Titolo: Alone in a crowd
Fandom: Supernatural
Capitolo: 1/1
Personaggi/Pairing: Lucifero/Gabriele
Rating: Pg15
Warning: incest, blasfemia(?)
Conteggio parole: 1234 (one shot)
Prompt: Scritta per la challenge della communiy
1frasecon il set delta.
Note: Ero troppo tentata e ci ho provato! Sono andata in un furioso OOC ma ho preso una licenza poetica (seeè) giacchè niente e nessuno ha mai raccontato com'era la famiglia angelica prima della crezione dell'uomo. Oltretutto è stata la mia prima storia a partecipare a un challenge di quel tipo e ... uff è stata un faticaccia ma ne è valsa la pena se il risultato è questo (... se il risultato è questo ho sprecato tre pomeriggi della mia vita). Un miscuglio fluffoso e pseudo slashoso di una coppia che ispira ... in un certo senso. Ogni sentimento tra di loro e stato sparato dalla mia mente senza troppo indugio su word office. Per concludere: I REGRET NOTHING!
Le gambe, le braccia, la schiena, persino il culo (Gabriele ci avrebbe giurato) erano sporche di terra: perché non importava quante volte lo facevano, come, o quando, Lucifero amava vederlo sporcato in qualsiasi modo e, come in quel momento, tremante a causa della sua mancanza.
Si abbassò su di lui, entrambi ancora nudi, sfiorandogli dolcemente i capelli, mentre il minore lo guardava scocciato, le palpebre appena schiuse; troppo orgoglioso -quel tipo di orgoglio infantile- per ammettere che sì, gli mancava il corpo del fratello stretto al suo e che ciò gli causava una maledettissima serie di tremori. Tremare era una cosa così fottutamente debole e mortale da renderlo furioso, ma non riusciva a trattenersi -frenare quegli strani istinti- quando Lucifero gli girava attorno.
Involontariamente Gabriele sospirò, sentendosi vivo(*) sotto il tocco del fratello, mentre lui si sdraiava al suo fianco, circondandogli la vita con un braccio e avvicinandolo il più possibile.
“Sei tanto carino, tutto sporco di terra” gli soffiò sulle labbra, togliendogli un filo d’erba tra i capelli, prima di lasciar scivolare una mano sulla coscia di Gabriele, accarezzandola dolcemente. Il più giovane storse il naso: aveva il forte sentore che il più grande stesse tramando qualcosa, perché era impossibile per Lucifero trattarlo con così tanti riguardi e pieno di premure.
Da quel che ricordava, nei loro numerosi episodi(**) di sesso non molto convenzionale, quando Lucifero iniziava a toccarlo in quel modo, era per chiedergli qualcosa, per soddisfare qualche suo piccolo capriccio. Non sapeva perché ma, anche essendo il fratello minore, si ritrovava ad essere il fautore del maggiore, tentando disperatamente di assecondarlo in tutte le sue decisioni, per renderlo fiero. Forse era anche perché amava essere il favorito del più bell’angelo del firmamento, sapere che tutti quei gesti che Lucifero gli rivolgeva in quelle uniche occasioni erano solo e unicamente suoi, rivolti esclusivamente a lui.
Lucifero sorrise dolcemente, come se aspettasse una risposta a quella domanda sottointesa e, doveva essere passato molto tempo, perché le sue carezze si erano fatte più intraprendenti.
Gabriele spostò lo sguardo altrove e, temporeggiando, cercò qualche stranezza -o uno stupido animale- da scrutare nel giardino che li circondava; forse sarebbe stato meglio dire foresta ma Lucifero gliel’aveva presentato in quel modo e lui non era tipo da perdersi in queste sottigliezze.
Lucifero gli afferrò il mento accaparrandosi nuovamente tutta l’attenzione che il suo ego necessitava e, questa volta senza aspettare alcuna risposta, lo baciò possessivo.
“Un altro round Lucy? Seriamente? Non sei troppo vecchio per queste cose?” ansimò Gabriele staccandosi dalle labbra dell’altro.
“Come siamo impertinenti(***), Gabriele, ti devo insegnare a tenere la lingua apposto” sogghignò Lucifero affondando le mani sporche di terra nelle ali dell’altro.
Diversamente dalle sue, le ali di Gabriele era bianchissime, candide, e la cosa più eccitante da fare, per lui, era sporcarle, rendendo così giustizia al carattere del minore che non si adattava al colore dell’espressione della sua Grazia. Il più giovane gemette sotto il suo tocco, frullando le ali e appoggiando le mani sul petto dell’altro.
Lucifero era caldo: quel tipo di calore confortante che non poteva ben definire. Era così sottile -certe volte Gabriele si sorprendeva a confonderli- il confine tra quei gesti fraterni e quelli che Lucifero gli riservava fuori dagli sguardi di tutti, e chissà forse anche lontano dallo sguardo del loro Padre, troppo occupato ora a creare gli astri nel cielo.
Le dita di Lucifero continuarono a girovagare tra le sue piume, stringendo, sfiorando e … Signore, tutto quello che potevano fare lo stavano facendo. Arrossi come un fottuto cupido lasciandosi scappare altri gemiti vergognosi e, il bastardo lo sapeva, le ali, per Gabriele, erano i punti più sensibili.
Tutti quei mugolii per Lucifero erano come canti sacri, cibo per il suo ego.
Erano vino per la sua voglia di essere il migliore in tutto, sfiorando la perversione, quasi una sfida verso il loro Padre che l’aveva creato così vicino alla perfezione.
Lasciò stare le ali, prendendo il volto del minore tra le mani, scrutando ogni minimo particolare, ricevendo in risposta solo uno sguardo interrogativo. Ribaciò quelle labbra come se ne andasse della sua vita, ritrovandosi ad averne bisogno come il nettare per le api.
Gabriele tentò di rispondere a tono, iniziando una guerra di supremazia per quel bacio a cui perse miseramente quando Lucifero lo sovrastò, lasciandosi scivolare tra le sue gambe. Lucifero godette di quella piccola, ma scontata, vittoria, ritrovandosi a sopperire ai gemiti contrariati del fratellino.
Gabriele alla fine si lasciò andare, permettendo all’altro di prenderlo senza troppe cerimonie, questa volta con la testa premuta contro il terreno senza possibilità di muoversi.
In fondo era così il sesso fra di loro no? Furioso, ma anche stranamente dolce, perché infondo erano simili: quella grande famiglia non sembrava fatta per loro.
Quella stirpe così gloriosa gli andava stretta.
Tutti quei silenzi, che riempivano così tanto i loro incontri, servivano solamente per cercare quel tipo di approvazione di cui necessitavano entrambi così disperatamente, sapendo perfettamente che l’altro provava le medesime cose.
Ogni loro gesto era perfettamente coordinato, conoscendo ognuno il corpo dell’altro meglio del proprio. Inebriante, oltretutto, era la sensazione delle loro ali che si sfioravano unendoli in un modo ancora più intimo di quanto già gli fosse possibile.
Quando tutto si poteva dire concluso e si ritrovavano stretti l’uno all’altro, languidamente a riprendere fiato, ogni cosa sembrava sparire.
Il loro legame spariva.
A Lucifero sembrava ritornare quel senso di appartenenza alla famiglia che a Gabriele continuava a mancare ogni volta. Prendeva le sembianze del bravo fratello e figlio amorevole che tanto sembrava calzargli a pennello, correndo da Michele per continuare a fingere quell’amore fraterno così profondo, così puro, che invece aveva lui come solida base.
Gabriele, ad ogni “ritorno alla realtà”, si sentiva sempre più tradito.
Quella ferita che all’inizio era sembrato solo un graffio si stava ampliando facendolo sentire così solo in quella baraonda di angioletti.
Lucifero lo strinse nuovamente, saggiandone il corpo ancora giovane in confronto al suo, appoggiandogli le labbra sul collo e sorridendogli contro la pelle.
Quando il maggiore si alzò dal terreno, separandosi senza troppe cure, Gabriele provò un senso di nostalgia verso quel corpo e il modo in cui lo faceva sentire parte di qualcosa.
Era un senso di vuoto che provava ogni volta e gli lasciava una profonda incisione, su quella che sarebbe dovuta essere la fiducia verso la sua famiglia. Inevitabilmente(****) si sentiva la pecora nera e la distanza con il resto del gregge del Padre diventava ogni volta oscenamente profonda.
Ci aveva provato in tutti i modi, aveva pensato ad ogni soluzione possibile!
Riusciva solo a fare la vittima di turno e a scappare da qualche parte sperando che qualcosa cambiasse.
Non sentì nemmeno i passi di Lucifero che si allontanava da lui, scomparendo improvvisamente in un leggero battito d’ali, si sedette, palmi piantati per terra. Girò la testa per scrutare le orme che suo fratello si era lasciato dietroe non contò neanche fino a dieci per sentire quel senso di solitudine comparire lì, proprio al centro dello stomaco.
Una lanterna che lo consumava dolorosamente nelle viscere, lasciandosi dietro terra bruciata.
Il sole apparì da dietro gli alberi, eccola l’ultima creazione del Padre. In quel preciso istante, osservando il crepuscolo mattutino, Gabriele fu sfiorato dal pensiero che la Terra non era poi così male e che ci avrebbe passato sicuramente qualche millennio, prima o poi, lontano dalla sua famiglia.
Sinonimi:
(*) Spirito
(**) Storia
(***) Sfrontatezza
(****) Fato