[CM] Ritorni imprevisti [6/14]

Feb 28, 2010 15:31


Liliana osservava angosciata l’uomo che la sovrastava. La paura cominciava a crescere dentro di lei, sapeva che quell’uomo aveva ottimi motivi per odiarla e che non aveva nessuna pietà. Era un pluriassassino e non aveva niente da perdere dato le prove contro di lui erano schiacciati e che avrebbe passato la sua vita in galera; cosa poteva contare per lui un omicidio in più o in meno?
- Dovresti essere in carcere… - mormorò.
- Già dovrei; ma sono stato fortunato, hanno lasciato la porta aperta… - la derise.
La donna non si capacitava di essere inerme nelle sue mani "Non può essere vero, non può essere libero."
- Allora ti sei divertita a fare l’eroina? A sabotare le mie ricerche? -
- Ma io non sapevo che dietro quegli omicidi ci fossi tu, come potevo immaginare… - cercò di giustificarsi.
- Non mi interessa cosa tu sapessi e cosa no! - urlò interrompendola - Ti sei intromessa in affari che non ti riguardavano. Dovevi solo rifiutare di collaborare, avrebbero chiesto a qualcun altro che non conosceva l’RM 1982, e io non sarei stato in carcere ed ora non sarei ricercato! - La guardava con odio e disprezzo - Ma tu no, hai dovuto dimostrare che eri all’altezza, li hai portati alla Novalinar dove quel bastardo di Carter ha fatto il mio nome… -
"Non sa che il suo nome l’ho fatto io…" Cercò di aggrapparsi a quella piccola speranza, forse se la sarebbe presa con Carter e l’avrebbe lasciata andare. Sapeva di essere vigliacca a pensarlo, ma preferiva che Pavlovich la liberasse e si accanisse su qualcun altro.
- Allora perché te la prendi con me? - chiese con un filo di voce.
- Preferiresti che accusassi lui, vero? Ma all’origine di tutto ci sei solo tu. E poi tu sei un bersaglio migliore, sei una donna e con te mi divertirò molto di più; abbiamo così tanto tempo da passare insieme. - Le si avvicinò, si accovacciò al suo fianco e con una mano le sfiorò la gamba nuda risalendo verso la coscia, ma Liliana si ritrasse. Vide la rabbia nei suoi occhi e si maledisse per quella reazione istintiva.
Pavlovich si alzò di scatto e le sferrò un calcio colpendola sulle costole, strappandole un grido di dolore.
- Imparerai presto ad apprezzare il mio tocco. - la minacciò, dopo di che uscì dalla stanza e spense la luce.
Liliana era nuovamente sola e al buio, le lacrime le rigavano il viso; erano lacrime di dolore, di rabbia, di disperazione.
- Aaron dove sei? Vieni a prendermi, ti prego… - sussurrò con voce flebile.

L’auto con a bordo gli agenti dell’FBI accostò davanti alla casa di Liliana e ne scesero Gideon, Elle e Hotchner, che li aveva costretti a portarlo con loro.
Dando una rapida occhiata alla strada notò la macchina di Mary ancora parcheggiata, doveva essere a casa di Judith. Salendo le scale sentì mancargli l’aria. Le aveva percorse tante volte, contando i gradini che li separavano. "Non farti impressionare, devi essere forte se vuoi trovarla. Fallo per lei."
Judith aprì loro la porta, aveva gli occhi rossi e i capelli in disordine, dietro la sua gamba faceva capolino il viso triste di Margaret, che però lo riconobbe e gli fece un sorriso. La donna li fece accomodare in salotto e prese in braccio la figlia, come se avesse paura che anche lei potesse scomparire da un momento all’altro. Mary uscì dalla porta della cucina con un vassoio con il tè, che però gli agenti rifiutarono, poi si sedette accanto a Judith e rimase a fissare le sue mani che si contorcevano.
- Io sono l’agente Greenaway, lui è l’agente Gideon. Volevamo chiedervi se avete visto o sentito qualcosa di strano la sera del rapimento. -
Judith sospirò - No. Non siamo tornate a casa insieme, io avevo la mia macchina e sono arrivata prima di lei, che invece è tornata a casa con l’auto di Mary. Non ho sentito niente… niente. - Sembrava farsene una colpa.
- Avete detto all’agente Hotchner che la porta di casa sua era aperta. -
- Era socchiusa. Dopo la telefonata di Mary sono andata a vedere con il mio mazzo di chiavi, ma la porta era accostata, l’ho spinta e sono entrata nell’ingresso, l’ho chiamata ma non ha risposto. Allora ho guardato in camera e nel bagno ma lei non c’era. -
- C’erano vestiti in giro? -
- No, non c’erano. Di solito mette i vestiti già indossati su una sedia in camera da letto, ma i vestiti che aveva al club non c’erano. -
- Cosa indossava? -
- Aveva una gonna nera al ginocchio aderente, una sottoveste azzurra e un coprispalle nero. Anche le scarpe e la borsa erano nere. -
- Aveva anche una giacca nera leggera. - intervenne Mary.
- E’ vero. Aveva i soliti orecchini e la fedina d’argento. -
Aaron sentì stringersi il cuore a quella descrizione, era proprio il suo tipico abbigliamento quando uscivano. Quante volte l’aveva aspettata mentre si preparava, aveva fatto da giudice per le varie opzioni e l’aveva pregata di sbrigarsi? La sottoveste gliel’aveva regalata lui per Natale e anche la fedina era un suo regalo. Forse sarebbe stato meglio non sottoporsi a quella prova e rimanere in ufficio.
- Non avete notato niente di strano, qualcuno che vi guardava insistentemente? - chiese Gideon.
Mary lo guardò basita - Eravamo tre donne sole in un locale pieno di gente, certo che c’erano uomini che ci guardavano insistentemente! -
- Veramente una cosa strana ci sarebbe… - la interruppe Judith - Lily pensava fosse una sciocchezza e l’ha detto solo a me. - Guardò per un istante Aaron ma distolse subito gli occhi, non riusciva a reggere il suo sguardo ferito e si sentiva in colpa. - Aveva ricevuto qualche telefonata anonima, la persona che chiamava non diceva niente e riattaccava dopo poco. -
- Perché non mi ha detto niente? - chiese Aaron.
- Per non farti preoccupare. - rispose - Pensa che con il tuo lavoro tu abbia anche troppi problemi… -
- Da quanto tempo le riceveva? - chiese Elle riportando l'attenzione sul caso.
- Circa una settimana, ma non ne sono sicura, magari me l’ha riferito dopo qualche giorno. -
- Adesso vorremmo chiedervi noi cosa sapete. - disse Mary.
Hotchner guardò Gideon che annuì. - Pavlovich è evaso. E’ l’uomo che abbiamo arrestato quando Liliana ci ha fatto da consulente. -
Judith lanciò un’occhiata a Mary che a quella rivelazione era impallidita.
- E quando avevate intenzione di avvertirci che quel criminale è di nuovo in libertà? - esclamò esasperata.
- Lo abbiamo saputo solo oggi. Lei avrà una scorta, e ci sarà sempre qualcuno che sorveglierà la casa. - le rassicurò Gideon. Le donne comunque non sembravano troppo convinte.
- Non preoccupatevi non correrete pericoli, non permetteremo che accada qualcosa anche a voi. - intervenne Aaron.
Stavano per uscire quando Margaret fermò Aaron - La troverete, vero? Me lo prometti? -
Lui si accovacciò. - Ti prometto che farò il possibile per riportarla a casa. - disse accarezzando la bambina.

Mentre gli agenti scendevano le scale furono bloccati da una signora anziana.
- Voi siete della polizia, vero? Vorrei sapere cosa intendete fare per quel barbone che viene tutti i giorni e si siede sulla panchina davanti a casa mia. -
Hotchner sospirò e si rivolse alla donna armato di tanta pazienza. - Signora Smith, non possiamo fare niente, chiunque può sedersi sulla panchina… -
- Però non è giusto che un uomo si sieda davanti a casa mia e la controlli, guardi che macchine arrivano e controlli tutto. Deve per forza infrangere qualche legge! - Le sembrava impossibile che un simile affronto nei suoi confronti potesse restare impunito.
- Cosa vuol dire che controlla la casa? - chiese Gideon incuriosito.
- Arriva alla mattina, si siede e rimane a guardare la casa tutto il giorno, guarda le macchine che parcheggiano, a volte scrive qualcosa… Va via a orari sempre diversi. -
- Da quanto tempo lo vede? - chiese Elle.
- L’ho notato un paio di settimane fa, più o meno. Però ieri e oggi non è venuto. - Sembrava quasi preoccupata. - E l’altro giorno è arrivato con un altro tizio la mattina presto, poi uno è andato via e il solito è rimasto. -
- Vedremo cosa possiamo fare. Intanto dovrebbe darci una descrizione degli uomini. - la informò Gideon.

- Pavlovich ha un complice, dobbiamo assolutamente trovarlo. Probabilmente ha studiato i vostri movimenti e ha effettuato le chiamate anonime. Controlleremo il registro delle visite in carcere, le telefonate che ha fatto e ricevuto. Dobbiamo controllare anche chi ha telefonato a Liliana. - Gideon assegnò i compiti alla squadra.
- Non abbiamo trovato il cellulare di Liliana, dovremmo chiedere a Garcia se riesce a localizzarlo. - aggiunse Hotchner.
- Buona idea, mettiamoci al lavoro. - approvò Gideon.
"Lil, dove sei? Giuro che ti troverò e ti porterò via da quel pazzo…" pensò Hotchner guardando fuori dalla finestra prima di mettersi al lavoro.

"Promettiamo in base alle nostre speranze e manteniamo le promesse in base ai nostri timori."
François De La Rouchefoucauld

***

Ho perso una fanfiction, porca trota. Deve essere successo quando la mia chiavetta USB si è ribellata cancellando quasi tutto. Ero convinta di aver salvato ogni cosa e invece no. Che brutto momento. Era pure una della BDT. Questo significa che non la finirò mai.

Morgan ha la faccia come il culo. Primo perché osa dire che la cocaina può avere un uso terapeutico (non la si usa neanche più come anestetico, figuriamoci come qualsiasi altra cosa...) e secondo perché fa il borioso perché è stato escluso da Sanremo, che lui è come Battiato o De Gregori che non ci vanno, quindi lui è bravo e tutti quelli che ci sono andati sono brutti e cattivi perché è una manifestazione di regime.
Morgan, una cosa: se ti avevano accettato è perché ti eri proposto.  Non è che avevi accompagnato ai provini un'amica e poi avevano scelto te per caso come una Miss Italia qualsiasi. Avevi chiesto di partecipare. Quindi fai il favore e taci, che almeno non fai la figura della volpe con l'uva.

E non mi interessa se orde di fangirlz mi massacreranno, non sono perbenista e rifiuto la droga perché fa male, non perché non si può dire. Di cocaina si muore, vorrei ricordarlo.

fandom: criminal minds, long-fic: ritorni imprevisti, [long-fic], sproloquio

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