Fill scritte per la XX Notte Bianca di maridichallenge

Nov 03, 2015 15:00

Titolo: Won't you die tonight for love?
Fandom: Supernatural
Personaggi/Pairing: Castiel, Hannah
Prompt: Won't you die tonight for love? (Join me in death - H.I.M.) di amimy
Contaparole: 242 (fdp)
Avvertimenti: Death-fic, triste, spoiler

Pochi secondi. Molto spesso è così. Ci vuole poco per uccidere qualcuno, poco per mancare un colpo o per non accorgersi dell'arrivo di un attacco da parte dell'avversario. E' necessario solo un attimo, e gli angeli a combattere sono veloci.
Hannah - di solito così presente a se stessa, così preparata - viene colta di sorpresa e crolla a terra appena Castiel molla la presa sul suo assassino. Una buona combattente, una buona leader e una buona anima che viene distrutta in un secondo, nel tempo che occorre a un pugnale di perforarle la nuca.
Quando è tutto finito, Castiel si guarda intorno e conta le perdite. Il nuovo tramite di Hannah in vita aveva conservato di lei gli occhi morbidi e la camminata leggera. Ora che è vuoto, di Hannah ha poco.
Gli occhi gli bruciano e il corpo gli fa male, ha indosso la maledizione di Rowena da troppo tempo, ma si prende un momento per osservare ancora una volta il volto di sua sorella, finché fa ancora più male.
Per Hannah si è trattato di un secondo in cui è passata al mondo dei morti. Per Castiel è semplicemente fare l'ennesima riga su un nome di una corta lista di persone ancora in vita che tengono a lui. Una sorella in più di cui ha causato la morte.
Una voce dentro di lui, molto simile a quella antica di Uriel, esprime al posto suo un pensiero lontano: "Era troppo gentile."

Titolo: Once Said
Fandom: Naruto
Personaggi/Pairing: Rock Lee/Tenten
Prompt: #196: "Tu non hai cervello!"
Contaparole: 255 (fdp)
Avvertimenti: lieve angst, slice of life

"Tu non hai cervello!" Tenten si sentì in colpa di aver pronunciato una frase del genere non appena le parole lasciarono la sua bocca, ma non fece nulla per ritirarle.
Rock Lee, dal canto suo, non reagì quasi. Forse era per la forza dell'abitudine, perché fortunatamente Lee non era tipo da piangersi addosso, ma certo di scherni nella sua vita li aveva sentiti. O forse erano giunti a quel punto del loro rapporto in cui ormai lui non l'ascoltava più. Non lo sapeva. Si sentiva arrabbiata, frustrata e delusa, e sentiva che se in quel momento si fosse interessata a cercare delle definizioni avrebbe solo peggiorato la situazione.
Tenten aprì e chiuse i pugni ritmicamente.
"Lo so."
La sua risposta non la calmò.
Cercò di controllarsi, ma finì per mordersi il pugno destro e cominciare a piangere. Suo padre l'accusava di usare le lacrime come arma per impedirgli di ribattere alle loro discussioni, perché "non si può continuare a litigare contro una donna che piange", e anche Kankuro una volta le aveva detto una cosa simile.
Di solito le lacrime erano una cosa da Lee, non sua, e ciò le fece sembrare quell'espressione di sfogo ancora di più fuori contesto.
Lee si alzò e la prese per mano. Non era meno arrabbiato o meno scosso, ma dopo aver scambiato un cenno d'assenso con lei la condusse oltre la porta di casa, sciogliendo la loro stretta solo per chiudere il portone a chiave.
"Ne parliamo dopo un giro al campo d'allenamento?"
"Sì."
Si ripresero per mano.

Titolo: We sold our skills, we sold our souls
Fandom: Naruto
Personaggi/Pairing: Kakashi Hatake/Gai Maito
Contaparole: 386 (fdp)
Prompt: # 1251: We sold our skills, we sold our souls.
Avvertimenti: post-war, semi-angst, spoiler

Kakashi è in piedi in silenzio nella camera d'ospedale dov'è ricoverato Gai. E' scivolato nel buio entrando dalla finestra, dopo la fine dell'orario delle visite. Non è la prima volta che va a trovare Gai in ospedale in questo modo. Forse sarà l'ultima.
Ha sempre preferito sgattaiolare di notte in camera di Gai, piuttosto che rispettare l'orario giornaliero e magari incappare negli studenti del suo compare. L'oscurità gli dà l'occasione di rilassarsi di più, di prendere un respiro - tempo prima, gli avrebbe dato anche l'occasione di allenarsi nascondendo la sua presenza a Gai fino all'ultimo, seppur sapendo che il suo "rivale", come all'altro piace autonominarsi, è capace di avvertire il suo chackra sempre e in ogni caso.
Ora Gai è tranquillo, una volta tanto. E' tranquillo perché sta dormendo, in un coma che dura ormai da una settimana. Rock Lee e Tenten hanno seppellito Neji senza di lui. La pelle bruciata di Gai si sta riformando giorno per giorno e quando Kakashi lo va a trovare di notte lui non lo accoglie più nel modo rumoroso che lo contraddistingue.
Kakashi crede ancora in Gai. Sa che si sveglierà, non lo mette in dubbio. Si domanda solo chi sarà quando lo farà, basandosi su quella mancanza che vede trasparire dalle coperte dove una volta c'era il resto della sua gamba. Per uno che aveva racchiuso tutto il suo essere nel suo lavoro di ninja e nelle capacità del suo corpo, svegliarsi non sarà una buona notizia. Nel loro mestiere, si vendono le proprie abilità. Come a dire che si vende la propria anima.
Kakashi se ne sta in piedi davanti al corpo dormiente dell'ultima persona a cui tiene davvero - non contando i suoi studenti e Yamato, l'unica che gli sia rimasta della sua infanzia. Si tocca l'occhio che negli ultimi giorni non ha funzionato più come avrebbe dovuto, spattendo un paio di volte le palpebre e riabituandosi al buio della stanza.
Un timore antico non lo lascia avvicinare al cappezzale di Gai. S'immagina di accarezzargli il bicipite rimasto fuori con resto del braccio dalle coperte - che odorano di disinfettante e di ospedale, un odore che addosso a Gai è strano. Si accontenta. Poi esce nuovamente dalla finestra e la chiude con referenza, tornando tra i rumori notturni di Konoha. Tornerà in quella stanza l'indomani.

Titolo: "Keep that."
Fandom: Supernatural
Personaggi/Pairing: Castiel/Dean Winchester
Contaparole: 261 (fdp)
Prompt: # 994: Occhiali
Avvertimenti: spoilerish 11x03

Quando tornano nel Bunker, e Sam è talmente esausto da lasciarli quasi subito per dirigersi in camera sua, Dean recupera il borsone che aveva nel bagagliaio dell'Impala e comincia a svuotarlo, mettendo da parte le pistole e scherzando con lui su come lui e Samuel avevano trovato Rowena.
"Amico, te lo giuro, aveva una parrucca bionda. Sembrava una di quelle attrici del cinema, una di quelle anni quaranta, però. Avresti dovuto vederla."
"E tu e tuo fratello l'avete catturata fingendovi taxisti."
"Io mi sono finto taxista. Guarda," E dalla valigia escono tre elementi particolari: una camicia a fiori, un cappello di paglia e degli occhiali da sole. Dean indossa gli ultimi due con fare irriverenti. "Come ti sembro?"
Cas esita un po', tentando di trovare le parole giuste. "Non sono sicuro che quello sia il modo di vestire solito di un taxista, Dean."
Dean Winchester sbuffa, poi comincia a rimettere tutto a posto.
Castiel sa che non è di queste sciocchezze che dovrebbero parlare, che quella notte è successo qualcosa di molto grave, qualcosa di grave che lui ha fatto a Dean, ma per quel momento è grato che si stiano occupando di altro.
Così come è grato del momento in cui Dean gli si avvicina, facendo scivolare una mano oltre al treanch-coat. Si toglie la camicia a fiori e gli occhiali - che aveva tenuto in una tasca della camicia. Fa per togliersi anche il cappello quando Castiel butta fuori un "Quello tienitelo". Non sa neppure lui dove quella frase gli sia uscita. Dean dapprima lo osserva stranito, poi obbedisce.

Titolo: Un nome grazioso
Fandom: Poirot (ITV) (Agatha Christie's Poirot)
Personaggi/Pairing: fem!Arthur Hastings, fem!Hercules Poirot
Contaparole: 544 (fdp)
Prompt: # 276: Genderswap
Avvertimenti: crack, movieverse, genderswap
Note: 1= Abdulla era una marca di sigarette che veniva venduta negli anni '30. Nel drama però non le ho mai viste in mano a Poirot, l'ho sparata un po' a caso.
2= Citazione dal romanzo Peril at End House (Il Pericolo Senza Nome). L'originale era « E i vostri baffi! Se dovete portare dei baffi fate che siano dei veri baffi, qualcosa di grandioso come i miei! »
3= Citazione da Fermate il boia, capitolo 4.
TUTTO QUESTO è STATO GENERATO DAL FATTO CHE GUARDO IL PROGRAMMA "POIROT" DA QUANDO AVEVO 4 ANNI E NE SONO UNA GRAN FAN (e ZIO POIROT è UN GATTO GROSSO, NERO E PERMALOSO) E INFINE DAL FATTO CHE DAVID SUCHET STA ATTUALMENTE INTERPRETANDO UNA PARTE A TEATRO PER "L'importanza di chiamarsi Ernesto" ED è UN RUOLO FEMMINILE (Aunt Augusta, mica poca roba) ED ECCONE UN'IMMAGINE: qui. E anche da questo.

Aretha si coprì la bocca tentando di non ridere, mentre assisteva all'ennesima reazione di un'amica di Madame Renauld che al sentire il nome di Poirot per la prima volta lo equivocava del tutto. «Ermintrude Poirot?» Era riuscita anche a sbagliare la pronuncia del cognome. Fu divertente vedere come, a suo solito, Poirot si stesse impettendo e il suo collo stesse diventando visibilmente rosso. «Hermeline. Miss Hermeline Poirot»
«Oh! Mi scusi tanto, questi nomi stranieri mi sfuggono sempre, miss Porrott» (Anche questa volta sbagliò la pronuncia, ma in modo meno eclatante.) E poi: «E' francese?»
«Belga.» Dal suo campo visivo, poteva vedere la mascella dell'investigatrice farsi tesa. Ancora una volta, Aretha Hastings si strinse le labbra per nascondere un sorriso.
Dopo anni passati al fianco di quella figura bassetta eppur tanto imponente che era Hermeline, non riusciva ancora a stancarla l'incomprensione del nome di battesimo della sua stimata amica che avevano le persone che non la conoscevano già per fama.
Dopo aver scambiato qualche convenevole con mrs Stevens - così si chiamava l'ospite di Madame Renauld, ultima di una lunga lista di persone che quel pomeriggio avevano sbagliato a comprendere il nome di Poirot -, Hermeline la condusse in giardino, tirando fuori una delle sue Abdulla(1) dal contenitore in argento su cui spiccavano le iniziali "H.P.". La prese da parte, isolando la loro posizione da quella degli altri, poi il suo sguardo si fece duro e il tono stizzito.
«Hastings, gradirei immensamente che il primo ricordo che le persone che incontro associno a me non sia l'immagine di lei che sghignazza alle mie spalle.»
«Suvvia, Poirot. E' divertente osservare come talvolta chi incontriamo non capisca il suo nome, e lei solitamente reagisce in modo molto buffo.»
Al sentir questo Hermeline si gonfiò tutta a mo' di piccione. Ad Aretha parve una grossa gatta nera e sdegnata. «Persisto nell'insistere che voi non dobbiate permettervi nulla del genere! Niente smorfie o altro, o la gente non prenderà più sul serio me, Poirot!» Si mise in ordine con fare astioso il largo copricapo. «E i vostri capelli! Se dovete portare un'acconciatura alla moda fate che siano dei veri capelli, qualcosa di grandioso come i miei!»(2)
Aretha ammise a se stessa che avrebbe dovuto aspettarsi un rimprovero dalla sua amica - che, quando era davvero irritata, faceva sempre ricadere le sue accuse sul trattamento che Hastings riservava ai suoi capelli, come se, per averceli dignitosi, lei dovesse impomatarli ogni giorno come faceva l'investigatrice.
Detto questo, Poirot la lasciò da sola, mettendosi in tasca le sue lunette e dirigendosi verso un gruppetto di persone che stava amabilmente fumando poco lontano da loro.
Un paio d'ore dopo, quando il motivo dell'irritazione che aveva preso la sua compare era stato ormai perdonato e dimenticato, Hastings si trovava in compagnia di un signorotto di campagna che era intento a raccontarle i benefici della caccia e dell'avere una buona macchina sportiva nel momento in cui udì la seguente conversazione:
«… Dovrei, però, Madame, le dirò qualcosa in più su di me. Io sono Hermeline Poirot.» Stava dicendo la sua amica. Questa rivelazione lasciò la signora con cui stava parlando, tale Mrs Summerhayes, senza reazione. «Che nome grazioso,» disse quella gentilmente. «Greco, non è vero?»(3)
(Hastings per poco non si strozzò con il suo stesso drink.)

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