Titolo: Yami wo ukeire futatabi asa kuru
Fandom: Hey!Say!Jump
Pairing: Takaki Yuya x Chinen Yuri
Rating: NC17
Avvertenze: Slash, AU!, Violence, Age Difference, Non-Con
Disclaimer: I personaggi non sono miei, tutti i diritti riservati e i fatti narrati sono frutto della mia fantasia. La storia non è scritta con scopo di lucro.
Riassunto: Per quanto odiasse sentire il corpo di Yuya contro il proprio, non voleva morire. Non ancora.
Note: Scritta per la
10disneyfic con il prompt “Drago”, per il
mmom_italia e per la Zodiaco!Challenge di
fiumidiparole con il prompt “Angst” e per la
24ore con il prompt “Piangerò”.
WordCount: 3327 @
fiumidiparole **
Takaki Yuya afferrò il ragazzino per i capelli, tirandoli quasi fino a strapparglieli, mentre con l'altra mano teneva fra le dita un coltello abbastanza affilato, iniziando a farlo passare con poca delicatezza sulla schiena del più piccolo, ferendolo.
Il ragazzino si morse un labbro a sangue. Non gli avrebbe la soddisfazione di vederlo gemere dal dolore.
Yuya si limitò a fare un sorriso malvagio. Afferrò il ragazzino per i fianchi, cominciando a spingere più brutalmente dentro di lui.
Osservò quel corpo per un secondo. Chinen Yuri, il suo piccolo schiavo sessuale, aveva le mani legate dietro la schiena e nascondeva la faccia nel cuscino, mordendolo con tutte le forze che aveva, mentre Yuya spingeva dentro di lui, incurante di quello che il più piccolo potesse provare.
Lo afferrò per i fianchi, alzandolo sulle ginocchia, tirandogli di nuovo indietro la testa, per farsi sentire meglio, più in profondità e più dolorosamente, l'erezione dentro al suo corpo.
Riprese il coltello, continuando a lasciare tagli più o meno profondi intorno alle scapole ben definite, prima di scivolare verso il basso, lasciando delle scie di sangue dietro il suo passaggio.
Si chinò su di lui, leccandogli lentamente il collo, finendo poi dietro il lobo, ansimandogli dentro l'orecchio, con la voce resa roca dall'eccitazione. Ignorò volutamente la smorfia di disgusto del più piccolo.
In fondo, non che gli interessasse più di tanto. L'importante era che fosse lui a godere.
Socchiuse gli occhi, spingendo con ancora più forza dentro di lui, senza riuscire a pensare ad altro.
I suoi gemiti si fecero sempre più alti, più rochi, mentre il ragazzino serrava gli occhi con tutta la forza che aveva.
Desiderava solo che finisse presto. Niente altro.
Si sentì quasi meglio quando lo sentì venire dentro di sé. Significava poter stare tranquillo, almeno per un po'.
Aprì lentamente gli occhi, mentre Yuya usciva dal suo corpo, spostandolo con poca grazia. Chinen cadde sulla schiena, le braccia che gli dolevano per la mancanza di sangue e il bavaglio che aveva legato intorno alla bocca che lo stava quasi per soffocare.
Osservò lo yakuza alzarsi dopo pochi secondi dal letto e dirigersi nudo verso il frigo, prendendosi una birra.
Chinen osservò la sua schiena allontanarsi. Osservò il tatuaggio, su quella schiena. Un enorme drago, finemente tatuato e colorato.
Partiva da poco dopo la fine della schiena, con la coda che si attorcigliava su sé stessa, per poi aprirsi lungo tutta l'area, coprendo quasi ogni singolo centimetro.
La bocca spalancata che sputava fuoco terminava sulla spalla.
Odiava quel tatuaggio. Era la prima cosa che si ricordava di aver visto di Yuya e ricordava di averne avuto paura. Odiava tutto in quell'uomo, per quanto era proprio grazie a lui se era ancora in vita.
Avrebbe voluto strappare tutta quella pelle dal corpo di quell'uomo.
Yuya si voltò verso di lui, osservandolo con un sorrisetto.
« Sei più bello pieno di sangue e sperma, Yuri. » lo derise aprendosi la lattina e bevendo un sorso « Dovresti rimanere così per sempre. »
Si sedette sulla sedia, continuando ad osservarlo. Si sentiva di nuovo eccitato, ma non aveva tempo per scoparselo un'altra volta.
Gettò un'occhiata all'orologio appeso al muro della cucina, ignorando i mugolii del ragazzo ancora legato al letto.
Poi lasciò la lattina sul tavolo, avvicinandosi di nuovo.
Gli montò sopra, sedendosi sul suo stomaco e iniziando a masturbarsi. Socchiuse gli occhi, la sua mano che scivolava già abbastanza velocemente sulla propria erezione, sentendosi di nuovo del tutto eccitato.
Ansimò a voce alta, continuando a muovere la mano, su e giù, prima di lasciar perdere e di guardare il ragazzino. Gli tolse malamente la benda, alzandola dalla bocca, incurante di aver coperto parte del volto.
Gli afferrò i capelli, infilandogli l'erezione in bocca, subito fino in fondo alla gola, muovendola avanti e indietro, ignorando i borbottii e il respiro affannato dell'altro, in cerca di fiato e di aria per respirare.
Poi, dato che non era ancora intenzionato a soffocarlo, lo lasciò andare, togliendogli del tutto il bavaglio e venendogli con uno spasmo in faccia, sporcandolo.
Si lasciò cadere al suo fianco, ansimante. Si sentiva bene.
Il sesso era veramente appagante. Specialmente con Yuri. Era bravo a letto per quanto poco collaborativo.
Quando lo aveva scelto, circa due anni prima, ci aveva davvero visto lungo.
Si vestì in pochi minuti, poi si frugò in tasca, voltando malamente il ragazzo sulla pancia e liberandogli i polsi.
Il ragazzo gemette di sollievo, lasciandosi andare sul materasso. Poi Yuya si chinò su di lui.
« Quando torno, vedi di essere più collaborativo di oggi. Non vuoi davvero farti male, vero? » sussurrò al suo orecchio.
Non attese risposta che, sapeva, non sarebbe arrivata. Ridacchiando, andò via.
Chinen rimase per qualche minuto immobile nel letto. Ansimava, cercando di riprendersi da quelle ore infernali, come ogni giorno.
Yuya sarebbe rimasto fuori fino a sera, lo sapeva. Forse sarebbe tornato anche più tardi, dopo cena e questo gli lasciava abbastanza tempo per fare quello che voleva.
Si alzò in piedi, cercando di fare attenzione alle ferite aperte e poi si vestì. Aveva fame.
Quando era stato comprato da Yuya, non aveva di certo idea di quello che avrebbe dovuto subire, ma, fondamentalmente, poteva andargli peggio. Yuya non aveva alcun rispetto per lui, non gli importava se soffrisse, se stesse bene o che altro.
Ma sapeva che era meglio di quanto non potesse aspirare. Aveva un letto, dei vestiti e dei soldi.
Gli altri come lui, quelli che erano stati venduti per pagare i debiti erano stati usati per scopi orribili. Molti di quelli che aveva conosciuti in quei pochi giorni, prima che Yuya entrasse in quella bettola, erano morti. Chi non aveva retto la vera prostituzione minorile, chi era morto macellato in qualche buco di fogna dopo che gli erano stati tolti gli organi.
E, per quanto odiasse sentire il corpo di Yuya contro il proprio, non voleva morire. Non ancora.
Si vestì, lentamente. Scese in strada. Il quartiere era completamente gestito dagli yakuza e, anche se avesse voluto, sarebbe stato difficile andarsene senza farsi vedere.
Era diventato un protetto di Takaki Yuya, il figlio del boss che controllava tutte le attività e sembrava che su di lui si trovasse una condanna di morte sicura. Eppure Yuya non voleva ucciderlo.
Solo scoparselo. Più e più volte. E per Chinen, poteva farci quello che voleva con il suo corpo.
L'importante era che gli permettesse, prima o poi, di compiere la sua vendetta. Nulla di più.
In fondo, vivere in quel quartiere poteva essere più redditizio di quello che ci si poteva aspettare.
Entrò lentamente dentro il ristorante di ramen. Il padrone, un vecchietto che non sembrava temere nessuno dei loschi figuri che entravano nel suo ristorante, lo salutò con un cenno del capo.
Chinen si sedette al bancone. Ordinò una birra e del ramen al manzo.
« Non sei un po' troppo piccolo per della birra? » gli domandò, come ogni giorno.
Il più piccolo sorrise.
« Ho già sedici anni. So usare una pistola e abito con il figlio del boss. Posso bere una birra in santa pace, ne sono sicuro. » borbottò nervoso, come ogni giorno.
L'altro sospirò, porgendogli dopo pochi minuti una ciotola di ramen.
La mangiò, avidamente. Aveva davvero fame. Era dalla mattina prima che non mangiava, a causa di Yuya.
Bevve di tanto in tanto la birra, cercando di svuotare la mente. Si rilassò, per quanto fosse capace di rilassarsi.
Poi, se ne andò a fare un giro.
Yuya sbuffò in macchina. Era al volante e voleva solo tornare a casa.
A dormire, nonostante l'idea di farsi fare un altro pompino da Chinen poteva risultare abbastanza interessante.
Aveva la schiena a pezzi. Odiava rimanere da solo in macchina. Si sistemò meglio, socchiudendo gli occhi.
Yuya era andato a vedere vedere quella banda di ragazzini che erano stati rapiti, venduti o che erano orfani e che la yakuza aveva radunato in un unico capannone.
Li aveva scrutati uno ad uno, poi si era fermato su Chinen. Il ragazzino non aveva la paura negli occhi, né evidenti segni di malnutrizione.
Sembrava abbastanza in salute per uno che era finito in quel giro.
« Come ti chiami? » chiese afferrandolo per il mente e alzandogli la testa.
« Chinen Yuri. » fu la secca risposta che ricevette..
Yuya aveva sorriso prima di tirargli uno schiaffo in pieno volto, facendolo cadere a terra. Il più piccolo si era rialzato, gli occhi lucidi e il naso e il labbro che sanguinavano.
« Non mi piacciono i bambini strafottenti. Hai idea di chi hai di fronte? »
« No. E se anche fosse, dovrei avere paura? » aveva replico Chinen, guardandolo negli occhi.
La risata di Yuya si era fatta più amara. Lo aveva afferrato per i capelli, alzandolo in piedi, poi lo aveva lanciato contro due sottoposti.
« Buttatelo in macchina. Vieni a casa con me. Nel frattempo, potete fargli quello che volete. L'importante è che sia vivo quando torno. »
I due uomini lo avevano afferrato e Yuya aveva schioccato la lingua, infastidito dalle urla del bambino.
Aveva quattordici anni. Abbastanza per sapere che ci poteva essere di peggio nella vita, oltre all'essere venduto dai propri genitori per pagarsi i debiti con la yakuza.
Da quel momento, Chinen era diventato una sua proprietà.
Chinen sbuffò, osservando pigramente la televisione. Erano le due passate, di Yuya nemmeno l'ombra. Decise di infilarsi a letto.
Era stanco e aveva sonno.
Avrebbe pensato allo yakuza, al suo rientro. Si gettò sul letto, solo con un paio di boxer. Quando sarebbe tornato, Yuya sarebbe stato già di pessimo umore e non aveva intenzione di farlo innervosire ancora di più.
Se era quello che voleva, quello gli avrebbe dato.
Quando si risvegliò, era ancora da solo nel letto. Si guardò intorno e non c'era nessuna presenza del passaggio di Yuya.
Senza preoccuparsi troppo delle sorti dello yakuza, tanto era sicuro che fosse in grado di difendersi da solo, Chinen si vestì di nuovo.
Aveva caldo e non voleva rimanere chiuso in casa. Se Yuya fosse tornato prima di lui, lo avrebbe chiamato. O lo avrebbe cercato di persona, afferrandolo per un polso e sbattendolo in casa.
Era già capitato. E sapeva come sarebbe andata a finire.
Stava uscendo di casa quando il più grande uscì dall'ascensore. Gli sorrise, malignamente, e lo spinse di nuovo dentro. Lo spogliò, con una rapidità che sconcertò il più piccolo, gettandolo sul tavolo e prendendolo come un animale.
Non gli interessavano i giochi sessuali, non gli interessava legarlo o bendarlo. Voleva solo scoparselo e, da un certo punto di vista, era meglio così.
Sarebbe finita prima.
Quando Yuya lo lasciò, Chinen si guardò addosso, una smorfia di disgusto sul volto. Yuya, adesso steso sul letto, la bocca del drago in vita oltre la sua spalla, non aveva perso il suo sorrisetto.
« Ti fa così schifo? Perché non ti uccidi allora? »
« Non te la darò vinta, sappilo. » replicò Chinen guardandolo e dirigendosi in bagno.
« Ah già. La tua stupida vendetta. » borbottò Yuya stiracchiandosi, disinteressato « Non hai mai ucciso qualcuno a sangue freddo. Sei solo un moccioso. »
Chinen rimase in silenzio.
Aveva ragione. Fottutamente ragione. Era solo un moccioso che si faceva scopare come una puttana.
Aveva imparato ad usare una pistola, a smontarla e rimontarla. A caricarla. A gestire una situazione di pericolo.
Ma non era un assassino.
Schioccò la lingua, irritato. Poi si vestì di nuovo. Era stanco di dover aspettare.
Chinen correva velocemente lungo i vicoli del quartiere. Era riuscito a prendere un bus e poi la metropolitana.
Aveva chinato la testa, cercando di non dare troppo nell'occhio, ma le ferite sul volto, i lividi e i vestiti logori non lo aiutavano.
Doveva solo resistere un altro po'. Solo un altro po' e poi non avrebbe più dovuto sopportare quello yakuza, quelle mani, quella lingua, quel corpo che spingeva nel suo, ad ogni ora del giorno e della notte, violentandolo senza dargli pace.
Solo un po'.
E poi tutto sarebbe tornato come prima. I suoi genitori avrebbero fatto qualcosa per proteggerlo questa volta, ne era sicuro.
Scappò via dalla galleria della metropolitana, come se sentisse di nuovo su sul collo il fiato da animale di Yuya, che lo perseguitava in ogni momento.
All'aria aperta prese un profondo respiro. Doveva solo resistere un altro po'.
Quando era giunto al nuovo indirizzo, avuto da altri yakuza solo tramite altri favori sessuali, Chinen sentiva gli occhi lucidi di gioia.
Arrivò al luogo che gli interessava che era passata da poco l'ora di cena. Gettò uno sguardo al suo orologio.
Le nove di sera. Aveva fame. Ma avrebbe mangiato fra poco. Con i suoi genitori.
Rimase fermo dietro una macchina, osservando la piccola villetta, uniforme a tutte le altre. La neve cadeva a fiocchi su di lui e tremava dal freddo, ma non gli interessava. Ancora poco e la sua vita sarebbe tornata quella di sempre.
Stava per muoversi quando vide la porta aprirsi. Sua madre, bella come sempre, si stava sistemando il cappotto e la sciarpa. Suo padre, dietro di lei, stava finendo di allacciarsi le scarpe.
Ricordava dove abitava prima. Era un appartamento piccolo, dove faticavano a vivere tutti e tre. Ma a lui piaceva lo stesso.
Si chiese dove avessero trovato i soldi per comprarsi quella villetta. Sentiva il fiato pesante, gli occhi che lentamente si riempivano di terrore di fronte alle congetture che la sua mente stava costruendo.
Li vide avvicinarsi e l'auto si illuminò a distanza. Chinen soffocò un grido spaventato, nascondendosi dietro il furgoncino vicino.
« Mi piace l'inverno. » sentì dire da sua madre « La neve è davvero bella, non credi caro? » chiese sorridendo al marito.
« Sì. E poi, questo è il giorno della nostra rinascita. Adesso che non abbiamo più debiti... è tutto più semplice, vero? »
Chinen sentì il fiato mancargli, le lacrime affollarsi sul bordo degli occhi.
« E' stata una fortuna aver potuto trovare un modo così semplice per eliminare tutto. Yuri alla fine, ha fatto solo il suo lavoro liberandoci della sua presenza. »
Le loro parole furono soffocate dal rombo della macchina, che partì pochi secondi dopo. Il più piccolo sentiva le forze marcargli e scivolò a terra, in mezzo alla neve.
Non riusciva a respirare, non aveva nemmeno la forza per piangere.
Si sentiva inutile ed abbandonato.
Quando si rialzò e tornò sul marciapiede, vide appoggiato al furgoncino Yuya con le mani in tasca.
Sussultò, soffocando un grido di sorpresa con le mani. Sentiva la paura circolare dentro tutte le cellule del suo corpo.
L'uomo gli gettò a malapena un'occhiata. Poi afferrò per il colletto del giacchetto di jeans che indossava e spinse sul sedile anteriore della macchina. Chinen non osava nemmeno respirare. A Yuya davano fastidio i suoi singhiozzi.
L'uomo entrò nel posto del guidatore, aprendo il finestrino e accendendosi una sigaretta, schioccando un'altra volte la lingua, sempre più irritato.
Alzò una mano e Chinen si accucciò su sé stesso, pronto ad accusare un colpo che però non arrivò mai.
Sentì un nuovo schiocco di lingua e poi la mano che gli copriva la testa con il cappuccio della felpa troppo grande, ricadendo oltre gli occhi. La mano rimase ferma per qualche secondo su di lui, poi lo vide appoggiare un piede contro la macchina e sistemarsi meglio per fumare.
« Fingiamo che per ora i tuoi singhiozzi da moccioso non mi diano fastidio. Puoi piangere se vuoi. » sentì solo.
Chinen annuì lentamente, sussurrando qualcosa che Yuya non capì ma che interpretò come un “grazie” sommesso. Il più piccolo si tirò le gambe al petto e poi affondò i suoi singhiozzi fra le ginocchia.
Rimasero fermi per delle ore.
Da quel momento, Yuya, forse comprendendo anche troppo bene i pensieri di Chinen, aveva iniziato a dargli vaghe lezioni di difesa, giustificandosi che non gli sarebbe piaciuto cambiare di nuovo schiavetto.
Chinen aveva deciso che sarebbe diventato più docile. Da quel momento aveva una vendetta da compiere.
Chinen si riscosse. Era arrivato il momento. Quello che attendeva e che bramava da più di un anno, da quando aveva visto i suoi genitori, da quando li aveva sentiti dire che da quando era stato venduto le cose andavano meglio, da quando aveva visto che a loro non importava niente di lui.
Voleva solo vendetta. Il resto non contava. Che Yuya lo riempisse di botte, che lo legasse ad un letto stuprandolo quanto voleva.
Doveva farlo.
Era ritornato nello stesso luogo di un anno prima. Nevicava di nuovo. Questa volta non aveva attirato su di sé nessuna attenzione.
Sembrava un normale adolescente che tornava a casa. Sentiva la pistola premere contro il fianco, nascosta nella tasca interna del giacchetto.
Aveva salito i gradini velocemente, senza guardarsi intorno e poi aveva bussato. Quando la madre aveva aperto, l'aveva semplicemente spinta dentro, chiudendosi la porta alle spalle.
Aveva tirato fuori la pistola, senza dire una parola. Aveva spinto sua madre e suo padre dentro la stanza da letto, continuando a rimanere in silenzio.
Lo avevano riconosciuto, ne era più che sicuro. Ed era quello a spaventarli più di tutto, non la pistola.
Se lui fosse tornato, avrebbero dovuto dire addio alla loro bella vita da ricchi.
Caricò la pistola, lentamente. Udì il proiettile entrare in canna e rimase fermo, la pistola puntata verso la madre. Prima lei. Poi il padre.
La mano gli tremava e aveva gli occhi lucidi. Aveva aspettato un anno per quel momento, perché non riusciva a farlo?
Sentì dei passi alle sue spalle. Li avrebbe riconosciuti anche ad occhi chiusi. Non si voltò, nemmeno.
« Riesci sempre a trovarmi, Takaki? » sibilò.
« Beh, sei la mia puttana, è ovvio che ti trovi sempre. » fu il commento dell'altro, che si appoggiò contro il muro, a braccia conserte.
« Perché sei qua? »
« Se esci da qua pieno di sangue, qualcuno potrebbe fermarti. E io ho già abbastanza problemi con i mocciosi che escono di testa. Controllare te è più facile. » si accese una sigaretta.
Chinen tornò a puntare gli occhi contro i genitori. Posò il dito sul grilletto, continuando a tremare.
Yuya sbuffò nuvole di fumo dalla bocca. Si avvicinò di nuovo a lui, accostando la bocca al suo orecchio. Chinen aveva smesso di tremare da mesi al suo respiro, ma quella volta sentì un brivido di paura scorrergli lungo la colonna vertebrale.
« Li vuoi uccidere no? Perché esiti? Vuoi che ti ricordi perché tu sei finito nella mia casa, costretto a soddisfare ogni mio capriccio? Guardali. Loro vivono in questa bella casa e tu... tu soffri ogni giorno. Non lo trovi ingiusto? » sussurrò piano.
Chinen annuì, lentamente, le guance rigate dalle lacrime.
« E allora muoviti. Premi quel grilletto e sbrigati. Ho voglia di fare sesso. »
Chinen prese un profondo respiro, socchiuse gli occhi e quando li riaprì ogni traccia di tentennamento era sparito.
Dalla pistola partirono in rapida successione due colpi. I cadaveri dei suoi genitori scivolarono a terra.
Chinen si sentì improvvisamente come svuotato da ogni cosa. Fece cadere la pistola a terra e poi scivolò sulle ginocchia. Yuya schioccò ancora la lingua, accendendosi un'altra sigaretta e poi raccolse la pistola.
Gli mise la sicura, infilandosela dietro i pantaloni. Lo afferrò per un braccio, alzandolo in piedi e spingendolo senza dare troppo nell'occhio in macchina.
Avviò il motore e partirono, in silenzio.
Chinen alzò gli occhi. Si sentiva incredibilmente bene. Aveva avuto la sua vendetta. Era soddisfatto.
« Sai una cosa Takaki? » disse piano « Alla fine, non è così ingiusto quello che mi è capitato. »
« Cosa dici, moccioso? Vuoi che ti picchi? » ringhiò interdetto l'uomo.
« Puoi farlo. Puoi picchiarmi. Puoi stuprarmi. Puoi farmi quello che vuoi. Ma è meglio stare con te, che so che tipo di persona sei, che continuare a vivere con loro. Se non mi avessero venduto due anni fa, lo avrebbero fatto un'altra volta. Io ero un impiccio per loro. Per te non lo sono. Ti sono utile, no? »
« Il tuo discorso non ha un senso. » si limitò a dire l'altro fermandosi ad un semaforo.
Chinen scosse le spalle.
Non gli importava quello che pensava Yuya. Non gli importava quello che pensavano gli altri.
Adesso, l'unica cosa che poteva e che voleva fare, era entrare nel gruppo della yakuza di Yuya.
Quello che accadeva al suo corpo, non era così importante alla fine.
Poteva andargli molto peggio.
Fine.