[Originale] The last hours of the year, di Fiamma Drakon

Dec 31, 2011 15:49

SAFESLASHThe last hours of the year
un racconto Originale di Fiamma Drakon (fiamma-drakon)IT
Warning: Linguaggio.
"I suoi pensieri erano rivolti a ben altri impegni, al di fuori del lavoro."

DISCLAIMER
(EN) The author holds the moral and intellectual rights and property on the story and its content.
(IT) L'autore di questo racconto mantiene i diritti morali e intellettuali e la proprietà sul racconto stesso e sul suo contenuto.

«Vincenzo, hai intenzione di consegnare la relazione entro la fine della giornata oppure vuoi fare gli straordinari...?».
L'interessato non sollevò neppure lo sguardo dallo schermo del proprio computer: sapeva benissimo a chi apparteneva quella voce di cerbiatta inacidita dalla più tipica malizia femminile - e sapeva anche bene che non valeva la pena di distrarsi dal lavoro per guardare la sua interlocutrice.
Semplicemente si limitò a rispondere con un: «Non hai niente di meglio da fare, Caterina, che starmi intorno? Sto lavorando sul grafico delle statistiche e vorrei concentrarmi, ma il tuo nauseante profumo mi crea mal di testa».
Caterina Sersi era la vanitosa e antipatica segretaria del capo del suo ufficio. I suoi capelli biondo platino erano raffinatamente acconciati ed i lineamenti vagamente aristocratici del suo viso erano messi in risalto da un make up che - dato il periodo di feste - era composto prevalentemente di rosso ed d’oro.
Le sopracciglia erano perfettamente sagomate e le labbra carnose erano tinte d'un accattivante rosso vivo.
Indossava un tailleur dello stesso colore che le stava leggermente stretto in corrispondenza di glutei e seni, evidenziati fin quasi all'osceno. Vincenzo era assolutamente convinto che la taglia ristretta l’avesse scelta col proposito di palesare le sue sproporzionate curve femminili.
Tacchi a spillo vertiginosi completavano il suo look da perfetta donna in carriera.
Caterina si piegò sulla sua scrivania fin quasi a raggiungerne il piano, il petto abbondante in bella mostra, il quale sembrava sul punto di strabordare dall’abito.
«Il mio profumo... "nauseante" costa il tuo stipendio annuale, caro mio. Tu non puoi permetterti certe cose» disse lei, stirando le labbra in un sorriso colmo di sprezzo.
Vincenzo Pozzo era un giovane impiegato di appena ventotto anni piuttosto basso per la media maschile, con i capelli castano scuro tagliati in un caschetto disordinato e gli occhi grigi al centro - attorno alla pupilla - ed una corona azzurra lungo il margine dell'iride. Era abbigliato con una semplice camicia azzurra, un paio di jeans ed una cravatta blu scuro.
Nonostante il periodo festivo, non aveva indossato niente di differente dal suo abbigliamento quotidiano.
Il ragazzo odiava profondamente la segretaria e non si peritava minimamente a farlo vedere. I loro battibecchi e le loro frecciatine non erano certo una novità per i suoi colleghi, i quali sembravano assistere con un certo interesse e divertimento.
Il giovane alzò finalmente gli occhi dal suo computer e, fissandoli in quelli nocciola della segretaria, esclamò: «Non vedo come possa volere un profumo che puzza tanto e costa una cifra simile. Comprarlo sarebbe un insulto all'intelligenza umana... ovviamente non è il tuo caso, dato il cervello di gallina che ti ritrovi».
Molti dei colleghi di Vincenzo si meravigliarono di un simile commento per il semplice fatto che era stato estremamente diretto; altri si lasciarono sfuggire qualche risata: che la Sersi non fosse poi così brillante era cosa risaputa.
Caterina arroventò per la rabbia e, sdegnata, esclamò: «Finisci con quella relazione, Pozzo, altrimenti non uscirai di qui».
«Sai che si gode veramente d'una vista meravigliosa da qua dietro, Caterina...? La gonna risalta particolarmente le forme delle tue natiche...».
Le risatine cessarono immediatamente nel momento stesso in cui quel commento tutt'altro che candido si levò al di sopra delle altre voci, attirando non solo l'attenzione della segretaria, ma anche di Vincenzo.
Ambedue avevano infatti riconosciuto la voce di colui che aveva parlato.
Caterina si rialzò e si voltò verso la scrivania dietro di sé.
«Anche senza i tuoi allusivi commenti, Marchesi, so perfettamente d'essere il tipo di donna che vorresti avere e che non avrai mai».
Vincenzo, che si era sporto a guardare il collega da oltre lo schermo del computer, osservò attentamente la sua reazione, gli occhi colmi di un'ira ben palpabile: Tiberio Marchesi, anche se non ufficialmente, era il suo ragazzo - e, con "suo ragazzo", lui intendeva anche "sua proprietà". Convivevano ormai da quattro anni, più o meno quando avevano iniziato la loro relazione. Era assolutamente convinto che il suo coinquilino fosse solo e soltanto suo; pertanto, odiava vederlo comportarsi in modo così deliberatamente libertino con tutte e tutti indiscriminatamente.
Non sopportava che facesse tante battute ambigue, soprattutto con quella strega di Caterina Sersi.
Tiberio era un ventisettenne con i capelli castano scuro lunghi fin sulle spalle ed occhi che, a seconda del grado di luminosità del locale, potevano assumere sfumature azzurre a partire da un grigio estremamente chiaro.
Il giovane sorrise all'indirizzo della segretaria con fare smaliziato.
«Non preoccuparti, tu non hai neanche la più pallida e remota idea del tipo di donna che voglio io» la rassicurò con un tono che Vincenzo sapeva bene essere perfettamente sincero - del resto, come lo conosceva lui non lo conosceva nessun altro lì dentro.
«Comunque, se vuoi fare un po' di pratica per far meglio la ruffiana con il capo, sappi che io sono a tua completa disposizione» continuò, stirando le labbra in un sorriso che di candido e buono aveva molto poco.
Altre risatine si levarono dai colleghi all'intorno, mentre invece le guance di Vincenzo - che si era prontamente rifugiato dietro lo schermo - assumevano un colore sempre più vicino al porpora: si stava alterando. Tiberio non poteva dire cose del genere così a cuor leggero! Non a Caterina!
La Sersi divenne paonazza e, senza saper cosa replicare, si volse e se ne andò ancheggiando in modo anche troppo esagerato.
Tutti se ne tornarono alle proprie occupazioni.
Vincenzo riprese a lavorare alla sua relazione sbuffando contrariato: anche per la fine dell'anno era costretto a lavorare. Era sera tardi, era sfinito dopo un pomeriggio intero passato in ufficio e non vedeva l'ora di uscire e tornare a casa. Tutta colpa del lavoro arretrato che si era accumulato nel suo ufficio se doveva rimanere lì fino a quell'ora: erano le dieci e mezza!
Ormai aveva un ripudio spontaneo verso il computer che aveva davanti da intere ore. Non vedeva l’ora di sdraiarsi sul divano e guardare la tv: per la fine dell’anno trasmettevano diversi programmi carini.
Come se già la stanchezza non fosse sufficiente di per sé, ad essa si aggiungevano anche i bisogni essenziali del suo organismo: il suo stomaco brontolava senza quasi dargli tregua, ricordandogli costantemente che non toccava cibo dalla pausa pranzo.
«Ho bisogno di mangiare...» borbottò sconsolato tra sé, mentre la sua pancia emetteva un altro cupo brontolio «Speriamo di aspettare l'anno nuovo a tavola...».
Voleva passare gli ultimi momenti dell'anno da solo con Tiberio, non in mezzo ai colleghi d'ufficio e Caterina.
«Voglio uscire, dannazione!» sbottò tra sé e sé, fissando con odio il monitor innanzi a sé «Voglio andare a casa, dove Tiberio non ha nessun altro da guardare...!».
Il Marchesi, seduto alla scrivania lì vicino, stava guardando svogliato alcuni documenti. I suoi pensieri erano rivolti a ben altri impegni, al di fuori del lavoro. Nei suoi occhi brillava una scintilla di bramosia che si traduceva, fisicamente, in frequenti passate della lingua sulle labbra ed un lievissimo, impercettibile tremito alle mani.
«Appena fuori di qui, Vincenzo sarà tutto per me...! Fino a domani!» esultò tra sé e sé, entusiasta.
Le ultime ore dell'anno in corso avevano, nella sua personalissima ottica, un che di magicamente romantico. Erano perfette per farsi un po' di coccole.
Nella sua mente si figurava già la scena: lui e Vincenzo, ambedue nudi, avvinghiati sul divano intenti a baciarsi appassionatamente. Sperava che poi il tutto terminasse con un languido, appassionato rapporto sessuale appena pochi momenti prima dello scadere dell'anno in corso.
Il solo pensiero lo eccitava, anche se fisicamente non c’era alcuna manifestazione delle sue intenzioni.
Alle undici - finalmente - gli impiegati furono liberi di uscire.
Tiberio e Vincenzo, separatisi alla svelta dagli altri, si diressero assieme verso la loro auto. In quel momento, lo stomaco del giovane Pozzo emise un borbottio talmente acuto che riuscì ad essere udito anche dal Marchesi.
«Hai fame, Vi?» chiese quest'ultimo, lanciandogli un'occhiata inquisitoria.
L'altro distolse lo sguardo mentre arrossiva, imbarazzato.
«Non mangio dalle due di questo pomeriggio... è naturale che abbia fame» spiegò, leggermente stizzito.
«Ihih, non preoccuparti, a casa potrai mangiare quanto vuoi!» lo rassicurò Tiberio.
«Piuttosto...» esordì Vincenzo, scaldandosi «Perché non la smetti di fare avance a quella puttana della Sersi?!».
Si riconosceva subito quando Vincenzo era arrabbiato, perché cominciava a parlare come uno scaricatore di porto.
Tiberio in fondo era contento di sentirlo parlare in quei termini dell'argomento, perché significava che ci teneva particolarmente a lui.
«Mmh, stavo solo scherzando...! Come sei permaloso ♥» controbatté, agitando frivolmente una mano in aria.
«I-io permaloso?!» ribatté indignato l’altro, guardandolo irato «Non è vero! Io non sono permaloso!!».
«Okay, okay... mettila come ti pare» gliela diede vinta Tiberio «Ma è un tantino esagerato da parte tua arrabbiarsi per una semplice battuta...».
«Non era una sempl... ah, lasciamo perdere. È inutile discutere con te!» si arrese malvolentieri il più grande.
Finalmente arrivarono alla loro macchina, che il Marchesi aprì a distanza con la chiave.
L'altro si sedette al posto del passeggero, allacciandosi stancamente la cintura di sicurezza.
Il suo stomaco aveva iniziato a dolergli addirittura a causa della fame. Non vedeva l'ora di arrivare a casa e cenare - anche se i loro pasti non erano niente d'eccezionale, dato che mangiavano cose estremamente semplici che necessitavano solo di essere cotte o poco più.
Lui non sapeva cucinare e Tiberio cucinava proprio male.
Quest'ultimo si sedette al posto di guida, inserì la chiave nel quadro e mise in moto.
Guardò il compagno, squadrandolo con una certa intensità. Il Pozzo se ne accorse e, arrossendo leggermente infastidito, esclamò: «C-che cos'hai da guardare...? Parti».
«Mmmh... no» replicò il Marchesi dopo aver finto di pensarci su qualche istante, sorridendogli malizioso.
Si sporse sul suo sedile e lo baciò, cogliendolo completamente alla sprovvista. Vincenzo arrossì ancor di più e sgranò gli occhi, poi però spinse la propria bocca contro la sua.
Sospinse il partner verso il suo sedile, baciandolo con sempre più fervore.
Il più giovane lo lasciò fare: era così bello quando si baciavano...! Vincenzo riusciva ad essere estremamente romantico e passionale.
Quando si separarono, Tiberio partì e Vincenzo si appoggiò contro il sedile un'altra volta.
«Manca poco all'inizio dell'anno nuovo» disse il Marchesi.
«Già...» commentò semplicemente il Pozzo «Sperando che porti qualche cambiamento positivo...» aggiunse.
L’altro ridacchiò sommessamente mentre il compagno taceva, imbronciato.
Il viaggio verso casa fu breve, con gran sollievo di quest'ultimo.
Non appena entrarono nel loro appartamento, Tiberio andò ad accendere la tv mentre Vincenzo andava in camera a cambiarsi.
Il Marchesi si recò in cucina, dove iniziò a cuocere una cena rapida nel microonde.
Mentre stava apparecchiando la tavola, il suo partner fece la sua apparizione sullo stipite della porta: indossava un'elegante camicia nera con una cravatta rossa e jeans stretti scuri con un paio di scarpe nere.
Tiberio lo esaminò bramoso da capo a piedi.
«Ohoh... ma che eleganza!» osservò, voltandosi verso di lui.
«È l'ultima notte dell'anno, dopotutto» fu l’imbarazzata replica che ricevette.
Il microonde suonò e la sua attenzione fu richiamata completamente dalla cena che di lì a pochissimo avrebbe finalmente potuto consumare.
Si avvicinò all'elettrodomestico ed aprì lo sportellino. Tiberio gli ammirò il fondoschiena mentre si piegava a prendere il contenuto dell'apparecchio.
«Vado a mettermi qualcosa di carino anch'io» annunciò nell'attimo stesso in cui il Pozzo si stava voltando verso di lui ed il tavolo.
Sparì dalla cucina mentre, finalmente, Vincenzo si dedicava alla sua cena, per quanto misera fosse. Il suo stomaco vuoto apprezzò infinitamente.
Quando Tiberio uscì dalla camera trovò il compagno seduto sul divano a guardare la tv.
«Hai già finito...?» domandò, appoggiandosi sullo schienale, accanto a lui.
«Sì, avevo una fame...!» sospirò quest'ultimo, soddisfatto «La tua parte l'ho lasciata nel microonde per non farla raffreddare».
«Ah, grazie. Poi mangerò» liquidò in fretta il Marchesi, dirigendosi in cucina.
«Non hai fame?» indagò Vincenzo perplesso: neanche lui aveva più toccato cibo dall'ora di pranzo. Possibile che non sentisse minimamente i morsi della fame?!
«Non più di tanto» asserì tranquillo Tiberio, uscendo dalla cucina e fermandosi tra la tv ed il compagno. Quest'ultimo ebbe così modo di esaminarlo: indossava una camicia bianca ed una cravatta dello stesso colore, pantaloni beige e scarpe anch'esse bianche.
In una mano sorreggeva una bottiglia di spumante.
«Che ci fai con quella...? Tu sei astemio» gli fece presente Vincenzo in tono stanco, mentre lo osservava avvicendarsi al divano.
«Io sì, ma tu no» esclamò in tono assai eloquente il Marchesi «Brindiamo?».
Era l’ultima sera dell’anno. Poteva concedersi un bicchiere di spumante o due.
«Se proprio vuoi...».

Vincenzo, addossato contro lo schienale del divano, le braccia appoggiate sopra il margine di esso, sorreggeva per il collo la bottiglia di spumante ormai vuota. Ogni tanto un singhiozzo gli scuoteva le spalle.
Tiberio, comodamente seduto accanto a lui, l'osservava compiaciuto: aveva svuotato una bottiglia di spumante tutto da solo. La sua scarsa resistenza all'alcol, poi, aveva fatto il resto e adesso Vincenzo Pozzo era completamente ubriaco e totalmente alla sua mercé.
Inutile dire quanto l'espressione stanca e confusa che portava in viso fosse carina: solo a guardare quegli occhi socchiusi e le guance arrossate Tiberio desiderava essere un tutt'uno con lui, un groviglio di membra nel letto e, soprattutto, di sentire la sua erezione farsi strada nel suo fondoschiena. Quand'era ubriaco diventava più mansueto ed incline ad ottemperare alle richieste altrui, di qualsiasi natura fossero.
Mancavano solamente venti minuti alla mezzanotte che avrebbe decretato la fine di quell'anno.
Tiberio strisciò vicino al compagno, gli si appoggiò contro il petto, sistemandosi sotto il suo braccio sollevato e sussurrò: «Perché non ti togli quella camicia? Non hai caldo...?».
Vincenzo sbatté le palpebre con aria perplessa e non proprio cosciente di sé, poi cambiò posizione e il più giovane, sollevandosi da lui, lo guardò mentre si sbottonava singhiozzando la camicia.
Il Marchesi si appoggiò contro il suo torace nudo e gli posò la testa nell'incavo del collo, strusciandoci contro i capelli. In un secondo momento piegò il collo e cominciò a strofinargli il naso sulla pelle, mordicchiandolo scherzosamente.
L'altro ribaltò la testa all'indietro appoggiandola sul bordo, lasciando ancor più scoperta la giugulare.
Il suo compagno gli baciò la pelle risalendo sempre più su, accarezzandogli il torace con le dita.
«Anche quest'anno è quasi alla fine...» sospirò sconsolato.
«Tu dev-hic!... smeeettere di... fare la... puttana con... Cat-hic!-erina...» biascicò sconsolato.
Tiberio inarcò un sopracciglio sorridendo di sghimbescio.
«Sei geloso se faccio la puttana con Caterina?» chiese con tono innocente.
«N-non... vogl-hic!».
S'interruppe e deglutì a vuoto, poi riprese: «Sceei... mio...».
Il minore si spostò ed il maggiore abbassò di nuovo il viso, fissando gli occhi sul compagno. Piegò le sopracciglia in uno sguardo irritato, appena mitigato dalla sbronza.
Adorabile. Per Tiberio non c'era altro termine che riuscisse a definire meglio l'atteggiamento di possessività quasi morbosa che il Pozzo nutriva nei suoi confronti.
Il Marchesi si sporse verso di lui e lo baciò con forza, abbandonando contro il suo petto tutto il peso del proprio corpo. Vincenzo - già poco equilibrato di per sé a causa delle sue condizioni - cadde steso sul divano e Tiberio gli si arrampicò sopra per riuscire a mantenere il contatto con le sue labbra.
Stimolato dalla lingua del Marchesi che gli si stava infilando prepotentemente in bocca, il Pozzo rispose con altrettanta veemenza passionale al gesto.
L'altro gli accarezzò il collo.
Passarono interi minuti stesi l'uno addosso all'altro a baciarsi senza tregua. Il trasporto di Tiberio era assoluto e spontaneo, contrariamente a Vincenzo, il quale era tanto "attivo" solo a causa dell'effetto che l’alcol aveva su di lui.
Stavano per passare ad analisi ben più approfondite di quelle puramente orali, quando all'improvviso dalla tv - rimasta accesa per tutto quel tempo - sentirono partire il conto alla rovescia dell'ultimo minuto dell'anno.
Tiberio se ne sorprese non poco: possibile che avessero passato gli ultimi venti minuti ad amoreggiare? Non che avesse qualcosa da ridire: era stato tempo che - nella sua personalissima opinione - era stato speso meravigliosamente.
A ben pensarci, però, il fatto che fossero già all’ultimo minuto non rappresentava un problema. Avrebbe potuto gestire come voleva la situazione: Vincenzo non era affatto nella condizione di imporsi sulle sue decisioni.
Si sollevò un poco, mettendosi seduto a cavallo del ventre dell’altro, osservandolo con desiderio.
Trenta secondi.
«Emozionato, Vi? È la fine» sussurrò il Marchesi con voce carica d’erotismo, sorridendogli di sghimbescio.
Il Pozzo sbatté le palpebre perplesso scuotendo lentamente la testa in cenno di diniego.
Venti secondi.
Vincenzo afferrò l’altro per le spalle e lo tirò languidamente verso di sé.
«Non ancora, Vi...» gli si negò il minore, opponendogli una resistenza minima ma sufficiente a bloccare i suoi deboli tentativi di attirarlo a sé e baciarlo ancora.
Dieci secondi.
«Aspetta il primo istante dell'anno nuovo... è più romantico».
Cinque.
«Tiberio...» bofonchiò il Pozzo, fissandolo ad occhi socchiusi, esausto.
Tre. Due. Uno.
«... ti amo...».
Tiberio lo baciò sullo scoccare della mezzanotte, intensamente, esaudendo il suo desiderio.
Festeggiare la fine dell'anno e l'inaugurazione di quello nuovo con un fervente, passionale bacio.
Era il modo più romantico e relativamente puro che riusciva ad immaginare per chiudere in bellezza altri trecentosessantacinque giorni di amore incondizionato, sancire la fine di un altro anno insieme.
«Anch'io, Vincenzo».

!issue: squee 04, fandom: original story, fanwork: writing, author: fiamma drakon, rating: safe

Previous post Next post
Up