Buongiorno, popolo di LJ! Ci si rivede!
Come ben sapete, questo è il loco ove riverso titubante la mia spazzatura, e se voi marmaglia la gradirete... la pubblicherò anche altrove! :)
Sono uscita fuori con questa nuova "Hearth Vigilance". Mi consigliate di continuarla? Va bene come one-shot? Ho giusto in mente un seguito, ma non sono sicura.
- Signorina Jones... - disse Dudley con voce assonnata e lamentosa.
Aveva strascicato le pantofole dalla camera sul parquet impolverato del "rifugio" - così gli piaceva chiamarlo, lo rassicurava - che Petunia aveva l'intenzione di tirare a lucido il mattino dopo, orripilata nel vedere tanta sporcizia in un appartamento.
Hestia era seduta su una poltrona, con un libro in una mano e nell'altra la bacchetta. Chiuse il volume (un romanzo sentimentale, a giudicare dalla copertina) con un rapido movimento delle dita e alzò gli occhi a guardarlo.
Era carina. Dudley si sentì avvampare: non somigliava a nessuna delle ragazzine che ciondolavano attorno alla sala giochi di Little Whinging, masticando chewing-gum alla fragola e dondolando i fianchi acerbi. La sua non era una bellezza appariscente, ma starle vicino lo imbarazzava in un modo strano.
Forse perché portava quello strano vestito.
O perché, al loro ingresso nel rifugio, si era tolta gli stivali di pelle morbida ed era rimasta scalza, provandone un visibile sollievo. Non aveva mai notato quanto fossero attraenti i piedi nudi di una ragazza, nemmeno quando era stato al mare a Brighton l'estate prima.
Anche questa è una specie di vacanza, forse, cercò di convincersi. Anche se lei è una strega e anche quell'omettino strambo è della stessa risma di Harry, ci vogliono tenere al sicuro.
- Non riesci a dormire? - Hestia sapeva che quel ragazzo era un bulletto tale e quale a Evan Rosier, che le faceva sputar lumache quando era al primo anno. Forse anche lui, se fosse stato un mago, si sarebbe schierato dalla parte di Voldemort... invece era un Babbano, un innocente da proteggere.
Innocente? Lui e i suoi genitori hanno fatto soffrire Harry Potter in un clima ostile e gelido, senza un briciolo di affetto.
Dudley scosse la testa e abbassò lo sguardo, dove la vestaglia di Hestia si incrociava sul seno. Sentiva le orecchie bruciare.
Lei scambiò il suo rossore per timidezza, e il suo giudizio si mitigò un poco.
Non è cattivo, è soltanto viziato, ricordò. Se dovremo convivere per qualche tempo, sarà utile scoprire i lati buoni gli uni degli altri.
- È normale aver paura. Ma il signor Diggle e io abbiamo piazzato incantesimi contro qualsiasi intruso, in ogni angolo di questa casa, perciò non c'è da pre-
- Non voglio sentir parlare di magie! - si accigliò Dudley, il labbro inferiore che sporgeva in una buffa smorfia infantile. Era grande e grosso, ma non dimostrava affatto diciassette anni.
- Va bene, va bene, non arrabbiarti. Sei stato tu a scendere per parlarmi, no?
Nessuno, a parte il vecchio dalla barba lunga, aveva mai parlato con tanta franchezza davanti a lui. Questo bastò a frenargli la lingua, e rimase imbambolato con una lieve eccitazione mista a confusa vergogna.
- Mi ricordi una persona, sai. Un mio compagno di Hog... di scuola. Lui era molto più grande, mi faceva paura. Faceva scherzi terribili a chiunque fosse in condizione di non potersi difendere. Ma naturalmente tu non sei così, non è vero? Non faresti del male agli altri.
- Già - mentì Dudley facendo spallucce, mentre sudava sotto il pigiama tutt'altro che estivo. Si sentiva un verme, e non gli capitava mai, mai: né con i professori, succubi della piccola gang di cui faceva parte, né tantomeno con i suoi genitori, che gli permettevano ogni cosa gli passasse per la testa di fare.
Stava per chiederle che fine avesse fatto il suo compagno di scuola, se si erano rivisti, se lo odiava.
Hestia lo precedette, rincarando la dose.
- Mio marito lo uccise in combattimento. Era diventato un Mangiamorte, un seguace di... Tu-Sai-Chi. - Pronunciò quest'ultimo nome con fare misterioso, sfruttando la paura che senza dubbio avrebbe suscitato nel ragazzo. Ormai l'avevano messo al corrente di una parte della verità su Harry e sul motivo della loro fuga, ed era sensibile a certe frecciatine che di solito solo i maghi possono capire.
Dudley indietreggiò. L'accenno a quell'essere che aveva ucciso i genitori di Harry gli aveva dato i brividi, naturalmente, ma la rivelazione che Hestia fosse sposata l'aveva spiazzato.
Non era la "signorina Jones". Era la "signora-qualche-cosa". Tutto cambiava, di colpo...
Suo marito era di sicuro più forte di Chuck Norris, che magari prendeva gli assassini e gli sfondava il cranio a calci, ma faceva paura lo stesso anche agli altri, no? Voglio dire, se qualcuno gli avesse accennato che un ragazzino in quel momento stava fissando le tette di sua moglie, avrebbe mollato i maghi cattivi, la guerra e tutto e si sarebbe fiondato a fargliela pagare. Di brutto. Non si sarebbe limitato a fargli crescere una codina di maiale o a trasformarlo in una mongolfiera, ma qualcosa di peggio, molto peggio...
- Be-be-beh - balbettò. - I-immagino abbia fatto bene.
Hestia rise pianissimo, poggiando la mano sulle labbra: era un gesto irresistibile che lo spinse a fare ancora qualche passo all'indietro fino alla porta, finché la donna non riuscì più a vederlo. I tonfi attutiti delle pantofole, poi una porta che si chiudeva.
Si sentiva stanca.
Come le era venuto in mente di paragonare quel ragazzo a Rosier?
Il Male era il Male, la gente stupida era una cosa diversa. Sua sorella era stupida, per esempio. Svolazzava tutto il giorno dietro a un Boccino e non si interessava di quello che accadeva intorno a quel maledetto campo di Quidditch. Però le voleva bene lo stesso... anzi, preferiva saperla al sicuro e allegramente neutrale di fronte agli eventi...
Forse Dudley faceva il prepotente con i bambini più piccoli, ma lei non aveva il diritto di metterlo sullo stesso piano di una belva folle. Aveva capito, da come aveva guardato Harry alla partenza, che gli voleva bene.
E forse anche sua madre, quando era salita in automobile, aveva gli occhi lucidi... chissà?
A proposito, domani la signora vorrà pulire tutto, l'ha detto chiaramente. Chissà come fanno i lavori di casa, i Babbani? Ci impiegano molto più tempo?
Era stata già due volte a casa dei Dursley, ed l'aveva trovata davvero molto curata.
Come quella della mamma di Tonks. Non parliamo invece del disordine in cui quella sciagurata fa vivere Lupin, poveretto.
Staranno tutti bene?
Ecco. Non devo pensarci, però-
Chissà se sono stati attaccati, ma no, che mi viene in mente, nessuno sapeva del piano... allora perché Dedalus ritarda, doveva solo chiedere a Kingsley com'è andata...
Non era una missione, quella dell'omettino dal vestito color lavanda. Era una semplice gita a Downing Street, con tutta la circospezione del caso, d'accordo, ma si era in territorio Babbano. Si toccava ogni tanto la falda del cappello, quasi gli portasse fortuna.
Quando il mago alto e scuro era apparso nascondendo la luce del lampione più vicino, era sobbalzato:
- Royal?
- Digs, quante volte ti ho detto di vestirti un po' meno... più... insomma, hai capito! - Nella voce profonda dell'Auror risuonava una nota di nervosismo e stanchezza.
- E quante volte ti ho chiesto gentilmente di non chiamarmi Digs? - stava per replicare Dedalus, ma aveva deciso di lasciar perdere. - È filato tutto liscio, spero.
Kingsley non aveva risposto. Si era mosso un poco di lato, lasciando che la luce illuminasse il marciapiede e la sua figura: a Dedalus era parso di sentire i muscoli della sua mascella tendersi. Lo incalzò:
- Non l'avranno preso, per mille...
- Il ragazzo è in salvo - lo aveva rassicurato Kingsley, finalmente. - A un carissimo prezzo, ma... ce l'abbiamo fatta.
Sulla strada del ritorno, troppo sconvolto per Smaterializzarsi lì per lì, Dedalus aveva gettato il cilindro in un rigagnolo di periferia. La notte si andava rinfrescando e aveva bisogno di aria per trovare le parole.
"Non guardarmi, vai via!"
"Io ti guarderò finché avrò occhi, amore."
"Vattene! Non ti voglio qui! Smettila di piangere, porco Grindelwald! Con cosa credi che sia riuscito a fare fuori quel bastardo, con le lacrime? Con le moine?"
Per lui le lacrime sono inutili. L'amore è inutile. Eppure ti ama.
"L'ho fatto con questa." Aveva impugnato la bacchetta. "E con questa." Aveva portato due dita alla fronte.
"E... questo?"
Si era appoggiata al suo petto e aveva alzato la testa a guardarlo, sfidando la sua rabbia. Il suo viso devastato è la mappa del mondo, aveva pensato. Del passato e del presente.
"Questo cuore a che serve, Alastor?"
"A farmi impazzire, a smarrire la strada, mia cara. Non posso permettermelo, lo sai bene."
"Non potevi innamorarti di un bel giovanotto, invece di una vecchia carcassa che muore un pezzo alla volta? Forse ormai sono diventato un Infero, non ci hai mai pensato? Se riusciranno ad uccidermi, mi ridurrò in polvere, un ventaglio di fumo nero e... puff. Una sferetta impazzita e un pezzo di legno buono per il fuoco, ecco cosa resterà di me."
"Riesci ancora... a sentire gli odori?"
"Solo quelli cattivi, quelli che portano guai."
"Non senti... non senti il mio profumo?"
Lui aveva scosso la testa e aveva cercato di scostarsi: "Meglio così. Sarebbe una tentazione inutile."
Gli aveva preso il viso tra le mani e l'aveva baciato sulle labbra. Lui era rimasto impassibile; l'unica cosa che si muoveva di lui era l'Occhio - ma anche questo lentamente, perché non c'era nulla da controllare, nulla da intercettare, solo un autocontrollo che stava per andare in pezzi...
"Merlino, Hestia, in che pasticcio ti stai andando a cacciare."
"L'importante è che non ti prendano alle spalle. Un nemico che ha il coraggio di affrontarti a viso aperto si può sempre sconfiggere."
Quasi sempre.
Lost in a dream
I saw you disappear
In the night like a bitter sweet tear
[Lost in a dream - Demis Roussos]
Nel sogno, precipitava. Un turbine di blu e verde, verde, verde,
(Fletcher, maledetto vigliacco)
e non capiva come e perché riuscisse ancora a vedere
(Non è servito a niente guardarsi alle spalle per tutto questo tempo)
NOOOOOO!
La poltrona era ben salda sul pavimento, con il suo odore di muffa e il rivestimento rovinato. Il parquet non tremava, i vetri erano intatti. Non era successo nulla, solo un incubo.
Dudley doveva ormai dormire della grossa, alla fine; riusciva a sentire persino il terribile russare dei signori Dursley, nella camera matrimoniale in fondo al corridoio. Era tutto a posto. Tutto a posto...
Pian piano il battito del suo cuore tornò normale e con un sospiro cercò di riprendere sonno, sperando in sogni più confortanti, ma-
- Dedalus non è ancora tornato. - mormorò trasognata, proprio mentre stava per riassopirsi. Scattò in piedi come di fronte ad un nemico, ma c'era soltanto il suo riflesso incerto nello specchio impolverato sulla parete di fronte, e la luce dei lampioni che filtrava dalle tende malchiuse. Respirò a fatica quel silenzio, sentiva freddo alla nuca e ai piedi. Quella semplice constatazione l'aveva fatta ripiombare nell'angoscia.
Un crac improvviso: sussultò stringendo più forte la bacchetta e si voltò. - Dedalus? Sei tu?
- E dov'è che sono andati?
Petunia aveva trovato uova fresche nel frigorifero, prosciutto da affettare e una cesta di arance spagnole. Vernon e Dudley avevano lustrato i piatti e vuotato i bicchieri ed erano sprofondati sulle poltrone del soggiorno, l'uno a ronfare placido, l'altro ancora stordito dall'addio ad Harry, dal nuovo ambiente e dalle parole di Hestia.
- Il biglietto dice che sono nel Kent.
- E noi, dove siamo? Dove ci hanno portato? Questa topaia ammuffita è in qualche posto dell'Inghilterra, o su qualche altro pianeta? - La donna sembrava essersi completamente dimenticata della dispensa piena e il piccolo particolare di essere al sicuro da Vol... sì, insomma, dall'assassino di Lily. Ora voleva solo mettersi al lavoro e ripulire da cima a fondo mobili, pavimenti e tappeti. Non avrebbe mai accettato che quei due usassero la bacchetta davanti a loro, nemmeno per la nobile causa dell'igiene domestica.
Dudley rimase a guardare la madre che, pur senza detersivi e aspirapolvere, si dava da fare per rendere quelle stanze il più possibile simili alla loro casa di Privet Drive.
Con gli occhi annebbiati dal sonno, la vide per la prima volta per ciò che realmente era. Lo choc del disincanto, quasi impossibile da sopportare per la sua neonata consapevolezza, non riuscì però a spazzar via l'affetto che rimase saldo nel suo cuore di figlio.