A Song Of Ice And Fire: And Forever Be Able To Run Away

May 01, 2011 13:22

Titolo: And Forever Be Able To Run Away (Without Contending With Myth)
Autrice: Vany (vedova_nera)
Beta: cialy_girl
Fandom: A Song Of Ice And Fire
Personaggi: Loras Tyrell, Renly Baratheon, comparse originali.
Pairing: Renly Baratheon/Loras Tyrell
Rating: PG13
Conteggio Parole: 807
Avvertenze: Leggerissima presenza di canon slash.
Disclaimer: I personaggi appartengono a George R. R. Martin ed, eventualmente, anche a coloro che ne hanno acquistato i diritti. Io non ci guadagno nulla e quant’altro.
Note: • Scritta per il Vanda Project circa un secolo fa e mai postata perché non mi convinceva, ma ho vinto le mie remore. XD
• Saranno canon, ma Renly e Loras sono una coppia terribile da scrivere per me. O_O Forse proprio perché sono canon.
• Titolo fregato a Without Mythologies dei Weakerthans, come sempre anche un po' ad cazzum. XD



And Forever Be Able To Run Away
(Without Contending With Myth)

L’appartamento di Renly ad Approdo del Re non ha nulla a che fare con la violenza austera di Capo Tempesta, dove il ruggito del mare si infrange contro le pareti di roccia dura e i venti della baia soffiano costanti tutti i giorni dell’anno.

“È la rabbia degli Dei”, ti dicevano le donne della servitù quando eri poco più che un ragazzino che aveva appena preso servizio come scudiero in attesa del cavalierato, “che punisce questo luogo per la grandezza e l’incoscienza dei suoi proprietari. Sono folli, tutti folli, i Baratheon, hanno qualcosa dentro, qualcosa che non gli permette di trovare pace.”
“È questo vento maledetto che hanno dentro”, sbottava in risposta Rhea nel suo tono spiccio, crudo, interrompendo le chiacchiere delle altre e mettendo il pesante calderone contenente la cena sul fuoco vivace del camino, “ecco cosa. È il loro destino continuare a vagare senza riposo.”

I loro volti erano seri, terribilmente pallidi, quasi impauriti, consci della sventura che quella famiglia aveva nel proprio sangue, e tu avevi creduto alle loro parole perché, anche se eri lì da poco, sapevi che ciò di cui parlavano era la verità. Poi Rhea ti prendeva per le spalle, con una forza che non ti saresti aspettato di trovare nelle sue piccole mani nodose, in quel suo corpo così vecchio, fragile come pergamena antica, e ti ammoniva, ti raccomandava di guardarti da loro perché, altrimenti, la maledizione si sarebbe abbattuta anche su di te.
“Ricordati sempre che loro padre lo hanno preso il mare e il vento”, ti diceva la donna, “e non lo hanno più lasciato andare.”

Anni dopo ti sei convinto che quelle donne sapevano come spaventare un ragazzo di appena dodici anni, ma quel senso di inquietudine che le loro parole portavano con sé ti è sempre rimasto annidato tra il cuore e il diaframma, attaccato addosso come il puzzo di carne e sangue e vino delle cucine.

Eppure, la casa di città del minore dei Baratheon è così chiara e calda e accogliente, così simile a lui che il peso delle loro parole sembra a tratti scomparire quando vi passate qualche giorno, perché quella dimora è così sua da rendere l’eredità che la famiglia gli ha lasciato, incluso l’affetto per un fratello inadatto al suo ruolo e al comando, del tutto inconsistente.

Fai scorrere una mano su uno degli arazzi appesi alle mura dell’ingresso: ha colori ricchi - il blu che si fonde nello zafferano che si fonde a sua volta nel porpora - ed è lavorato con cura; riporta la scena di una nascita divina, anche se non sapresti identificare di quale Dio sia raffigurata la venuta al mondo, ma non è uno dei Sette, di questo sei certo.

Renly ti raggiunge in quel momento. Indossa il mantello con l’araldo della sua casata che lo fa sembrare più anziano, e scorgi un certo malumore nell’espressione del suo viso. “Ho fatto sellare i cavalli.” Ti dice, e c’è urgenza nella sua voce. Poi ti guarda e il suo volto si addolcisce, smette improvvisamente di assomigliare a quello di Robert e ritorna ad essere semplicemente il suo. “Ti piace?”, domanda poi, indicando l’arazzo che stavi osservando con un cenno del capo.
“Non proprio,” rispondi, “ha un che di… insano”, e fai vagare ancora un po’ lo sguardo sulla scena, sui colori accesi, sul mare scosso da onde alte metri, sugli scogli pieni di schiuma, sulle fronde degli alberi che tremano e si piegano in differenti direzioni e, infine, sui volti delle genti che assistono al parto: ti appaiono ferocemente felici e nei loro occhi puoi vedere con chiarezza una luce di pazzia pura nella loro adorazione pagana. “Chi è?”, chiedi poi, anche se non sei sicuro di volerlo sapere, perché già immagini che la risposta non ti piacerà.
“È il Dio del vento e del mare”, risponde lui, e ti rivolge un sorriso di traverso. In quell’istante, mentre si avvicina a te e deposita un leggero bacio sulle tue labbra, sai che le chiacchiere delle donne nelle cucine di Capo Tempesta erano vere, almeno in parte, e che valevano anche per lui, seppure non ci volessi davvero credere.

Poi ti prende per le spalle con un braccio, stringendoti a sé, e ti scorta fuori, abbandonando l’arazzo e la sua follia.

- - -

“Ragazzo?”, la voce di Rhea ti arriva distante, attutita dallo scorrere del tempo, come se giungesse da un sogno. “Ragazzo, fai attenzione. Ci presterai attenzione, eh?”, domanda lei, un po’ tremante. “Sai, ti può sembrare diverso dagli altri due, ma il più piccolo dei Baratheon è identico ai due maggiori, solo che lo nasconde meglio dei fratelli più grandi. Allora dimmi, ragazzo, ci presterai attenzione?”, chiede ancora, mentre il suo viso scompare nell’oscurità e non lascia dietro di sè altro che una manciata di avvertimenti.

E tu non puoi fare a meno che risponderle di sì, e sorriderle.

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