[FIC] Sakuraiba's beginning [oneshot]

Nov 19, 2009 13:30

Titolo: Sakuraiba's beginning
Fandom: Arashi
Rating: PG
Disclaimer: mettiamolo in chiaro: se fossero miei nessuno li vedrebbe mai più, perchè me li terrei solo per me U_U Quindi ringraziate che siano di Johnny-sama
Note: sono in un periodo produttivo e, stranamente, questa shot mi ha soddisfatto pienamente. Ah, non so se gli Arashi hanno partecipato al cowntdown immediatamente successivo al debutto con A.RA.SHI. Se non hanno partecipato, facciamo finta che sia così.

In quel momento, Sho Sakurai non era un ragazzo felice.

Era Capodanno, lui era stanco, affamato e discretamente sudato, nonostante il Countdown si svolgesse all’aperto, nel bel mezzo dell’inverno. In aggiunta, si trovava segregato mezzo nudo fuori dal SUO camerino perché Ohno-kun e Nino erano occupati a sperimentare cosa volesse dire Essere Giovani.

Accidenti a lui e a quando aveva deciso di condividere il camerino con il più grande del gruppo, convinto che fosse una persona quantomeno seria e che ci si sarebbe trovato bene. Altrochè. Un mostro della conversazione.

Chissà quanto sarebbe passato, prima che la stanza fosse di nuovo agibile (pregò mentalmente tutte le divinità di non trovare schizzi di diosacosa sui suoi vestiti o sugli altri effetti personali. Davvero, ci mancava solo quello). Deciso a non morire assiderato prima di aver superato la soglia dei venti, marciò spedito verso il camerino che colui che occupava in modo illecito il suo insieme al Leader condivideva con i restanti membri degli Arashi, sperando vivamente che fosse vuoto.

Uno dei motivi per cui aveva accettato di buon grado l’idea di condividere il camerino con Ohno-kun era che entrambi erano, per così dire, i nuovi arrivati; Ninomiya, Matsumoto e Aiba si conoscevano da molto tempo prima di loro ed era ovvio che fossero quelli che più si sentivano a proprio agio. Erano passati pochi mesi dal loro debutto ufficiale, eppure lui non aveva ancora legato veramente con nessuno di loro.

Non che gli importasse granchè.

Quei quattro ragazzi erano solo delle persone con le quali avrebbe dovuto lavorare per un periodo di tempo indeterminato; per quel che ne sapeva lui, gli Arashi potevano sciogliersi l’indomani o durare per altri dieci anni. Non era importante.

Spalancò la porta, ben deciso a usufruire di ogni comodità del camerino del Nano Usurpatore, quando la sua ultima speranza venne miseramente delusa: davanti a lui, su un divanetto, Aiba.

Il ragazzo alzò lo sguardo su di lui rivolgendogli un sorriso adorante e un saluto con la mano, per poi fiondarsi verso di lui in un tempo irritantemente breve.

-Oh! Non sei ancora andato via, Sho-chan?

-Evidentemente.

Sbuffò per poi stravaccarsi sul divanetto, badando ovviamente a sedersi proprio sulla giacca di Nino.

Sperò con tutto il suo cuore che il ragazzo se ne andasse al più presto, e soprattutto che la piantasse di chiamarlo Sho-chan. Era... irritante. Sì, irritante era la parola corretta. Tutta quella confidenza con cui lo chiamava non gli andava tanto giù.

-Pensavo te ne fossi già andato... ma che ci fai mezzo svestito? Non mi dire che quei due ti hanno occupato il camerino?

Dio santissimo, PERSISTEVA. Lui e il suo desiderio di fare conversazione con i suoi soliti modi appiccicosi, ostinandosi nel vano tentativo di rendersi gradevole.

-Pensavi male.- mugugnò lanciandogli un’occhiata distratta.

Tra tutti i componenti degli Arashi, se c’era una persona con cui era certo non avrebbe mai legato era proprio quel ragazzo lì; l’aveva capito fin dall’inizio: lui e quello spilungone magrissimo non avevano proprio nulla in comune, e non sarebbero diventati amici neppure in un universo parallelo.

-Io qui ho finito... preferisci che vada via...?

Grazie a Dio, Giove, Zeus e compagnia bella, aveva capito. Grugnì un ‘Sì grazie’ in risposta, arraffando dalla sacca di Nino una maglietta qualsiasi, giusto per non morire di freddo... gli stava pure un po’ stretta, ottimo.

Tuttavia, finalmente, c’era un po’ di silenzio, anche se Aiba era ancora lì. Però, quando stava zitto, la sua presenza risultava anche gradevole... non fece in tempo neanche a pensarlo che si rese conto, con irritazione sempre crescente, che il compagno, a giudicare dai rumori nasali che sentiva, si era preso anche un bel raffreddore.

Splendido, davvero splendido... ci mancava solo farselo attaccare. Alzò il pollice in direzione della porta mentre con l’altra mano afferrava un libro, e senza neppure guardarlo gli intimò:

-Fuori, grazie. Tu e i tuoi germi.

Solamente dopo che alzò la testa per vedere perché diamine il ragazzo fosse ancora lì nonostante le sue parole si rese conto che effettivamente Aiba non aveva problemi alle vie respiratorie... o meglio, non ce li aveva per via del raffreddore, a giudicare dalle lacrime che gli scendevano giù per le guance e dal volto contratto in una smorfia come se si trattenesse dall’esplodere.

Alzò un sopracciglio con un misto di imbarazzo e fastidio, in attesa di una spiegazione per quella scenata melodrammatica.

-Io... non sto simpatico a nessuno, eh? Tu-tutti mi trovano insopportabile...

Contò mentalmente fino a dieci, poi, visto che non era servito, contò fino a venti. Se negli Arashi fossero stati tutti fratelli, Aiba sarebbe stato di certo quello adottato e insopportabile. Riuscì a mantenersi calmo per dirgli seccamente.

-Piantala di frignare, non sei una ragazzina.

Lungi dall’aver sentito le sue parole e dal preservare quel poco di dignità che ancora gli rimaneva, Aiba si accovacciò sul pavimento nascondendo la testa tra le braccia incrociate e singhiozzando senza ritegno.

Ma che bello, riflettè Sakurai poggiando il libro sul tavolino davanti a lui: stanco, affamato, mezzo nudo, infreddolito, cacciato dal proprio camerino... e ora anche con Aiba che gli si scioglieva in lacrime davanti.

Si alzò e andò rapido a chiudere a chiave la porta del camerino, per poi accovacciarsi davanti ad Aiba e posargli una mano sulla spalla con fare consolatorio. Plachiamo ‘sto salice piangente e facciamola finita, e con un po’ di fortuna si riuscirà a cancellare questo episodio dalla memoria.

-Aiba, non serve a niente piangere così. Falla finita, su.

E, chissà come, in un momento la situazione divenne ancora peggiore. Aiba gli si era letteralmente buttato addosso, le braccia strette intorno al collo e il viso affondato tra il collo e la spalla, inondandolo di lacrime che, dai sussulti delle sue spalle, non si sarebbero esaurite molto presto.

Rimase per qualche secondo interdetto e profondamente indeciso sul da farsi, ma alla fine decise di passargli un braccio dietro la schiena per dargli qualche pacca; se credeva che in quel modo avrebbe frenato un po’ quell’escalation isterica, si sbagliava di grosso, perché il fatto che avesse deciso di non fargli del male fisico aveva avuto come unico risultato quello di farlo singhiozzare ancora più forte.

-O-odio gli Arashi!! Prima... prima almeno avevo degli amici, mentre ora... Nino sta sempre con Ohno-kun, mentre Jun è sempre impegnato e non ha mai tempo per stare un po’ con me! Nessuno vuole stare con me, pensano tutti che io sia insopportabile e appiccicoso...

Voleva fargli presente che lui effettivamente ERA appiccicoso, ma davvero non era il momento più adatto, o gli Arashi sarebbero probabilmente rimasti in quattro... e poi, in quella gelida serata, quel corpo addosso non era poi così sgradito, almeno lo riscaldava un pochino.

-Mica è così, Ninomiya-kun e Matsumoto-kun sono tuoi amici. Non fai schifo al mondo, Aiba. Quindi piantala, sul serio, e facciamo finta che questa conversazione non sia mai avvenuta, ok?

Miracolosamente i singhiozzi diminuirono intensamente, e Aiba si staccò dalla sua spalla quel tanto che bastava per guardarlo in faccia.

-Io proprio non ti sto simpatico, eh, Sho-chan?

Cazzo.

In quel momento seppe di aver vissuto quell’esperienza che gli autori del decadentismo europeo definivano ‘epifania’: un momento in cui una cosa vista migliaia di volte, appare improvvisamente diversa, caricandosi di nuovi significati.

Certo, la SUA esperienza non aveva nulla di mistico o misterioso, tuttavia era un’epifania, e lo stava sconvolgendo.

Si chiese, fissando gli occhioni liquidi che si ritrovava di fronte, per quale arcana ragione quel ragazzo non gli sembrasse fastidioso e ributtante come sempre, ma... carino? Tenero? Gli ricordava tanto quei cagnolini che si trovano talvolta per le strade dentro gli scatoloni di cartone. Magari in una serata di pioggia.

E quando te li ritrovi davanti, NON PUOI lasciarli lì, anche se sei allergico, anche se odi gli animali e i cani in particolare. Te li porti a casa.

E Sho Sakurai, infreddolito, stanco e sfrattato dal suo camerino per colpa di un’amicizia che probabilmente non era un’amicizia nel senso canonico del termine, fece quello che fino a pochi secondi prima non avrebbe creduto di poter fare, di VOLER fare. Accostò piano la mano destra sulla guancia bagnata di Aiba, placando definitivamente i suoi singulti e ottenendo in risposta uno sguardo interrogativo.

-Non mettermi in bocca cose che non ho mai detto, grazie.

-Eh?

Inclinò la testa di lato con un’espressione così poco intelligente decisamente da lui. Sospirò stanco. Conta fino a dieci.

-Sei fastidioso e terribilmente appiccicoso. Ma non ho mai detto che non mi stai simpatico.

Si sarebbe voluto picchiare per quelle parole che stava dicendo, ma Dio, in quel momento le sentiva così vere; quel tipo era DAVVERO irritante, ma come faceva ad odiarlo se era capace di espressioni di quel genere? Non si poteva proprio. Abbozzò un sorriso, sentendosi davvero stupido.

L’altro gli rispose con un altro sorriso, forse più timido del suo.

-Sho-chan...

-Nani?

Fece alzandosi.

-Dovresti sorridere di più. Nella tua vita privata, intendo.

Cos’era quel modo velato di fare complimenti? Che poi, era un complimento? Nel dubbio, rispose:

-Vedi di non prenderti troppa confidenza.

Si diresse verso la sacca di Nino, rubandogli i vestiti necessari per poter uscire senza farsi venire una tubercolosi fulminante, poi si girò per uscire dal camerino, trovando Aiba ancora accovacciato dove l’aveva lasciato, che lo fissava con gli occhi ancora un po’ rossi.

Kami... sembrava davvero un cagnolino.

Si avvicinò alla porta e la aprì, fermandosi poi sulla soglia.

-Andiamo a mangiare qualcosa? Sto morendo di fame.

Disse, cercando di fare il disinvolto... con risultati disastrosi, ovviamente; il volto di Aiba si illuminò di un sorriso smagliante, che vacillò per un attimo per una minaccia di lacrime improvvise. Che grazie al cielo non scesero.

-Hai!!

Esclamò alzandosi con un balzo e, nel giro di due secondi, era fuori dal camerino con la giacca addosso e un sorriso pieno di aspettative.

-Non ti conviene sorridere così, perché dovrai pagare tu, sappilo.

-Eeeh??

-Il mio portafoglio è ancora nel mio camerino.

Gli spiegò ragionevolmente.

-Ma... non puoi far pagare uno più giovane di te!! È scorretto, Sho-chan!!

Fece spallucce iniziando a incamminarsi per il corridoio.

Era strano... ora il modo estremamente confidenziale in cui lo chiamava per nome non gli risultava poi così fastidioso.

Mentre usciva dalla struttura seguito dai lamenti di Aiba, Sho Sakurai, stanco, affamato, senza un soldo e con un cagnolino randagio al seguito, ma non più tanto infreddolito, pensò che per quella sera le sue fatiche non erano ancora finite... anzi, erano appena iniziate.

Tuttavia, in mente questi pensieri apocalittici, non potè fare a meno di pensare che, forse, quella roba degli Arashi non era poi così male. Chissà, magari avrebbero retto per più di qualche giorno.

E, sempre magari, sarebbe stata anche una cosa piacevole.

pair: sakuraiba, r: pg, ff: arashi, ff: italian

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