[Hey!Say!Jump] The fear of not having more

Jan 04, 2013 11:10

Titolo: The fear of not having more
Fandom: Hey!Say!Jump
Pairing: Takaki Yuya x Chinen Yuri.
Rating: NC17
Avvertenze: Slash, AU!  ('verse yakuza. vai a * questo* link per ulteriori informazioni)
Disclaimer: I personaggi non sono miei, tutti i diritti riservati e i fatti narrati sono frutto della mia fantasia. La storia non è scritta con scopo di lucro.
Riassunto: Yuri ormai era abbastanza abituato a vivere con lo yakuza. Nonostante tutto, si era arreso alla sua vita e alle prospettive di vita.
Note: Scritta per la 500themes_ita con il prompt “157. Tieniti stretto quello che non puoi mantenere” e per la maritombola di maridichallenge con il prompt “L’amore dura tre anni […]”
WordCount: 5228 fiumidiparole

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Yuri ormai era abbastanza abituato a vivere con lo yakuza. Nonostante tutto, si era arreso alla sua vita e alle prospettive di vita alle quali doveva sottostare, ma bene o male aveva compreso che la vita poteva anche essere ben peggiore di quella che stava vivendo. Non voleva metterci la mano sul fuoco, ovviamente, ma andava bene vivere con quella velata ignoranza che ormai lo proteggeva da tutto il resto del mondo.
Quella mattina quindi era intenzionato ancora meno del solito a far infuriare il più grande di prima mattina. Si era alzato più presto del normale, per andare a prendere velocemente alla pasticceria i suoi dolci preferiti, aveva comprato il pranzo che gli piaceva di più al conbini perché quel giorno sarebbe stato via fino a sera e in più aveva comprato la migliore miscela di caffè perché intendeva farlo svegliare immerso in tutti i comfort.
Aveva un obiettivo e rimanere senza soldi per comprarsi poi le sigarette poteva essere un buon compromesso. Quindi quando Yuya si alzò, strascicando i piedi verso la cucina, fu accolto dall’aroma del caffè e da quello dei dolci, facendo sì che si svegliasse di colpo, osservando con un lieve sospetto il più piccolo.
« E’ successo qualcosa? » domandò sedendosi al tavolo e osservando la tavola imbandita come se fosse un giorno di festa.
Yuri mise su la sua miglior faccia innocente, guardando Yuya mentre si tagliava una fetta di torta per iniziare subito a mangiarla.
« No, ho solo comprato una torta e la tua miscela di caffè preferita. E’ così strano? »
« Mh. Non è che la torta è avvelenata? » domandò sarcastico il più grande, continuando a comunque a mangiare.
« Il veleno per topi costa troppo. » replicò caustico Yuri, continuando a sorridergli in maniera innocente.
Yuya lo fissò, sospettoso, prima di accennare un sorrisetto e ignorarlo.
« Allora, cosa ti serve? » domandò ancora « Se hai bisogno di soldi, li trovi nel borsello, dentro la mia giacca. »
« Come sei sospettoso. » sbuffò ancora Yuri « Non posso averti semplicemente fatto una gentilezza? »
Yuya finse di pensarci per qualche secondo, prima di scuotere la testa.
« No. » affermò con decisione « Quindi, cos’è che vuoi? »
Il più piccolo lo fissò, decidendo infine di sedersi davanti a lui.
« Ormai sono più di due anni che sto con te, giusto? » iniziò, attendendo una risposta.
« Mh. Giusto. » rispose lentamente lo yakuza.
« E ormai abbiamo stabilito che non ho intenzione di scappare, dare l’allarme o fare altro, giusto? »
« Credo di sì. »
« Bene. » rimase in silenzio per una manciata di secondi « Volevo sapere se potevo andare a Shibuya oggi. »
« Cosa? »
« Sì, volevo fare un giro, queste cose qua. Ho un po’ di soldi da parte e volevo comprarmi qualche cosa. »
« E non ci possiamo andare insieme? » domandò Yuya « Ci sono dei centri commerciali aperti anche all’ora di cena a Shibuya. »
« Ma… volevo fare qualcosa per conto mio. Sono due anni che non esco dal quartiere, se non con te. » si morse un labbro, tentando di fargli capire quanto quel posto a volte gli stava incredibilmente stretto « Non ti ho mai disobbedito Yuya. Anche quando vai via per giorni potrei fare quello che voglio, eppure sono sempre rimasto qua. Per una volta che te lo chiedo, potresti anche darmi il permesso, no? » sussurrò poi, senza smettere di guardarlo.
Yuya lo fissò, ponderando le sue parole. Lo yakuza doveva effettivamente dargli ragione. Fin dai primi tempi gli aveva messo alle spalle i suoi shatei per assicurarsi che non scappasse o che non facesse di testa sua. A parte un paio di volte, entrambe abbastanza giustificate, ammetteva che Yuri non si era mai mosso da là.
Eppure non voleva ripete c’è che era successo l’ultima volta. Il solo ricordare di come Yuri era stato ridotto dai suoi stessi shatei, opportunamente uccisi o feriti, lo innervosiva. (*)
Però avrebbe potuto tentare di comportarsi bene per una volta, quindi annuì, sempre titubante.
« Va bene. » mormorò « Ci troviamo però alle otto in punto davanti alla statua di Hachiko, ok? Non un minuto di ritardo, ho intenzione di prenotare ad un ristorante. »
Yuri sorrise, battendo le mani.
« Va bene, va bene. Sarò puntualissimo. » promise correndo poi verso la stanza per cambiarsi.
Yuya accennò a sua volta un sorriso tirato. Forse, effettivamente, andava bene così.

**

Yuri camminò per le strade di Shibuya come se fosse la prima volta che ci metteva piede e forse, dopo gli ultimi due anni, era davvero così.
Stringeva addosso a sé la borsa, guardandosi intorno, osservando ogni palazzo, ogni poster, ogni persona che lo circondava. Si fermò ad un semaforo per guardare i gruppi di ragazze e ragazze così diversi l’uno dall’altro che tutto quel rumore e quel colore gli stava quasi facendo girare la testa.
Si era appena comprato l’ultimo disco del suo gruppo preferito, gli Arashi, gentilmente “donato” dal borsello di Yuya, mentre adesso cercava il posto adatto per il regalo di compleanno dello yakuza.
Era la prima volta che ci pensava, ma aveva immaginato che potesse essere carino dato che il più grande quell’anno per il suo non lo aveva stuprato e ferito come l’anno precedente. Forse potevano esserci dei presupposti per gettare una debole trattativa di pace e tranquillità e non voleva di certo farsi scappare quell’occasione.
Sapeva già che cosa comprarsi e quando vide una piccola gioielleria a gestione familiare sentiva di aver fatto centro.
Osservando il regalo da dietro il bancone si disse che forse non era pacchiano come era solito vestire Yuya, ma fondamentalmente poteva andare. A lui piaceva e sapeva che in parte sarebbe piaciuto anche allo yakuza.
Pagò e si fece incartare il tutto, uscendo di nuovo all’aria aperta con un sorriso che gli attraversava il volto.
Forse perché era ancora stordito dal regalo o dalla moltitudine di persone che lo circondavano oppure dai colore e dal rumore, Yuri non avrebbe saputo dirlo con certezza, ma sapeva invece bene che quando gli veniva detto di prestare attenzione quando attraversava le strisce, avrebbe dovuto farlo.

**

Yuya osservò nervoso l’orologio. Ormai l’orario del suo appuntamento con Yuri passato da un pezzo e il suo umore passava velocemente da uno stato di apprensione ad uno di rabbia pura, per tornare poi al nervosismo e di nuovo alla collera.
Andò avanti così fino a quando non gli squillò il telefono. Stava già per sbraitare contro il più piccolo, informandolo che non avrebbe mai più messo piede fuori casa quando una voce femminile lo fermò appena in tempo.
« Pronto? Takaki - san? »
« Uhm. Sì, chi è? » domandò Yuya presagendo che qualcosa di brutto sarebbe accaduto.
« Sono Moriboshi - sensei, la sto chiamando dal St. Luke Hospital. Abbiamo ricoverato oggi pomeriggio un ragazzo senza nome, ma fra i suoi documenti abbiamo trovato questi recapiti. Lei sa chi può essere? »
« Cos… è un ragazzino di sedici anni, basso, capelli neri, un po’… femminile? Indossa una felpa verde chiaro e un jeans con delle scarpe celesti? » snocciolò tutto in un fiato, sentendo di trovarsi vicino al collasso polmonare.
In barba ai suoi problemi respiratori, si accese una sigaretta.
« Sì. Per caso sa come si chiama? » domandò la dottoressa dopo qualche secondo.
« Emh. Sì. Lui… » tentennò, cercando di giostrarsi fra l’ansia di sapere come stava Yuri e la preoccupazione di dirgli il suo vero nome « Come sta? »
« Questo non posso dirglielo. Posso parlare delle sue condizioni di salute solo ai parenti più stretti. Lei, se posso chiederlo, chi è? »
« Sono… sono… il tuo tutore legale. » esclamò senza pensare a quello che stava dicendo in quel momento « Il suo nome è Chinen Yuri. » mormorò poi, maledicendosi un istante dopo.
« Perfetto. Se intanto vuole dirigersi qua mentre faccio i controlli, è libero di farlo. »
« Ah, ma aspetti un attimo. Può dirmi almeno… se è vivo? »
« …sì. Ma questo è l’unico aspetto positivo Takaki - san. L’ospedale ha già chiamato gli assistenti sociali per delle cicatrici sospette sul corpo del ragazzo. Voglio ben sperare che non sia stato lei a procurargliele. »
Yuya rimase in silenzio, un lungo silenzio in cui nella sua mente tentò di stringere tutto quello che non poteva mantenere, Yuri per primo. In quel momento Yuri aveva la possibilità di denunciarlo, di ignorare la yakuza e di andarsene.
E lui non lo avrebbe fermato. In quel lungo silenzio si rese conto di quanto flebile e superficiale fosse il suo rapporto con Yuri. Una parte di sé si disse che andava bene così, che lo aveva preso solo per del sesso facile e veloce, ma l’altra parte avrebbe voluto che le cose fossero diverse.
Ma le cose non potevano essere diverse, Yuya lo sapeva bene. Avrebbe stretto anche il nulla se fosse stato necessario.
« E’ ovvio che non sono stato io, sensei. Comunque, parleremo fra poco faccia a faccia. »
« Penso che sia la cosa migliore, Takaki - san. » si limitò a dire, gelida, prima di chiudere la conversazione.
Yuya non perse nemmeno un secondo di più. Si diresse velocemente verso la macchina chiamando Kota e avvisandolo di ciò che era successo e di ciò che gli serviva.

**

Quando Yuri aprì gli occhi sentiva come se fosse appena uscito da una lavatrice gigante con tanto di centrifuga. Si guardò intorno, la vista leggermente sfocata, i suoni che gli penetravano nelle orecchie e un odore fortissimo di disinfettante.
Gli facevano male le gambe e le braccia sembravano pesargli più di una tonnellata tanto era difficile muoversi. In più si sentiva la gola bruciare, come se avesse qualcosa bloccato in bocca.
« Chinen - san? » chiamò una voce al suo fianco.
Il ragazzino spostò lentamente la testa, osservando con fatica quella che doveva essere una dottoressa. Quando comprese il luogo in cui si trovava, iniziò ad agitarsi, muovendosi in maniera isterica.
« Calmati, calmati. » sussurrò la donna posandogli le mani sulle spalle e tenendolo fermo contro il materasso « Sei in ospedale. Se adesso ti calma ti toglierò il tubo dalla gola, va bene? »
Chinen la fissò per qualche secondo, poi tentò di rilassarsi e annuì.
« Ora prenda un bel respiro e quando telo dirò io lo butti tutto fuori, va bene? Ok, uno, due e… espira, coraggio. »
Yuri avrebbe detto che non poteva esserci cosa peggior dell’erezione di Yuya nella sua bocca, ma di certo un tubo di quaranta centimetri nella gola che viene sfilato via poteva quasi sorpassarlo.
Tossì ripetutamente, girandosi con difficoltà su un fianco, cercando di riprendere il più fiato possibile.
« Perché mi trovo qua? » domandò con voce roca.
« Sei stato investito. » la dottoressa gli strinse le mani « Probabilmente non ti sei accorto della macchina che stava arrivando e… ti hanno portato qua che eri in condizioni critiche, ma adesso sei stabile. Dovrai rimanere in osservazione per il resto della settimana, ma stai meglio, te lo prometto. »
« Cosa… oh… » si guardò intorno, tornando ad agitarsi « Ah, io… avevo una busta. C’era un regalo. Dov’è? » chiese poi.
« Calmati. » ripeté la dottoressa « E’ qua, la polizia lo ha portato insieme a tutti i tuoi effetti personali. E abbiamo chiamato il tuo tutore. Sta arrivando. »
« Il mio… tutore? » commentò piano Yuri, con voce roca, perdendo interesse per l’orologio di Yuya.
« Sì, Takaki - san. Abbiamo trovato il suo numero nel tuo borsellino. » la dottoressa si sedette accanto lui « Non avevi nemmeno un documento addosso e non sapevamo chi chiamare. »
« Oh, sì, lui… è il mio tutore. » ripeté piano, senza guardarla.
« Chinen - san, ti devo parlare di una cosa importante. » Yuri la guardò, senza riuscire a vederla realmente « Hai delle brutte cicatrici sulla schiena. Gli assistenti sociali stanno arrivando per parlarne con il tuo tutore, le istituzioni devono accertarsi che non siano state fatte da lui. Dovremo fare degli accertamenti. »
Yuri continuò a fissarla. Le parole delle donna si perdevano in un lento vortice che non riusciva a seguire.
Poteva dirglielo. Poteva dirgli la verità. Poteva raccontargli tutto, sfogarsi e liberarsi finalmente di quei due anni che lo opprimevano. Liberarsi e lasciarsi alle spalle gli stupri, le ferite, le umiliazioni.
« Non devi avere paura di nessuno. Adesso ci siamo qua noi per aiutarti. »
Yuri la guardò. Poi alzò gli occhi e vide Yuya fuori dalla stanza che lo fissava. Non aveva il solito cipiglio arrabbiato, né quello arrogante. Sembrava semplicemente arreso.
Il più piccolo sorrise. Perché lo amava? Era stanco di quella vita. Eppure non poteva fare a meno di fare qualcosa per cambiare tutto. Quell’orologio ne era la provo, non era così?
« Stia tranquilla dottoressa. Il mio tutore mi vuole bene e non mi toccherebbe mai. Queste sono state lasciate da mio padre prima che morisse in una rapina in casa. Era ubriaco ed era sempre violento e così… » lasciò cadere la frase, mordendosi un labbro.
Yuya diceva sempre che era bravo a recitare, no? Sarebbe stato un ottimo metodo per scoprirlo davvero.
« Chinen - san, non sei costretto a mentire, se lui… »
« Lui non fa nulla contro la mia volontà, sensei. Lo giuro. » sorrise ancora e fu in quel momento che Yuya entrò, bianco come un lenzuolo e sempre con l’espressione arresa di pochi minuti prima.
« Sono Takaki. » si presentò « Moriboshi - sensei, immagino. » commentò poi, senza distogliere gli occhi da Yuri.
« Sì sono io e le voglio parlare delle condizioni di Chinen - san. »
« Prima voglio sapere come sta. Poi parleremo di tutto quello che vuole. »
La donna sospirò, dandogli un veloce aggiornamento sulle condizioni del più piccolo e Yuya continuò a fissarlo, come se lo vedesse per la prima volta. Stava per andarsene, quando Yuri lo afferrò per una mano, stringendola fra le sue.
« Yuri…? » mormorò solo Yuya, stupito.
« Vorrei prima rimanere un attimo da solo con lui Moriboshi - sensei. » la pregò « Solo un attimo. »
La donna schioccò la lingua, dandogli poi le spalle e chiudendosi la porta dietro la schiena.
Yuya si sedette sul bordo del letto, sfiorando prima il bendaggio sopra la testa e poi il braccio steccato e ingessato, senza contare i numerosi cerotti e bende che gli coprivano il collo e il viso, graffiati probabilmente nel momento in cui era ricaduto contro il cemento.
« Come stai? » chiese il più grande appoggiando una mano sulla gamba del ragazzino.
« Abbastanza bene. Sono sempre vivo. Mi dispiace per… l’appuntamento di questa sera. » mormorò.
Il più grande smise di accarezzarlo da sopra le coperte, per osservarlo meglio, chiedendosi che razza di mostro era per aver reso quello che fondamentalmente era solo un bambino innocente in un ragazzino che non si preoccupava nemmeno di quello che era successo.
Non sembrava spaventato, e la cosa che terrorizzava di più Yuya era che Yuri appariva in tutto e per tutto sinceramente dispiaciuto per quello aver saltato l’appuntamento.
Yuya invece avrebbe voluto dirgli che quando la dottoressa lo aveva chiamato per dirgli che era finito in ospedale si era spaventato, come mai era capitato in vita sua.
Anche volendo, non avrebbe saputo che parole usare per esprimere a parole quello che gli passava nella mente, quindi si limitò ad abbracciarlo. Lo strinse a sé, appoggiando una mano sulla sua testa e cingendolo con l’altro braccio.
« L’importante è che tu stia bene. » sussurrò solo « Il resto non conta. »
Sentì una mano di Yuri afferrarlo per la camicia, stringere la stoffa sul suo petto e poi scoppiare improvvisamente a piangere.
« Mi fa male dappertutto. » ammise fra le lacrime « Ho il braccio che deve rimanere steccato per una settimana e non posso sforzare la gamba perché altrimenti mi sembra di impazzire dal dolore e anche piangere mi fa malissimo perché ho perfino lo zigomo rotto. Yuya, sono un cretino. »
« Tranquillo. Adesso va tutto bene, sei al sicuro. Adesso vado dalla dottoressa a chiederle se può darti degli antidolorifici, ok? »
Yuri annuì, allontanandosi leggermente e si asciugò faticosamente gli occhi.
« Le ho detto che è stato mio padre. A… fare tutto questo. » mormorò indicando lievemente la propria schiena con il mento.
Yuya si morse un labbro, stringendolo di nuovo. Avrebbe voluto promettergli che non sarebbe più successo nulla, che le cose sarebbero cambiate, che le sue menzogne e che quel sacrificio a cui aveva sottoposto a sé stesso sarebbe stato vano, ma sapeva che non sarebbe stato così.
Sapeva che la bestia che abitava in lui avrebbe ruggito di nuovo, sapeva che la brama del suo sangue sarebbe risalita nelle sue vene, annebbiandogli il cervello, rendendolo folle. Yuri non aveva bisogno di false promesse, lo sapeva bene e lui non era intenzionato a dargliele.
Il più piccolo si allontanò di nuovo di qualche centimetro e aprì leggermente bocca per dirgli forse qualcosa, ma fu interrotto dalla porta che si aprì di scatto. Entrambi si voltarono verso l’ingresso, per vedere Kota, che stringeva fra le mani una cartellina colorata e che li fissava con lo sguardo di chi si è reso conto di aver interrotto qualcosa.
« Kota? » sibilò Yuya alzandosi in piedi.
« Emh… ho qui i documenti. Mi avevi chiesto di portarteli il più velocemente possibile e quindi… »
« E quando hai visto che eravamo solo io e lui non ti sei posto nessuna domanda? » ringhiò muovendosi di un passo verso il più piccolo.
« Scusa. » si limitò a dire.
Yuri accennò una risatina debole, stringendo entrambe le sue piccole mani intorno a quella molto più grande di Yuya, tirandolo leggermente verso di sé.
« Lascialo stare dai. »
Yuya schioccò la lingua e tornò a fissare Kota.
« Almeno mi hai portato i documenti? » sibilò allungando la mano libera verso di lui.
« Certo. » gli porse la cartellina e Yuya la prese con un gesto secco e si sedette di nuovo sul tavolino, sfogliando rapidamente i fogli.
« Perfetto. Ora, scusatemi ma ho un appuntamento con gli assistenti sociali. »
Kota alzò un sopracciglio, ma preferì non chiedere altre spiegazioni e si spostò in fretta per farlo passare. Rimase da solo con il ragazzino e sospirò, avvicinandosi.
« Come ti senti? Kei è molto preoccupato. »
« Sto abbastanza bene. Gli antidolorifici stanno facendo il loro lavoro. Dopo magari chiamo Kei e lo tranquillizzo. »
« Avrebbe voluto venire a trovarti, ma… poi ha avuto una crisi pensando all’ospedale ed rimasto a casa. » mormorò Kota distogliendo lo sguardo.
« Tranquillo, non è un problema. » Yuri tentò di sistemarsi come meglio poteva, alzandosi a sedere e appoggiandosi con fatica allo schienale del lettino « Che documenti hai portato? »
« Quelli che attestano che è davvero il tuo tutore e cose così. »
Yuri annuì, lentamente, chiedendosi che cosa sarebbe successo da quel momento in avanti per lui, se le cose sarebbero un po’ cambiate. Osservò il regalo che aveva comprato per Yuya quella mattina, ripensò a quell’abbraccio di poco prima e si convinse del fatto che quella paura che aveva letto nei suoi occhi non era semplice paura di perdere una puttanella.
Forse, almeno un po’, Yuya gli voleva davvero bene. Socchiuse gli occhi pensando a come sarebbe stato bello se il più grande lo avesse amato e senza nemmeno accorgersene, si addormentò sorridendo.

**

Yuri rimise piede in casa zoppicando, aiutato dalla stampella, dopo una settimana di ricovero in ospedale. Si appoggiò al braccio di Yuya quando appoggiò la stampella contro il muro dell’ingresso, per poi sedersi con non poche difficoltà sul divano.
« Come stai? » domandò piano Yuya.
« Sono stanco. » mormorò il più piccolo trattenendo uno sbadiglio « Sono un po’ stordito dagli ultimi antidolorifici, credo. »
« Puoi andare a dormire in camera, se vuoi. » commentò lo yakuza.
Yuri guardò intorno. Gli effetti della sua assenza si notavano. I panni sporchi e non del più grande erano sparsi in tutta casa, nel lavello delle pentole e dei piatti sporchi, mentre il tavolo erano invaso da resti di cibo cinese o del chiosco sotto casa loro, per non parlare della cappa di fumo che stagnava in cucina e in salotto.
« No. Non ho voglia di dormire, devo solo riposare la gamba. » mentì distogliendo lo sguardo da quello penetrante del più grande.
Si alzò in piedi, zoppicando in cucina, afferrando una busta vuota e iniziando a buttarci dentro tutta la spazzatura che era possibile raggiungere con una sola mano. Yuya si avvicinò velocemente a lui, fermandogli il braccio e allontanandolo dal tavolo.
« Che fai? »
« Sistemo, no? » esclamò Yuri, la voce più alta del normale « Guarda qua in che condizioni sei stato. Ah, mi dispiace. Sono veramente stupido, puoi dirlo se vuoi. » annaspò cercando di liberarsi, senza successo, dalla stretta dell’uomo.
« Yuri, stavi per morire, che me ne frega della casa? »
« Ma io sto qua per questo no? Mi hai comprato perché ti sistemassi casa, ti cucinassi e fosse sempre tutto in ordine. Oltre che avere qualcuno da scoparti quando vuoi. » aggiunse infine « E se non posso sistemare, né fare sesso, allora tu mi darai via. »
« Yuri, sei stato investito. Sai quanto me ne importa di tutto il resto? Devi rimetterti in salute. Se facessi lavorare in queste condizioni, sarei un mostro. »
« Più del normale? » si lasciò sfuggire il più piccolo.
Yuya lo lasciò all’improvviso, come se la sua pelle scottasse, allontanandosi di un passo da lui e guardandolo ad occhi sbarrati.
« No, aspetta. Yuya, mi sono spiegato male, io… »
« No, hai perfettamente ragione. » ridacchiò l’altro interrompendolo « Sai che ti dico? Vado a fare un giro. Non aspettarmi, ok? Fai quello che ti pare. »
« Ma, Yuya, aspetta un attimo… » tentò di dirgli Yuri, arrancando come meglio poteva dietro l’uomo, scivolando poi a terra e gemendo dal dolore.
Yuya si voltò verso di lui, rimanendo sulla soglia di casa. Osservò la richiesta di aiuto dell’altro, ma decise di ignorarla.
« Sono un mostro, no? » sussurrò solo prima di chiudersi la porta di casa alle spalle e lasciarlo solo.

**

Quando Yuya rientrò in casa prese un profondo respiro e poi si tolse i mocassini. Accese la luce, entrando poi in cucina e gli scivolarono le buste di mano. Yuri era sdraiato a terra, addormentato, con delle borse del ghiaccio sulla gamba che aveva sbattuto qualche ora prima. Tremava leggermente e non sembrava rendersi conto di dove si trovava.
Yuya sospirò, lasciandosi cadere in ginocchio accanto a lui, osservandolo a lungo. Si tolse la giacca, posandola sulle spalle di Yuri e facendo poi passare le braccia sotto il suo corpo, alzandosi in piedi e portandolo in camera.
Scostò con un gesto rapido le coperte, per poi coprirlo fino al collo, stando attento a non colpirgli la gamba o il braccio o lo zigomo. Stava per andarsene quando sentì la mano di Yuri afferrare la propria. Si voltò di scatto, un po’ nervoso per quello che sarebbe accaduto da lì a poco.
Magari Yuri avrebbe cambiato idea e sarebbe tornato dall’assistente sociale e avrebbe spifferato tutto alla polizia. La sola prospettiva lo atterriva.
« Vedi che non sei un mostro? » sussurrò solo Yuri ancora con gli occhi socchiusi.
« Tu… non sono così buono e lo sai. »
Yuri lasciò la mano, infilando di nuovo il braccio sotto le coperte.
« Vieni a dormire dai. Ho sonno. » mormorò « E non fumare, puzzi di alcol e fumo. » biascicò prima di dargli le spalle e tornare a dormire.
Yuya rimase in silenzio, continuando ad osservarlo e poi si spogliò rapidamente infilandosi il pigiama e poi stendendosi accanto a Yuri. Il più piccolo aprì gli occhi, sorridendogli leggermente, ancora addormentato.
« Yuya… » chiamò.
Il più grande prese il posacenere, posandolo sul proprio addome e accendendosi una sigaretta.
« Mh? »
« Tu ci credi nell’amore? » sussurrò socchiudendo gli occhi.
« L’amore? Che scemenze dici? » ridacchiò lo yakuza senza guardarlo.
« Sono serio. In ospedale ho letto un sacco di riviste per ragazze no? E c’era un articolo abbastanza interessante. »
Sbadigliò, alzandosi a sedere, ormai preso dal discorso e dall’apparente interesse di Yuya. Gli rubò la sigaretta dalle labbra, fumandola a sua volta. Yuya si finse stizzito e se ne accese un’altra.
« Beh, di che parlava quell’articolo? Di come smaltarsi le unghie? » commentò sarcastico il più grande.
« Idiota. » ridacchiò Yuri « Diceva che secondo gli esperti l’amore dura tre anni. L’amore vero, intendo. Qualcosa di più di mille giorni. Non lo trovi un po’ deprimente? »
Yuya ci pensò su per qualche secondo.
« Non lo so. Ci sono molte coppie che rimangono insieme per tutta la vita no? » si limitò a dire.
« Appunto. Quindi secondo te è vero? L’amore vero dura solo tre anni? »
Yuya scosse le spalle, non sapendo bene che cosa dire o come comportarsi.
« Non credo. Quelle sono tutte stronzate che gli scienziati dicono per avere più soldi per perdere tempo. »
Yuri appoggiò la testa sullo stomaco di Yuya, continuando a fumare in silenzio.
« Meno male. Sarebbe stato… triste rendersi conto che forse l’amore vero non esiste. »
« Sembra che tu stia leggendo una favola, in questo modo. » lo prese in giro Yuya.
« E allora? E’ così sbagliato sognare? » domandò piano « Sai, quando ero piccolo e avevo gli incubi, accendevo la luce e leggevo il libro delle favole. Allora mi tranquillizzavo e tornavo a dormire. »
Yuya continuò a fumare, lentamente, non sapendo bene che cosa dire.
« Leggi le favole anche da quando sei qua? » domandò in un sussurrò.
« …tu non sei un incubo Yuya. Sei reale e le favole non servono contro le cose reali. Ma ci ho fatto l’abitudine sai? Mi va bene così, perché non avrei sopportato una vita in una famiglia adottiva. Molti ragazzi al capannone… erano stati venduti, proprio come me. E alla fine che differenza fa o prima o dopo. Sarebbe stata questa la mia fine, no? »
Yuya rimase in silenzio, a lungo, prima di alzare una mano e accarezzargli la testa, lentamente, senza dire altro, senza riuscire a pensare a nulla.
Yuri non sembrava intenzionato a ricevere una risposta, e si sedette sopra le sue gambe, spostando il posacenere. Yuya fu investito dal calore e dalla morbidezza della pelle del più piccolo, desiderava solo toccarlo, ma non era il momento. Stava male. Era stato investito e almeno quello glielo doveva
« Yuri… » ansimò Yuya tentando di contenersi.
« Eddai. Approfittane no? Forse è la morfina, ma che t’importa? Ho voglia Yuu. Incredibilmente voglia. »
« Ma stai male, la gamba e il braccio e… »
Yuri si piegò su di lui, accostando la bocca al suo orecchio.
« Allora fai dolcemente, no? » mormorò piano, mordendogli il lobo.
Yuya lo afferrò per i fianchi, facendo scivolare le mani sotto la maglietta, sfiorandogli la pelle calda e socchiuse gli occhi, portandolo sopra il proprio inguine. Un po’ si stupì di sentire come piano piano l’erezione di Yuri si faceva dura, non era abituato a vederlo eccitato o, addirittura, sentirgli dire chiaramente che aveva voglia di fare sesso.
Decise però di lasciarsi tutto alle spalle e gli tolse la maglietta, toccandolo e baciandolo sulla bocca, non sentendo ancora una volta nessuna esitazione o nessun rifiuto nel ricambiare quel bacio. Gli tolse i pantaloni e sentì le mani di Yuri toglierli a lui e fu travolgente nel sentirgli prendere l’erezione in mano, nel sentire quelle dita sfiorarlo lentamente, come se lo stesse torturando, senza contare poi quelle labbra che adorava che gli leccavano la punta.
Se non lo avesse guardato negli occhi e non vi avesse letto il divertimento, Yuya avrebbe detto che era titubante, ma quando meno se lo aspettò lo vide prenderlo del tutto in bocca, mordicchiarlo e leccarlo e succhiarlo come mai era successo in quei due anni. Gli strinse i capelli fra la mano, rallentando il ritmo fin da subito veloce di Yuri.
Voleva godersi quei momenti, voleva godersi quella mani, quella bocca, quella lingua senza nessun pensiero. Lo allontanò da prima di venire in bocca e lo tirò quasi bruscamente su di sé, ma Yuri ridacchiò e lo baciò ancora e ancora, mentre Yuya gli toccava la schiena, fino a raggiungere il sedere e per la prima volta infilò lentamente un dito dentro di lui. Yuri gemette e spinse indietro il bacino contro quel dito e Yuya allora continuò a prepararlo, sentendo i gemiti del più piccolo riempire l’aria della loro stanza.
Fu Yuri a decidere che era arrivato il momento di andare oltre. Si allontanò dalla mano dello yakuza e afferrò l’erezione di Yuya, spingendosi lentamente su di essa, osservando la faccia di Yuya mentre godeva, mentre gli stringeva le mani sui fianchi e spingeva dentro di lui, sempre più forte, mentre lo toccava e Yuri si sentì finalmente bene, desiderando solo che le cose continuasse così per il resto della sua vita.
Venne sullo stomaco dello yakuza, appoggiandosi al suo petto con le mani, mentre Yuya continuava a spingere contro di lui, dentro di lui, sempre più fondo, fino a che non lo sentì venire.
Si lasciò ricadere accanto a lui, incurante del dolore al braccio e alla gamba e si accoccolò nuovamente contro il corpo bollente di Yuya, baciandolo ancora e ancora, come se non riuscisse più a smettere.
« Buon compleanno. » sussurrò ansimando fra i baci « Anche se in ritardo. »
Yuya lo strinse a sé, facendo passare una mano sulla sua piccola schiena, come se non volesse farlo scappare.
« E’ per questo che sei uscito la settimana scorsa? » domandò piano lo yakuza, mordicchiandogli le labbra.
« Sì. » Yuri si divincolò dalla stretta, aprendo poi il cassetto del comodino e porgendogli un pacco colorato « Pensavo di darti questo, ma forse conoscendoti il sesso era più gradito. » mormorò imbarazzato.
« Oh. Beh sì… insomma, quando hai voglia… sei molto eccitante. » commentò imbarazzato il più grande prendendo il regalo « Ma non era necessario che tu ti sforzassi, insomma, so che ti fa schifo fare sesso con me, quindi… »
Yuri lo baciò ancora e ancora, interrompendolo.
« Taci. » sussurrò « Mi andava e non mi stavo sforzando o altro. » sorrise, lievemente « Ora apri il pacco. »
Yuya annuì e dentro la scatola della gioielleria vide un elegante orologio da completo, con il quadrante in vetro montato in acciaio intorno al cinturino di pelle.
« Ti stavi lamentando che il tuo si era rotto durante un viaggio d’affari no? Beh, spero ti piaccia. Dovrebbe essere abbastanza eccentrico visto che sei uno yakuza. »
« E’ molto bello. » ammise Yuya e dovette ringraziare l’oscurità della stanza che nascose il suo imbarazzo « Lo metterò subito domani. Grazie. »
Yuri annuì, soddisfatto e infilò di nuovo il pigiama, tornando sotto le coperte.
« Ora si che ho veramente sonno. » sbadigliò « Buonanotte Yuya. »
« B-Buonanotte Yuri. » sussurrò piano lo yakuza, ancora interdetto da tutto quello che era accaduto nelle ultime ore.
Appoggiò il regalo sul comodino e fumò l’ultima sigaretta, osservando Yuri dormire e accarezzandogli il volto.
Avrebbe voluto proteggere per sempre quel ragazzo da tutto ciò che era lui stesso gli faceva, ma sapeva che sarebbero state solo false promesse. Avrebbe potuto cambiare, ma non sapeva se sarebbe successo.
E quel dubbio, anzi, quella certezza che forse non sarebbe mai cambiato niente lo feriva e sapeva che non c’era nulla che si potesse fare.
Spegnendo la sigaretta, si disse che almeno poteva provarci. Non poteva essere così tremendo tentare di dimenticare il passato.
« Buonanotte. » sussurrò ancora mettendosi su un fianco a sua volta.
Yuri si spinse indietro, volontariamente o meno Yuya non avrebbe saputo dirlo. Eppure sapeva bene che cingergli il fianco con un braccio per stringerlo a sé era stato un gesto più che volontario e che quel calore e quella persona lo faceva stare bene.
E vedere il sorriso di Yuri lo fece dormire, almeno per quella notte, più serenamente del solito.

challenge: 500themes ita, challenge: maritombola 2012, fandom: hey!say!jump, pairing: takaki x chinen

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