qui dentro non si può sperare, o sognare. Qui dentro bisogna andare avanti a testa bassa o verrai ucciso e, la sai una cosa? Preferisco smettere di sognare piuttosto che ritrovarmi in una bara ricoperto dai vermi che pullulano il mio stomaco"
Se ne erano tornati a letto tutti quanti dopo quest'amabile conversazione eppure sapevo che dentro di lui era rimasto qualcosa.
Qualcosa di forte, di assolutamente angosciante che non gli avrebbe permesso di dormire.
Qualcosa che li avrebbe tormentati nei giorni a venire.
Jinki aveva aperto i loro occhi su di un mondo diverso, su qualcosa che neppure nei loro sogni più arditi avevano mai osato immaginare.
La chiusura della SM TOWN, la libertà che tanto ambivano: la possibilità di stare con le persone che tanto desideravano.
Anche se, per alcuni, quella prospettiva non era del tutto rosea.
Se la SM TOWN fosse stata chiusa per un'indagine significava che il loro contratto sarebbe stato nulla e che tutti i soldi che avevano guadagnato fino ad allora sarebbero andati perduti.
Significava che si erano sottomessi a tutte quelle violenze gratuitamente e non tutti amavano pensarla in quel modo.
Certo, la possibilità di tornare liberi era qualcosa che li allettava e se consideravano il fatto che, sicuramente, sarebbero stati risarciti per i danni subiti, allora andava bene anche lavorare gratis.
Tutto pur di uscire da quel posto, perché anche loro si erano resi conto che i soldi non possono assolutamente comprare la felicità.
Ed anche io me ne ero resa conto.