- Buongiorno raggio di sole, hai riposato bene? Io sì, era tanto che non dormivo così bene; diciamo da quando mi hanno arrestato… - Pavlovich l’aveva svegliata da un altro sonno agitato.
"E’ mattina? O mi sta mentendo ed è sera? Ho perso la cognizione del tempo qui dentro."
- Sei arrabbiata con me e mi tieni il muso? Non dovresti farlo, potresti farmi infuriare e andrebbe tutto a tuo svantaggio. - Pavlovich la stava prendendo in giro, la derideva mentre Liliana si limitava a guardarlo ritirandosi sempre più nel suo angolo.
- Questa mattina mi sento particolarmente buono, così ho deciso di portarti qualcosa da mangiare, se non ricordo male sei sempre stata una buona forchetta. - le disse appoggiando una ciotola con della pasta sul pavimento vicino a lei per poi prendere una sedia su cui si sedette a guardarla.
L’italiana si sentì improvvisamente affamata. “ Da quanto tempo sono qui? Giorni, ore, anni? Ho fame, tanta fame, ma come posso accettare del cibo da lui, che mi sta tutto facendo questo?” Era confusa “ Smettila di farti questi scrupoli, non mangiando non otterrai niente, non soffrirà perché tu ti lasci morire! Devi mantenere le forze, non puoi sapere cosa potrebbe succedere, devi poter scappare se ti si presenterà l’occasione.” Il buon senso prese il sopravvento e Liliana prese la ciotola, ma si bloccò a mezz’aria. Lui sembrò leggere i suoi pensieri.
- Non penserai che ti dia delle posate, vero? Se hai fame mangerai con le mani o come i cani. - La sua risata la fece rabbrividire.
"Vuole togliermi anche la mia dignità…" Sentiva di odiarlo ogni minuto di più. "La dignità non ti servirà a niente quando sarai morta, non fare l’eroina, tu non lo sei, mangia!" Perché la voce della sua coscienza era così insopportabile e così maledettamente ragionevole? Iniziò a mangiare con le mani, mentre Pavlovich eruppe in una risata sarcastica.
- Adesso non sei più tanto sofisticata, vero? Volevo proprio vedere se ti saresti abbassata a tanto. E’ stato molto divertente. - Si alzò e uscì.
Liliana guardò la porta chiudersi alle sue spalle e aspettò che spegnesse la luce, ma lui non lo fece.
"Tornerà presto."
Era tardi ma Hotchner era ancora in ufficio come tutti gli altri, aspettando qualche buona notizia che però stentava ad arrivare.
- Dovresti andare a casa. - gli disse Gideon entrando e sedendosi di fronte a lui.
- Mi fa troppo male. C’è ancora il suo odore nel letto, il suo spazzolino in bagno, i suoi bigliettini sul comodino. Sai, adesso che capisco cosa passano le famiglie dei rapiti comincio a pensare che non riusciremo mai a fare abbastanza per loro, anche se ritroviamo i loro cari e arrestiamo i rapitori. - Era sconsolato.
- Non devi abbatterti, la ritroveremo. -
- Anche se la ritroviamo cosa le sarà successo? E’ nelle sue mani già da ventiquattr’ore! -
- Lo so e tu non hai dormito in tutto questo tempo, non ci sei d’aiuto se non sei al cento per cento. Vai a casa e dormi sul divano piuttosto. -
"Che ore saranno? E’ giorno o mattina? Cosa starà facendo Aaron? Sarà preoccupato da morire… E se non fosse ancora tornato, se ancora non sapesse? No, Mary avrà sicuramente chiamato Judith, Aaron, la polizia, la guardia nazionale quando non sono passata a prenderla."
I suoi pensieri furono interrotti dal rumore della porta che si apriva e dall’apparizione del suo carceriere.
- Ricordavo bene la tua fame. - Pavlovich si avvicinò a lei e le si sedette non troppo vicino appoggiando la schiena al muro. - Sai, quando sei arrivata alla Novalinar ho pensato che saresti stata una buona collega di lavoro, ma il destino non mi ha permesso di scoprirlo, se si può chiamare Carter il destino. Mi ha licenziato solo perchè avrei potuto rubargli il posto, direttore della Novalinar. Lui è un buono a nulla, non è mai entrato in un laboratorio e pretendeva di comandarmi. Anche tu lo pensi? Te ne sei andata per questo? -
Liliana non sapeva come rispondergli, se assecondarlo o se essere sincera.
- Non c’è stata una ragione sola per le mie dimissioni, anche se l’atteggiamento dittatoriale di Carter non mi ha spinto a rimanere con loro. - Mezza verità, era un buon compromesso.
- Posso capirti, sai. Tu sei giovane, hai trovato in fretta un altro posto. Per me era diverso, quel lavoro era tutta la mia vita, soprattutto dopo che Nadja… Dopo il licenziamento non mi hanno voluto in nessuna ditta farmaceutica, Carter mi aveva diffamato ovunque. - L’uomo le sembrava molto diverso da prima; era calmo, sincero, triste, non un pazzo furioso; anche se aveva ancora la tendenza ad accollare agli altri i suoi fallimenti. Liliana rimase in silenzio aspettando che continuasse il racconto, se parlava e si sfogava magari avrebbe dimenticato i suoi propositi di vendetta. "Non illuderti troppo o la delusione sarà maggiore…" Maledetto buon senso!
- Quando mi sono trovato in mezzo alla strada era disperato, non sapevo da che parte girarmi. Poi mi è venuta la brillante idea di una ricerca mia personale, che mi avrebbe portato fama, successo ma soprattutto rispetto. Anche il finanziamento non è stato un problema, con la mia competenza la sintesi delle droghe è stata uno scherzo, il magazzino che avevo affittato tempo prima in periferia era perfetto, isolato, in buone condizioni… -
"Rimpiange davvero quella vita? Non sembra per niente pentito di quello che ha fatto a quelle povere donne."
- … è tutto molto più facile quando non devi seguire maledetti protocolli di sicurezza, non hai la burocrazia tra i piedi, nessun codice deontologico o etico… il paradiso del ricercatore! - Le sorrise e lei poté leggere malinconia e nostalgia nei suoi occhi. Improvvisamente un campanello di allarme suonò nella sua testa, lei aveva rovinato il suo paradiso! In quel momento capì di non avere scampo e la disperazione dilagò nella sua mente.
- Poi come un fulmine a ciel sereno, quegli incompetenti dell’FBI hanno chiesto una consulenza all’università e chi hanno trovato? La dottoressa Liliana Meli, assunta da sei mesi e con un passato alla Novalinar sulla ricerca dell’ultimo farmaco che avevo sperimentato su una cavia… Quante probabilità c’erano che il loro consulente conoscesse l’RM 1982? Una su un milione o meno? - pose la domanda con molta serietà, come fosse il quesito finale di un esame, quello che deciderà la promozione o la bocciatura.
"Pensa veramente quello che sta dicendo! Quest’uomo è psicopatico!" Liliana cominciò a tremare leggermente e sembrò farsi sempre più piccola.
Pavlovich si alzò e si avvicinò al piccolo armadio appoggiato al muro opposto, lo aprì dandole le spalle ed estrasse un oggetto che mise in tasca occultandolo alla vista della donna.
Aaron entrò nella casa buia, sentiva un grande vuoto dentro sé, con Liliana Pavlovich si fosse preso una parte della sua anima.
"Da quanto stiamo insieme? Poco più di un anno. Eppure è come non fosse mai esistito un tempo senza lei. Questa casa è vuota senza di lei, senza la promessa di una giornata passata insieme…"
Si guardò attorno e con tristezza si accorse che ogni oggetto, anche il più insignificante; gliela ricordava.
"Quel cuscino l’abbiamo comprato insieme, diceva di non riuscire a guardare bene la tv senza un cuscino sulla pancia. E lì…" Aaron si spostava nelle stanze toccando i mobili "... lì abbiamo fatto l’amore il giorno del mio compleanno." Pensò guardando il tavolo della cucina "Potrò festeggiare ancora con lei, coi suoi regali pieni di amore e i suoi baci appassionati?" Si sedette sul divano e si prese la testa tra le mani. "Ho una brutta sensazione, la situazione sta peggiorando. Ti prego fa che stia bene…"
- Ti sei divertita a distruggere il mio capolavoro? Spero di sì, perché non penso che avrai molti altri momenti divertenti d’ora in poi. - Il suo tono si era incattivito, la complicità di poco prima era svanita - Sai perché alla fine ho scelto di prendermela con te? Perché tu non solo mi hai impedito di raggiungere il mio scopo, hai pure approfittato della situazione, ti sei fidanzata con uno degli agenti! Hai tratto giovamento dalla mia sconfitta! Ed ora colpendo te potrò far soffrire anche quell’insulso uomo che mi ha fatto confessare, cosa potrei chiedere di più? - Un ghigno di soddisfazione deformò il viso dell’uomo.
- Cosa pensi di ottenere facendo questo? Il tuo è stato un errore, l’FBI avrà solo una motivazione maggiore nel cercarmi, tu fallirai di nuovo! - gli gridò contro. "Idiota, idiota! Perché non sei stata zitta? Ti sembra il caso di farti odiare ancora di più?"
- Vedi la mia mano sinistra? In carcere il mio compagno di cella mi ha ferito con una lametta montata su una spazzolino per dimostrarmi il suo potere su di me. Tu non hai la più pallida idea di cosa ho passato per causa tua; quindi ho deciso che te lo farò scoprire poco per volta… -
Le si era avvicinato per farle vedere la cicatrice, la mano destra sempre in tasca.
- Cosa vuoi fare? - urlò lei in preda al terrore.
- Farti provare le stesse sensazioni che ho provato io. -
Dalla tasca estrasse un bisturi che brillò nella luce artificiale della stanza. Con la mano sinistra le prese per i capelli e le tirò verso l'alto la testa; poi con mosse rapide ed esperte l’uomo ferì la guancia destra della donna con due tagli formanti una X, nonostante i tentativi di lei di divincolarsi dalla presa
- Vediamo se adesso che sei sfregiata l’agente ti vorrà ancora! - disse allontanandosi.
Liliana guardò inorridita le sue mani sporche di sangue, che le scendeva dal viso gocciolando sul pavimento ed impregnandole i vestiti. Nei suoi occhi pieni di lacrime l’uomo scorse orrore ed incredulità e questo lo esaltò.
- Questo è solo l’inizio. -
“Le cose non sono mai così terribili da non poter peggiorare.”
Antonio Fogazzano
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Il mondo può essere un luogo terribile.