Titolo: Hakanai yubisaki
Fandom: Hey!Say!Jump
Pairing: Takaki Yuya x Chinen Yuri ; Yabu Kota x Inoo Kei ; Takaki Yuya x Yamada Ryosuke ; Yamada Ryosuke x Chinen Yuri.
Rating: NC17
Avvertenze: Slash, NonCon!, Death!Fic, Violence, AU!, Under!Age
Disclaimer: I personaggi non sono miei, tutti i diritti riservati e i fatti narrati sono frutto della mia fantasia. La storia non è scritta con scopo di lucro.
Riassunto: Yuya è cambiato. Yuri lo percepisce in ogni suo movimento, eppure fidarsi dell'uomo che gli aveva rovinato la vita non era semplice.
Note: Sequel della storia di
vogue91 intitolata "Sanagi". Per ulteriori informazioni sul 'verse yakuza, clicca *
qua*
Note 2: Scritta per il
bigbangitalia.
Note 3: Scritta per la
500themes_ita“83. Contando gli anni.”
“158. Temi ciò che non puoi conoscere.”
“210. Fragile come un sogno.”
“454. Sognare l’impossibile.”
“435. Vivere un incubo.”
“66. Perché lo chiamano cadere.”
“34. Incubo.”
“412. Compagno di vita.”
WordCount: 35.141
fiumidiparole **
Prologo
Era successo tutto per caso. La sua vita non era mai stata particolarmente intensa, né particolarmente interessante.
Era abituato a fare le sue solite cose, senza preoccuparsi realmente della voglia con cui lo faceva.
Si svegliava sempre alla stessa ora e faceva colazione sempre allo stesso modo. All’uscita sua madre gli dava sempre un bacio sulla fronte e suo padre una pacca sulla spalla. Si avviava alla stessa ora a prendere la metropolitana, seguendo con la stessa identica noia le lezioni a scuola, per poi scappare al doposcuola, parlando solo ed esclusivamente con un paio di ragazzi.
Infine, al ritorno, si dirigeva sempre alla metropolitana, cenava e andava a letto alla solita ora, magari leggendo più e più volte uno dei suoi pochi libri preferiti.
Nonostante tutto gli piaceva quella quotidianità, gli dava un senso di tranquillità, quasi di stabilità, che lo rendeva felice.
Perché gli piaceva sapere quello che sarebbe accaduto. A Yuri non piacevano le incognite, le sorprese. Non gli piaceva vivere alla giornata, svegliarsi senza sapere a quello a cui sarebbe andato incontro.
Poi era arrivato il tracollo finanziario di suo padre. Yuri aveva visto il mondo crollargli addosso, perdere velocemente di consistenza, fino a che non lo aveva letteralmente seppellito, caricandolo di responsabilità che un tredicenne non avrebbe dovuto mai nemmeno conoscere.
Aveva visto quanto potesse essere brutto quel mondo che lo circondava, quello che non si era mai preoccupato di conoscere perché gli piaceva nascondersi dietro la sua amata routine.
Aveva scoperto, sperimentato sulla propria pelle, che non ci si può fidare di nessuno, nemmeno di quegli stessi genitori che, senza pensarci due volte, per aver salva la pelle avevano preferito condannarlo a morte.
Era stato venduto alla yakuza, per ripagare il debito che suo padre aveva contratto con loro.
Aveva visto quello che poteva accadergli, aveva visto che fra la morte e l’essere venduto a dei sadici, non sapeva quale fosse la scelta migliore. Era cresciuto in fretta Yuri, in quelle due settimane in cui era stato rinchiuso in quel capannone che sapeva di morte, circondato da altri essere umani, giovani come lui, che ormai di umano avevano ben poco.
Quando Yuya era apparso, aveva odiato la sua aria di strafottenza. Aveva odiato tutto di lui: aveva odiato le sue mani, con quelle dita incredibilmente lunghe e affusolate, aveva odiato quei tatuaggi, così minacciosi. Aveva odiato il suo modo di fare, così arrogante, come se tutto gli fosse dovuto.
Aveva sentito i passi di Yuya risuonare nel silenzio di tomba del capannone e quando i loro occhi si erano incrociati, Yuri aveva compreso che il suo destino sarebbe stato legato a quello dello yakuza, nel bene o nel male.
Aveva potuto testare fin dal primo momento quanto potesse essere pesante la mano dell’uomo contro il suo viso.
Fin dal primo momento gli era sembrato come morire. Yuya non si era risparmiato con lui, violentandolo e distruggendo il suo corpo in ogni modo che conosceva. Era quella la sua idea di “educazione”, così gli aveva detto fin da subito.
Doveva educarlo e Yuri lo aveva lasciato fare, perché tanto era la sua piccola puttana e piangere e implorare non aveva alcuna utilità, se non quella di farlo irritare ancora di più.
E il più piccolo aveva imparato ben presto che gli conveniva accontentarlo, sempre.
Non voleva morire, non ancora. Non era giusto che lui morisse così, solo perché lo aveva deciso uno yakuza senza cervello.
Pensava che dopo il trattamento che gli riservava lo yakuza non ci potesse essere molto altro che poteva stupirlo.
Invece aveva dovuto ricredersi amaramente. Dopo più di un anno aveva finalmente trovato il coraggio di scappare.
Aveva fatto delle ricerche a lungo, approfittando delle ore in cui Yuya lavorava e lo lasciava da solo a casa, finché non aveva scoperto il nuovo indirizzo dei suoi genitori.
E quando li aveva visti felici della loro vita e quando li aveva sentiti dire che di lui non gli era mai importato nulla, si era sentito morire dentro.
Quando si era voltato e aveva visto Yuya non si era sorpresa più di tanto. Lo aveva seguito in macchina, aspettandosi una scarica di botte, calci e pugni non indifferente per aver tentato la fuga.
Invece lo yakuza gli aveva tirato sulla testa il cappuccio della felpa, permettendogli di piangere e di comprendere, una seconda volta, come andava veramente la vita.
Yuri aveva pianto.
E da quel momento non aveva fatto altro che pensare alla sua vendetta.
Il suo odio era cresciuto, giorno dopo giorno. Pensava continuamente alla vita dei suoi genitori, ai loro sorrisi felici, al fatto che lo avevano completamente dimenticato, che avevano cancellato dalla loro memoria quei tredici anni che avevano passato insieme.
Meditava vendetta, cercando il modo più sicuro, cercando di convincersi che la loro morte era giusta, perché era solo a causa loro se lui si ritrovava chiuso nella casa di un sadico sessuale, costretto ad accontentare ogni sua più infima richiesta.
Il giorno che si era prefissato per l’omicidio dei genitori era arrivato fin troppo in fretta. Sapeva usare una pistola, perché aveva implorato Yuya di insegnarglielo ma in quel momento si sentiva comunque insicuro.
Yuya lo aveva di nuovo trovato, come aveva sempre fatto e gli aveva ricordato la vita che faceva, lo schifo che doveva subire, le umiliazioni, le ferite, le cicatrici, le botte che aveva ricevuto in quei due anni ed era stato in quel momento che il proprio dito si era mosso in maniera automatica, poggiandosi sul grilletto per farvi poi solo una lieve pressione.
Aveva premuto il grilletto due volte e pochi secondi dopo i cadaveri di quelli che un tempo erano stati i suoi genitori giacevano l’uno accanto all’altro, uccisi proprio da quel passato che avevano cercato di dimenticare.
Yuri era triste di contare i giorni e i mesi che scivolavano l’uno dopo l’altro,fino a che non si scoprì a contare gli anni che erano già passati da quando era entrato nel capannone. Voleva prendere in mano la sua vita e l’assassinio dei suoi genitori lo aveva cambiato, così come aveva cambiato anche Yuya e il rapporto che c’era fra di loro. Non erano chissà che cosa, ma erano cambiate, almeno era quello che credeva.
Si sentiva un po’ più umano, trattato con un minimo di dignità in più e la cosa gli piaceva, apprezzava gli sforzi di Yuya nel renderlo partecipe della sua vita, per quanto a letto continuasse a rimanere lo stesso mostro di sempre.
Poi era arrivato Hikaru.
Hikaru con le sue battute scadenti, Hikaru con quegli sguardi che non gli doveva lanciare perché rischiava la morte, Hikaru con le sue mani addosso a lui che lo toccava come Yuya non lo aveva mai toccato.
Hikaru che gli offriva un mondo migliore, un mondo dove non ci sarebbe stata più violenza, dove avrebbe potuto vivere la sua vita, accanto ad un uomo che lo amava e che forse avrebbe potuto amare a sua volta.
Aveva vacillato, perché lui gli stava donando un luogo che non aveva mai conosciuto e per un attimo ne aveva avuto fottutamente paura.
Perché non aveva mai conosciuto una vita come quella, perché non sapeva quello che lo aspettava, perché dopo il tradimento dei suoi genitori aveva paura di rimanere di nuovo scottato.
Perché con Yuya sapeva quello che poteva aspettarsi, c’era la sua quotidianità, c’era una violenza a cui aveva fatto il callo. Hikaru era una grande incognita, perché nessuno gli assicurava che sarebbe stato diverso.
Perché non avrebbe sopportato un nuovo tradimento.
Si era leggermente allontanato, pensando poi a come cercarlo, a come parlargli, perché nonostante tutto dentro di lui la risposta era chiara.
Erano passate un paio di settimane dall’ultima volta che aveva visto Hikaru e da quella prima volta in cui aveva fatto sesso sentendosi amato.
Yuya lo aveva stupito.
E, dopo tutti quegli anni, non era nemmeno così facile riuscirci.
Il più grande aveva iniziato a toccarlo, dopo avergli detto che sapeva quello che era successo fra lui e Hikaru e Yuri già si aspettava corde, coltelli e tutto il resto che subiva di solito.
Invece aveva sentito come poteva essere bello sentire le grandi mani di Yuya che lo sfioravano, che lo toccavano senza fargli male.
Aveva sentito come poteva essere bello sentire le sue labbra su tutto il corpo, come cercasse di farlo godere, come poteva essere bello fare sesso con lui.
E lo era stato.
Aveva sempre sognato, nel suo piccolo mondo, una cosa del genere. Yuya era un bell’uomo e lui, nonostante tutto quello che gli faceva, aveva sempre subito un certo fascino.
Un fascino contorto, senza alcun dubbio. Un fascino sbagliato, perverso e malsano ma che non poteva evitare.
E fare sesso con lui, in quella maniera, sentirlo dentro di sé senza provare dolore, ma godendo, gli aveva cambiato la vita.
Avevano parlato e Yuri si era finalmente aperto, dicendogli tutto quello che aveva provato e pensato in quei tre anni.
E si erano avvicinati un po’ di più, e a Yuri andava bene così, perché era sempre più di quello che aveva mai pensato di ottenere quel lontano giorno, quando Yuya era entrato nel magazzino e lo aveva comprato solo per del sesso.
E, almeno per quanto riguardava il tempo che passavano a letto, quella nuova vita e quella nuova quotidianità gli piacevano.
Perché finalmente godeva tutte le volte che facevano sesso, perché finalmente si sentiva almeno un po’ rispettato, perché finalmente si sentiva quasi un essere umano quando era nella stessa stanza con lui.
Erano passate circa due settimane da quel giorno e rientrando in casa Yuri aveva visto di nuovo il mondo crollargli addosso.
Perché sapeva che Hikaru aveva intuito qualcosa, perché sapeva che prima o poi qualcuno dei due sarebbe esploso. Erano come bombe ad orologeria, pronte a scoppiare, creando dei danni irreparabili.
E se Yuri non poteva fare affidamento sulla capacità di Hikaru di controllare la propria rabbia, aveva ancora meno fiducia in Yuya.
Aveva iniziato a respirare profondamente, cercando di far calmare Hikaru e detestando Yuya che non sembrava aver pienamente compreso la situazione in cui si trovava.
Si era avvicinato lentamente, mentre Hikaru perdeva definitivamente la concezione della realtà che lo circondava.
Era accaduto tutto molto lentamente nella sua testa, ma Yuri era convinto che nella realtà tutto si fosse svolto in meno di una manciata di secondi.
Aveva visto Hikaru che affondava il coltello nella carne di Yuya e lo aveva sentito urlare. Non gli era piaciuto quell’urlo, perché era la prima volta che lo sentiva urlare o mostrare dolore.
E gli era piaciuta ancora meno la risata di Hikaru, la risata di un folle che riusciva a sentire a stento.
Yuri aveva guardato Yuya, a terra, con la mano che premeva sulla ferita, il pavimento che si riempieva velocemente di sangue, del suo sangue, e aveva sentito che dentro di lui tutti i pezzi si incastravano al posto giusto.
Aveva afferrato il pesante posacenere in vetro che c’era sul tavolo in cucina e lo aveva sbattuto una prima volta contro la testa di Hikaru, con una forza e una rabbia che non gli appartenevano.
Non voleva finire come quelle persone che vagano per la strada, ricordando i bei tempi andati con l’uomo che amavano.
Non voleva finire da solo, in qualche appartamento con qualche lavoro di terza categoria solo perché Yuya era morto.
Non voleva vivere il resto della sua vita senza la persona che amava più di sé stesso.
Il posacenere era sceso una seconda e una terza volta contro la testa di Hikaru, ormai a terra privo di vita, ma lui non riusciva a fermarsi.
Aveva sentito il sangue schizzargli addosso, ma ne era stato solo felice e aveva continuato solo fino a quando non aveva udito la voce di Yuya penetrargli nel cervello, scuotendolo dal suo stato di follia.
Si era guardato intorno, spaesato e aveva fatto cadere a terra l’arma che aveva fra le mani, per raggiungere traballante Yuya, ancora seduto a terra, con il coltello nell’addome e il sangue che colava.
Aveva chiamato il 119, con la voce che gli tremava e la paura di perderlo che lo stavano facendo impazzire.
Non era sicuro che sarebbe riuscito a sopportare la perdita di Yuya.