Liliana sentiva un dolore lancinante alla testa. Non riusciva a ricordare cosa le fosse successo, era stata fuori con le amiche e poi… il nulla. "Possibile che siano i postumi della sbornia? Non ricordo di aver bevuto. Però la mia memoria non è al massimo al momento… forse dovrei aprire gli occhi. No, forse è meglio di no, mi fa troppo male la testa."
Liliana sentiva freddo, stava scomoda e soprattutto le sembrava ci fosse un odore strano.
"Spero di non essere collassata nel bagno. Dove sono Mary e Judith? Devo aprire gli occhi."
Liliana socchiuse gli occhi con lentezza, per paura che la luce potesse ferirli. Ma si sbagliava, la stanza era buia, non riusciva a distinguere nulla. Improvvisamente fu completamente sveglia. C’era qualcosa che non andava. Alzò un braccio, ma il movimento fu bloccato dalla catena legata all’anello metallico che le stringeva il polso, provò con l’altro braccio ma ottenne lo stesso risultato.
"Deve essere un incubo, deve essere un incubo… Non può succedere davvero, non posso essere legata e imprigionata sul serio…" Liliana sapeva bene di essere sveglia, ma l’idea che qualcuno la tenesse segregata era inconcepibile, terribile e quasi impossibile da accettare. Freneticamente cercò di tirare la catena che legava insieme gli anelli, ma era fissata saldamente al muro e non dava segni di cedimento. Quando il dolore ai polsi aumentò smise. Anche la testa aveva cominciato a pulsarle, ondate di dolore e nausea la assalivano.
Provò ad chiamare aiuto ma la sua voce rimbombò nel locale, con l’unico risultato di peggiorare il suo mal di testa. Allora tese l’orecchio e si accorse di non riuscire a sentire il benché minimo rumore oltre al suo respiro affannoso.
La paura prese il sopravvento su di lei, cominciò ad urlare e a contorcersi provando a liberarsi, scalciando nell’aria, tirando con tutta la sua forza le manette. Quando le forze la abbandonarono, appoggiò la testa dolorante al muro e cominciò a piangere sommessamente.
"Cosa diavolo sta succedendo?" pensò ormai stremata "Cosa ho fatto di male?"
Si sentì molto stanca e nonostante cercasse di rimanere lucida in poco tempo scivolò in un sonno agitato.
- Adesso dovete dirmi come una cosa simile sia potuta succedere… No, non voglio scuse, voglio solo la verità! - Le urla provenienti dall’ufficio di Hotchner fecero sobbalzare Elle e Morgan che si guardarono. Non avevano mai visto il loro capo in quelle condizioni, era sempre così calmo e posato, come se niente potesse scalfire la sua imperturbabilità. Ma la situazione era straordinaria, non era mai accaduto che uno degli agenti fosse coinvolto fino a quel punto.
Quando li aveva messi al corrente della scomparsa di Liliana aveva il volto pallido e tirato, sembrava che improvvisamente tutta la sua energia avesse lasciato il suo corpo. Poi c’era stato il colpo di grazia.
Flashback
- Allora i problemi sono due…-
- Cosa vuoi dire? - chiese Hotchner incuriosito dalle parole di Gideon.
- Mi ha appena chiamato Garcia. Il direttore dell’FBI è nei nostri uffici e vuole immediatamente conferire con noi. Ha detto che dobbiamo presentarci a Quantico prima possibile. -
Erano tutti molto stanchi, avevano dormito poco e pensavano che la convocazione fosse solo una scocciatura. Solo Hotchner non sembrava toccato da quella richiesta, continuava a pensare a Liliana, cercava di convincersi che era solo andata da qualche parte senza avvisarlo. "Certo senza avvisare nessuno, senza cellulare, senza chiudere la porta di casa… devo fare ipotesi più credibili se voglio crederci. Dove sei Lil?"
Lil, che era entrata nella sua vita come un’onda di piena, con la sua risata silenziosa, coi suoi occhi di colore diverso, con la sua voglia di amare, con la sua calligrafia terribile e la sua puntigliosità… perché improvvisamente non riusciva a trovare in lei neanche un difetto?
Guardava fuori dal finestrino senza vedere il suo riflesso sul vetro né le luci della città. Elle lo osservava preoccupata, sembrava essersi estraniato dalla realtà e il suo sguardo era spento e vuoto.
"Non riesco neanche a immaginare cosa sta provando, dev’essere terribile non sapere cosa sta succedendo a qualcuno a cui si vuol bene." Avrebbe voluto abbracciarlo, fargli capire che gli era vicina ma pensò fosse fuori luogo.
Il direttore li aspettava in sala riunioni, seduto al tavolo come se fosse il suo regno, completamente a suo agio. Dalla sua espressione sembrava che dovesse solo sbrigare una formalità, un noioso contrattempo. Aspettò che tutti si fossero seduti, poi girò la sedia verso la parete di vetro e guardò gli uffici vuoti.
- Vi ringrazio per essere venuti, mi dispiace rubarvi tempo prezioso per il vostro riposo… -
- Si risparmi i convenevoli, se ci ha chiamato qui dev’essere successo qualcosa di grave. Ha intenzione di dircelo o dobbiamo indovinare? - lo interruppe seccamente Hotchner, perdendo la sua diplomazia.
Il direttore lo fissò per un momento, come avrebbe guardato un cucciolo che si rivolta contro la mano che gli porge il cibo; poi riprese il discorso. - Come stavo per dire prima di questa interruzione, è accaduto un fatto increscioso che potrebbe avere risvolti molto negativi… -
Hotchner pensò che se non fosse andato subito al punto lo avrebbe ucciso, non aveva tempo da perdere, doveva trovare Liliana.
Il direttore dovette accorgersi dell’impazienza dell’uomo perché improvvisamente si fermò a metà frase e dopo un sospiro riprese.
- Pavlovich è evaso. -
Fine flashback
Gideon entrò nell’ufficio e trovò Hotchner che fissava una fotografia di Liliana. Era stanco, era ormai mattina e lui non aveva dormito granché.
- E’ colpa mia. - gli disse senza staccare lo sguardo dall’immagine.
- No. - Jason si sedette di fronte al collega e lo scrutò per qualche minuto. - Non essere stupido, pensa a quante persone hai detto di non incolparsi inutilmente, non vorrai cadere nel loro stesso errore? - Hotchner annuì senza troppa convinzione.
- Sai che non potrai partecipare alle indagini, vero? - riprese Gideon.
- Puoi scordarti che io rimanga con le mani in mano. -
Gideon sorrise; sapeva che gli avrebbe risposto così. - Sei troppo coinvolto. - tentò di dissuaderlo.
- Tu cosa faresti al mio posto? - gli domandò Aaron a bruciapelo.
L’uomo più anziano aspettò qualche secondo prima di rispondere - Esattamente quello che stai facendo tu. - mormorò - Sia chiaro che il comando delle operazioni lo assumo io, tu non potrai interferire in nessun modo. Non farmi pentire di questa scelta; se non per te stesso, almeno fallo per lei. - lo avvertì uscendo dalla stanza.
- Dobbiamo trovarla. - furono le ultime parole di Hotchner che sentì.
Gideon scese le scale e chiamò JJ. - Organizza la conferenza stampa per il pomeriggio. -
La stanza era gremita di giornalisti. JJ salì sul palco e li ringraziò per la loro presenza nonostante il breve preavviso.
- Abbiamo indetto questa conferenza stampa per dare la notizia dell’evasione di un pericoloso criminale, Daniel Pavlovich. L’uomo, anche conosciuto come il killer del sonno, è scappato durante un trasferimento dalla prigione al tribunale per un’udienza del processo in cui lo si accusa di cinque omicidi e un sequestro di persona. L’uomo è alto, molto magro, ha capelli grigi molto corti e occhi azzurri, sul dorso della mano sinistra ha una cicatrice lunga cinque centimetri circa dovuta ad una ferita da taglio. Chiunque abbia notizie che possano aiutarci nella cattura è pregato di contattarci. Grazie per la collaborazione, vi terremo aggiornati in caso di progressi. -
JJ non badò al putiferio che si era scatenato in seguito al suo discorso, non ascoltò le domande, a cui comunque rispose con secchi - No comment. - In questo modo riuscì a guadagnare l’uscita e si diresse dagli altri agenti della squadra per potersi rendere utile.
Liliana non sapeva per quanto tempo avesse dormito, si sentiva ancora stanca e senza speranza, la posizione rannicchiata in cui si era addormentata le aveva procurato solo dolori ad ogni muscolo del suo corpo. Distese le gambe che fortunatamente non erano legate e cercò di valutare l’autonomia di movimento che aveva. I polsi erano uniti dalla stessa catena che scorreva dietro una sbarra saldamente fissata alla parete vicino ad un angolo. Il pavimento era freddo e irregolare, il muro era umido. Cercò di alzarsi, ma la sbarra bloccava la catena e le impediva di raddrizzare completamente la schiena, fermandola in una posizione simile ad un inchino.
Si sedette nuovamente, la schiena appoggiata alla parete, le mani in grembo.
Improvvisamente la luce si accese accecando i suoi occhi abituati all’oscurità, sentì la porta aprirsi e dei passi che le si avvicinavano. Non riusciva a vedere chi fosse, ma poi l’uomo parlò.
- Allora dottoressa Meli come ci sente ad essere imprigionati? Scomodo, vero? - le chiese beffardo.
Liliana riconobbe la voce immediatamente e con terrore alzò lo sguardo verso il viso del suo carceriere.
- Pavlovich! -
"L’odio senza desiderio di vendetta è come un seme caduto sul granito."
Honoré de Balzac
***
I conicci-wa continuano a replicarsi, mi sembra strano che ormai non abbiano ancora preso il controllo della città solo con la forza dei numeri. Potrebbe essere una città governata meglio...
Continua la mia ricerca della biblioteca perfetta che possa rimpiazzare la mia vecchia... ancora non l'ho trovata, anche se una offre un interessante servizio di avvisi via mail per le serate di discussione e dibattito sugli autori. Preferirei che però le loro forze si concentrassero di più sull'acquisto di libri.
Lunedì riunione sindacale (anche se non c'è un sindacato. Perché l'hanno chiamata così lo sanno solo loro), voglio vedere scorrere il sangue a fiumi. Dicono che in questa occasione ci si scanni. Io cercherò di non macchiarmi i vestiti!