M. s'accendeva la sigaretta in piedi sul pianerottolo. V'era un cartello giù dabbasso il quale siglava testualmente che sulle scale era fatto divieto di fumare. Sotto i caratteri non troppo cubitali, in una dicitura in corpo tre, la formula dell'articolo di legge cui si richiamava l'ingiunzione di buona creanza condominiale. E ciononostante M. più d'una volta, invero non molte nella globalità de' giorni, e secondo i dati tra loro contrastanti della vulcanologia interiore, aveva contravvenuto alla regola. L'amico L. quando lo vide dar fuoco alla paglia mentre scendevano le scale, lo arrestò a mezz'aria, e siccome conosceva bene certe sue brighe, gli chiese se fosse quella l'idea ch'egli aveva di ribellione. E subito aggiunse che v'erano altre e più nobili forme di essa... sempre della ribellione parlava-si. M. a quelle parole non disse niente; spense la sigaretta strofinandone la punta abbruciata contro la suola della scarpa. La ribellione difatti che è? Una sovrastruttura? Una categoria dello spirito?
Ma appunto non era una questione di ribellione. In primo luogo perché troppo in là la sua propria strada s'era portata oltre un crinale, e poi perché, secondo luogo, certe cose venivano soltanto per rabbia; una rabbia che montava d'improvviso per tutto: uomini, bestie, cose, e poi altrettanto balenante scompariva. Dirsi: ah se il mondo finisse in questo istante con una grande vampata; se il granello di polta ch'è il pianeta durasse come la combustione d'uno zolfanello astrale. E il tempo solo macchinario immobile, se non fosse per il disturbo della materia che si contrae fino a spegnersi. Era a quel punto che a M. gli partiva di coscienza un gesto gratuito e persin sciocco, tanto che avrebbe potuto sputare pure sulla porta di una delle beghine dei piani sottostanti [piani ch'erano i voltoni da oltrepassare prima di giungere ai tenimenti di Satana], far saltare il salvavita per mezzo dell'ammoniaca naturalmente disciolta nell'urina, gettare piccioni tetanici nell'androne.
Ma così, in un repente ritorno di stupida fanciullezza, tutto sarebbe stato rilevabile quale un perdurare sottotraccia della celebre fase anale. In realtà si trattava della necessità di atti gratuiti i quali calmierassero per un momento l'assalto della paura, e in ogni caso di piccolo spettro, ininfluenti al cosmo, in contravvenire infine a minute regolamentazioni amministrative com'è appunto il non fumare per le scale e buttare la sporcizia umida nella secchia di quella arsa e viceversa. Oltretutto una volta proprio una delle beghine, dopo che già in altra occasione consimile aveva sorpreso M. con la Giuba appena appicciata e dunque avendogli vociato subito contro con un suono da richiamo per le oche di passo, gli era arrivata davanti brandendo il mattarello.
Lo minacciò di calarglielo sulla testa quant'è vero iddio, perché va bene essere sistematicamente in contravvenzione di quanto convenuto, ma la recidività era un buggeramento che anche a un santo lo avrebbe fatto dar di testa. Al che M., che in quella particolare circostanza era più d'altre volte stordito dalle esalazioni - le quali salivano dal ganglo corrotto - subito buttò la sigaretta a terra, poiché dai propri traccianti d'apocalisse era ormai stato risvegliato alla realtà fenomenica. C'era aria di marachella, ma la beghina non scherzava: gli intimò di pinzare con la punta dei diti quell'immondo mozzicone che già con la sua polvere di carbone aveva lasciato una traccia sull'impiantito dello spazio comune. Così pure a quel comando obbedì M., col fatto inoltre che la rabbia di poco prima gli si era elisa con l'odore di disinfettante per gradini che gravava l'aria... altro che il suo fumo di tabacco [nei dintorni nessun splendente paiolo di rame con dentro piante d'araucaria].
Pensò in quella: ora per protesta accendo un'altra sigaretta, schivo la mattarellata e la sigaretta stessa calati i pantaloni me la pianto nello sfinterio appiccando in questo modo il fuoco alla città di Cartagine, ma da dentro i miei visceri. Un supremo atto di protesta che nel suo disegno pareva già pronto ad essere tramandato nelle leggende che sempre i casigliani accudiscono e scambiano tra loro, modificandole per eccesso via via, nel corso dei decenni. M. invece disse: 'signora, io sono d'accordo, ma lei come fa a vincerlo con così tanta vitalità, al rictus?'.
Evidentemente la immaginava passare dal vociante al belante. Ma la beghina, interpretando come un insulto quella parola che non conosceva, gli disse maligna che era uno scioperato e un senza rispetto, e che andasse a lavorare una buona volta, invece che vivere di chissà che cosa, sicuramente d'illegale, gravitando. E gli disse che era un drogato, che lo sapevano tutti, che quelli come lui, come M., li dovevano mettere nei canili. Dai piani sopra un altro paio di facce anziane e femminili s'affacciarono ai corrimani. E subito diedero manforte, rumoreggiando con lo stesso suono di prima, delle oche di passo. Ma il rictus, che ne era stato? La rabbia rimuove momentaneamente l'emiparesi? M. si prese del lazzarone e del drogato con grande sportmanship, giacché era sempre pronto ad inchinarsi alla non-impugnabilità della verità documentaria, indi salutò e scese le scale coi gomiti ben abdotti dalla mediana del corpo, i ditini mezzi infilati nelle tasche davanti nella classica posa di colui che poco gliene cale.
Questo malgrado fosse a tutti gli effetti una persona adulta. A rimembrare le vecchie storie si dà luogo anche senza volere ad una determinata casistica. Su di essa M. poteva ragionevolmente calcolare di come e quando un altro mattarello gli sarebbe stato agitato davanti al viso. Sviandosi appunto la coscienza, calando a mezza coscia le brache del trattenersi dal commettere gesti stupidi/gratuiti, sebbene in ridotta orecchia di tempo, aveva semplicemente fatto come nelle altre occasioni. Di differente però quel giorno, emerso finalmente dalla porta di casa, c'era che accesa l'oltraggiosa sigaretta, principiato a scendere i gradini senza neanche tirar boccate, solo col fumo che s'originava dalla brace come fosse niente altro che una fievole segnalazione a chi stava in distanza, M. non incontrò nessuno. Impossibile!