Hotchner guardava l’uomo seduto nella sala interrogatori attraverso il vetro. Sembrava irrequieto e guardingo. La porta si aprì ed entrò Gideon che si sedette davanti a Ellis e appoggiò un fascicolo sul tavolo che li separava. Rimase a fissarlo per qualche minuto in silenzio, cosa che innervosì ulteriormente il sospetto. Hotchner sorrise, Gideon cercava di metterlo a disagio, era una delle sue tecniche di interrogatorio.
- Buongiorno signor Ellis, sono l’agente speciale Jason Gideon. Le hanno spiegato perché si trova qui? - disse poi.
- No. - Il tono dell’uomo era sprezzante.
- Vorremmo che lei ci chiarisse alcuni aspetti della sua amicizia con Daniel Pavlovich… -
- Non è mio amico. -
- Interessante. Allora può spiegarmi come mai è andato a trovarlo molte volte in carcere? - Ellis non rispose e tenne lo sguardo fisso oltre le spalle dell’agente. - Signor Ellis, ci pensi bene prima di decidere di non collaborare con l’FBI. Se lo facesse potremmo accusarla di intralcio alle indagini se non addirittura di complicità. -
- Non potete, voi non avete prove per accusarmi. -
- Se fossi in lei non ne sarei così certo. - Gideon cominciò a sfogliare alcune pagine del rapporto.
- La sua situazione non è delle più rosee, signor Ellis. In base alle sue visite e alle telefonate di Pavlovich abbiamo ottenuto un mandato per perquisire casa sua. E’ stato molto interessante. A quanto pare il carcere non è servito a farla ravvedere, dato che abbiamo trovato un quantitativo di amfetamine ed eroina sufficiente a incriminarla per spaccio. In tal caso sarebbe la sua seconda condanna per questo reato, il giudice potrebbe decidere di non essere molto tenero. - insinuò l’agente. - Ci ha sorpreso molto inoltre trovare alcune fotografie della dottoressa Liliana Meli, senza contare le telefonate a casa della stessa. E’ ancora così certo che non abbiamo prove? Ed è ancora così sicuro di voler rischiare per un uomo che, come lei ha precisato all’inizio, non è neanche suo amico? - Gideon lo guardò negli occhi e intuì che stava rivalutando seriamente la situazione e decise di dare un ulteriore colpo alla sua già vacillante volontà.
- Devo anche avvisarla che lei non è granché a pedinare le persone e a controllarle, abbiamo un testimone in grado di riconoscerla, che l’ha vista spesso nell’ultimo periodo davanti alla casa della dottoressa Meli… -
Per Ellis fu troppo, non poteva aggravare ulteriormente la sua posizione per Pavlovich.
- L’idea è stata di Pavlovich, non mia. Io gli ho solo restituito un favore. -
- Mi parli di questo favore. -
- L’anno scorso mi riforniva di amfetamine, era il mio grossista. Una volta non ho potuto pagarlo e lui è stato, diciamo così, gentile; mi ha detto che avrebbe chiuso un occhio se al momento buono sarei stato altrettanto gentile con lui. Non ho più avuto sue notizie per un po’ dopo l’arresto. Poi circa tre mesi fa mi ha telefonato dal carcere e mi ha chiesto di tenere d’occhio una donna e mi ha dato una fotografia di una rossa, mi ha detto che era la sua fidanzata e che aveva paura che lo tradisse. Mi ha dato l’indirizzo e il numero di telefono e mi ha chiesto di pedinarla e di fargli rapporto. Io ho accettato. -
- E così si è messo in un grosso guaio. La dottoressa Meli non è e non è mai stata la fidanzata di Pavlovich, ma per sua sfortuna frequenta un agente dell’FBI. -
Ellis cominciò a sudare freddo - Io non lo sapevo, non l’ho mai toccata, non mi sono mai avvicinato a lei! - Ellis era decisamente spaventato ora e cercava di discolparsi.
- Allora perché le ha fatto delle telefonate anonime? - chiese Gideon alzando la voce.
- Me l’ha detto lui, ha detto che la donna avrebbe capito che era lui e avrebbe smesso di tradirlo! -
- L’ha anche aiutato ad evadere? -
- No! Non potete accusarmi di questo, io ho solo pedinato la donna! -
- Solo? Non sa che Pavlovich l’ha rapita in seguito a quello che lei gli ha detto? - esclamò con rabbia Jason, picchiando un pugno sul tavolo.
L’uomo rimase in silenzio.
- Lei lo sa! E non ha fatto niente per impedirlo? -
- Cosa potevo fare? -
- Aveva un mare di possibiltà! Faccia qualcosa adesso se non vuole aggravare la sua già precaria posizione! Dove la tiene nascosta? -
- Non ne sono sicuro, però ho il numero del suo cellulare, potete provare a rintracciarlo…-
- Mi dica dove la tiene! - Il tono di Gideon non ammetteva ulteriori mezze verità. Ellis lo osservò e degluitì. Poi si decise.
- In un casale fatiscente isolato fuori città, andando verso ovest, non so il nome del posto ma posso portarvici. - L’uomo era molto ansioso di collaborare ora.
- Sarà meglio per lei che le informazioni siano giuste. -
Gideon uscì dall’ufficio e chiamò Morgan e gli altri a gran voce.
- Preparate una squadra, abbiamo la posizione dell’ostaggio, dobbiamo essere pronti il prima possibile! -
Hotchner lo rincorse.
- Fammi venire con voi. -
- Non è una buona idea… - replicò l’agente più anziano.
- Non farò parte della squadra, voglio solo essere presente quando la libererete. Starò indietro e non interverrò. -
Gideon lo guardò e pensò a quanto avesse sofferto in quei giorni.
- Va bene, ma non potrai fare niente. E come ti ho già detto non farmi pentire di questa decisione. -
La squadra arrivò in prossimità della costruzione seguendo le indicazioni di Ellis. Non erano visibili auto, ma sul prato c’erano evidenti segni recenti di battistrada.
Gli agenti scesero dai veicoli e si prepararono indossando giubbotti antiproiettili e controllando che auricolari e microfoni funzionassero.
Ad un segnale di Gideon entrarono dentro il casale e lo perquisirono; ma non trovarono nessuno al piano terra e nemmeno al piano superiore. Gideon maledisse Ellis e stava per uscire a controllare l’esterno quando Elle lo chiamò.
- Gideon, ci sono delle impronte. -
- Dove? -
- Arrivano da quella parete, sembrano orme di un uomo, aveva le scarpe sporche da sangue. - disse in un sussurro guardandosi attorno. Pensavano tutti la stessa cosa, erano arrivati troppo tardi.
- La parete è finta, non può averla attraversata magicamente. Anche se secondo la fisica quantistica... - disse Reid.
- Reid... - lo richiamò Morgan.
Reid picchiò la parete con le nocche. - Suona a vuoto. -
Fu Morgan a trovare una leva nascosta appena dietro un armadio e a farla scattare permettendo alla parete di spostarsi e lasciare intravedere una scala che scendeva nell’oscurità. La percorsero evitando le macchie di sangue e raggiunsero una pesante porta. Morgan provò a spingerla e la trovò aperta. Ad un cenno di Gideon entrò silenziosamente illuminando con la torcia la stanza buia ma non vide niente e si scostò di lato facendo passare anche gli altri.
- Qui non c’è ness…- Le parole gli morirono in gola quando notò in un angolo la figura della donna distesa per terra con i pochi vestiti sporchi di sangue. Dava le schiena alla porta e non faceva alcun movimento.
Erano incerti sul da farsi, allora Morgan le si avvicinò chiamandola. - Liliana…- La donna restava immobile e non rispondeva. Si inginocchiò a lato del corpo e le toccò leggermente una spalla.
- Sono Morgan. -
Fu allora che la donna reagì, girandosi e graffiandolo sulla mano. Morgan fece un salto indietro e vide il volto tumefatto della ragazza, il sangue seccato sui tagli, le labbra spaccate e gli occhi così gonfi per gli ematomi che non riusciva ad aprirli.
- Vattene, vattene, lasciami stare! - urlò in italiano tirando un calcio all’aria.
- Liliana, sono Derek, non mi riconosci? - provò ancora l’uomo tenendosi a distanza.
- Vattene! - gridò ancora.
- Morgan vai a chiamare Hotch, non ci riconosce e sembra non capire quello che diciamo. Elle chiama il 911 e richiedi un’ambulanza. - Gideon prese la situazione in mano.
Morgan corse fuori e trovò Hotchner che li aspettava accanto alla macchina.
- Vieni, presto! - lo chiamò
- Come sta? E’ viva, vero? - l’ansia traspariva dalla sua voce.
- E’ viva ma è in stato confusionale, non riusciamo a calmarla. -
Hotchner scese velocemente le scale ed entrò nel locale illuminato solo dalle torce.
Rimase senza fiato vedendola legata alla parete, seminuda, il bel viso devastato dai lividi e da alcuni tagli. La sentì urlare qualcosa in italiano che non capì e si rimproverò per non aver studiato la sua lingua. Le si avvicinò e la chiamò dolcemente.
- Lil, sono io, sono Aaron. -
La donna voltò il viso verso di lui seguendo la sua voce e sembrò calmarsi ma quando fece per accarezzarla le si ritrasse e urlò - Non toccarmi! -
Aaron non capiva, pensò alle poche parole di italiano che sapeva, quelle che lei gli aveva pazientemente insegnato nei mesi passati insieme. - Liliana,amore, sono Aaron…-
Liliana cominciò a piangere e cercò di aprire gli occhi.
- Non piangere amore mio, è tutto finito, adesso ci sono qui io. - Si tolse la giacca e la avvolse con essa poi la abbracciò e cominciò a cullarla sussurrandole parole dolci.
- Ho avuto tanta paura, mi dispiace, mi dispiace tanto… - singhiozzò Liliana.
- Ssh, non preoccuparti, non è colpa tua, adesso ce ne andiamo. -
- L’ambulanza sta arrivando e Reid è andato a prendere delle tronchesi per tagliare la catena. - lo avvertì Elle.
Hotchner portò Liliana in braccio fino all’ambulanza e le tenne la mano mentre i paramedici caricavano la barella.
- Non lasciarmi sola…- gli chiese.
- Non ti lascio sola adesso che ti ho ritrovata. - le rispose salendo con lei.
“Anche il giorno più lungo ha il suo tramonto.”
Angelo Monaldi
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Lo so, sono pessima. Ma la real life è opprimente e riempie ogni istante delle mie giornate.
Quindi odiatemi pure per la mia mancanza e ignoratemi.
Vediamo... la novità più eclatante è che secondo le mie colleghe io sarei incinta. Ma non secondo quelle con cui lavoro tutti i giorni, no, secondo quelle che io vedo solo alle riunioni aziendali, cioè una volta l'anno. Poi come facciano loro ad essere informate su di me meglio della sottoscritta è un mistero. Il presunto padre ha detto che gli sarebbe piaciuto saperlo prima di tutta la mia ditta, ma anche a me sarebbe piaciuto saperlo per prima e non per ultima! Quindi adesso mi impegno e mi faccio venire una bella gravidanza isterica per non deluderle.
Comunque domani mando un fax al capo del personale con la ricetta della pillola anticoncezionale, così sta un po' più tranquillo, dato che attualmente ci sono in maternità tre farmaciste, una commessa e un'impiegata dell'amministrazione e mi sa anche qualcun altro che non ricordo!
Poi... ho iniziato a fare tennis e sono pessima oltre che ridicola, più che una racchetta mi sembra di aver in mano una padella.
E qualcuno potrebbe dirmi che fine hanno fatto criticoni e promptaddicted?